Senz'anima.


Di Olindo Urbani

Capitolo I – Nato sbagliato, cresciuto malvoluto.

E' una piacevole sensazione quella che provo ora. Un isolamento, un abbandono, ma non sofferto. La chiamerei piuttosto una tranquilla, momentanea solitudine. Una quieta possibilità di stare un po' con me stesso. Forse anche voglia di un po' di egoismo.
Mi piace guidare la sera in questi momenti che si ripetono puntuali ogni estate. Mia moglie Alessia è partita per andare al mare con le bambine. Lei ha più ferie di me e le sfrutta. Prenota il villaggio in anticipo di mesi, le accompagno alla stazione con i bagagli e per loro tre inizia subito la vacanza. Anzi per la verità per le bambine. Lei dice sempre che la vacanza inizia quando entra nell'alloggio al villaggio, perché il viaggio, anche se non lunghissimo, non lo sopporta. Quattro ore di treno con due adorabili bambine buone per lei sono sempre uno sbattimento eccessivo.
Esagerata.
Un po' è vero: qualunque cosa un minimo impegnativa con la responsabilità di gestire due creaturine che ami più della tua vita e con tutte le paure che ti escono fuori in certi momenti crea disagio. Io sono il primo che quando viaggio solo con loro anche per brevi tragitti per portarle dai nonni o alla festa di un'amichetta penso sempre "e se mi succedesse qualcosa? Chessò un malore, oppure una semplice emergenza intestinale che richieda una sosta immediata e forzata?". Insomma mi creo sempre mille angosce e paure. Avrebbe potuto essere normale anni fa, quando erano piccine piccine, ma ora Patrizia ha nove anni e Giulia undici. La grande ha anche il telefonino e lo sta usando bene, secondo le nostre disposizioni. Non sembra abbia ancora preso il vortice vizioso degli adolescenti cellular-dipendenti. Certo le piace e non se lo dimentica mai, ma devo dire che è coscienziosa e non esagera con le ricariche. Se non fosse così terribilmente ancora bambina in altre cose direi che sarebbe quasi adulta. Adulta... diciamo un po' più matura delle coetanee. Ma solo sul telefonino. Perché se poi guardo bene le sue amichette loro sono più mature in tante altre cose. Voglio dire le mie bimbe sono brave, capricci quasi mai anche da piccole, ascoltano i genitori, giocano insieme e litigano poco. Incominciano a guardare i ragazzini, ma lo fanno senza malizia, senza sapere perché. Spesso dico che vivono nella bambagia. In effetti le accompagniamo ancora quando devono andare a danza o a casa di Tizio o Caio. Solo a scuola vanno da sole. E per la verità non lo facciamo per coccolarle o viziarle. Lo facciamo perché noi genitori abbiamo paura. Abbiamo una paura folle che possa succedere una di quelle bruttissime vicende che ogni tanto appaiono a titoloni giganti sui giornali e che poi riecheggiano per mesi, se non anni, lacerandoti dentro ogni minuto fino a farti morire di crepacuore. Quando sento quelle notizie alla tv io cambio canale. L'angoscia che mi prenderebbe se le ascoltassi mi porta in una specie di stato delirante perché mi immedesimo troppo nella vicenda e immagino che al posto della vittima ci possa essere una delle mie due bimbe. Dolci, tenere, uniche amorine mie. Loro sono la mia vita. Non posso immaginare la mia vita senza di loro.
A volte rompono, sono sempre disordinate e comunque in molte cose non sono d'accordo con te. Ma daresti la vita per loro.
Quando nascono credi che loro siano null'altro che una tua copia genetica, una specie di clone che avrà il compito di portare avanti la tua vita e il tuo credo quando tu sarai troppo stanco per farlo. Poi, finita l'età dei sorrisi sdentati e del pannolino, capisci un po' alla volta che loro sono esseri a sé stanti, indipendenti e autonomi nel pensiero. Ti accorgi che i giochi che tu adoravi da piccolo e con i quali passavi pomeriggi interi a loro neanche interessano.
Io amavo giocare col Lego. Facevo costruzioni di ogni tipo a volte grandissime, a volte invece decine di piccolissime. Avevo un cassetto dell'armadio in cameretta riempito di quei mattoncini colorati e ricordo chiaramente il rumore che facevo quando infilavo la mano e ci ravanavo dentro per cercare i pezzi che mi occorrevano. Mia madre mi diceva sempre che quando sentiva quel rumore era tranquilla. Sapeva che ero immerso nel mio mondo fantastico e avrebbe potuto fare qualunque cosa che tanto io sarei rimasto lì pacifico fino al compimento della mia opera.
Per lei quel continuo piccolo frastuono fastidioso era un toccasana. Sapeva che il suo bimbo era sereno.
Ero un bambino quieto, me lo dice sempre. Non ha mai avuto un problema con me. E si stupiva di quanto le altre mamme si lamentassero dei loro figli maschi, sempre irrequieti, sempre troppo vivaci e intenti a fare qualche guaio, a giocare con cose proibite e a rotolarsi e sporcarsi. Guai a non farli giocare "al calcio". Il calcio per loro era il top della vita. Non eri vivo e non eri uno di loro se non fossi impazzito per il calcio.
A me non è mai piaciuto il calcio. Per la verità non mi è mai piaciuto nemmeno rotolarmi per terra o fare a botte o tutte quelle altre stupide prove di presunta virilità che venivano richieste dai coetanei maschi negli anni settanta. E infatti mi prendevano in giro. Ero una femminuccia, ero lo scemo della classe. Alla maestra piacevo, perché seguivo, ero attento e non disturbavo. Motivo in più per gli altri per odiarmi. Non ricordo quanti scherzi subii a causa di questa mia diversità.
Diversità. Se non sei uguale sei diverso e quindi non vai bene. Ma perché? Ma chi mai l'ha detta una cavolata del genere? Ti insegnavano la xenofobia fin da bambini! Che società schifosa quella degli anni settanta! Io ero solo un bambino, ma me la ricordo cupa, triste e chiusa. Non mi piaceva.
Oggi è molto meglio, i bambini di oggi sono molto più fortunati. Vorrei essere io bimbo oggi. Certo anche oggi ci sono problemi e difetti in questa società. Ma basta pensare solo un attimo ai programmi televisivi: negli anni settanta la tv in casa era una e in bianco e nero. Il fatto che fosse una non era un gran problema tanto c'erano due soli canali e i cartoni li facevano solo in alcuni orari quando mio padre non era in casa.
Quindi la potevo guardare senza problemi. Però i cartoni che trasmettevano erano tutti terribilmente tragici. Farsi consigliare da un pedagogista era troppo difficile probabilmente. Giganteschi robottoni che combattevano alieni inviperiti con la Terra che bramavano solo di distruggere e far soffrire la razza umana. Chissà perché poi? Comunque chi guidava 'sti robot erano sempre dei ragazzi giovani, orfani, con una vita di miseria alle spalle... e che balle! Ma un po' d'allegria, cavolo! E' un cartone per bambini! Comunque io crescevo osservando i cattivoni che continuavano a massacrare 'sti sfigati, che alla fine vincevano, ma soffrivano parecchio e si sacrificavano e facevano una vita infelice e piena di responsabilità inadatte alla loro età. Io ero un bambino, ma mi domandavo lo stesso perché fossero comunque tutti così miseri. Voglio dire: io avevo una cameretta normale, in un appartamento normale, in una città normale, con una mamma e un papà normale. Forse per essere speciali come loro, che erano in fondo degli eroi, avrei dovuto essere più triste e solo. Eppure a scuola ero già abbastanza emarginato. Non giocavo a calcio, non mi piaceva fare a botte, mi piaceva ascoltare la maestra che spiegava tante cose interessanti... non ero già abbastanza diverso? Perché non mi facevano guidare anche a me un robot contro i cattivi?
A me piaceva Goldrake. Anche se pure lui era sfigato. Lui addirittura era l'unico superstite di un altro pianeta. Ovviamente a tutti i miei compagni piaceva di più Mazinga. Ma Mazinga a me piaceva meno, perché non volava se non con l'aggiunta di un pezzo con le ali che gli hanno attaccato sulla schiena dopo qualche puntata. E poi Venusia era più carina di Jun.
Ero diverso pure in quello. Comunque guardavo anche Mazinga perché altro non c'era. E quelle poche volte che interagivo con i compagni a giocare a Mazinga era ovvio che finissi a fare Boss Robot. Lo scemo tra gli sfigati.
Meno male che ogni tanto trasmettevano anche altri cartoni. Heidi mi piaceva molto. Ma non lo dicevo perché era da femmine e chissà cosa mi avrebbero fatto i virili della classe. E in fondo Heidi era un cartone allegro o almeno lo era lei. Del resto viveva felice tra le montagne col burbero nonno, un cane fancazzista, due capre e un pastorello ignorante che ho sempre pensato che puzzasse come le capre. Ah! In più c'era la nonna del pastorello (orfano di padre) che era cieca. E lei per andare a trovarla si faceva un'ora di cammino a scendere (e vabbè) e un'altra per salire (quanto odio le salite montane! Interminabili! Ma una seggiovia no, eh?). Comunque non aveva grossi problemi come i piloti dei robot, nessuno cercava di sterminarla. Certo pure lei era orfana, la zia stronza prima l'aveva mollata dal nonno solitario (ma almeno non era pedofilo), poi l'aveva praticamente rapita per farle fare da giocattolo di compagnia ad una paralitica orfana di madre e col padre sempre in giro per il mondo, vittime entrambe di una megera scassa-marroni che si incavolava per nulla. Poi si era ammalata e allora è tornata dal nonno (pensa che culo ammalarsi!). Anche oggi piango sempre quando rivedo la scena di lei che torna dal nonno e si abbracciano. Comunque lei era felice.
In seguito ho scoperto che tra le erbette di montagna ne cresce anche una un po' illegale. Ecco perché era felice.
Un'altra serie che poi ho iniziato a vedere era Candy Candy, ma questa giuro ho iniziato a vederla perché piaceva a mia cugina. Non mi sarei messo a vederla da solo se lei non me ne avesse parlato in continuazione, era troppo da femmina anche per me. E in effetti non la seguivo con troppa attenzione. Mi ricordo solo alcuni dettagli: lei era orfana (non l'avrei mai detto!), in un orfanotrofio, con l'amica del cuore orfana e per non farsi adottare e perderla fece qualcosa che non ricordo. So che alla fine i potenziali genitori (buoni, belli e ricchi) scelsero l'amica e lei scoprì il senso della parola "inculata" prima ancora di perdere la verginità. Poi naturalmente crebbe, non trovò mai chi volesse adottarla e quindi diventò insegnante nell'orfanotrofio. Ma lo chiusero perché era di proprietà di un qualche ricco stronzo. Allora partì in cerca di fortuna e finì a fare la dama di compagnia ad una stronza (almeno Clara di Heidi era gentile), poi si innamorò di un paio di ragazzi, ma questi o morivano o finivano per essere dei delinquenti, non ricordo bene. Mi ricordo però che allora decise di aiutare gli altri facendo l'infermiera in guerra. -Tesoro un'idea migliore e pensare un po' prima ad aiutare te stessa no, eh?!- Se non ricordo male la parola "sfiga" fu coniata in quel periodo, probabilmente a seguito delle sue vicende.
Ultimo cartone che seguii prima di cominciare a seguire le ragazze fu Remì. Non dico nulla su di lui. Vi rammento solo che non era orfano. Infatti la madre lo vendette ad un ambulante.
Ma come cavolo pensate che possa crescere un bambino con simili esempi?! Poi mi dicono che sono rincoglionito! Te credo! E' già tanto che non rubo e non mi drogo!
Mi dicono tutti che i Teletubbies e i Fimbles sono da rimbambimento. Sarà, ma le mie figlie dormono la notte, mentre io avevo gli incubi. E ogni tanto sognavo di trombarmi Clara: bionda, ben curata, col vestito lungo e gli stivali bianchi che fanno tanto sexy... e non si poteva muovere! Che figata! Di solito da me son sempre scappate tutte... quella doveva stare lì!
Come son cresciuto male...

Ho divagato. Stavo parlando delle mie bimbe, di come sono avvolte nella bambagia. Le loro amiche invece, più scalmanate e intraprendenti, sono però anche più "sveglie" se così posso dire. Vanno a danza da sole, escono senza i nonni e fanno gruppetto davanti alla gelateria. Non che le mie non facciano gruppo, non le vedo assolutamente escluse come potevo esserlo io a suo tempo, ma il fatto che noi genitori e i nonni siamo sempre a loro disposizione ha creato una sorta di cassa di sicurezza che le tiene al sicuro e separate dalle cattiverie e dalle tristezze del mondo reale. Non lo facciamo per tenerle piccole, ma solo per paura.
Mia suocera, una delle due nonne, che è rimasta a vivere nel suo tempo e cioè negli anni settanta, quando ha tirato su mia moglie, un giorno durante una tavolata ha esclamato:
-E' colpa di questi tempi malati: una volta queste schifezze verso i bambini non succedevano!. -
Il mio amico Max ed io ce la siamo mangiata in un boccone:
-Non è che non succedevano! E' che non si sapevano! C'era molta meno informazione! E a noi tutti, quand'eravamo piccoli, è sempre andata bene, ma avremmo potuto sparire anche noi in un attimo!-
Non ha mai più ripreso quel discorso.
Generalmente siamo sempre tutti ben disposti a sopportare i borbottii di suocere e anziani in genere quando enunciano la famosa frase "ai miei tempi", ma quella volta fu veramente una boiata madornale e non ce la facemmo a tacere e fargliela passare liscia.
Ecco, la solitudine piacevole che dicevo mi fa fare tutti questi strani pensieri. Pensieri che di solito nella frenesia della giornata in compagnia non riesci a formulare. Invece realizzare di avere una quindicina di giorni in cui torno ad essere single, ma senza il pensiero angosciante che la famiglia possa essere sparita, visto che si trova in un bel posto e se la sta godendo, fa piacere. Senti silenzio intorno a te. E' un silenzio che ti parla. E tu lo ascolti. Ascolti uscire il tuo pensiero, qualunque esso sia. Stupido o geniale non ha importanza. E' tuo. Solo tuo. E' dentro di te. E' la tua vera natura. Quella che troppo spesso nascondi soffocata dal rumore che c'è fuori. Ora invece senti solo il brusio del motore che gira tranquillo e il rotolare delle gomme sull'asfalto. La radio, che di solito è sempre accesa, l'ho spenta prima ancora di mettere in moto.
La serata è limpida e un filo afosa, ma il climatizzatore al minimo basta a tenerti fresco. In queste sere penso che mi piacerebbe entrare in autostrada verso una meta lontana e guidare fino a che la stanchezza non prenda il sopravvento e mi costringa a fermarmi in un autogrill a fare un pisolo. Poi penso al costo dei carburanti e dei pedaggi e subito mi passa la poesia.
Ecco, cavolo! E' sparito il mio pensiero sopraffatto da una fastidiosa realtà. Che noia! Uno non può immaginare nulla che subito viene riportato alla brutta realtà quasi come fosse un crimine dare libertà ai pensieri.
E infatti la spia della riserva si illumina.
Non mi piace fare benzina al self service. Non mi piace farla mai al self, figuriamoci di sera. Il bancomat il più delle volte la macchinetta non lo prende e i contanti rischi che ti li succhi e non ti dia la benzina. Anni fa in piena notte mi capitò di inserire diecimila lire (sì, molti anni fa) e la macchinetta se le ciucciò subito, ma non venne fuori nulla dalla pompa. C'era un tale all'altra pompa che stava già riempiendo la sua macchina e l'ho visto gongolare. Credo che la macchinetta avesse aggiunto i miei soldi a quelli già infilati da lui. Volevo chiederglielo, ma era grosso e aveva pure una Golf nera. Auto da spacciatore. Meglio lasciar stare. Non avevo altri contanti e ai tempi il bancomat era roba da fantascienza. Arrivai a casa con la macchina che praticamente andava solo ad aria, ma ci arrivai. Il giorno dopo riuscii a trovare il tempo per ripassare dal benzinaio e spiegargli l'accaduto e devo dire che fu molto gentile e mi rimborsò. Peccato che la sua faccia sembrasse dire: "pezzente mi stai
prendendo per il culo? Prendi e vattene, barbone!"
Io riebbi i miei soldi, ma non mi piacque come mi guardò. Da allora evito sistematicamente i self. Preferisco anche pagare qualcosa di più, ma che me la faccia l'addetto. In più così non mi sporco le mani e non mi puzzano per una settimana.
La spia si è appena accesa: ci posso fare almeno altri cento chilometri.
Non capisco tutti quelli che fanno dieci euro alla volta. Max è uno di questi: ogni volta che esce la sera deve fermarsi al distributore. Ma se almeno facesse il pieno gli durerebbe tutta la settimana e anche di più! E invece lui come tanti altri esce, si ferma, fa un deca e poi quando ritorna a casa è di nuovo in riserva.
Una volta gliel'ho chiesto perché facesse così. Mi disse: "e se stanotte mi rubano la macchina"? Una risposta così idiota da non poter essere buona nemmeno come scusa. A parte che ha un rottame di dieci anni o più che neanche un politico si abbasserebbe a rubargliela, ma dimmi cosa vuol dire?! Facciamo pure che hai una macchina nuova e te la rubino: ti preoccupi dei cinquanta euro di benzina che hai dentro? Non credo proprio. Insomma 'sta gente si ferma, riempie il serbatoio pensando che sia un accendino, si sporca le mani, rischia di perdere i soldi nella macchinetta, rischia di farsi rapinare da qualche balordo, se fosse una ragazza rischierebbe pure di essere violentata... non ci sono abbastanza motivi per fare un bel pieno in pieno giorno? Magari scambi anche due chiacchiere col gestore. Quello dove vado io abitualmente mi racconta sempre una barzelletta quando mi vede. E qualcuna è pure divertente.
Però è fastidiosa quella spia. Già mi dà fastidio di giorno, ma la sera sembra decisamente più forte e quel giallo che mi spara negli occhi ogni volta che guardo il cruscotto è veramente abbagliante.
Cacchio che topa!!
Ma era una mignotta?! Che flash che è stata! Di solito sono infrattate in zone buie o alla flebile luce di un lampione stradale e non si vedono bene, a meno che tu non sia un habitué e sappia già dove trovarle. Questa invece si è piazzata proprio sotto le luci del self di quel distributore.
Quasi quasi ho la scusa per guardarla meglio... No, ma che dico. Che mi frega. Non ho voglia. Senza moglie ho solo voglia di quiete. Più che altro di fare riposare le orecchie. Quella parla sempre. Dicesse almeno ogni tanto qualcosa di diverso. E' monotona: "tu non fai questo, tu non fai quell'altro, e questa casa senza di me sarebbe un porcile, e guarda che disordine, e guarda che io non ce la faccio più…".
Lei non ce la fa più. E io? Io ce la faccio ancora? Sì, ma perché sono molto paziente.
In realtà sto con lei solo per le bambine. Io non amo più Alessia. La conosco da sedici anni e siamo sposati da dodici.
Lei è così diversa da me. Non so perché mi sono sposato. E' passato troppo tempo per ricordarne il motivo. Mi pare fosse perché voleva un figlio, ma non voleva farlo nascere nel peccato. E' molto religiosa. Infatti non bestemmia mai e va in chiesa quasi tutte le domeniche. In compenso rompe a tutte le ore. In effetti non c'è un comandamento che dice "non fracassare le balle altrui".
Però ce n'è uno che dice di essere fedele e non tradire. Vale sia per lui che per lei. Ma di quello non gliene è mai fregato un tubo. Anzi un cazzo, visto l'argomento. L'ho scoperta una volta. E un'altra mezza volta. Nel senso che di quell'altra non ne ho le prove, ma oltre ai soliti mille dubbi ovviamente ben consolidati e non campati per aria, ho anche sensazioni che derivano da altre volte. Quindi certificata una, ufficiosamente due, non scoperte boh.
Ho perso completamente fiducia in lei come compagna di vita. Avevamo già due bimbe. Io non ho mai accettato che lei mi avesse tradito, non perché io abbia a cuore tradizioni sicule, ma perché trovo che in una coppia, in una vera coppia, siano essi amici, fidanzati o sposati, la fiducia è la prima delle virtù che si debba dimostrare. Nascondere una cosa del genere è oltremodo offensivo e una gravissima mancanza di rispetto.
Abbiamo avuto dei problemi, questo è certo, e non dico che sia stata solo colpa sua. Tuttavia se il suo desiderio fosse stato quello di "tentare nuove strade" perché nascondermelo? Sarebbe bastato dire "non ti amo più, voglio andare con quello". Brutale forse, ma onesto. Lei invece ha fatto quanto di più meschino avesse potuto. Inventava bugie su bugie, per mantenere a casa la tranquillità familiare e poi "fuggire" durante il lavoro con un collega. Che tra l'altro le aveva detto ben chiaro che per lui era solo un'avventura.
Quando gliel'ho sbattuto in faccia è diventata una gattina. Per un paio di mesi. Io credo di essere rimasto con lei per abitudine e comodità. Come lei non voleva più stare con me, io non volevo più stare con lei. Ovvia risoluzione la separazione. Ma casa, bimbe, nonni, abitudini da cambiare... insomma come due pusillanimi abbiamo fatto quasi finta di nulla e abbiamo tirato avanti. Io come al solito e lei anche. Nel senso che poi l'ho quasi beccata con un animatore del villaggio, ma non ne ho le prove. E poi non so se in altre occasioni dove solo alcune sensazioni mi davano l'idea che stesse combinando chissà cosa. Chissà cosa... so benissimo cosa!
Un'altra cosa che mi fa imbestialire di questa faccenda è che io le ho sempre chiesto di fare sesso in abbondanza mentre lei elargiva col contagocce. Poi ho smesso di chiedere, convinto che allora non le piacesse e io non dovessi essere un granché, anche se come tutti i maschi
prima pensavo di essere un torello. Fatto sta che appena smisi di chiedere lei incominciò a cercare altri. Sarebbe interessante farla psicanalizzare. Sarebbe interessante se non me ne fregasse nulla. Non la odio e non desidero che le capiti nulla di male. Rimarrà sempre la madre delle mie figlie e loro l'adorano. Non potrei mai pensare di fare del male a loro. E fare qualcosa a lei equivarrebbe a farlo alle mie dolci piccole pesti. Semplicemente la sopporto, ma mi è indifferente. Solo che così facendo vivo una vita finta. Fuori ho la bella faccia da marito che va al lavoro per uno stipendietto che serve solo a coprire le spese e in casa sopporto il suo sbraitare e arrabbiarsi sempre per nulla che sicuramente nasce dalla sua infelicità interiore di stare con me. Quindi siamo sulla stessa barca. Con la differenza che io remo senza brontolare, mentre lei rema brontolando in continuazione. Quanto potrò resistere?
Io non l'ho mai tradita. Lei dice che è perché non ho mai avuto l'occasione giusta. Io dico perché non l'ho mai creata l'occasione giusta. Senza contare che a lei basta una maglietta scollata per crearsela, io dovrei corteggiare spietatamente qualcuna perché si accorga della mia presenza. E non è detto che riuscirei a concludere. Insomma lei è ancora una bella donna, io sono sempre stato un uomo normale. Lei ha fatto una piccola carriera e guadagna pure più di me. Io sono sempre stato il galoppino del capo che fa il lavoro schifoso mentre lui ne prende il merito.
Detto così mi sembro proprio una nullità. Mediocre nel lavoro, con le donne e forse anche con la famiglia. No, con la famiglia no. Mi impegno a seguire le bimbe, le ascolto quando chiedono qualcosa e mi mostro interessato anche quando mi asciugano per raccontarmi gli intrecci dei primi amorini dei vari compagni di scuola. Non so se questo basti a vincere il premio "papà dell'anno", ma credo di non essere proprio scarso in quello. Inoltre non sottovalutiamo il fatto che sono rimasto con mia moglie proprio per loro. Senza bimbe la casa, le abitudini e i nonni non avrebbero prevalso sulla mia voglia di libertà.
Forse dovrei provare veramente a crearmi un'occasione. Sarebbe giusto fare occhio per occhio. O no? Sinceramente non saprei rispondere.
Max riesce bene. Lui è un uomo normale. Nel senso che lui si propone, corteggia, ci prova e ogni tanto gli va bene. Ma a lui piacciono tutte le donne. E' single e ha sempre l'ormone a mille. Se respira per lui va bene. Non si lascerebbe sfuggire una scopata facile. Io invece penso di essere un romantico sentimentale. Lui dice che sono un pirla. Insomma io non riuscirei a fare del sesso con una donna di cui non mi frega nulla. O questa è brava e mi stuzzica parecchio per farmelo drizzare oppure mi si ammoscia. A me piace il gioco, i preliminari, le carezze, i baci. Roba da froci mi hanno già detto. Eppure se una bella sconosciuta si facesse trovare nuda sul mio letto non riuscirei a fare nulla a meno che non fosse lei a stimolarmi adeguatamente. Sì lo so, sono un mezzo uomo. Chiamatemi Frodo.
Comunque per questo e anche perché sono piuttosto schizzinoso non sono mai andato a puttane. Certo l'occhio si gira quando scorrono veloci ai lati della strada, ma più che guardarle non ho mai fatto.
Però quella di prima sarebbe da guardare meglio. Ma ora sono già troppo distante. Sarà per un'altra sera. Ora mi butterò sul divano e poi tv tutta mia senza doverla dividere coi programmi per ragazzi e quegli insulsi finti reality che veramente mi fanno vomitare! Stasera un bel film! Magari uno con tanti begli effetti speciali che fanno sempre quell'effetto un po' speciale. Gioco di parole. Da pirla, direbbe Max.

Una casa che solitamente è sempre piena di voci, rumori, disordine, urla (mia moglie) e confusione fa una strana atmosfera vuota. Piacevole direi. E godibile. Posso lasciare le chiavi dell'auto sul tavolino senza che spariscano, posso lasciare le scarpe all'ingresso senza sentir sbraitare il mastino (sempre Alessia), posso mangiare senza mettere la tovaglia. Posso anche mangiare direttamente dalla padella stile Bud e Terence e magari davanti alla tv. Tanto le bimbe non vedono e quindi non vogliono copiarmi con gli ovvi risultati che potrebbero ottenere due marmocchiette che volessero imitare un adulto. Ad ogni età i propri vizi: loro vanno a letto coi pupazzi e io invece mal sopporto di dormire con mia moglie (ma solo perché brontola anche nel sonno, mi ruba le coperte e si sveglia e sbraita se io facessi un minimo rumore o andassi in bagno), io mangio e bevo sul divano e non sporco nulla e loro invece farebbero un danno da falla in una petroliera. Insomma io posso. Sono grande e so stare attento. Loro no. Ma secondo la mia dolce metà non capirebbero il discorso e quindi è vietato per tutti. E io ubbidisco.
No, non è che lei "porta i pantaloni". E' che sa rompere i coglioni come un burocrate dietro ad uno sportello blindato.
A volte mi è venuto il sospetto che possa essere così spacca-balle solo per tirarmi i nervi al punto da farmi alzare le mani su di lei. Così potrebbe denunciarmi, togliermi la casa, ogni diritto sulle figlie e levarmi ogni minimo avere. Altrimenti non riesco proprio a spiegare il perché debba sempre essere così dannatamente asfissiante. Su cavolate poi! Tipo le gocce rimaste fuori dalla doccia o quando dimentico di portare giù la spazzatura. Mica muore nessuno. Non l'ho fatto prima? Ok lo faccio adesso. C'è bisogno di incazzarsi? Alcune volte per non riempirla di mazzate mi è capitato di uscire di casa mentre ancora sbraitava. Ho preso la macchina e ho fatto un lungo giro. E quando sono tornato mi ha fatto la domanda più classica e stupida che avrebbe potuto fare: "dove sei stato?".
1 - Davvero te ne frega qualcosa?
2 - Poniamo che io ti risponda "in giro" perché in effetti è questo quello che fatto, tu cos'altro diresti? "In giro così a sprecar benzina? Bella roba. E perché?"
Perché sennò ti avrei dato un paio di ceffoni così forti che ti avrebbero gonfiato la faccia a tal punto da farti sembrare le tette piccole. "Ah! Molto maturo. E' così che tratti una donna? E' la maniera di fare, andar via mentre stiamo discutendo?" Io non tratto così le donne. Sei tu che in quei momenti non sei una donna, ma una bestia e quindi vai trattata come tale. E poi non stavamo discutendo. Eri solo tu che sbraitavi.
Questa discussione non ha mai avuto luogo, l'ho solo immaginata. Semplicemente non ho risposto al "dove sei stato" proprio per non dover ricominciare.
Sarà per questo che ora la casa mi sembra così bella. Pacifica e silenziosa.
Ora prendo due cosine dal frigo e poi tv. Il massimo della goduria!
Squilla il cell. E' max.
-Pronto?-
-Uè! Animale! Allora sei già in mutande a cantare come Tom Cruise?-
-No. Ho voglia di silenzio e quindi di certo non mi metto a cantare. E poi non sono un granché in mutande.-
-Ah, perché vestito invece spacchi?! Senti neo-single provvisorio, ho incantato una gallinella di lusso ieri e dice che stasera è fuori con un'amica. Che ne dici di farmi compagnia? Ti dico subito che non si scopa, non è tipa da darmela subito. Questa è sofisticata e ha pure studiato, però magari ci facciamo una bella serata e ci divertiamo a sparar cazzate!-
-Ma sono già le nove!-
-Dio come sei vecchio! Appunto sono le nove! Mica le due di notte!-
-Ma io domani lavoro.-
-Perché io no? E forse anche le ragazze...-
-Ma non mi va. E' la mia prima sera in pace dalla scorsa estate: fammela godere!-
-E come te la godi senza gnocca? Pippe?-
-No, film.-
-Porno per farti le pippe! Dai vieni segaiolo che poi ti diverti!-
-Max, non mi va, dai. Poi al solito l'amica sarà un mostro.-
-Ma tu non sei quello romantico-intellettuale? E ti fermi così di fronte alla banalità dell'aspetto esteriore? E poi che ti frega della faccia! Tette e culo sono le cose importanti!-
-Sei un animale!-
-Da che pulpito! Guarda che dico sul serio: tu sei limitato. Dici sempre di cercare di più in una donna e poi ti fermi sempre davanti all'aspetto estetico. Io invece sono molto più profondo. Non mi limito a guardarle negli occhi, ma procedo ad una profonda esplorazione interiore. Molto profonda. E' così le faccio anche felici! Sai quante me ne son fatte di quelle che quelli come te scartano a priori? E' grazie alla mia capacità di non fermarmi alle apparenze che riesco a trombarmi anche i cessi. E loro sono felici! Perché gli ho dato valore, mentre gli altri uomini le scansano. Vergognati! Maschilista ottuso. Guarda dentro, no? Dentro le cosce intendo. Dai, allora vieni?-
-No. Ma la cosa triste è che tu ci credi veramente a quello che dici.-
-E perché non è forse vero che io mi trombo le cozze e tu invece le lasci sullo scoglio? Io faccio loro del bene!-
-Max dare un pisello ad una brutta non vuole dire fare del bene. Se vuoi fare del bene limitati a mandare un sms quando c'è un terremoto.-
-E quindi sei sempre meglio te? Che non le vuoi neanche conoscere?-
-Max io non sono l'uomo migliore del mondo. Non sono neanche un grande filosofo che riesce a carpire ogni sfumatura della vita, ma intanto non vengo perché non ho voglia e ho solo voglia di starmene un po' in pace e non perché l'amica sia brutta, e poi ti ricordo che io ci provo a sintonizzarmi con le donne e, anche se non ci riesco, di sicuro non parto con l'idea di farmi una scopata. La donna è di più: è un altro essere umano diverso da me, con una sua testa e un suo mondo tutto da esplorare e scoprire. E' dialogo, è intesa, è passione, è...-
-E se è un cesso non dialoga? Fa solo il rumore dello sciacquone? Guarda che te sei più superficiale di me. E poi stai con quella che a parte le tette tu dimmi che c'ha? Vabbè te saluto pippaiolo! Ciao!-
-Ciao Max.-
E' simpatico, non posso negarlo. Ma è realmente superficiale. A quarant'anni gli interessa solo portarne a letto quante più può. Come un adolescente. Però quando dice che io sono altrettanto superficiale mi fa pensare. Perché se è vero che io non sono sessuomane come lui, è anche vero che non accetto la donna non carina. Non serve che sia una modella, semplicemente trovo che proprio l'essere donna includa un certo impegno verso la bellezza e la cura di sé. Una donna bella che non si cura e si veste come un muratore non mi attira. Non è donna. Una donna normale che invece ci mette un minuto in più a scegliere il vestito da indossare, che si passa un filo di rossetto e cura le ciglia e che sa chiedere aiuto ad un uomo quando deve prendere un pesante fustino al supermercato, è quella la vera donna! E' quella che mi può interessare. Perché non è un uomo e non cerca di esserlo. E non lo copia. L'uomo è uomo. La donna è donna. Si possono anche avere degli interessi comuni, ma servono le differenze comportamentali. L'uomo è rude. La donna è morbida.
Come la carta igienica, direbbe Max.
Quanti pensieri che mi vengono in mente in solitudine. Sicuramente è anche merito del silenzio che mi circonda. Anche le orecchie hanno bisogno di riposo. Più di quanto si pensi.
Forse è meglio che smetta di pensare per stasera.

Capitolo II – Io: l’errore dei due mondi.

Ecco lo sapevo! Senza mia moglie che mi dà il suo rozzo e freddo buongiorno, alzando la tapparella e parlando a voce alta, mi sono alzato tardi!
Avrei dovuto puntare la sveglia, ma sono così dannatamente complicate con mille tastini piccoli che fanno diverse funzioni: la lingua, la data, il controllo batteria, la temperatura (Fahrenheit o centigradi?)... Ma caspita! E’una sveglia! Metteteci solo l'orario e fate che si possa programmare facilmente! L'unica cosa intelligente che ha è la radiofrequenza, che in pratica vuol dire che non devo aggiustare mai l'orario perché lo fa da sola via radio. Persino quando c'è l'ora legale. L'ho comprata solo per quello. Peccato che puntare un orario per farla suonare sia più difficile che comprendere Kandinsky. Metterla sul cellulare è molto più semplice. Devo ricordarmi di farlo stasera. Ma allora che l'ho comprata a fare la sveglia?
Comunque ho fatto tardi al lavoro, e per il mio ruolo non va bene: non sarei d'esempio. Un Senior Assistant Buyer della Supply Chain Management deve essere sempre al top. Che figo che sono, eh?! Praticamente vuol dire che rispondo al telefono e controllo le fatture della merce che l'azienda acquista. E devo pure verificare che la merce arrivi e devo ricordarmi di riordinarla per tempo quando sta per finire. Lo saprebbe fare chiunque abbia preso la licenza elementare, ma dirlo così ti fanno sembrare che il tuo posto di lavoro sia un'esperienza di vita unica e indispensabile, perché tu sei un pezzo irrinunciabile di un delicato processo aziendale. Ti fanno sentire importante. Peccato che se dicessi il mio ruolo ad un ignorante quello mi risponderebbe "ah, cavoli" senza aver capito una mazza e se invece lo dicessi ad uno culturalmente più elevato risponderebbe "e che vuol dire?". E peccato anche che, visto la mia importanza, quell'inverno che ho avuto una maxi-bronchite e sono rimasto a casa ben dieci giorni mi hanno sostituito con un interinale appena arrivato per fare un lavoro di inserimento dati e questi non aveva idea di cosa io facessi. Ha fatto qualche comprensibile casino, non perché fosse scemo, ma semplicemente perché nessuno gli aveva spiegato cosa dovesse fare. Però il mio lavoro è andato avanti lo stesso. Quindi sono importante e indispensabile quanto basta perché chiunque possa prendere il mio posto. Una formica in fila nella raccolta delle briciole. Altro che Senior Assistant e balle a seguire!
La direzione della mia azienda è veramente squallida e altri impiegati che ho conosciuto in altre aziende mi dicono la stessa cosa. Saremo noi impiegati ad essere incontentabili o la direzione a essere così dannatamente approfittatrice e annichilente?
Sono convinto che se il mercato del lavoro fosse più onesto e offrisse realmente un posto di lavoro comprensibile, sarebbe più in movimento e avremmo meno disoccupati. Oggi molte persone che hanno un impiego insoddisfacente non cercano nemmeno altri posti perché non capiscono cosa cerchino negli annunci! Se un'azienda scrivesse "fattorino" anziché "delivery driver to customers" o "autista di fiducia addetto al trasporto e consegna del prodotto finito al termine della catena del processo produttivo", magari una persona capace la troverebbero. E ho fatto un esempio semplice. Per i posti impiegatizi è una vera battaglia a chi scrive più boiate con i titoli più complessi e assurdi. Come se una segretaria fosse meno importante di una Manager Assistant. Il lavoro è lavoro. E se tu guadagnassi diecimila euro al mese perché sei il super-mega o novecento perché sei il mini-nulla ricordati sempre che lavori: quindi sei un nulla comunque. Solo chi non lavora e ha di che campare abbondantemente senza preoccuparsi del denaro è un figo! Che sia per merito suo o meno non ha importanza. Chi invece è in coda al mattino con la Mercedes o la Panda è comunque in coda. Se fosse invece su di una spiaggia caraibica a godersi la vita allora...

La sera esco un po' dopo dall'ufficio per recuperare il ritardo del mattino e mangio un boccone da Mc Donald's, così non devo nemmeno prepararmi la cena. Un sacco di gente dice che lì ti rifilano porcherie. Intanto sono porcherie buone, costano poco, sono veloci e danno lavoro a mille persone. E inoltre non credo siano porcherie. Porcherie lo sono nel senso che una patata fritta fa molto più male al nostro organismo di quanto possa fare una patata lessa. Ma questo ovunque, anche nel ristorante francese a cinque stelle. Quindi per me è razzismo ingiustificato fomentato dai soliti guerrafondai comunisti anti-americani. Io vado lì e stasera mi abbuffo di quelle golosissime porcherie! E poi in macchina rutto libero da post-maxi-cola!
Non ho mai capito perché mi piaccia tanto ruttare. L'educazione impone che non lo si faccia rumorosamente in presenza di altre persone e devo dire che concordo. Io infatti sono educato e non lo faccio. Ma quando sono solo trovo appagante sfogarsi ruttando con le fauci spalancate e a gran voce. Credo sia meglio che gridare allo stadio durante un derby. E' proprio liberatorio! Ti fa sfogare e lascia lo stomaco più leggero: è una bella sensazione! La cosa strana e che poi mi metto a ridere. Cioè faccio qualcosa di "proibito" e maleducato, ma che mi fa stare meglio e poi mi metto anche a ridere dopo che la mia sonorità ha rimbombato nell'ambiente circostante. Dovrei farmi psicanalizzare per
questo. Ma ho timore dell’esito.

A pancia piena noto ancora che il serbatoio invece è vuoto. La spia gialla lampeggia implacabile. Se insistessi ad andare in giro sicuramente rimarrei a piedi. Avevo in programma di farla stamattina andando al lavoro, ma ero in ritardo e quindi nisba. Devo proprio fermarmi al self, ma non ho contanti. Solo carte varie. Speriamo che quelle macchinette maledette funzionino. Che poi, dico io, perché non dovrebbero funzionare!
Secondo me sono trucchi dei gestori per risparmiare il costo telefonico delle connessioni tra macchinetta e banche! Ma fatevi una tariffa flat, pezzenti tirchioni! Come se pochi centesimi vi cambiassero la vita.
Non concepisco l'uso del contante nel terzo millennio: all'estero mi è capitato di pagare un caffè con la carta di credito! Qui sembra un'utopia da usare solo se fai acquisti costosi e saltuari. Io invece le adopero sempre. Non rischio rapine e se perdessi il portafoglio verrei rimborsato. Prova un po' a perdere duecento euro in contanti invece! Che incazzatura avresti? Il contante è il denaro sporco, per i traffici illegali e le cose da nascondere. Come quelli che vanno a donne di strada. Quelle mica ti fanno la ricevuta e accettano il bancomat: devi pagarle in contanti!
A proposito, sono in zona dove ieri c'era la zoccolona topolona presso il distributore. Ne approfitto: faccio benzina e la sbircio per bene, se non l'avessero già caricata.
Eccola lì, c'è! Wow, è proprio bella e... cacchio! Meglio che guardo quello che sto facendo: ho quasi preso la pompa!
Allora vediamo la macchinetta che dice... Ecco: “bancomat fuori uso”. Ma siete delle m... Gestori imbecilli! E ora che faccio? Però è proprio carina. Anzi più che carina: è fine. Come farà una puttana ad essere fine? Boh? Eppure i movimenti, come mi guarda, il sorriso... Sì, perché ha anche un sorriso. 'Sta poveretta fa mercimonio di sé in mezzo alla strada di notte eppure mi sta sorridendo. Forse dovrei smettere di fissarla: sembro un maniaco davanti ad una vetrina di intimo femminile! Però è strano che con l'abbigliamento che ha, decisamente volgare, riesca a mandarmi questa sensazione di finezza, di eleganza direi. E' una principessa decaduta, una Cenerentola moderna. Chissà se mai troverà il suo principe azzurro che la porterà via da quella squallida vita…
Oddio viene qua! Che vuole?!
-Ciao bell'ometto, ho visto che mi fissavi. Vuoi divertirti?-
-Chi? Io? No, no! Cioè sì! Cioè, voglio dire, sì, ma no! Sì, nel senso che ti fissavo, è vero, scusa... scusi! Ma no, non voglio divertirmi! Cioè non è che non voglio divertirmi, a me piace divertirmi, io sono il divertimento fatto persona! Ma non voglio divertirmi in quel senso, ora, con lei! Cioè non è che non ho voglia perché lei è brutta... cioè sia brutta, cioè non è brutta, anzi è molto carina... ma io, non mi va a me, ora, di divertirmi con lei perché io, cioè...-
-E cioè, cioè, cioè sei frocio?-
-Cioè no! Io sono normale!-
-Quindi i froci non sono normali? Perché loro scopano e tu no?-
-Ma veramente io intendevo dire che...-
-Tranquillo signor "cioè", era una domanda trabocchetto per stuzzicarti. Ma se proprio non ne hai voglia... Queste non ti piacciono?-
Oddio come si sta strizzando le tette!! Mi sto eccitando! Non me le ha neanche fatte vedere, se le sta toccando da sopra la magliettina e lui è già su di giri di brutto! E' una professionista!
-Oh, sì che mi piacciono... tanto! Ma, cioè...- 
Ho detto ancora "cioè". E lei ride. Ha ragione: sono l'emblema dell'imbranato! Che bel sorriso che ha. Cazzo! Sono un uomo! Basta fare la figura dell'imbecille!
-Allora! Mi scusi signorina se l'ho fissata, ma non sono solito usufruire dei servizi che lei possa offrire e quindi le porgo un cordiale diniego. E' che sono rimasto rapito dal suo volto e soprattutto sono rimasto senza benzina! Ora questa stupida macchinetta non accetta il bancomat e io sono senza contanti e sto pensando a come fare per risolvere la situazione!-
-Sei rimasto rapito dal mio volto? Ma tu da che film sei uscito?-
-Probabilmente dalle comiche!-
-Senti facciamo così, io ti presto cinquanta euro, tu riempi la macchina, poi andiamo insieme a cercare un bancomat e me ne restituisci settanta.-
-‘Sti ca..voli! Il quaranta percento d'interesse in pochi minuti! Se mi dicesse dov'è il bancomat penso di riuscire ad arrivarci e tornare e risparmierei venti euro. I cravattari offrono tariffe migliori! Ha un passato come bancaria?-
-Dammi del tu. Se continui con il lei potresti farmi credere che sono una persona.-
Dopo questa frase qualcosa è scattato in me: lei è lì in piedi davanti a me, bella, bellissima, con i suoi abiti volgari e il trucco pesante, ma continua ad emanare quel non so che di eleganza che la distacca completamente dalle sue colleghe, almeno credo, visto che non ne ho mai conosciute. Probabilmente si distacca dall'idea che ho io delle prostitute. Eppure quella frase comprende tutta la rassegnazione che nasconde dentro, la rassegnazione alla totale mancanza di dignità, la rassegnazione a non essere più una persona.
Cos'è mai una puttana? Un pezzo di carne senz'anima? Uno sfogo per bruti che invece fuori si mostrano rispettabili al contrario di lei che è talmente inadatta ad essere rispettata da non valere nemmeno la pena di parlarle con cortesia? Come può una donna annichilirsi a tal punto da considerarsi solo una cosa inanimata?
-Va bene, accetto!-
La macchinetta ingloba voracemente la banconota e riempio il serbatoio. Poi le apro la portiera e le faccio cenno di salire. Lei entra e fa una smorfia come se il gesto di aprirle la portiera fosse qualcosa d'altri tempi, una scena da film in bianco e nero.
-Allora signorina, ah no! Scusa. Il "tu". Tu sai dov'è un bancomat qua vicino?-
-Sì, ma quello lo ha già scassinato il mio uomo ieri sera. Meglio cercarne un altro.-
Mi sta prendendo in giro. Spero.
-Dai simpaticona, seriamente, dov'è?-
-Meno male che tu eri il divertimento fatto persona! Dritto e poi a sinistra.-
-Allora il tuo uomo non l'ha ancora scassinato.-
-Io non ho un uomo. Solo un aguzzino che mi sfrutta e mi dà le botte se non gli porto abbastanza soldi.-
-Ah. Ma... chi te lo fa fare?-
-Ah, ma tu sei proprio il buon samaritano che vuole aiutare la gente! Ma lo sai che alla gente non interessa di essere aiutata?-
-Sei straniera? Ogni tanto hai un lieve accento.-
-Sono albanese. Vengo dalla triste Albania.-
-Perché triste?-
-Sei mai stato in Albania?-
-No.-
-Ecco, prima vacci. Poi me lo dici tu. Gira qua.-
Devo dire che sto conducendo proprio una conversazione brillante... Cosa posso dire di "normale"?
-Non mi hai detto come ti chiami.-
-Non me lo hai chiesto.-
Sì, è vero, non gliel'ho chiesto. Però io mi sto sforzando di fare una normale conversazione, ma lei mica mi dà una mano!
-Allora... come ti chiami?-
-Debora.-
-Ma Debora con...-
-Debora senza la acca. Lo so che è più bello con la acca e fa anche più vacca, e quindi sarebbe pure più adatto, ma il mio non ce l'ha. Lì, fermati: eccolo lì.-
E' tanto che non faccio conversazione con una ragazza che non conosco... e si vede! Tra banalità e luoghi comuni devo sembrarle proprio al pari dei suoi clienti.
-Faccio subito!-
-Fai, fai. Intanto io fumo.-
-Non in macchina, Debora! Detesto il fumo! Aspetta qualche minuto e potrai farlo non appena ti riporto "in ufficio"!-
-Questa era simpatica, sai? Ok, non fumo ora.-
Era simpatica perché non so da dove mi sia uscita. Era spontanea. Avrebbe anche potuto prendersela. Meno male...
-Ecco qua: settanta! Complimenti per il tuo senso affaristico.-
-Non è senso affaristico. E' sopravvivenza.-
-Debora io non sono un brillante oratore, l'avrai capito, ma vorrei chiederti alcune cose, se ti andasse di rispondere beninteso.-
-Tu non sei mai stato con una puttana, vero?-
-Io? No, mai!-
-Si capisce quando uno è la prima volta. Vuole sempre parlare prima.-
-No, calma, non fraintendiamo: io non è che voglio parlare prima. Io vorrei parlare e basta.-
-Ok, samaritano, vuoi sapere le tariffe? O se ingoio?-
Certo che le ho fatto proprio un bell'effetto!
-No, è che sono solo un po' curioso, sai, per me è un mondo nuovo. A proposito: non mi piace che mi chiami "samaritano".-
-E come ti posso chiamare? Mister cioè? Non mi hai mica detto il tuo nome!-
-Hai ragione! Io sono Giosuè, ma gli amici mi chiamano Giò.-
-E quindi io sarei tua amica ora e ti posso chiamare Giò?-
-No, volevo dire che, in generale, chi mi conosce prima o poi mi chiama Giò e puoi farlo anche tu, indipendentemente da quanto potessimo essere amici.-
-Quindi io non sono tua amica?-
-Ma che c'entra! E' che per me l'amicizia è importante e quindi proprio per questo non deve essere data a tutti indistintamente!-
-Già, meglio evitare di darla a una puttana.-
-Ma non voglio dire questo! Era un modo di dire! Ma come sei indisponente! Dovresti essere più diplomatica e cercare di accontentare il cliente per agevolare la vendita!-
-E quindi sei un cliente?-
-No, non sono un cliente! Ma ho un'esperienza commerciale e so come trattare coi clienti!-
-E quindi io non so trattare bene coi clienti? Forse dovrei sorridergli dopo che mi hanno fottuto e dirgli che a breve ricevono la fattura vidimata? O magari potrei fornirgli un numero verde per segnalare il gradimento? Non so cosa hai venduto tu, ma per quello che vendo io a nessuno gli interessa se sorrido o no. Loro ordinano, usano e pagano. Il resto non conta.-
Ha ragione. Volevo essere diverso e mi sono dimostrato pari e forse peggio dei suoi clienti. Lei non è merce. E' una persona.
-Siamo arrivati.-
-Allora non vuoi proprio divertirti con me, samaritano Giò?-
-No, grazie. Buon... lavoro.-
-Ciao, Giò. Saluti alla signora.-
Come fa a sapere che sono sposato? Non porto la fede. Meglio che vada.

Certo che sono proprio un pirla. Oltre al fatto di non avere saputo proprio dare un senso alla discussione, l'ho pure fatta sentire un oggetto. Poi mi faccio sensibile alle frasi che dice. Bella sensibilità! Sono un cretino. Falso e ipocrita. Volevo davvero fare il buon samaritano e sapere tutti i suoi guai per tirarla fuori dal giro. Come se potessi risolvere con due chiacchiere il dramma di una donna che si prostituisce. Sono pure megalomane, oltre che imbecille. Però ha sorriso quando le ho detto "ti riporto in ufficio". Forse perché non ci ho pensato. Quindi se penso faccio danno. Devo essere più spontaneo. Ma spesso in passato la mia spontaneità è stata mal interpretata. E infatti ora penso sempre un sacco prima di dire qualcosa. E dico lo stesso boiate.
Meglio che smetta di pensare anche stasera.

Capitolo III – L’amicizia non si chiede: si offre.

Ieri sera ho fissato il soffitto a lungo prima di addormentarmi. Ho pensato a mille cose sulla povera Debora. Ha occupato tutto il pensiero serale, che di solito è molto vario e spazia dalla buonanotte alle piccole, ai fumetti, a qualche fantasia di rivincita lavorativa. Invece ieri era lei la protagonista del mio pensiero. Non riesco a lasciar perdere la figura che ho fatto e a quello che deve avere pensato di me. Io non voglio che mi reputi come penso mi reputi. Dovrei fregarmene? A chi gli frega cosa pensa una puttana? Ed è proprio questo che mi impedisce di fregarmene: a nessuno interessa il pensiero di una di quelle! Io voglio essere diverso. Voglio interessarmi davvero a cosa lei potesse pensare. E non lo voglio fare per fare il samaritano, ma perché dietro a quel corpo c'è una persona. E un'anima. Un'anima vera con dei sentimenti e che potrebbe anche soffrire. Come la mia, come quella delle mie bimbe e come quella di qualunque altro essere umano. Non devo esserle amico per forza, né devo trascinarla via dal marciapiede. Ma voglio che sappia che per me non è solo un corpo e mi interessa che non mi giudichi l'imbecille che mi sono dimostrato ieri. Può darsi che io sia lo stesso un imbecille, ma non quello ieri. Sono un imbecille diverso. Come posso fare? Facile. Basta pensare che sia una donna, non una puttana. Quindi ieri mi sono comportato da stupido e la cosa da fare quando si commettono stupidaggini è chiedere scusa.
Stasera torno da lei e mi scuso.

Non c'è. Sarà di turno. Mi parcheggio un po' e aspetto.
Audi Q5. Che macchinaccia da ignorante arricchito! Soldi buttati! Ma a che ti serve?
Ah, eccola! Serve a caricare battone. Meno male che ho un'auto modesta!
-Debora!-
-Ciao samaritano! Hai cambiato idea? Vuoi divertirti?-
-Sì ho cambiato idea. Voglio divertirmi. E non chiamarmi samaritano. Sono Giò. Piuttosto sai che Debora non mi è mai piaciuto? Fa tanto debosciato, debilitato… E' avvilente! Non hai un secondo nome più carino?-
-Stai facendo lo stronzo per vendicarti che ieri ti ho stuzzicato?-
-No. Sto facendo lo stronzo, perché sono veramente così: stronzo.-
-Va bene. Cosa ti va di fare?-
-Voglio portarti al cinema.-
-Vuoi farlo in un cinema? Guarda che se ci scoprono io finisco male, non sono regolare qui. Appartiamoci in macchina, invece!-
-Non hai capito. Ieri mi sono comportato male con te e volevo scusarmi e così ho pensato di portarti al cinema. Per scusarmi e per divertirmi a guardare il film, non a fare sesso. A me piace il cinema, e a te?-
-Vuoi scusarti e vuoi portarmi al cinema a guardare il film? Senti se ti ho fatto incazzare ora scazzati, ma non mi va di esser presa per il culo!-
-Io non sono il tuo cliente classico che vuole solo il tuo culo. Io voglio prenderti tutta, testa inclusa. Devi sopravvivere, no? Bene: io ti pago e tu fai quello che dico. Quanto vuoi per stare con me tutta la sera diciamo fino all'una circa?-
-Tu sei scemo oltre che stronzo!-
-Quanto?-
-Trecento!-
‘Sti cazzi! Speravo meno! Fanculo alle mie idee! Non bastavano dei fiori?
-Ok! Sali: andiamo al bancomat a prelevare.-
-Di un po', ma tu ti ecciti con le macchinette automatiche? In due sere due volte al bancomat e una al distributore...-
-Mi piaci. Siamo affini.-
-Cioè?-
-Sei stronza. E dici pure "cioè".-

Il bancomat mi ha dato solo duecentocinquanta euro. Glieli ho dati subito e le ho detto che dopo mezzanotte avrei potuto prelevare gli altri cinquanta. Lei ha accettato e mi ha chiesto che film volessi vedere. Le ho risposto: "Pretty woman". Mi ha detto: "Fottiti!"
Andiamo ad un moderno multisala. All'ingresso la guardano tutti, soprattutto le donne. Il suo abbigliamento attira sguardi critici sparati come pugnali. Qualcuno è rivolto anche a me, ma non è così intenso come quelli rivolti a lei. A me non frega nulla: mi scivolano di dosso come pioggerella su di un ombrello. E' evidente che sia lei ad essere fuori posto, è lei la colpevole, quella che si prostituisce, per avere una vita facile, per sottrarsi al sistema che le imporrebbe di soffrire otto ore al giorno in un ufficio, mentre così può fare meglio ciò che vuole. E' lei e non io. Io rimango comunque rispettabile. Squallido, ma rispettabile. Questo è quello che dicono a gran voce quegli sguardi.
Quanto è facile sbagliare giudicando in fretta.
In questo momento credo mi stia detestando e pensi che il mio scopo sia quello di umiliarla. E' strano come si mostri spavalda e sicura alla luce di un distributore di benzina dove si espone senza vergogna, mentre qui in mezzo a tanta gente "normale" sembra quasi che tremi impaurita e persa, come una condannata in attesa di lapidazione.
Pago con la carta i biglietti e usciamo dalla folla che si accalca alla cassa. Mi chiede di andare un attimo in bagno. Probabilmente una pausa dovuta per risistemarsi dopo il contatto coll'arricchito dell'Audi.
Ci mette parecchio, cominciavo a preoccuparmi, ma esce dal bagno con un trucco più leggero, molto fine. Il viso ne è illuminato. Il contrasto con il suo abbigliamento è forte. Forse dovrei dirle che sta benissimo così truccata, ma forse è meglio che non le dico nulla. Non ho idea di come potrebbe reagire ad un complimento. Magari poi crede che io voglia prenderla in giro. Meglio tacere.
Nel buio della sala la vedo molto più rilassata. Chi si nasconde non ha bisogno dell'approvazione degli altri ed è libero di essere sé stesso.
Quanto male possiamo fare senza accorgercene!    
Ho scelto un film di fantascienza. In genere le ragazze non amano questa tipologia. Ma il film romantico non mi sembrava il caso, il poliziesco temevo potesse suscitarle ricordi spiacevoli e il drammatico dal tema scottante lei lo vive nel quotidiano. Rimaneva il cartone per bambini, magari sotto gli sguardi delle mamme, o l'allegra fantascienza senza pretese.
Appena seduti mi chiede del popcorn e una Coca, ma non ho contanti. Il bar accetta solo quelli, al contrario della cassa. Misteri della direzione aziendale. Io auspico sempre che nei posti pieni di contanti facciano una bella rapina, così poi la smetteranno e incominceranno a capire quant'è meglio la moneta elettronica! Comunque i soldi me li dà lei, ma vado solo io al bar, lei preferisce non alzarsi per essere meno in vista. Rientro appena prima che spengano le luci e lei sorride. Come una bambina che abbia ricevuto del popcorn al cinema. Non ho mai pensato ci potesse essere un sorriso specifico per ricevere del popcorn al cinema. Ma ora so che c'è.
A fine film lasciamo uscire tutti, noi siamo gli ultimi. Credo che l'abbia fatto per la solita ritrosia a mostrarsi ad un pubblico così diverso da quello della strada, ma a me piace aspettare che il film finisca anche i titoli di coda: mi hanno sempre infastidito le persone che appena terminata la scena finale si alzano come impiegati a fine turno e corrono all'uscita! Cavoli! Il film è fatto anche dai titoli e dalla musica e, a parte il fatto che hai pagato anche quelli, se ti fosse piaciuto è un giusto riconoscimento verso le persone che ci hanno lavorato e se non ti fosse piaciuto è l'occasione per segnarsi nomi da non rivedere in futuro.
Mi confessa che le è piaciuto. Sorride ancora. Mi sto innamorando del suo sorriso. Ora è sinceramente rilassata e fuori dal suo solito mondo. Alla fine ho fatto il samaritano senza volerlo. Speriamo che non se la prenda. Io volevo solo scusarmi e farle passare una serata diversa, non pensavo di donarle la gioia che le leggo in volto.
-Panino con birra? Un gelato?-
-Panino, birra e patatine! Ma tu puoi bere solo analcolici: devi guidare!-
-Da quando ti preoccupi della legge?-
-Da quando il mio vecchio "tutore", guidando ubriaco, ci ha fatto quasi ammazzare a me e tre colleghe mentre ci portava "in ufficio", come dici tu.-
-"Tutore". Simpatica definizione. Credevo fosse sempre lo stesso un po' come i signorotti ai tempi dei feudi: di padre in figlio, ma sempre in famiglia.-
-No. Noi siamo merce. Gli accordi commerciali tra i vari gestori possono includere pagamenti in merce. Però mi è andata bene. Questo non mi ha mai violentata e ho una sera a settimana di riposo.-
"Mi è andata bene" dice. Quant'è diversa la concezione di ciò che è bene o male per ognuno di noi. Parla di violenza carnale come fosse uno shampoo in ufficio e dice di essere merce e di avere ben una sera libera a settimana. E questo è bene per lei. Ma c'è un'altra cosa: io non le ho chiesto nulla. Me lo ha detto lei da sola. Questo mi dà l'impressione che cominci a fidarsi.
Il panino è una schifezza. Pane bruciacchiato e duro, prosciutto scadente e conto salato. Poi parlano male di Mc Donald's! Le patatine almeno sono decenti e con abbondante ketchup. Mentre divora tutto non posso non notare che continua a sorridere. Si potrebbe pensare che sia normale che una ragazza che esca la sera a mangiare un panino dopo un cinema sia allegra, poiché normalmente un infelice tende a starsene a casa propria chiuso nei suoi pensieri e non se va a zonzo. Ma guardandola senti che è diverso. Lei emana felicità! Queste cose che per gli altri, i "normali", sono semplici e a volte ripetitive, per lei sono la quintessenza della felicità. Mi ricorda quando anni fa portai al cinema per la prima volta Giulia: l'emozione e le aspettative che aveva contagiarono ben presto sia noi genitori, sia i nonni che ci avevano accompagnato.
Avrà trent’anni o poco più, ma ora sembra davvero una bambina.
Due passi dopo l'orrido panino aiutano. Si accende una sigaretta e soffia il fumo dalla parte opposta a me.
-E' quasi mezzanotte: fra poco ti prelevo il resto.-
-Potevi aspettare a ricordarmelo. Mi ero quasi dimenticata di essere una puttana.-
-Scusa, hai ragione. E' che volevo iniziare a chiacchierare, ma non sapevo cosa dire.-
-Così hai pensato che dopo avermi regalato una sera di normalità era meglio riportarmi alla realtà?-
-E dai! Ti ho chiesto scusa. Avrai capito che non cerco di fregarti o umiliarti. Il mio gesto di voler uscire con te era sincero. L'ho fatto perché mi sentivo in dovere di scusarmi per come ti ho trattata ieri.-
-Sei carino. Se tutti gli uomini che mi hanno trattata male mi offrissero un cinema dovrei passare lì dentro anni interi. Tu sei sposato, vero?-
-Sì. Come lo hai capito?-
-Hai un'auto familiare e non mi sembri il tipo sportivo che la usa per caricarci la canoa. Poi la tua camicia è stirata alla perfezione. E poi anche per il fatto che non sei solito parlare a una ragazza.-
-Sono così imbranato?-
-Solo quando ti sforzi di essere quello che non sei. Quando non ci pensi troppo non sei antipatico.-
Lo dicevo io che penso troppo.
-Beh, ora non penso e quindi direi che c'è ancora tempo di andare in giro: che ne dici del bowling? E' un sacco che non ci vado! Il gioco mi piace anche se non sono bravo, ma detesto dovermi infilare quelle scarpe che usano tutti, io sono piuttosto schizzinoso!-
-Sapessi cosa devo infilare io! Due scarpe sono nulla!-
-Scusa. Non ci ho pensato.-
-Lo so. Me lo hai detto che non pensavi. Ma io ti ho anche detto che sei meglio quando non pensi. Non scusarti: a me piace che dici le cose come vengono e non pensi a quello che sono. Mi sto illudendo di essere normale stasera e mi piace. Grazie.-
Mi ha detto grazie. Non l'aveva mai detto. Di solito è una parola che dici mille volte al giorno per qualunque cosa e a chiunque, per mantenere un normale rapporto di cordialità e farsi accettare reciprocamente. Lei invece non me l'aveva mai detto. Forse non accetta nessuno e nessuno accetta lei. Mi piace che me l'abbia detto. Forse mi sta accettando.
Non riesco neanche a finire di bearmi di una tale semplice cosa che un'auto con dei ragazzotti passa rombando e qualcuno di loro la male apostrofa gridando a gran voce volgarità.
Non faccio a tempo a prendere fiato per gridargli dietro qualcosa io che l'auto è già lontana. Per fortuna! L'unica cosa che mi stava per uscire era "figlio di puttana"...
Ecco ora i suoi occhi sono lucidi. Forse sta per piangere! Devo dirle qualcosa! Pensa! Pensa!
-Ma che gente maleducata! Ignoranti e rozzi! Mi piacerebbe dargli un sacco di mazzate!-
-E perché? Ha ragione. Sono una troia e si vede. E per questo vorresti dargli le botte? Perché dice la verità? Non è bello ricevere botte, sai? Soprattutto quando te le danno per niente.-
Ecco. Ho pensato e ho detto altre cazzate. Ma possibile che non ce la faccio proprio a dirne una giusta quando penso?! Ma che testa che ho!
-Scusa. Non volevo dire che... Senti, ma visto che io continuo a dire cose stupide perché non parli un po' tu? Raccontami qualcosa di te, ma qualcosa di bello, ti sarà successo qualcosa che vale la pena raccontare! A me interessa!-
-Sì, mi è successo qualcosa di bello. Questa sera ho guadagnato trecento euro senza spogliarmi e sono stata al cinema a vedere un bel film!-
-E...?-
-E basta. Tu mi hai detto di raccontare solo le cose belle.-
-...Andiamo al bowling.-
-No! Non mi va! Davvero. Là c'è tanta luce e tanta gente!-
Una bambina al contrario. Lei ha paura della luce, non del buio. Come si fa a passare una vita al buio?
-Ok. Allora ti porto dove c'è tanto buio!-
-Tanto buio? Dove andiamo?-

Mezzora di strada e siamo in aperta campagna. Io ci vengo ogni estate, quando mia moglie parte. Le serate limpide sono ottime per guardare le stelle su queste stradine lontane dalle luci della città. Peccato che la mezza luna di stasera sia troppo brillante: l'ideale è quando non c'è la luna. In quelle sere il cielo nero è veramente tempestato di gemme brillanti. Una sera di qualche anno fa ci avevo portato Alessia assieme alle bimbe e non c'era neanche uno spicchio di luna. Era perfetto guardare il cielo quella sera! Ma tutto quello che ha saputo dire è stato "Bello. Andiamo che è pieno di zanzare."
Da allora ci vado da solo.
In effetti però stasera sono contento che non sia completamente buio: la luce azzurrata della luna mette in mostra i lineamenti del suo viso. Sono perfetti. Se fossi un pittore la ritrarrei esattamente così: gli occhi rivolti al cielo, il riflesso della luce che crea giochi d'ombre sul volto, i capelli che sembrano risplendere come fossero spalmati di lustrini. Ma non sorride. Le labbra sono chiuse in un'espressione malinconica e pensierosa.
Chissà che pensa. Forse non va bene lasciarla pensare troppo. Magari le vengono in mente tutte le brutte cose che deve aver subìto in passato e che sicuramente l'aspettano domani. Magari pensa che mi sia innamorato e che le debba fare una proposta! Non dovevo portarla in un posto così romantico! No. E' molto concreta, sa che non è una favola questa. Magari ha un figlio e sta pensando a lui. Magari crede che ora, forse, potrei... Magari è il caso che io smetta di pensare e glielo chieda!
-Che pensi?-
-Che è magnifico. Ma le zanzare mi stanno mangiando viva! Andiamo?-
Beh, almeno è durata parecchio più di mia moglie ed in effetti lei non è molto coperta.
Durante il ritorno parliamo del più e del meno. Come due persone normali. Le racconto un po' di me, di Alessia e di come non vada bene tra noi. Quando parlo delle bimbe cambia però subito discorso. La cosa deve ricordarle qualcosa di spiacevole, ma non le chiedo nulla.
Lei mi dice che non sopporta le zanzare, ma il freddo dell'inverno è molto peggio. Stare ore in strada col gelo è molto più fastidioso delle zanzare e inoltre qualche cliente non si accontenta di toglierle la gonna per fare quel che vuole, ma pretende di spogliarla nuda per vederla bene perché ha pagato. Lì, dice, è uno dei momenti peggiori e il freddo che sente fuori le arriva anche dentro. E' avvilente oltre ogni limite e s'ingozza di vitamine per non ammalarsi.
Mi chiede di fumare abbassando un po' il vetro. Le dico di no. Io proprio non sopporto il fumo. E poi non sopporterei quel po' di cenere che si potrebbe spargere in giro per l'auto o, peggio, la sigaretta che possa cadere sui sedili bruciandoli irrimediabilmente. Lei mi sorride. Credo che le sia piaciuto che le abbia negato questa possibilità. Forse pensa che in fondo ho ancora un po' di palle e non sono solo uno zerbino che dice sempre sì a qualunque richiesta. O forse ha semplicemente pensato che io sia uno di quei matti maniaci che trattano l'auto come un gioiello inestimabile e che passano la domenica a lucidarla. A me piace tenerla in ordine e integra. Ma non ne sono schiavo.
Senza volerlo il discorso finisce sul suo lavoro, ma ora non è reticente al dialogo. Si sta raccontando senza cura. E' un racconto che sembra lontano, non dà l'impressione di un dramma vissuto e tuttora in atto. E' un elenco di fatti accaduti.
E' cresciuta in un orfanotrofio, ma lei dice che si ricorda un po' di una che era la sua mamma. Le pare fosse poverissima e per non farle soffrire la fame l'aveva lasciata lì.
A quindici anni l'hanno violentata e se la sono portata in giro prima per l'Albania e poi come clandestina all'estero per farla prostituire. E' in Italia da circa dieci anni e qualche volta cambia città a seconda delle necessità di lavoro. Quasi come un manager.
Il suo vecchio gestore la violentava spesso. Era una violenza "dolce", nel senso che non la picchiava mentre se la faceva. Era come un cliente solo che lui non pagava e anzi le toglieva tutti i soldi che lei guadagnava. La picchiava solo quando ne aveva voglia anche se lei ubbidiva sempre e non faceva nulla per farlo arrabbiare.
Quello di ora invece è professionale perché non se l'è mai scopata. Ogni tanto le dà qualche schiaffo, ma neanche troppo forte, perché teme di rovinare la merce. Lei non si è mai ribellata. Ha troppa paura e tutto quello che le hanno fatto in passato le è bastato per accettare e dire sì ad ogni richiesta che le venisse fatta. Unica regola di oggi è: sempre il preservativo. In passato le è sempre andata bene, a parte qualche infezione passeggera, ma il rischio è troppo elevato. Ai clienti che non vogliono dice di trovarsene un'altra e, se insistessero, dice che sono regole del suo capo e che eventualmente possono discuterne con lui. Nessuno ha mai voluto parlargli.
E' contenta del suo capo di ora. Si sente merce di valore con lui ed è vero che vuole che si usi il preservativo. Si sente protetta da lui perché è molto forte e pericoloso.
Praticamente è peggio di Candy Candy!
Arriviamo al distributore. Abbiamo parlato tantissimo in così poco tempo. E anche ora, fermi in macchina, continuiamo. Parlo con una prostituta di tutto e niente e mi sento così in sintonia che gli argomenti si legano da soli senza soluzione di continuità. La cosa assurda è che con mia moglie non succede. Noi non parliamo mai. C'è una comunicazione tecnica tra noi: "è finito il vino, vai tu a prendere le bimbe, è arrivata la bolletta, è pronto in tavola..." Non siamo una coppia: siamo un'azienda che divide i compiti necessari alla sua conduzione tra i responsabili. E' una cosa tristissima. Almeno per me. Ma anche lei a volte mi dice che non parliamo mai. E allora prova ad intavolare una discussione che puntualmente rimane disattesa e finisce ancora prima di cominciare. A volte ho pensato che dipendesse da me, che ormai non ho più la voglia di ascoltarla. Che possa essere l'abitudine, la noia o una sorta di apatia bloccante nei suoi confronti e allora mi sono sforzato di ascoltarla. Ma non ci riuscivo per gli argomenti che trattava. Mi parlava del colore delle pareti:
-Ok allora sei stanca del bianco e pensi sia meglio un color pesca. Va bene.-
Fine discussione. Non me ne frega nulla del colore delle pareti purché non le faccia nere.
Allora iniziava a parlarmi del mobiletto all'ingresso: quello che abbiamo non le piace più. Perché? Boh? Non è nemmeno rovinato come ad esempio gli armadi, presi di mira dagli adesivi che le bimbe appiccicavano ovunque. Comunque un mobiletto d'ingresso all'Ikea costa poco e ne ha già visto uno che ci starebbe bene:
-Ok, compralo.-
Fine discussione.
-La casa della mamma della tale amichetta è vicina al parco giochi e quindi lei ha sempre molto rumore e stava pensando di fare cambiare i serramenti con altri con i vetri maggiormente insonorizzati.-
-Ok, fa bene. -
Fine discussione.
E fine del dialogo.
Non riesco a trovare nulla che mi interessi in tutto quello che lei dica!
Per lei è diverso: qualunque discussione possa iniziare io finisce sempre con delle critiche. Una volta le ho detto:
-Sai, ho pensato di cambiare auto!-
-Perché? Cos'ha che non va quella che abbiamo ora?-
-Nulla, ma mi sono chiesto a cosa ci serva ormai una station wagon. Le bimbe sono cresciute e non giriamo più con passeggini e valigione. E' sprecata e consuma. Mi piacerebbe comprare una Smart elettrica.-
-Una Smart elettrica?! Ma noi siamo in quattro!-
-Sì, ma la uso sempre io da solo. E quella volta all'anno che vi raggiungo al villaggio per poi tornare conviene noleggiarne una piuttosto che pagare bollo, assicurazione e manutenzione della nostra.-
-Ma sei fuori?! E poi perché elettrica? Ma funzionano le auto elettriche? Non si fermano dopo pochi chilometri?-
-Ha oltre centocinquanta chilometri di autonomia. Ho visto che io in media non arrivo neanche a cinquanta al giorno.-
-E quanto costa?-
-Circa ventimila euro.-
-Ventimila euro per una scatoletta a due posti?!-
-Beh, ma poi non paghi più il bollo e la benzina, e l'assicurazione è più bassa. E poi non devi pensare solo al denaro! Il denaro serve per agevolarci la vita, non per renderci suoi schiavi! Sono solo soldi.-
-"Solo soldi" dice lui! Come se crescessero sugli alberi! Guarda, scordatela! Questa è un'altra delle tue idee del cazzo! Tu ogni tot anni devi cambiare macchina! Quando ti ho conosciuto avevi un'utilitaria. Dopo due anni l'hai cambiata con una berlina in vista di un futuro insieme con figli. Poi, quand'è nata la seconda, sei passato al monovolume perché avevamo bisogno di più spazio, ma il monovolume non era stabile e appena hai potuto l'hai cambiato con la familiare! E ora vuoi una Smart! Hai la crisi del ragazzino che arriva dopo i quaranta e pensi che un'auto da sbarbati ti faccia tornare giovane? Scordatela!-
Fine della discussione.
Lasciando perdere giusto o sbagliato è proprio l'approccio che pone nei miei confronti che è indisponente e inibisce ogni possibilità di continuare un dialogo civile.
Con Debora è diverso. Lei comunica. E' un piacere ascoltarla e farsi ascoltare da lei. Razionalmente penso possa dipendere dal fatto che siamo due sconosciuti e quindi sia normale trovare mille argomenti da portare avanti. Quando sono anni che ti conosci invece potrebbe essere che non si abbia più nulla da dire. Però è triste questa cosa. Non è possibile che si esauriscano gli argomenti col tempo. Di argomenti se ne creano di nuovi ogni giorno, possibile che molte persone sposate non ne trovino di adatti per parlarsi? Secondo me c'è anche qualcos'altro. Ci deve essere un certo feeling, uno stimolo. Meglio: un'affinità. Che con mia moglie non c'è più e forse non c'è mai stata.
-E' l'una passata. La mia pausa è finita: devo tornare al lavoro. Ciao Giò.-
-Ah! Così?-
-Perché? Come doveva essere? Vuoi che perdo una scarpetta?-
-Quelle non sono “scarpette”! Sono una schifezza da mercato! Veramente orrende e di cattivo gusto!-
-Distinguono il mio ruolo. Ciao samaritano Giò. Mi ha fatto piacere conoscerti.-
-...Debora!-
-Sì?-
-Non ti ho dato gli altri cinquanta!-
-Lo so. Volevo solo vedere fin dove sei onesto.-
-E fin dove lo sono?-
-Oltre ogni limite sensato. Devi pensare un po' di più a te: sei troppo buono. Ciao bellino!-
Sono troppo buono. L'ho sempre pensato. Ma non ci ho mai creduto veramente. Il non esser maligno o cattivo non mi identifica necessariamente con l'essere buono. Probabilmente ho sempre pensato che fare la parte del buono mi avrebbe portato meno rogne che avere tutti contro. Una specie di convenienza egoistica: se facessi il cattivo avrei tot rotture di scatole, se facessi il buono ne avrei meno. Quindi faccio il buono per convenienza personale, non perché lo sia. Ma alla fine non è così. Facendo il buono gli altri si sono sempre approfittati di me e l'ho sempre preso in quel posto senza lamentarmi. Lo vedi che sono frocio? Vabbè: devo smettere di fare il buono e devo iniziare a fare il cattivo. Okay. Ma comincerò domani con qualcun'altro: non voglio approfittarmi di questa disgraziata.
Metto in moto e schizzo al bancomat. Prelevo settanta euro e torno indietro a razzo.
Meno male è ancora lì.
-Debora!-
-Ah, ma tu ti sei proprio innamorato di me! Cosa vuoi?-
-I tuoi cinquanta! Più altri venti per i popcorn e il resto.-
-Certo che non ci sai proprio stare lontano dalle macchinette! Va bene. Li prendo, non vorrei che ti offendi.-
Offendermi? Oddio forse sono io che l'ho appena offesa! Sono tornato indietro in fretta solo per darle altri soldi! Quanto sono pirla! L'ho trattata ancora proprio come una troia!
-Debora...-
-Sì, Giò?-
-Senti... io non sono l'uomo più divertente del mondo e nemmeno il più intelligente che capisce al volo le persone o le cose, ma...-
-Ma?-
-Ti va se qualche volta uscissimo a far due passi, una chiacchierata o un altro film? Magari anche con un amico mio!-
-Mi stai chiedendo di fare una cosina in tre?-
-No, no! Niente lavoro! Non ti pagherei. Magari ti offrirei una bibita. Solo tu ed io e forse questo mio amico con una sua amica. Una sera normale, come questa. Quando tu hai la sera libera intendo. Che fai sennò quando hai la sera libera?-
-Guardo la tv.-
-E non ti andrebbe di fare altro? Così, come amici. Semplici amici. Non cerco altro.-
-Io non ho amici.-
-Ora sì, se lo vuoi-.
Mi guardava con diffidenza, con molta diffidenza. Stava cercando di capire dove fosse la fregatura, cosa volessi combinarle. Ma alla fine ha voluto darmi fiducia: mi ha dato il suo numero!
Mi sento un ragazzino! Forse ha ragione Alessia: dopo i quaranta vuoi tornare a fare le cose che facevi da adolescente. Ti impegni e sforzi per crescere e diventare adulto e poi vuoi tornare all'età della stupidera, a uscire con gli amici ed una ragazza. Che poi io una ragazza ce l'ho già. Non potrei voler uscire con lei? No. Non mi va proprio. Non c'è dialogo, affinità. Affinità... io sono affine ad una troia. Se lo dicessi in giro mi direbbero che è molto offensivo e umiliante. Credo proprio di sì. Ma per lei.


Capitolo IV – La febbre della domenica sera.
 
Che lavoro palloso! Carte, telefonate e pc. Che noia! Ma almeno ho l'aria condizionata e nessuno mi picchia. Io sto chiuso in quest'ufficio otto ore al giorno, nove con la pausa, e mi lamento. Debora invece se ne sta in strada sotto a sole, caldo, pioggia o gelo ad aspettare squallidi uomini e qualcuno sarà pure sporco e puzzolente! E quando arrivano deve anche essere felice di portare soldi "a casa"! Chissà dove vive? Spero che almeno sia un posto pulito con un bel bagno dove possa rilassarsi e ripulirsi da tutto lo schifo che si sentirà addosso. Adorabile, povera ragazza. Mi piacerebbe aiutarla, ma cosa potrei fare?
Magari le fa piacere se le telefono un po'! No. Forse è meglio di no. Forse sta lavorando o forse è col suo capo e se scoprisse che c'è un uomo che le telefona magari s'incazza e la mena. Ecco! Le mando un messaggino! No, troppo da adolescenti. Che fortuna che hanno però gli adolescenti di oggi: cellulari, messaggini, internet, chat... e motorini fighi. Quando ero al liceo io avevo un cavolo di Garelli a tre marce con i freni a tamburo e il carburatore! Mica 'sti turbo scooter supertecnologici! Noi per chiamare una ragazza dovevamo farci dare il numero di casa e puntualmente rispondeva la madre e dovevi fare tutto il gentile:
-Buongiorno signora, sono Giò, un amico di sua figlia, è in casa?-
-Giò chi? Mia figlia non conosce nessun Giò!-
Ma cosa ne sai te di chi cacchio conosce lei?! Ma le stai tutto il giorno attaccata addosso? Sei la sua piattola d'ordinanza? Quando rispondeva il padre poi si metteva giù di fisso. Tanto non si poteva ancora sapere di chi era il numero che chiamava. Per non parlare delle cabine telefoniche! Che incubo! La metà erano guaste o vandalizzate, tutte sporche e non avevi mai il gettone! E puntualmente o non era in casa o era occupato! Un'angoscia comunicare negli anni ottanta!
Oggi è tutto molto più facile. Mi piace la tecnologia. I giovani sono molto più fortunati, istruiti e aperti. Peccato che non tutti sfruttino a dovere queste possibilità e si limitino a fare le boiate che facevamo noi. Cambia la tecnologia, ma la stupidità no. Gli adolescenti sono dei cialtroni. Di qualunque generazione.
Sì però io voglio contattarla. Che faccio? Senti un messaggino non sarà mica la fine del mondo! Lo legge quando ha tempo e risponde senza fretta. Lo faccio semplice, vediamo... 
"Ciao sono gio. Volevo sapere quando 6 libera per uscire."
Allora il "6" scordiamocelo subito: è veramente ridicolo e infantile. Poi così è proprio freddo: sembro un cliente!
Facciamo finta che... No! Non faccio finta di niente! Io voglio solo sapere come sta e quando ci rivedremo! Sincerità e semplicità! Come con gli amici!
"Ciao sono gio. Come va? Ho voglia di vederti, mi sono divertito ieri. Un abbraccio." Invio.
E ora si torna al lavoro. Tanto lei sarà impegnata e risponderà chissà quando.
BIP! BIP!
Cavolo. Non me l'aspettavo così veloce! Però lo desideravo. Che dice?
"Domenica alle 21. Va calda. Anchio mi sono divertita :-)"
Mi ha mandato un sorriso! Adoro il suo sorriso! Anche quello virtuale di un sms. E ha scritto "21" non "9". Denota precisione, mi piace. Ma dove la devo andare a prendere? Al distributore?
"Dove ci vediamo? Al distributore? O hai la macchina tu?" Invio.
BIP! BIP!
"XD si certo ho la macchina la patente e pure la tessera sanitaria! 6 troppo divertente! Davanti al tabaccaio che trovi 500 metri dopo il tuo amato bancomat. Tranquillo li cè anche la macchinetta delle sigarette! Ciao ;-)"
Sono proprio scemo. Mi ha detto che non ha documenti e le chiedo se avesse addirittura una macchina. E sfotte pure. E ha usato il "6". Devo risponderle a tono o meglio evitare di fare altre figure?
":) ok. Allora a domenica." Invio.
Meglio evitare.

Domenica sera. Passo a prendere Max e la sua nuova amica. Stamattina ho avvisato Debora che ci sarebbero state altre due persone. Mi ha detto solo di non dire cosa fa.
-Ehilà, vecchia canaglia! La moglie non c'è il maiale esce dalla stalla?-
-Ehilà, giovane pirla! Come stai?-
-Lei è Sandra.-
-Ciao!-
-Piacere... Giò.-
Che bella donna! Non è da Max. Chissà come ha fatto?
-Giosuè, vero? Hai un nome particolarissimo, sai? Come il grande poeta!-
-No, è da grande pirla, Sandy! Adesso che lo conosci vedrai! Dai monta che andiamo a prendere "Debborah" con l'acca! Oh, non pensavo che rimorchiassi!-
-Intanto non ha l'acca e ha una "b" sola.-
-Lo so, è che "Debborah" fa più maiala vogliosa!-
-Max ti pregherei di evitare certe battute davanti a lei, per favore.-
-Ecco lo sapevo: ti sei trovato un'altra bigotta che per hobby fa i centrini di pizzo!-
-Max davvero: è una persona molto sensibile e particolare. Non trattarla come sei solito
fare.-
-Uh! Il frustrato si è innamorato? E perché mai? Come tratto di solito io le persone?-
-Giò ha ragione, Max. Sei un po' troppo esuberante e non tutti apprezzano i tuoi sproloqui.-
-Sì, sì. Mi dite tutti che sono troppo spiritoso, ma senza di me la festa langue! Vamos!-

E' stata una bella serata!
Siamo andati a prendere Debora. Era bellissima ed elegantissima, fine come poche! Aveva un vestito lungo più adatto ad una serata di gala che ad una uscita fra amici. Disse che aveva solo quello. Io ci ho creduto. Max e Sandra hanno pensato subito che l'avesse fatto per farsi notare. Comunque ha ricevuto i complimenti da tutti noi, anche se quelli di Sandra sono stati un po' di circostanza. Era evidente che questa sconosciuta le avrebbe tolto parecchia luce nonostante lei sia decisamente affascinante e di classe. Sicuramente è abituata ad essere lei giustamente al centro dell'attenzione.
E Max, dopo aver visto Debora, ha cambiato subito il suo tipico atteggiamento da burlone senza speranza per diventare un perfetto cavaliere gentile e attento ai suoi bisogni. Sandra intelligentemente non ha creato né astio, né competizione: era una serata tra amici, lei non sta con Max e nessuno, almeno ufficialmente, era a caccia di dote e quindi anche se un'altra donna le ha completamente rubato la scena lei ha continuato a partecipare attivamente alla serata. Non tutte le donne saprebbero adeguarsi così bene, senza evidenti invidie.
Max stava appiccicato a Debora e sembrava un micetto che si struscia contro chi ha in mano i croccantini e Sandra ed io siamo finiti spesso per intavolare chiacchiere tra noi mentre gli altri due si isolavano senza accorgersene. Ma con Sandra mi sono trovato bene.
Debora era visibilmente emozionata. Mi ricordava molto la mia primogenita quando, all'età di nove anni, uscì "da sola" per la prima volta di sera per andare in pizzeria con i suoi compagni di classe alla fine dell'anno scolastico. Il suo atteggiamento era timido quanto bastava per farla sembrare in tutto una persona “normale”. L'esatto opposto della grinta sicura e volgare che mostrava quand'era in tenuta da lavoro.
Sicuramente è stata la sua prima uscita “normale”, con gente “normale” e che non sapeva chi fosse. Il suo splendido sorriso sembrava stampato sul volto: in tutta la serata non c'è mai stato un momento in cui si è intristita, al contrario dell'altra volta, quando malinconia e una tristezza profonda si alternavano a momenti allegri. E' stata brava anche a mentire quando Max le ha chiesto che lavoro facesse. Si è inventata un umile lavoro di pulizie notturne, come avviene in molte aziende. Astutamente questo le ha consentito di rifiutare i pressanti inviti di Max a passare insieme altre serate.
Max ha ottenuto comunque il suo numero di telefono e la promessa di vederla ancora in futuro.
A tarda serata ho riaccompagnato Sandra e Max. Se avessi portato prima Debora, Max avrebbe insistito per accompagnarla fin sotto casa e lei si sarebbe trovata in imbarazzo: probabilmente non abita vicino a dove ci ha dato appuntamento e di certo non avrei potuto lasciarla in strada maleducatamente. Infatti quando li ho fatti scendere lui si è raccomandato di verificare che Debora fosse al sicuro prima che io riprendessi la strada di casa.
"Finalmente soli" ho pensato mentre la riaccompagnavo. Mi sono reso conto che tutta la serata io ero rimasto in attesa di poter parlare liberamente con lei, nonostante Sandra sia estremamente di buona compagnia. Ora il sipario delle menzogne poteva aprirsi e la libertà di dirci tutto senza timore di essere scoperti ha fatto sì che parlassimo per tutto il tragitto.
Mi ha detto dell'abito, che le era stato regalato dal suo boss per un servizio particolare per il quale aveva dovuto accompagnare chissà chi in un posto elegante prima di finirci a letto e che era veramente l'unico abito elegante che aveva. Gli altri erano o da lavoro o troppo sportivi.
Mi ha detto che si era veramente divertita e Max era molto simpatico e le sarebbe piaciuto uscirci ancora.
Mi ha detto che era strano essere trattata con gentilezza e rispetto da un uomo.
Mi ha detto anche che le dispiaceva di avermi lasciato un po' in disparte, ma che Max l'aveva travolta di attenzioni e lei non aveva saputo resistere.
Io le ho risposto che non aveva importanza: a me interessava che fosse lei a divertirsi. Io avrei potuto farlo in ogni momento. Lei mi ha guardato e ha riso.
Mi ha detto che non dovevo fare il samaritano e non era vero che io avrei potuto divertirmi in ogni momento visto che aspettavo quei quindici giorni d'estate quando mia moglie non c'è per farlo.
Era bello parlarle. Tirava fuori aspetti di me evidenti, ma che non avevo mai notato. Non lo faceva per rimproverarmi o con fare saccente o presuntuoso. Qualunque cosa facessi o dicessi lei la commentava, in bene o in male, ma sempre priva di giudizio. Che io fossi giallo o blu a lei andava bene comunque: riusciva ad abbinarsi con gusto ed eravamo sempre in sintonia.
Si è fatta portare ad una stazione del metrò e, prima di salutarmi, mi ha invitato a scendere di sotto perché c'era un distributore di bibite nuovo fiammante:
-Se vuoi provarlo...-
Mi piace essere preso in giro da lei.

In quest'ultima settimana le ho mandato diversi sms al giorno e lei mi ha sempre risposto. A volte non subito, ma non ha mai mancato. Ieri l'ho anche chiamata e mi ha risposto. Volevo farle un saluto veloce e all'improvviso è caduta la comunicazione. Era finito il credito: durata ultima chiamata trentaquattro minuti! In effetti avevo l'orecchio un po' cotto…
Mi ha detto che Max è molto insistente e la cerca sempre. Vuole uscire con lei sola, ma lei ha paura: non vuole dirgli chi sia veramente. Mi ha chiesto di fare ancora un'altra serata insieme che con me che le copro un po' le spalle è più facile. Dice che ha comprato dei vestiti "normalmente eleganti" apposta. Chissà cosa vuole dire. Probabilmente sono vestiti non sportivi e non da gran sera. La giusta via di mezzo.
Naturalmente ho accettato: con lei ci sto bene e Max non vede l'ora. L'unica era Sandra a non essere troppo convinta, ma non aveva di meglio da fare e non si è fatta pregare. Inoltre sarà l'ultima sera "di libertà": fra tre giorni inizio le ferie e raggiungo la famiglia al villaggio.

La serata scorre come l'altra. Solo che stasera è Sandra ad essere più elegante e sofisticata, un vero spettacolo per gli occhi! Che femmina! Gli sguardi sono tutti per lei! Soprattutto i miei.
Max e Debora sono sempre un po' più tra loro che con noi, ma Sandra discorre con intelligenza ed è una piacevole compagnia. Ha tutto quello che un uomo possa desiderare: fascino, intelligenza, cultura, simpatia, tanta femminilità e il giusto pizzico di malizia. In più è bella e stasera con quel vestito da star è un vero sogno! E' un delicato massaggio per gli occhi, per il cuore e il cervello.
Le chiedo come mai una donna piacente e colta come lei non abbia una fila di aspiranti accompagnatori. Mi risponde che gli uomini che ha frequentato si sono sempre interessati poco alla sua testa, compreso il suo ex marito, e quindi quando Max si è fatto avanti senza mascherare i suoi scopi, come invece hanno fatto i suoi ex, ha voluto fare un po' la parte dell'oca che sta al gioco senza arrivare in fondo per provare a vedere se questo potesse essere un modo divertente di passare una serata spensierata sfruttando un po’ l’intraprendenza di Max a suo vantaggio. Ma dice anche che lui è divertente, però non lo trova adatto a sé: è un dialogo a senso unico. Parla spesso di sesso e di piccole amenità e fa battute volgari, non che ci sia nulla di male anzi la fanno ridere, ma per lei c'è bisogno d'altro e non riesce a staccare completamente il suo cervello. Vuole di più da un uomo. E quelli disponibili e di "adeguato rango" dopo un po' la trovano troppo invadente, nel senso che avendo anche lei tante carte da giocare rischiano di perdere il ruolo di protagonisti a cui sono abituati e di passare in secondo piano nella coppia e nella vita. Insomma il maschio vuole sempre essere dominante e dimostrarlo. Inoltre ha quasi quarant'anni e più passa il tempo più teme che dovrà accontentarsi per non rimanere sola. Si è persino iscritta ad un sito di incontri, ma finora ha rimediato solo affamati in cerca di sesso. Almeno Max non si è nascosto dietro false pretese ed è stato subito chiaro su cosa volesse.
Credo di capirla.
Poi ha aggiunto: "Peccato tu sia sposato."
Lo considero un gran complimento! Non ricordo di aver mai ricevuto apprezzamenti da donne di una certa classe. Per la verità non ricordo nemmeno di averne conosciute tante di donne di classe. Frequento ambienti troppo popolani.
Debora e Max finiscono anche col ballare. Io e Sandra non ce la sentiamo di scatenarci in un'improvvisazione di mosse a caso, visto che entrambi siamo un po' negati per il ballo. Ma al momento dei lenti la invito: non occorre un corso per abbracciare una donna con affetto e fare qualche giravolta. Lei accetta e devo dire che sento una strana emozione. Non abbraccio una donna da anni, a parte qualche parente. Dopo un po' appoggia anche la testa sulla mia spalla. La stringo più forte. Lei è sola e ne ha bisogno. E anch'io. Spero non si accorga che sono anche eccitato, non vorrei sembrarle come Max, non voglio farle pensare che io possa ritenerla solo una possibile scopata.
Che brutto considerare intelligenti o sinceri solo gli uomini ai quali non sale! Un po' come le donne che vengono considerate facili o stupide in base a vestiti o bellezza. Entrambi i sessi sono ghettizzati dagli stereotipi. Io non ho intenzione di fare sesso con Sandra, ma stringerla vicino a me così comunque è piacevole e il suo profumo aiuta a lasciarsi andare a qualche pensiero oltre l'amicizia. Trovo sia normale essere eccitato.

Quest'idillio è bruscamente interrotto: vedo Debora scappare via con Max che la insegue. Prendo Max per un braccio e lo blocco:
-Ci penso io!-
Rincorro Debora, mentre Sandra si preoccupa di calmare Max.
Appena l'ho raggiunta lei singhiozzando mi dice qualcosa che ad un primo ascolto può solo far sorridere: lui le si è avvicinato di scatto e l'ha baciata. Un bacio, solo un bacio. Anzi un tentativo di bacio, finito a metà, e si è scatenata la bufera. Ma quando smetto di pensarla come una ragazzina e l'ascolto col cuore percepisco tutto il suo imbarazzo e il suo dolore profondo.
-Io sono una puttana! Una puttana, capisci?! Gli uomini a me mi pagano per fare sesso con loro! Io sono una persona brutta! Brutta e sbagliata! Lui non lo sa! Lui crede che io sono normale, come te e come lui e come Sandra e come gli altri qui dentro! Lui cerca l'amore e crede di trovarlo dentro di me! Ma dentro di me non c'è amore, non c'è mai stato! Non ci può essere! A me nessuno mi ama e nessuno mi può amare! Io sono solo una puttana, una puttana senza speranza!-
Quanto sta piangendo. Sta piangendo proprio come una fontana. Dio quanta tenerezza fa! L'abbraccio forte e lei soffoca i suoi singhiozzi contro la mia spalla. Mi sta infradiciando la camicia, ma non importa. Non voglio smettere di stringerla, non voglio che niente e nessuno possa staccarla da me ora.
-E' colpa tua, Giò! E' tutta colpa tua! Perché sei venuto da me? Perché mi hai trattato come una persona? Io sono solo una puttana!-
-Ti prego smettila di ripetere quella parola! Quello è solo un ruolo. Tu sei ben altro. Tu sei una persona e una persona splendida, vera. Una bellissima persona e non solo fuori. Il tuo è solo un mestiere, non sei tu. Dentro non sei così. Dentro hai rinchiuso tutto l'amore che avresti voluto donare e che nessuno ti ha mai concesso di far uscire. Dentro sei così piena d'amore che... che è per quello che le tette ti stanno scoppiando!-
E' scoppiata a ridere. Ride e singhiozza di pianto insieme. Meno male. E' andata bene. Avrebbe potuto incazzarsi di brutto e invece si sta calmando.
Max e Sandra si stanno avvicinando. Faccio cenno di aspettare lì.
-Coraggio Debora, conosco Max: non se ne avrà a male se inventassimo una scusa e gli dicessimo di aspettare che non è il momento. Prendiamo un po' di tempo, poi vedremo con calma, okay? Ora torniamo da loro e se volessi stare ancora un po' lontana da Max approfittane per rifarti il trucco.-
Annuisce e ancora abbracciati camminiamo verso di loro.
-Allora: tu ti sei appena mollata con uno con cui sei stata insieme per un anno e non riesci ancora a dimenticarlo. Così va bene?-
-Sì, va bene.-
Max è imbarazzatissimo: non è certo la prima volta che riceve un rifiuto, ma nessuna ha mai reagito così ad un suo tentativo di bacio! Un paio di volte ha anche rimediato uno schiaffo, ma che lei scappasse via non gli era ancora capitato.
Debora va al bagno e Sandra l'accompagna. Io racconto a Max la balla prestabilita e lui ancora imbarazzato e anche un po' sconvolto si reca al bancone e ordina qualcosa.
Il resto della sera rimane più forzatamente spensierato. Nessuno torna su ciò che è accaduto e Max si mantiene ad una specie di distanza di sicurezza da Debora, mettendo sempre me o Sandra tra loro. Gli argomenti di discussione calano di livello e sfiorano il gossip e sono sempre impostati in modo che tutti possano dire qualcosa e non creino possibili isolamenti di coppie.
Li riaccompagno a casa. Prima Max poi Sandra e infine, davanti al solito metrò, Debora. Lei non dice nulla. Un "ciao" e scende. Dopo aver lasciato Sandra ho provato a parlarle, ma non voleva. Le ho solo detto che dovevo stare via quindici giorni in ferie e non avrò spesso la possibilità di sentirla. Saranno le ferie più brutte e lunghe della mia vita. Reciterò la parte del bravo maritino, ma dentro avrò il pensiero costante di sapere come sta, come si sente e cosa potrei fare per lei.
Cosa fare, già. Come se non avessi già fatto abbastanza. E' colpa mia, ha detto. E forse ci credo pure. Che casino ho fatto! Non ne faccio mai una giusta!
Squilla il cellulare.
Chi è a quest'ora? Non conosco il numero.
-Pronto?-
-Ciao Giò. Sono Sandra. Hai già lasciato Debora?-
-Sì, ma... te lo ha dato Max il mio numero?-
-No. Prima in auto hai messo il cellulare nel bracciolo. Io l'ho preso e mi sono chiamata, così l'ho memorizzato.-
-Non me ne sono accorto! Sei come Eva Kant!-
-Più che altro sei tu che sei più imbranato di Ginko. Ti va di fare un salto da me?-
-Ma... ora è tardi e... vedi... io non penso che... cioè...-
-Ah! Ah! Ah! Sei adorabile quando sei imbarazzato! Tranquillo, volevo solo vedere come avresti risposto ad un evidente invito diretto: se ti fossi buttato a capofitto nell'occasione di passare una focosa serata con una “bella topa”, come avrebbe fatto Max, o se fossi rimasto fedele alla tua mogliettina. Visto che mentre ballavamo ti sentivo un po'... interessato, diciamo così.-
Che figura di... Lo sapevo che non dovevo stringerla così!
-No, ma... guarda, ti giuro che io cioè, non volevo... non pensavo di... insomma sei una gran donna in tutti i sensi, cioè, e mi hai fatto anche quell'effetto! Ma io non sono il tipo che cerca un'avventura, non voglio farmi una scopata e basta! Cioè...-
-Cioè, cioè, cioè! Non sai dire altro?-
Mamma mia che imbranato!! Cioè pirla!
-Ascolta Sandra, io ti ammiro e ti rispetto e non voglio fare sesso con te, non perché tu non sia bella o altro, ma proprio perché ti sento veramente completa e non hai bisogno di una sveltina e sei anche più che intelligente da capire quello che ti sto dicendo, anche se balbetto come se avessi una patata in bocca!-
-E io da questa telefonata ho avuto la conferma che non sei un allupato scopaiolo e che invece hai un animo sensibile come l'ho sentito mentre ballavamo. Anche se lì non era l'unica cosa che sentivo...-
-Senti hai finito di mettermi in imbarazzo?! Io non so più come dirtelo! Scusa!-
-Non scusarti. Non ho mai conosciuto una donna che non apprezzi il fatto di far eccitare un uomo. Ti sto solo stuzzicando. Quello che non mi piace è causare solo quell'effetto.-
-Garantito e sottoscritto che non mi causi solo quello!-
-Ora ne sono certa. E quindi rinnovo l'invito: vieni da me. Non per sesso. Voglio parlare. Sono una donna curiosa e vorrei che mi raccontassi tutto di Debora.-
-Tutto cosa?-
-Senti le bugie di un ex che le ha strappato il cuore raccontale a quel sempliciotto di Max. Se davvero pensi che io sia intelligente allora non puoi pretendere che ci creda.-
-L'ho detto e confermo. Sei più che intelligente. Arrivo.-

Anche in tenuta da casa Sandra mantiene sempre un suo fascino elegante. La casa è perfetta: mobilio, illuminazione, pulizia e ordine. Tanto ordine. Chi ha bambini non si ricorda più cosa voglia dire. Ha anche un certo lusso. Dice che è merito dei soldi che è riuscita a strappare al suo ex marito durante il divorzio. Sarà. Ma i soldi senza l'eleganza non avrebbero reso tanto.
E' tardi, ma non interessa a nessuno dei due. Vuole sapere tutto. E tutto le racconto.
Lei è fantastica: non lascia trasparire un'emozione. E' una storia così fuori dagli schemi, perlomeno dai miei, e lei la ascolta impassibile come fosse un filmetto alla tv. Fa qualche domanda qui e là, ma per lo più sono io che spiffero ogni puntino. Alla fine fa una smorfia e dice:
-Le bugie non vanno mai d'accordo con l'amicizia. Cosa pensate di fare?-
-Non lo so. E sono d'accordo con te: io detesto mentire.-
-E infatti non ne sei capace. E' molto tardi. Penso sia meglio che tu vada.-
-Certo.-
-Ehi, Giò!-
-Sì?-
-Se mai avessi bisogno di un aiuto, la mia casa sai dov'è e il mio numero ora ce l'hai.-
-Grazie. Ma credo che l'unica ad avere bisogno di aiuto sia Debora.-
-E' aperta anche per lei. In fondo io e lei siamo simili. Io in più di lei ho solo avuto la possibilità di scegliermeli gli uomini che mi hanno dato dei soldi. E ho anche sbagliato.-
-Sei speciale! Buonanotte.-
-Notte.-
Non avrei mai creduto che una donna, ma anche una qualunque non solo una della sua classe, si potesse auto-paragonare ad una prostituta da strada. Io non so nulla dei suoi ex. E non so praticamente nulla di lei. E' evidente che sia messa bene a soldi, ma dubito abbia mai fatto quel mestiere. Credo fosse invece un modo di definire stronzi e privi di sentimenti gli uomini che ha frequentato, come i clienti di Debora. E tutto quello che le è rimasto in mano sono solo dei soldi. Sì, è sicuramente così. E c'è tanta amarezza nel pensare questo.


Capitolo V – Una cena quasi perfetta.
 
Al mare con le bimbe è sempre piacevole. Loro sono in giro tutto il giorno. Passano ogni tanto per cambiarsi o prendere qualche soldino per un gelato e, quando riesco a bloccarle un attimo, le riempio di baci. Tra club bambini e attività preparate apposta per loro io mi godo nel più assoluto relax questi giorni. Relax fisico. Perché la testa lavora, lavora tanto e in continuazione. Persino Alessia se n'è accorta. Mi chiede cosa avrò mai da rimuginare anche in vacanza. E me lo chiede a suo modo: incazzandosi e dicendo che non va bene, che se sono qui devo essere contento che tutto va bene e le bambine sono felici e bla bla bla...
CHE PALLE!!!!
Sì, è vero, a me va tutto bene. O meglio va tutto come al solito, standard. Tra i margini della mia vita monotona e normale. Ma mi manca Debora, mi manca il suo sorriso, mi manca sentirla. E mi manca anche Sandra. Ma lei so che sta bene. Debora invece...
Prima di partire l'ho chiamata e ho chiamato anche Max. Ci siamo messi d'accordo per incontrarci al mio ritorno appena possibile. Nel frattempo ho consigliato a Max di non scocciarla. E a Debora mando un sms ogni notte prima di dormire, quando mia moglie o già dorme o è in bagno. Lei non mi risponde però. Mi aveva avvisato: non vuole rischiare che mia moglie possa accorgersi che io riceva messaggi da una ragazza o addirittura leggerli.
Mi sento un ladro, come se stessi facendo qualcosa di sporco o illegale. E' solo un'amica, ma mia moglie non capirebbe tutti questi messaggini. Forse perché lei col suo amichetto se ne scambiava parecchi. Lasciamo stare. Che pensi agli animatori! In fondo ha avuto ben due settimane senza di me per divertirsi…
Perché non ne ho cercata una come Sandra per sposarmi? Forse logica e sentimenti non vanno bene d'accordo insieme. Vorrei mandare qualche sms anche a Sandra, ma con lei temo di fare la figura del ragazzino. E' così perfetta e sempre all'altezza e usando questo sistema credo farei l'ennesima figura da pollo. Gli adulti si telefonano e si parlano. E con la zanzara Alessia che mi ronza attorno è meglio evitare.

Di solito rientrare a casa dalle ferie è sempre triste. E per bimbe e moglie lo è stato. Le bimbe lasciano nuovi amici e la libertà e il divertimento che solo i villaggi organizzati sanno dare. Mia moglie lascia chissà chi. Forse un nuovo amico intimo. Non mi interessa. Che si diverta! Almeno lei riesce a godersi la vita. Io non contento della mia monotonia mi sono pure creato dei casini assurdi, anziché cercare di migliorare.
Le ore di ufficio mi danno la possibilità di riprendere un rapporto telefonico con Sandra e Debora. E Max lo riprende prima ancora di me: mi ha chiamato al mattino appena arrivato in ufficio per sapere quando può chiamare Debora e vederla. Io non so come muovermi. Max vuole Debora e non la vuole per la sua classica gita del materasso. E' cotto. E' la prima volta che lo vedo così interessato ad una ragazza.
Debora invece è triste. Lavora come al solito, lei non ha fatto le ferie, ed ultimamente nei suoi messaggi c'è un freddo cinismo, peggiore di quando l'ho conosciuta. L'unica cosa che ripete spesso è che non vuole che Max sappia cosa fa. E' stato l'unico uomo gentile che ha conosciuto, oltre a me, e che l'ha trattata come una persona vera. Io so il suo segreto, ma lui no e forse se non lo venisse mai a sapere potrebbe addirittura amarla un po'. Lei non è mai stata amata. E neanche mai baciata. Dice che a volte è stata leccata. Ma, dice anche "la saliva non fa un bacio". Dev'essere un proverbio di chi è del ramo. Tipo "una rondine non fa primavera" per noi esterni.
Spesso chiamo Sandra per tenerla aggiornata. Lei ascolta paziente e non giudica. A fine telefonata però mi dice sempre che io non ho la stoffa del bugiardo e farò una brutta fine. Ma lo dice con un sorriso.
Pressato da Max, impossibilitato a uscire la sera dalla presenza della famiglia e ansioso di vedere Debora, la mia mente malata organizza una cena a casa mia.
Debora rifiuta immediatamente. Dice che lei non c'entra nulla con famiglie e bambini e che farei una stupidata. Ma la convinco dicendo che, grazie all'atmosfera familiare, sarà proprio ciò cerca, ovvero una tranquilla serata con un po' di chiacchiere e un ragazzo che le sta vicino, ma che non andrà oltre proprio perché in un ambiente familiare. E in più ci sarà una pizza o qualcos'altro di cucinato in casa.
Max è già stato a casa nostra a cena in tante occasioni. Le bimbe si divertono con lui: è una specie di zio acquisito, di quelli impegnati sempre a fare stupidaggini e quei giochi fuori dalle regole casalinghe che i genitori mantengono con tanta fatica. Lui accetta subito. Non avevo dubbi. Anche perché freme dal desiderio di stare un po' con Debora. Mi piacerebbe invitare anche Sandra, ma non è proprio il caso… Mia moglie potrebbe morderla poiché capirebbe subito che mi piace e le tante qualità che Sandra mostra senza farle pesare ad Alessia peserebbero eccome!
Il problema maggiore comunque rimane convincere mia moglie:
-Ma come?! Inviti gente a cena e non mi avvisi prima?!-
-Ma è fra tre sere: c'è tutto il tempo. E poi è gente semplice, mica devi preparare un pranzo di nozze.-
-Intanto devo prepararlo io, semplice o no! E poi siamo appena tornati dalle ferie e la casa è in disordine!-
-La casa è sempre in disordine con le due malefiche spargi-tutto in giro! E poi non è necessario che tu faccia qualcosa: ci possiamo far portare le pizze.-
-Ah! E i soldi? Le paghi tu?-
-Quattro pizze più due baby?! Sei appena tornata da un villaggio a quattro stelle e ti preoccupi di quattro pizze?-
-Appunto! Abbiamo già speso tanti soldi e non mi sembra il caso di spenderne ancora! E poi sono stanca! Proprio perché siamo appena tornati!-
-Scusa, sei appena tornata da un mese di ferie e sei stanca?-
-Sì! Il viaggio di rientro è sempre faticoso!-
-Ma se ho guidato io?!-
-Ma i bagagli li ho disfatti io!-
-Senti, ma c'è qualcosa di questa vita, di questa vita con me intendo, che ti piaccia? Non è possibile che tu sia sempre negativa e indisposta! Sei un lamento costante! Se non ti si dà sempre ragione non va mai bene niente! Ma hai mai pensato a cosa potrebbe andare bene a me? A cosa potrei volere io?-
-Non cambiare discorso! E poi a te va sempre bene tutto! Non hai mai un'opinione su niente!-
-Non ho mai un'opinione su quello che interessa a te, perché a te interessano cose che a me non interessano. Non abbiamo niente in comune, ti rendi conto?-
-E quelle due bambine? Non le abbiamo in comune? Le ho fatte io con lo Spirito Santo?-
-Sì, solo quelle! Ti rendi conto che noi stiamo insieme da anni solo per loro, perché è giusto che abbiano due genitori? Ma tra noi, noi due, cos'altro c'è? C'è qualcosa? Ma quando saranno grandi e se ne andranno per la loro strada a noi cosa rimarrà?-
-Cosa stai dicendo? Che non mi ami più perché non ho voglia di avere gente in casa?-
-Io non ti amo più da anni, e tu lo sai benissimo, e non è certo per una cena.-
-Ma ti sembra il modo di dirlo?! E poi ti sembra il caso di rinfacciarmelo così ogni volta che discutiamo? Non pensi invece che sia il caso di recuperare il nostro rapporto? In fondo se ci siamo sposati qualcosa ci sarà stato!-
-Se qualcosa c'è stato, ora non c'è più. E lo sai benissimo anche tu. Ed è anche colpa tua. E poi sei tu che volevi per forza sposarti: avremmo potuto convivere.-
-Ecco! Tu non sai fare altro che rinfacciare gli errori degli altri! Bella roba! Complimenti! E' così che si manda avanti un rapporto tra persone mature! E tu non ne hai mai fatti di errori?-
-Di errori ne faccio ogni giorno e io non sono mai stato maturo, altrimenti non sarei finito come sono ora. Mi sono solo lasciato trasportare dalla vita senza guidarla dove volevo io. Ho vissuto dormendo.-
-Bello. Ti sembrano cose da dire a tua moglie, alla persona con cui hai scelto di passare la tua vita?-
-Purtroppo non l'ho scelto consapevolmente. Mi sono limitato ad accettare una possibilità senza pensarci troppo.-
-Ma ascolti cosa mi stai dicendo? Mi stai dicendo che hai scelto di sposarmi senza pensarci sopra? Come fossi una confezione di pasta al supermercato?! Prendiamo questa o quell'altra? Questa che costa meno. Ma cosa dici!? Ma ti rendi conto tu?!-
-Sì che mi rendo conto! E' tristissimo, lo so! Ma è proprio così e lo sai anche tu! Ho accettato quello che mi stava capitando senza rifletterci a lungo perché non vedevo altre possibilità, se non più faticose! Ho accettato per pigrizia. Una vita comoda e agiata senza troppi problemi e senza grilli per la testa! Una vita in stand by! Acceso, ma immobile e in attesa di un eventuale dopo che non arriverà mai a meno che non sia io a cercarlo! E finora non ho cercato proprio nulla!-
-Io non ti capisco. Sei cambiato. Non sei più lo stesso di quando ci siamo sposati!-
-Sì, non sono lo stesso, ma da almeno sette anni! E comunque anche tu sei cambiata, e non mi riferisco alle tette che sono più basse!-
-Stronzo! Anche tu prima non avevi la pancia!-
-Ma chi sta parlando di quello! Era una battuta così, per abbassare un po' i toni! Insomma, Alessia, noi non siamo fatti per stare insieme. Lo sai anche tu e infatti ti è già capitato di "divertirti altrove". -
-Certo! Me lo rinfacci sempre! Una fa un errore ed è condannata per la vita! E allora perché siamo rimasti insieme?!-
-Un errore? Uno solo?-
-Sì, certo! Che credi! Che sono una puttana? E a me chi me lo dice che tu non ti sia divertito in quelle due settimane che sei stato solo prima di venire al villaggio?-
-Sì, infatti mi sono divertito, ma non in quel senso. Mi sono divertito ad uscire con Max e, visto che è divertente, l'ho anche invitato a cena qui, fra pochi giorni. Non è una cosa così grave che merita una tale discussione, o no?-
-Vabbè, vabbè, lasciamo stare! Tanto hai sempre ragione te! Okay falli venire, ma tu mi aiuti a preparare la tavola!-
-Ma certo che ti aiuto a preparare la tavola, come se non lo avessi mai fatto! Ma è davvero questo il problema? Qualcuno che ti aiuti a preparare la tavola? Alessia smettiamola di prenderci in giro.-
-Ora ho da fare.-
-C'è sempre qualcosa da fare che ci fa rimandare...-

La sera della cena, uscito dall'ufficio, passo a prendere Debora, che mi attende sempre in strada, e andiamo a casa mia.
In macchina le chiedo dove abiti e se fosse un posto decente. Mi dice solo "in periferia e non è decente". Non le va di parlare di questo.  
Alessia l'accoglie con i dovuti rispetti che una brava padrona di casa sa gestire alla perfezione.
Max è già arrivato e sta facendo casino con le bambine, ma si blocca e diventa serio appena vede Debora. Mia moglie passa davanti ai due che si fissano e li sblocca facendo finta di sussurrare a Max qualcosa che volutamente sentono tutti:
-E' troppo carina per te!-
Debora e Max spostano l'attenzione sulle bambine che iniziano timide a far conoscenza e dopo pochi minuti quasi le salgono sulle spalle.
Tutto scorre liscio, compreso i lamenti di Alessia, sempre dubbiosa sulla riuscita della cena. Se non fosse tutto più che perfetto per lei sarebbe un disastro. Sandra riuscirebbe ad essere perfetta senza fatica poiché gestirebbe un’eventuale anomalia con semplicità e umiltà.
I discorsi spaziano dal mare, le vacanze, le bambine, il lavoro di Max. Si glissa su quello finto di Debora. Un onesto lavoro di pulizie non è interessante come conversazione. Invece fare il passacarte in un ufficio... Mah!
E' ora di andare. Max insiste di portare lui Debora a casa, ma io spiego che ero già d'accordo di portarcela io. Chiaramente c'è una forte insistenza da parte sua, poi io sono già a casa! Che senso avrebbe farmi uscire di nuovo quando lui e il suo rottame sono già in strada? Ovviamente Alessia gli dà manforte: vuole lasciare soli i piccioncini e soprattutto vuole una mano a mettere a posto. E vuole anche evitare che io stia solo con una bella ragazza.
Per me è difficile argomentare e la mia insistenza diventa dubbia. Debora ci interrompe tranquilla e sicura accetta volentieri il passaggio di Max. Io, stupito più che mai, imposto un sorriso da politico. Max e Debora vanno.
BIP! BIP! Un sms di Debora:
"Tutto sotto controllo tranqui. Grazie x la bella serata. Bacio."
-Chi è?-
-Debora. Ci ringrazia per la serata.-
-Carina la tua Debora! E così l'hai conosciuta in ufficio quando ha fatto un turno di giorno? Tu non me la conti giusta. E cosa c'è fra voi due?-
-Cosa c'è fra noi? Niente! Non vedi che è cotta di Max? E lui pure.-
-Sì, però l'hai conosciuta te. Hai visto la bella lavanderina e ti sei messo a fare lo scemo, vero?-
-Ma che dici? Che scemo? Io e lei siamo solo colleghi e nemmeno colleghi che fanno lo stesso lavoro. Colleghi nel senso che ogni tanto ci incontriamo in ufficio.-
-Sì, vi incontrate in ufficio, magari in pausa nello sgabuzzino delle... "scope". E lei ti prenderà il manico e lo attaccherà alla sua spazzolina setosa? O le infili direttamente il Mocio nel secchio?-
-Alessia, ti prego: sei volgare e assurda. Tra me e Debora non c'è stato nulla di sessuale. E' un'amica, nulla di più.-
-Sì, sì... Attento a non fartelo strizzare troppo il Mocio che sennò te lo stendo al sole con le mollette!-
E' oltremodo irritante! Meglio che stia zitto! Lei scopa come una ninfomane chiunque incontra e io devo giustificarmi di aver conosciuto una bella ragazza! Giò stai zitto e sparecchia!

Il giorno dopo contatto Debora. Mi dice che se lo immaginava che Max volesse riaccompagnarla a casa e anche a lei sarebbe piaciuto. Quindi si era già organizzata: grazie ad una collega che ha un cliente che abita in qualunque palazzo in periferia, ha ottenuto la copia di una chiave del portone. Lei saluta Max davanti al portone, poi entra, sale la prima rampa di scale, aspetta che lui se ne vada e infine esce e torna alla sua vera casa.
Mi dice anche che sono ingenuo a non averci pensato prima al fatto che lui avrebbe chiesto di portarla a casa.
Ha ragione. Io le finzioni non le so condurre bene. Sono un pessimo truffatore. Destinato all'onestà. Mi sento in difetto per questo, come se fosse sbagliato essere onesti.


Capitolo VI – Innamorati imbranati.
 
Max e Debora si vedono ancora qualche volta da soli. Lei mi racconta tutto. E io racconto a Sandra. E' innamorata e anche lui è pazzo per lei. Le porta fiori, la porta a cena, fa il brillante in ogni occasione. E si sono baciati tanto. Adesso però lui si sta facendo insistente. Vorrebbe fare l'amore.
-Beh?! Cosa c'è di strano? Vi piacete tanto, siete adulti e single, qual è il problema?-
-Giò, come qual è il problema?! Io non ho mai fatto l'amore!-
-Scusa?!-
-Giò a volte mi sembri così sensibile e attento e altre volte sei completamente l'opposto: freddo e superficiale! Io non ho mai fatto l'amore! Io faccio sesso tutti i giorni, ma nessuno di quegli uomini mi ama! Io non ho mai fatto l'amore e soprattutto lui si aspetta che io lo faccio solo con lui! Non voglio che lui diventa un mio cliente! Voglio una cosa diversa! Non sa che altri uomini mi usano ogni giorno! Lui non lo sa. Cosa faccio?-
-E già. Hai ragione. Qualche settimana fa a cena però non ti sei fatta venire questi dubbi! Non ci avevi pensato quando hai inventato la storia del portone?-
-Che fai?! Mi rimproveri? Prima fai il samaritano che mi porti a conoscere la tua famiglia, gli amici e la vita normale e ora mi rimproveri che non dovevo mentire?!-
-Scusa. Hai ragione. Perdonami.-
-Giò, io non lo sapevo che ci si può innamorare. Non lo conoscevo questo sentimento, queste emozioni. Io mi sono sentita bene con Max e te quando siamo usciti insieme la prima volta, ma non pensavo che davvero mi potevo innamorare. Lui mi tratta bene, capisci? Lui non mi usa e mi parla anche e vuole sapere tutto di me!-
-E tu che gli hai detto?-
-Bugie! Tante bugie.-
Sandra aveva ragione: le menzogne portano rogne.
Lei è innamorata di lui perché lui la tratta in maniera rispettosa e umana. Come farebbe ogni altro uomo che non sappia che mestiere faccia. Troppo poco per essere veramente innamorata?
Lui è innamorato di lei perché lei non lo rifugge. Ma l'amerebbe ancora sapendo ciò che non sa? E' davvero così innamorato da riuscire a sopportare una tale verità?
Lei non vuole andare oltre a mentirgli: potrebbe limitarsi a fare sesso e tenerlo buono per quanto volesse, ma non vuole prenderlo in giro anche su questo. Vuole fare l'amore sincero.
Che tenerezza mi fa! Vorrei stringerla tanto!
Mi accordo con Debora: indagherò fino a che punto Max possa essere innamorato e su come possa proseguire la loro storia.
Sandra è una preziosa confidente. Ogni volta che mi sento con Debora poi la chiamo e le racconto ogni cosa. Non consiglia nulla, ma ascolta tutto. E alla fine mi ripete sempre di non dimenticare di ricontattarla con le novità non appena ce ne fossero.
Quella donna è incredibile: mi fa sentire sempre a mio agio qualunque sia l'argomento! L'esatto opposto di mia moglie. Parlo un sacco con lei, di loro e di tutto. Come facevo con Debora all'inizio. Ora invece Debora parla solo di Max.
L'amore. Che cosa buffa a pensarci. Eppure ci serve tanto.   

Max mi vuole vedere. Non capisce perché Debora sia così restia a fare l'amore con lui. E' insicuro e teme che lei non creda nel suo sincero sentimento. Pensa che forse la sua reputazione di farfallone lo abbia preceduto e lei giustamente possa avere dei dubbi. Ma lui si proclama sincero e cerca un dialogo:
-...Allora Max, lei ti piace. E tanto! Devi dirle qualcosa di speciale, devi farla sentire speciale, perché in effetti per te lo è. Quindi mostrale i tuoi sentimenti con passione. Forza!-
-Ma non mi viene in mente niente.-
-Ma come fa a non venirti in mente nulla! Hai un sacco spazio in quella testa! Sforzati di riempirla con le emozioni che lei ti suscita ogni volta che la vedi. Ecco ora pensa a lei che ti si avvicina. Si avvicina con la sua lenta camminata elegante, il suo sorriso fine e il braccio accostato alla borsetta dove la mano mostra le sue dita affusolate che riflettono la luce grazie ai brillantini che ha sulle unghie e all'allegra bigiotteria del delicato polso. E si avvicina, si avvicina...-
-Ok! Allora lei si avvicina e... si avvicina e... Dio che tette spettacolari!-
-Max! Niente tette! Le tette non sono una sua caratteristica che ti riempie di emozioni!-
-Come no?! Me lo fanno drizzare subito!-
-L'arrapamento non lo consideriamo proprio un'emozione interiore, ora. Allora, so che è difficile per te, ma questa ragazza ti provoca dentro qualcosa di più oltre all’eccitazione fisica. Tu la vedi che ti si avvicina e dentro di te succede qualcos'altro oltre alla voglia di guardarle le tette. Le tette ce le hanno tutte le donne: non sono uniche.-
-Il culo?-
-Il culo ce l'hanno persino gli uomini.-
-Mi stai dicendo che mi piacciono gli uomini?-
-No! Ti sto dicendo che non sono caratteristiche uniche. Che non sono cose che ha lei e lei sola e nessun'altro nel mondo. Maschio o femmina che sia. Allora, facciamo così: è seduta accanto a te sul divano. E' mestruata, ha le emorroidi e pure mal di denti. Quindi non è utilizzabile per nulla di sessuale. Non ha il trucco, i capelli sono raccolti alla rinfusa con un mollettone da parrucchiera e siccome ha anche un po' di freddo è sotto ad una copertina di pile con gli orsetti! In questo momento è la donna meno sensuale che ci possa essere! Tu puoi immaginare di farci tutto ciò che ti passa per la mente, ma nulla di sessuale! Quindi: cosa ti passa ora per la mente?-
-Come faccio a non avere pensieri sul sesso?!-
-Max sforzati: tu mi hai detto che lei è speciale! Devi dirmi perché! Come mai è speciale e diversa?-
-E' speciale perché... è bellissima...-
-Bellissima non vale. Ci sono altre donne bellissime.-
-Sì, ma quelle altre belle non mi hanno mai cagato!-
-Forse avranno avuto più buon gusto... E' speciale perché...-
-Perché... il suo corpo voluttuoso...-
-No, no! Il corpo voluttuoso ce l'hanno altre donne.-
-Il... allora le... Ma deve per forza avere la coperta? Non vedo nulla di lei?-
-Vedi il suo volto, il suo dolce viso! Intristito perché non sta bene. Cosa ti viene da dirle? Cosa pensi ora di lei?-
-Eh! Le auguro di guarire presto che così è una schifezza!-
-No, Max! Non è una schifezza! E' sempre lei! Quella donna stupenda che ti piace al punto da non volere più andare con le altre per stare solo accanto a lei! E' solo che ora non sta bene! Una Ferrari è una Ferrari anche se fosse rimasta sotto la pioggia per due giorni ed ora è tutta sporca e infangata! Quindi ora tu le dici...?-
-Di fare una doccia?-
-Max, sei un caso disperato! Non è sporca lei, è una metafora! Anche se ora non è in forma è comunque la donna che vuoi avere accanto, la donna che ami! Me l'hai detto tu, no? Perché la ami? Perché vuoi avere lei vicino e non un'altra bella gnocca?-
-Perché... è gentile.-
-Oooooh là! Ci siamo! Ti stai avvicinando! Gentile è una caratteristica interna, del suo carattere! Vero! E' molto gentile e quindi ti fa piacere starle vicino perché si rivolge agli altri con educazione e rispetto. Bene! Bravo! Andiamo avanti!-
-Non basta gentile?-
-No, perché ci sono altre persone che sono gentili.-
-Beh, ma ci sarà sempre qualcosa che hanno anche le altre persone! Non posso mica trovare una caratteristica che ha solo lei in tutto il mondo!-
-Giusto! Verissimo! E infatti non devi trovare una sola caratteristica! Ne devi trovare tante! Che tutte insieme le ha solo lei! Pensa al lotto: sono sempre gli stessi numeri, ma è solo la combinazione giusta che vince! Se tu avessi solo alcuni di quei numeri non vinceresti. Tu devi trovare tutti i numeri che lei ha dentro e che sono quelli vincenti per te. Altre donne possono avere due o tre numeri, lei li ha tutti. Dimmi quali sono questi numeri.-
-Settantasette! Le gambe delle tope!-
-Max, ti prego...-
-Okay, okay. Ci provo, ora ci provo. Allora è gentile e... dolce...-
-Sì... Va avanti!-
-E' gentile, dolce... non dice mai di no...-
-Quindi è disponibile, bene. Disponibile a far che?-
-A farsi mettere le mani addosso! Ieri in macchina le ho accarezzato le cosce tutto il tempo!-
-Max niente cosce! Non è un pollo. E' disponibile sì, ma non roba di sesso. Perché dici che è disponibile? E' giusto, è vero. Lo è. Ma perché?-
-Perché una sera che siamo usciti le ho detto se voleva andare al biliardo e di solito alle ragazze non piace e invece lei ha detto "va bene". E mi è piaciuto che le è piaciuto.-
-Quindi è perché ha dei gusti affini ai tuoi?-
-Sì! E' affine! E' disponibile, gentile e affine. Ah! E dolce! Quante ancora ne devo trovare?-
-Direi basta, visto che per te è uno sforzo enorme! Rischi di fondere! Ma sei ancora lontano dal capire veramente cos'hai dentro tu verso di lei. Cioè a me sembra che a te piaccia perché è una donna bellissima e che, al contrario delle altre che ti rifuggono, lei ti ascolta o per lo meno ti sopporta! Così tu la esponi come fosse un trofeo e ti senti figo ad avere una come lei accanto.-
-Ed è sbagliato?-
-Non credo che sia sbagliato essere un po' edonista ed esibire la "propria" donna. E' un atteggiamento tipico del maschio. Certo bisogna anche vedere come e quanto lo fai, deve comunque rimanere una cosa discreta e non eccessiva e inoltre anche alla donna deve piacere un po' avere questo ruolo di "proprietà", per così dire.-
-Mi stai dicendo di mostrarla, ma non troppo?-
-Sì, ma soprattutto non ridurla solo ad un oggetto, un trofeo. E' un essere umano, con una sua testa e suoi pensieri che possono essere diversi dai tuoi. Inoltre non è effettivamente una tua proprietà: gli uomini non sono oggetti di cui puoi disporre.-
-E infatti lei è una donna!-
-Cretino! E' una sua scelta fare ciò che vuoi anche te. Potrebbe anche dirti no e tu non la potresti costringere. E addirittura non mi sembra che vi siate ancora messi insieme.-
-Oh, io gliel'ho già chiesto, ma lei non mi ha risposto. Ha solo detto "io credo che tu sei molto simpatico e per me sei più di un amico, ma non corriamo" col suo accento del cavolo. Mi considera molto simpatico solamente e poi mi infila la lingua in bocca fino alle tonsille! Per te è un "no"? A me sembrava più un "forse". Di solito il "no" secco me lo dicono chiaro e tondo.-
-Io credo che per stare insieme ad una donna come lei devi essere molto convinto. Non basta un innamoramento da adolescente. E' una donna che può dare un amore profondo e intenso. Ed è giusto che sia ricambiata allo stesso modo. E tu di sicuro non sei ancora pronto.-
-E tu sì?-
-Che c'entro io?-
-Va là, va là che ti piace anche a te, l'ho capito! Si vede! Quando la incontri hai un sorriso che va da orecchio a orecchio! E se n'è accorta pure tua moglie, infatti la detesta!-
-Ma che c'entra? Lei detesta tutti.-
-Sì, sì, depista. Intanto anche a te piace, eh?-
-Certo: è una bellissima ragazza.-
-Boiate! L'hai appena detto tu: non è quello l'importante! Allora dimmi: cosa provi quando la incontri?-
-Max piantala. Sei tu quello preso da arrapamento perenne verso di lei. Pensa a te.-
-Ho capito, ho capito. Ci facciamo una birra?-

Quando Max se n'è andato ho riflettuto un po' di più su quello che aveva appena detto, sul fatto che lei mi piacesse. Ho perso mezz'ora a pensarla, a immaginarla come nella situazione che ho inventato per lui, malata sul divano con la coperta. E mi sono venute in mente mille cose che avrei potuto fare con lei. Avremmo potuto guardare uno di quei vecchi film in tv degli anni cinquanta che mostrano tanti particolari di una vita passata, ma il cui ricordo echeggia ancora in gesti che i nostri genitori mostrano involontariamente. Oppure le avrei letto un libro cosicché lei avrebbe potuto ascoltarlo facendo riposare quegli occhi brillanti di speranza che si svelano sempre quando è assorta nei suoi pensieri segreti. O ancora avremmo potuto giocare a Scarabeo. O a carte. O a scacchi. Semplici passatempi che ci accomunano proprio per la loro purezza di non celare nessun'altro scopo se non quello di avere bisogno di un'altra persona e di renderci consapevoli che in quel momento questa persona ci sia. E sarebbe un momento bellissimo, da assaporare in ogni attimo. Perché quando due persone sono sintonizzate all'unisono non fanno assoli, ma sinfonie!
A proposito di musica: anche a lei piace la classica.


Capitolo VII – Quanto costa una donna?

Ho parlato con Debora, le ho chiesto cosa intenda fare con Max. Dice che non lo sa. Lui preme per stare più tempo insieme, oltre che per fare l'amore, ma lei tempo non ne ha: dice che la sua vita non le appartiene ed è pericoloso scappare. Inoltre passare più tempo con lei vorrebbe dire scoprire tutto, dove vive, gli ambienti che frequenta e le "amicizie". E sono tutte cose ben diverse da ciò che gli ha raccontato. Le ho spiegato che non può andare avanti questa farsa per sempre. Lei piange. Prova a darmi la colpa senza convinzione e poi dice che Max le piace tanto, ma teme che se sapesse la verità non l'accetterebbe.
Comprensibile. Anche se accettasse il suo mestiere, cosa non facile a tutti, come potrebbe invece accettare che la donna amata sia un oggetto a disposizione dei voleri di un padrone schiavista? Nel concetto stesso di amore non è previsto che ti sia concesso di lasciar soffrire chi ami. E lui farebbe di tutto per renderla felice con possibili conseguenze da film poliziesco.
Le ho detto anche di rivolgersi alle autorità. Mi ha tappato la bocca con la mano prima che finissi la frase e mi ha implorato di non farlo mai. Poi ha aggiunto:
-Io ho solo la mia vita da perdere, tu hai tutta la tua famiglia! Promettimi che non andrai mai alla Polizia!-
Era terrorizzata. Gliel'ho promesso.

E' arrivato l'autunno. Le fresche sere si fanno fredde. Penso a Debora, a cosa mi disse sul gelo dell'inverno. Sono irritato a non poter fare nulla. Vorrei fare come Schwarzenegger nei suoi film: una bella pulizia sommaria degli aguzzini che la sfruttano e portarla al caldo di un tranquillo e sicuro appartamento. Ho pensato tante volte a cosa potrei dire alla Polizia per farla uscire dal giro e tante volte ho ripensato alle mie bimbe e a quello che mi ha detto lei.
L'unica soluzione plausibile che mi sia saltata in mente, per quanto assurda, è stata quella di comprarla. Come un oggetto. Penso che se facessi un'offerta adeguata al suo padrone me la venderebbe. Come su Ebay.
Ma quanto costa una donna?

Max è nervoso e Debora in crisi. Io tutt’e due le cose insieme. Lui ha capito che c'è sotto qualcosa e pretende di sapere. Ho un’angoscia addosso per questa storia che ho spesso il mal di stomaco! Probabilmente soffro più io di loro!
Una settimana fa mi sono dovuto fermare da lei al distributore mentre era "di turno": sentivo la necessità di vederla. E' salita in macchina e abbiamo parlato. Si era decisa a dirgli tutto, a costo di perderlo. Non aveva senso che lui soffrisse ancora, bastava soffrisse lei.
Quando è scesa è stata presa in malo modo da due energumeni sbucati da non so dove. Le hanno chiesto dove fossero i soldi che io avrei dovuto dargli per il servizio. Sono sceso anch’io per cercare di bloccarli agendo d'istinto. Uno dei due mi ha bloccato per un braccio. Credevo avesse una morsa nascosta nel guanto da quanto me lo stringeva! In quel momento
avrei voluto tanto poter fare qualcosa, poter reagire come un animale inferocito e fermare quell'assurda forza bruta che ci minacciava e difendere Debora, ma erano troppo forti.
Il mio pensiero è passato veloce alle mie bimbe: per un attimo le ho viste orfane di padre. Non mi stavo preoccupando di me, ma di quello che avrebbero fatto le mie bimbe senza papà. E' un pensiero che ricorre spesso nella mia mente quando vedo adulti, apparentemente rispettabili e saggi, alla guida di un'auto che sorpassa senza cura o corre senza prudenza sulle strade. Mi viene sempre da pensare a quanto invece siano stupidi e a quanto male possano fare ai propri figli se si ammazzassero al volante. Senza dimenticare il male che potrebbero recare ad altre persone innocenti eventualmente coinvolte nell'incidente.
Io non corro in auto. Eppure in quel momento mi sentivo come se stessi facendo il più azzardato dei sorpassi.
Sono riuscito a balbettare qualcosa e ho spiegato loro che non avevo consumato e quindi non l'avevo pagata. Quello che la teneva le ha dato un ceffone e poi le ha detto che se avesse voluto la vita comoda avrebbe potuto stendersi in un canale d'irrigazione in modo da riposare per sempre! Stava per dargliene un altro, ma io l'ho convinto a fermarsi: gli ho detto che l'avrei pagata lo stesso, poiché era stata colpa mia che ero indeciso e non lei che non fosse stata professionale! Ha steso la mano aperta aspettando soldi, ma al solito io non avevo contanti. Gli ho detto che sarei andato a prelevare allo sportello lì vicino e sarei tornato. Si è messo a ridere. Mi ha detto di dargli il bancomat e il codice.
Uno di loro è andato al bancomat e tornato dopo poco mentre l'altro faceva finta di parlare come fossimo vecchi amici incontratisi per caso. Mi hanno restituito il bancomat e la ricevuta: duecentocinquanta euro. Hanno detto di conservarla perché delle banche non ci si può fidare. Poi hanno dato un altro schiaffo a Debora e se ne sono andati.
Sono corso ad abbracciarla, ma lei mi ha allontanato con forza! Ha detto solo "vai via!"
Non mi sono mai sentito tanto impotente.
Quella stessa sera, appena arrivato a casa, ha squillato il telefono: era Max. Debora l'aveva appena chiamato e gli aveva detto che non voleva vederlo più. Mi ha raccontato che era disperata e in lacrime e aveva messo giù subito. Lui poi aveva provato più volte a ritelefonarle, ma lei non rispondeva. Non gli aveva detto esattamente perché, anzi per la verità non gli aveva detto nulla. Solo che era finita e che non voleva vederlo più. Max era in panico totale, non l'avevo mai sentito così! Chiedeva spiegazioni a me: era convinto che io ne sapessi sicuramente più di lui. Col mal di stomaco e la nausea dentro me stavo per dirgli tutto, ma ha interrotto la comunicazione, dicendomi che stava arrivando.
Mentre alzavo il braccio per appendere la giacca ho sentito un forte dolore: quella bestia con sembianze umane mi aveva lasciato un livido grande come una banconota. Dovevo fare attenzione a non farlo vedere ad Alessia.
Appena arrivato Max ed io siamo usciti a fare una passeggiata, nonostante il freddo non fosse invitante, perché non volevo che Alessia sentisse. Ero certo che in seguito lui glielo avrebbe detto poiché non riesce tenersi dentro nulla, sembra un bimbo incontinente, ma almeno per quella sera non avrei avuto altri scassamenti.
Quando ho finito di raccontargli tutto lui ha avuto una reazione stranissima, che non mi aspettavo e mi ha lasciato veramente perplesso: ha fatto un'espressione di disgusto esagerata e ha iniziato incredulo a ripetere:
-Una troia?! Lei è una troia che sta in strada?!-
Sembrava un disco incantato. La sua Debora, la donna che non aveva mai conosciuto prima, quella che sognava tutte le notti e che riempiva ogni suo pensiero, la sua Debora, proprio quella, era diventata di colpo una nullità. Tutti i buoni sentimenti che non pensavo neanche fosse in grado di esprimere erano spariti come i soldi dal mio bancomat.
Immagino che una notizia del genere potesse essere presa non proprio benino, ma la sua reazione non me l'aspettavo proprio così negativa, visto tutte le belle cose che mi diceva sempre su di lei. L'aveva ripudiata immediatamente. Tutta la sua decantata passione è svanita in pochi attimi e "la donna più incredibile che io abbia conosciuto", così diceva prima, era morta e sepolta all'istante.
Spero non in un canale di irrigazione.
Si è incazzato di brutto con me perché glielo avevo tenuto nascosto, temevo volesse menarmi.
Alla fine è tornato mesto a casa, senza nemmeno entrare a salutare bimbe e moglie.
Prima di andare a letto, quella sera, ho provato a chiamarlo, ma non ha risposto. Credo fosse impegnato a piangere anche lui. Ma non gli ho mai chiesto una conferma.

Ora, dopo una settimana da quella brutta sera, non sono più riuscito a sentire Debora. Non risponde. Potrei oscurare il numero, ma sarebbe puerile e poi sono sicuro che non mi risponderebbe lo stesso.
Max invece risponde. Sembra quasi normale. Giù di tono, ma non distrutto. Forse recita bene.
Non ho ancora avvisato Sandra, non è da me, visto che di solito bramo dalla voglia di raccontarle tutto. Ma mi sento così inutile da temere che poi non voglia sentirmi più anche lei. Ieri mi ha chiamato lei: ho glissato e le ho detto che ci saremmo sentiti a breve. Stavo male e sto male ancora adesso. Il solito sottosopra allo stomaco e la nausea.
Che casino! Se penso che questa storia è iniziata solo per colpa mia...
Non so che fare.
Debora mi odia e non so più nulla di lei e questo aumenta il mio malessere.
Max non sembra odiarmi, ma non riesco a riprendere il discorso: l'ultima volta che l'ho sentito gli ho chiesto come andava e si è limitato a dire "medio." Spero non voglia dire che ha il dito medio alzato verso di me. Comunque ha spostato subito il discorso sulle solite sciocchezze.
Sandra mi cerca. Le rispondo che le voglio parlare di persona e deve avere pazienza, ma in realtà vorrei dirle subito tutto, vorrei urlarle tutto e vorrei che mi desse la formula magica per sistemare ogni cosa! Ma ho paura di sembrarle infantile così e non voglio deludere anche lei, non potrei sopportare anche un suo eventuale distacco.
Il lavoro si è fatto pesante: sono le solite cose che faccio da una vita, banali per me e nulla di complicato, ma dovermi concentrare su tali sciocchezze quando io voglio dedicare ogni mio pensiero a Debora mi irrita. Svolgo veloce ogni pratica e appena finisco mi estraneo a pensarla. E il mio capo non si fa sfuggire l'occasione:
-Hai già finito? Ok, allora guarda fai questo...-
Stronzo sfruttatore! Ma lasciami in pace e fai qualcosa tu! Uno finisce prima il proprio lavoro e subito gli danno altra roba da fare, mentre chi se la prende comoda e fa solo il minimo indispensabile per non sentirsi scocciare non viene disturbato! Bella l'Italia che lavora: che meritocrazia! Questa è la boiata del pagamento ad ore. Se fossimo pagati a cottimo sarebbe molto meglio: in metà giornata finisco quello per cui sono pagato e l'altra mezza l'avrei a disposizione, invece così non posso sperare di essermi meritato un po' di tempo per me.

La sera prima di dormire stringo sempre le mie bambine e dò loro un bacio.
Giulia ieri sera mi ha chiesto:
-Cos'hai, papi?-
-Niente, Giuly.-
Forse niente che una bambina possa comprendere. Ma non ho "niente". Ho invece "tanto".
E' bruttissimo dire "niente" ad un bambino. Sembra che tu lo voglia escludere dalla tua vita. Come può sentirsi un bimbo che fa una domanda, una legittima domanda, e riceve in risposta un bel "niente"? Non bisognerebbe mai evitare di rispondere ad un bambino. Hanno il diritto di sapere, perché crescere è sapere più cose di prima. E negargliele equivale a negargli la crescita. Un "niente" detto ad un adulto viene capito. Può non essere il momento giusto o semplicemente fatti che non voglio che si sappiano. Ma ad un bimbo...
Scusami Giulia non volevo escluderti dalla mia vita. Ma è un problema un po' troppo grande per te.
Stasera finalmente vado da Sandra, ho bisogno di vederla e sentirla. Ho bisogno di parlare con qualcuno che ha una mente aperta, che sappia ascoltare e capire. Un'amica. E magari saprà anche darmi un consiglio. E poi è tanto che non la vedo e un po’ mi manca.
L'ho detto ad Alessia e lei si è un pochino risentita. No.
Si è leggermente adirata. No, no!
Si è incazzata di brutto e sputava fiamme dalle fauci!
Non sa nemmeno chi sia Sandra, ma chiaramente non è "Sandro" e tanto le basta per farmi diventare come lei: secondo lei sto andando a scopare con un'altra! Ha iniziato il suo show da svitata isterica e io sono uscito. In quei momenti penso alle bimbe e a cosa devono sopportare ascoltando quei deliri e il loro papà che se ne va lasciandole in balia di una pazza urlante. Se non fosse la loro madre di certo non le lascerei lì sole con lei. Non sono un buon padre quando faccio così. Ma non posso impazzire restando ad ascoltare gli insensati deliri di gelosia di una donna insoddisfatta di tutto. E' insopportabile. Non ce la faccio più ad averla vicino ogni giorno. Non è una persona piacevole.
La prima cosa che dovrebbe esserci in una coppia è la piacevolezza, la voglia di stare insieme a questa persona perché stai bene con lei. Prima del sesso, prima dell'attrazione fisica, prima del rispetto. Prima di tutto. Prima ci deve essere il piacere di averla accanto. Se stessimo accanto ad un simpaticone che puzza di sudore vorremmo allontanarlo nonostante la simpatia. Con Alessia il piacere di starle accanto non c'è più da tempo. E' cambiata. Prima non era così assillante su tutto, non si preoccupava di tutto in continuazione. Oggi ogni cosa è un problema per lei, un problema fastidioso di cui lamentarsi. Finisce il latte? E' un problema. E le se dicessi che basta comprarlo ne fa una questione:
-E certo! Perché tanto ci vado io a comprarlo!-
Ma cosa vuol dire?!
Ieri sera la lavastoviglie ha lasciato un tegame sporco e aloni su un paio di bicchieri: è un problema. Mettersi a sciacquare tre stoviglie è un problema.
E' irritante! Ma non capisce che è la normalità della vita? Si crea tanti problemi perché non ne ha di seri! No, questo non è vero. Il problema serio ce l'ha anche lei: me. Non siamo più niente e ci ostiniamo a vivere insieme. Forse è per questo che si lamenta di ogni minima sciocchezza. Si inventa piccoli problemi inesistenti e li ingrandisce a dismisura per nascondergli dietro il vero grande problema: la solitudine che affrontiamo quotidianamente causata dalla compagnia reciproca. Due esseri che vivono insieme e non sono più compagni di vita. Una solitudine forzata che ci impedisce persino di cercare un nuovo compagno. Siamo vincolati alla solitudine.
Si potrebbe pensare che non sia nulla confronto alla vita di Debora e da un punto di vista materiale è vero. Ma il problema è comunque grosso e va visto per intero. Entrambi viviamo non amandoci. Se davvero ci fu amore un tempo ora di sicuro non c'è più. Una vita senza amore è un grosso problema. Ed è la stessa vita che sta facendo Debora. Ed io non sto facendo nulla per risolvere questo nostro problema. Questa è la mia vera colpa, il motivo per cui è sempre incazzata con me.

Sandra mi accoglie gentile come sempre. Lei è piacevole, mi piace passare tempo con lei.
Forse... forse dovrei provare a propormi con lei. Forse potrebbe essere lei la mia svolta alla mia vita piatta e la fine del mio mal di stomaco insistente. Lei una volta ha già fatto apprezzamenti su di me, quindi non le sono indifferente. Potrei avere delle possibilità. Magari davvero potrei rifarmi una vita con lei: separarmi da Alessia e iniziare una nuova vita con qualcuna che ha quella piacevolezza necessaria.
Io e Sandra… Sì, perché no? Sandra è sola, ha mille qualità, è anche molto intelligente. Forse troppo intelligente per me. Forse non sono alla sua altezza. Ma che dico! Non sono un genio, ma di sicuro saprei rispettarla e amarla come merita! Sì, devo solo imparare ad amarla. In fondo quando ci sono gli argomenti, i gusti e la voglia di amare il resto viene da sé.
Stasera voglio proprio capire se tra noi ci potrebbe essere quell'impulso, quella voglia di volere di più dall'altro. Non me la voglio portare a letto: voglio solo verificare se davvero potesse essere ciò che desidero. Io e Sandra… Sì, non è male come pensiero! Forse è lei la svolta di cui sento il bisogno!
Ma ora le parlo di Debora e Max: sono qui per questo.
Le racconto tutto, anche i dettagli, livido compreso. Ci metto enfasi, non per coinvolgerla o spaventarla, ma proprio perché mi esce così.
Sembra le stia raccontando un film avvincente sebbene triste, ma sono invece episodi di una vita vera. Lei al solito ascolta senza far trapelare emozioni e senza commentare. Mi guarda anzi, mi osserva attentamente mentre racconto. Sta scrutando qualcosa di me e non ho capito cosa.
Un po' mi lusinga e fantastico su un suo possibile interesse verso di me, come fosse l'inizio di un'avventura tra noi. Provo a farle un sorriso ammiccante, ma in risposta i suoi occhi si strizzano leggermente. Forse non era il momento giusto. O forse mi è venuto male e ho fatto una smorfia. Devo ripassare il mio repertorio di sguardi da acchiappo che usavo... nel secolo scorso!
Ad ogni modo, finita la piena delle mie parole, le chiedo un parere spassionato e lei esordisce con un classico "te l'avevo detto io" che però detto da lei non ha il tono del rimprovero e non infastidisce.
-Te l'avevo detto io che a dire balle non sei capace e facevi una cazzata! Consolati: alla fine è meglio per te!-
-Meglio per me? Che vuoi dire?-
-Oddio! Ma il problema è che tu non fingi e non sai mentire! Davvero non l'hai ancora capito! Sei un ingenuo senza speranza! Adorabile, ma senza speranza.-
-Capito cosa?!-
-Giò! Svegliati!! Tu sei innamorato perso di lei! Tu sei stracotto di Debora! Tu l'ami oltre ogni limite logico e immaginabile! E non te ne rendi conto!-
-Io?! Innamorato di Debora?-
-Va da lei! Diglielo! E createvi una vita insieme! Che ci stai ancora a fare con tua moglie?! Le bimbe cresceranno e capiranno! Va da lei! Vai!-
-Io innamorato di Debora?-
-Certo! Non vedi come parli lei, quanta passione ci metti, come ti preoccupi di lei, come vivi la sua tristezza, come senti il suo sollievo quando fai qualcosa di buono per lei? Non ti accorgi che sei così perché l'ami? Tu ami Debora. E non cerchi di nasconderlo, semplicemente non ti sei accorto che lo sei: te l'ho dovuto dire io.-
-Io sono innamorato...-
-Smettila di fare il pappagallo! Tu sei così innamorato che hai persino accettato il suo... "lavoro" e vuoi solo stare con lei quanto più tempo puoi, senza giudicarla, senza volerla cambiare, senza costringerla a... senza costringerla ad amarti. Ti sei solo proposto di starle vicino, senza avere nulla in cambio. E questo ti basta. Se non è amore questo, dimmi tu cos'è.-

Io sono innamorato di Debora. Ha ragione. E, assurdamente, aveva ragione anche Max quando ha detto che mi piaceva. Persino lui l'aveva capito e io no. Ma quanto sono... imbecille!
Devo dirglielo! Devo andare da lei e dirglielo!

Non è "in ufficio". L'aspetto.
Non arriva. La chiamo. Non mi risponde. Ti prego non farmi dire una cosa così importante con un sms, rispondimi!
"Ciao, devo parlarti davvero. Rispondimi!" Invio.
Nulla.
Altro sms: "Debora è una cosa seria: ho bisogno di sentirti!" Invio.
BIP BIP.
Sì! E’ lei! "Ti chiamo domani. Ora sto lavorando."
"Ok! Aspetto domani! Grazie! Buon lav..." No. "Buon lavoro" non è il caso. "Ok! Aspetto domani! Grazie!" Invio.
Meglio che vada a casa. Devo rimettere in ordine un po' i miei pensieri confusi.

Quando rientro Alessia è a letto, ma è ancora sveglia.
-Allora? Ti sei divertito? Hai la faccia felice.-
-Alessia, piantala ancora prima di cominciare. E' tardi. Ne parliamo domani.-
-Almeno scopa bene questa Sandra o non te lo fa drizzare abbastanza?-
-Alessia piantala! Non ho fatto sesso con nessuna! Buonanotte.-
-Sì, sì. Buonanotte. Domani vedi te che ti combino.-
-Buonanotte, "amore mio".-
-Pigliami per il culo, stronzo! Non finisce qui!-
Temo proprio che finisca qui invece. Mi dispiace di non essere stato un buon marito, ma d'altra parte tu non sei stata una buona moglie. Non siamo mai stati una vera coppia: alle prime difficoltà della vita ci siamo scannati l'un l'altro anziché aiutarci. Buonanotte Alessia. Ricorda che sarai sempre la madre delle mie bimbe.

Capitolo VIII – Il mio secondo pensiero.
 
Come faccio a dire a Debora che l'amo? Come la prenderà? E cosa posso fare per stare con lei? Okay, è certo che mi separerò da Alessia, ma come faccio a separare lei dal suo lavoro? Perché non voglio che continui a essere sfruttata a quel modo. Io l'amo e voglio che passi più tempo con me che col suo lavoro. Che poi proprio un lavoro non è, smettiamola di chiamarlo così! Lei è una schiava sfruttata. Il lavoro lo scegli o al limite lo accetti se non ci fosse altro. Lei è stata costretta con la forza. E' una schiavitù, non un lavoro. Che poi anche un lavoro normale possa divenire una sorta di schiavitù è vero, ma sei sempre libero di scegliere di andartene. Lei non è libera. E io voglio liberarla. Ci deve essere un modo per uscirne. Temo proprio che dovrò comprarla.
Rivolgersi alle autorità è troppo pericoloso. Inoltre non ho fiducia nello Stato Italiano. Troppe volte il governo ha disilluso i cittadini e ora i politicanti hanno bisogno di recuperare molta, anzi tutta la faccia che hanno buttato via con scandali e malgoverni. Per quanto i singoli tutori dell'ordine si possano impegnare e fare seriamente il loro lavoro, senza un adeguato supporto del governo hanno forti limiti. No, è troppo pericoloso. Le bimbe e anche quella rompiballe di Alessia non si meritano rischi inutili. Spero di avere abbastanza soldi.
In banca il saldo è a quasi ventimila. Risparmi di anni di lavoro assieme ad Alessia. A proposito, quella s'incazzerà a mille quando le dirò che voglio divorziare. Non mi sopporta, ma se la lasciassi lei si dispererebbe. E' folle. O forse, come il mio capo al lavoro, ha solo bisogno di uno schiavetto. E uno zitto e accondiscendente come me non è facile da trovare.
Ora che ci penso... ho fatto i conti senza Debora. E se lei mi dicesse di no? No, non è possibile. Non può rifiutarmi. Sì che può! Forse, anzi certo non rifiuterà la possibilità di essere libera, ma potrebbe rifiutarmi come uomo, come compagno. In fondo a lei piaceva Max. E io non sono come lui. Sono noioso al confronto. Però io l'amo davvero. In tv ci insegnano sempre che il vero amore vince sempre. Già in tv. Dove trasmettono quegli idiotissimi finti reality, dove parlano per ore di sciocchezze, tralasciando altri problemi più importanti. Dove spettacolarizzano una disgrazia cercando il marcio e lo scoop anche dove non c'è. Dove danno voce a persone così ignoranti che se solo "saprebbero parlando un
poco di meglio fosse uno stupendo avvento". In tv l'amore vince. Ma qui?
"Debora ti amo." "Io no."
Potrebbe accadere.
Ho sentito Debora: le ho detto che le devo assolutamente parlarle di persona. Ci incontriamo oggi pomeriggio presto. Esco prima dal lavoro e la incontro prima che "prenda servizio". Il capo ha rognato quando gli ho detto che dovevo andare via prima. Mi sembra una seconda Alessia: deve sempre lamentarsi. Chissà che vita infelice fa per sfogarsi così con tutto e tutti.
Eccola. Quant'è bella! Dio! Ho stomaco sottosopra! Mi sento male! Mi gira la testa e ho un po' di nausea. Ma l'amore non fa stare bene?!
Come glielo dico?
-Ciao, Giò. Allora cosa volevi dirmi "per forza a tutti i costi"?-
-Ciao Debora, sei bellissima, come sempre!-
-Mi prendi per il culo? Dimmi che vuoi. Anzi dimmi prima come sta Max.-
-Max sta. Punto. Gli ho detto tutto.-
-Gliel'hai detto? Stronzo bugiardo! Come tutti gli uomini. Mi avevi promesso che non glielo dicevi. Potevi almeno lasciargli il ricordo di una Debora rispettabile, no? Adesso sono una puttana anche per lui! Complimenti Giò! Hai reso la mia vita più merdosa di quanto già era!-
-Guarda che non mi pare proprio che io ti abbia mai promesso una cosa del genere. Mi ricordo bene che non volevi che lo sapesse, ma non ti ho mai fatto una promessa e ho mentito a lui finché ho potuto, ma quando l'ho visto così distrutto...-
-Già! Chissà come ha sofferto lui, poverino! Io invece non conto mai nulla. Ecco perché non ho più ricevuto un suo messaggio o un tentativo di telefonata!-
-Debora... io ti amo.-
-A chi vuoi prendere per il culo, tu! STRONZO! E' TUTTA COLPA TUA!-
-Debora, IO TI AMO!-
-Ma che cavolo stai dicendo, Giò? La smetti?-
-DEBORA: IO TI AMO!! TI AMO DAVVERO! Io ti adoro, io voglio stare con te, io non posso stare senza te! Ogni giorno io ti penso, io bramo di averti vicino, io voglio stringerti, voglio starti accanto! Debora io ho bisogno di te!-
-Giò, io sono una puttana.-
-Non mi interessa! Tu pensa che io sono un impiegato.-
-Ma cosa mi stai dicendo... ma lo sai che è impossibile?! Hai visto com'è finita con Max?-
-Con Max evidentemente non era vero amore, se gli è bastato sapere ciò che fai per smettere di amarti. Quello che è impossibile è che non me ne sia accorto prima. E' impossibile che non te l'abbia detto prima, ed è impossibile che non ti abbia ancora baciata…-
-Fermo! Non ci provare! Non ne voglio più di baci finti che non possono avere un seguito!-
-Debora avrai tutto il seguito che vuoi, se mi dici di sì! Stai con me, ti prego!-
-Giò, io sono una puttana che appartiene ad un figlio di puttana e tu sei sposato!-
-Divorzierò! Ho già deciso. E' solo questione di tempo.-
-Giò, ma che dici... ti prego, questo è... questo è...-
-Tu non mi vuoi?-
-Io... non lo so!-
-Debora è un tuo diritto rifiutare il mio amore, ma non puoi impedirmi di amarti.-
-Giò...-
-Perché se tu davvero non mi vuoi allora... dovrò farti la corte! Comincio subito: Debora, ti prego, vorresti uscire con me questa sera a cena?-
-Giò... io... la strada mi aspetta.-
-Lasciala aspettare! Lei non si lamenterà, lei non ha bisogno di te! Io sì.-
-Giò mi ammazzano!-
-No, io ti compro!-
-Ma cosa dici?!-
-Sei merce, l'hai detto tu! Portami da lui, dal tuo padrone che gli faccio un'offerta!-
-Giò, non è un tipo molto socievole!-
-Ma io ho un buon piglio commerciale, ricordi? E poi mi hai detto tu che lui si offre di parlare coi clienti che dovessero essere insoddisfatti, no?-
-Giò, hai famiglia... Qui finiamo male tutti.-
-Non possiamo finire se non abbiamo ancora cominciato.-
-Giò, ma tu... davvero mi ami? Adesso davvero mi dici che mi ami e che vuoi stare con me? Adesso mi dirai anche che sei disposto a cambiare la tua vita perfetta per una come me?-
-La mia vita è tutto fuorché una vita. E senza te sarebbe anche meno. E poi non la voglio cambiare per "una come te". Ma proprio e solo per te. Non per una qualunque simile a te.-
-E magari adesso mi dici anche che sarò sempre il tuo primo pensiero?-
-Ho due bimbe: tu sarai sempre al secondo posto nei miei pensieri. Ma al primo nei miei desideri.-
-Giò... io...-
Ha le lacrime agli occhi. No. Sta proprio piangendo. Tanto.
-Ma tu sei davvero davvero convinto?-
-Lo sono.-
-Ma lo sai cosa vuol dire avere accanto una col mio passato?-
-Non lo so. Ma tu sei quella che sei grazie al tuo passato. Non devi rinnegare nulla. Siamo ciò che siamo grazie a ieri! E le scelte di oggi costruiscono il domani! Ti sto dando la possibilità di scegliere! Ti sto offrendo la libertà che ti è sempre stata negata! Scegli! Io ti starò accanto comunque!-
Oddio, quant'è dolce il suo viso: ha il trucco che le cola, gli occhi rossi e si asciuga il naso col polso. E' una vera schifezza! Ma quanto mi piace! E' bellissima!
-Giò... promettimi una cosa...-
-Vuoi una casa? L'avremo! Piccolina forse, ma tutta per noi! Vuoi dei vestiti nuovi, o un letto morbido e pulito? Farò di tutto per dartelo e accontentare ogni tua piccola necessità! Vuoi fare delle ferie? Ti porterò in vacanza! Te lo prometto!-
-No! No! No! Tutto quello va bene se c'è, ma se non c'è non mi importa! Voglio che mi prometti una cosa, una sola! A me basta, ma lo devi promettere davvero! Una sola cosa.-
-Tutto quello che vuoi! Cosa?-
-Prometti che quando litigheremo...-
-Ma noi non litigheremo!-
-Lasciami finire!-
-Scusa.-
-Promettimi che quando litigheremo, non mi importa per cosa, non mi importa quanto forte, non importa se ho ragione o torto, ma quando litigheremo... tu non mi chiamerai mai "puttana". Dimmi "stronza, vigliacca, bastarda, imbecille"! Dimmi tutte le parolacce che vuoi, ma non chiamarmi MAI, MAI e poi MAI "puttana"! Perché io ora, qui davanti a te, smetto di esserlo. Per te.-
-No. Per noi. Te lo prometto.-

Ci siamo abbracciati fortissimo per un sacco di tempo, non so quanto. Lì in mezzo al piazzale di quel distributore. Lì, con le auto che passavano vicino e ci guardavano. Lì, dove non sarebbe mai più ritornata. …Se non forse per fare benzina.
Io volevo baciarla, ma non volevo staccarla da me e mi sono limitato ad appoggiare la guancia contro la sua.


Capitolo IX – Un amore da mal di stomaco.

Siamo saliti in auto e siamo andati "all'agenzia di affari", così Debora chiama l'ufficio del suo capo, al centro di una baraccopoli in periferia di cui non sapevo neanche l'esistenza.
Lo squallore che appare guardandosi attorno è accentuato da un filo di nebbia che avvolge solo questo posto. Prima in strada c'era il flebile tramonto autunnale.
Scandaloso notare in mezzo a tanto schifo un lucidissimo e costosissimo SUV che avrà appena pochi mesi di vita. Lo sfarzoso simbolo del faraone che opprime il popolo degli schiavi costretti alla miseria e a vivere in condizioni pietose.
Ci fermiamo e subito un tizio piuttosto corpulento, alto e zozzo si avvicina e si appoggia ad un muretto mezzo diroccato al bordo del sentiero centrale della baraccopoli. Ha il tipico aspetto del peggior ragazzo che potrebbe mai portarti a casa tua figlia e presentartelo come fidanzato. L'incubo di ogni padre di femmine. Preferirei mi presentasse un politico piuttosto!
Dopo che Debora ha detto non so cosa a quell'energumeno questi si rivolge ad un suo pari poco avanti, che riconosco essere la morsa che mi ha fatto il livido gigante, e grida a gran voce:
-Vitooo! Lascialo passare a questo! Sta co' Debbora! Va dal trucido!-
Una volta oltrepassate le sue pericolose ascelle, bisbiglio a Debora:
-Non mi avevi detto che lo chiamano "il trucido"!-
-Ti avevo ben detto che non è socievole!-
-Poco socievole non è sinonimo di "trucido"! Poco socievole è "introverso", magari anche "timido"! Non "trucido"!-
-Quanto sei pignolo! Io non ho studiato come te! Ora parlaci e non fare mosse brusche!-
Lei rimane fuori dalla baracca e io e il "trucido" siamo faccia a faccia.
Il suo aspetto fisico è pari agli altri due di sentinella, ma lui sembra pulito e i vestiti che indossa sono costosi.
Sta fumando e il puzzo presente nella stanza mi penetra nel naso, non mi fa respirare e crea un senso di sporcizia esagerato. Devo uscire da qui in fretta, sto già male! Sicuramente è un modo per mettere a disagio chiunque entri lì. E funziona.
-Parla damerino! Cosa vuoi dalla mia Debora?-
-Voglio comprarla.-
-Vorresti metterti in affari in questo campo? Guarda che non ne hai la stoffa, si vede da un chilometro!-
-Quello che ci devo fare è affar mio, signor "trucido". Quanto?-
-Calma, giovane, calma. Intanto io non mi chiamo "trucido". Quello è un soprannome affettuoso che mi hanno affibbiato quei ragazzotti simpatici là fuori. Io sono una persona rispettabile e con un nome rispettabile.-
-Mi perdoni, signor "rispettabile". Come devo chiamarla?-
-Col mio nome, diamine! Io sono Mario Rossi.-
-Che nome particolare! Complimenti per la fantasia.-
-Senti damerino il nome che uso sono affari miei come invece è affar mio e non tuo quello sei venuto a fare qui! Lo sai che questo non è un luna park?-
-Lo so. E' un'agenzia d'affari. E infatti io sono venuto a proporre un affare.-
-Bello "agenzia d'affari"! Mi piace! Allora tu vuoi portarmi via una delle mie preferite, capirai che non è facile trovare capi di razza come quella al giorno d'oggi.-
-Praticamente sto operando un abigeato.-
-Non parlare difficile con me, bellino! Io ti sto dicendo che non è facile trovare un pezzo come quella! Lo so che c'è una concorrenza spietata e tutti abbassano i prezzi e poi le negre col culo sodo che piacciono tanto, costano meno e sono più giovani... Insomma non giriamoci attorno: Debora ha un bel personalino e ho capito che tu gli vuoi far fare il salto di qualità, eh? Pochi appuntamenti, ma con tizi ben scelti e granosi, eh? A cui piacciono quelle un po' di classe. Un po' di trucco e un bel vestito e sembra una signora, vero? Ah, ma guarda che caschi male, io t'avverto, poi non dire che non te l'ho detto! Ci ho già provato a entrare in quel business, ma chi tira le fila, i ricconi, sono troppo esigenti e poi devi stare attento a mille cose, che nessuno parli e nessuno lo venga a sapere... Insomma la strada è un mercato più facile: pochi problemi e tanti piccoli guadagni.-
-Signor Rossi, la prego, non voglio farle perdere altro tempo prezioso: mi dica quanto denaro vuole per darmi Debora.-
-Quanto hai bellino?-
-Quanto ho? Ma qui ora non ho nulla, non pensavo di dover pagare subito!-
-Non hai capito, bellino. Tu quanto hai in generale, quanta roba possiedi, beni, soldi, proprietà! Quanto hai in totale!-
-Ho circa ventimila euro in banca.-
-E poi? -
-E poi, basta, ho solo ventimila euro.-
-No, e poi altro? Lavori come dipendente?-
-Sì.-
-Da quanto?-
-Quindici anni.-
-Bene, ti puoi far dare una corposa liquidazione in anticipo. La casa?-
-La casa? Ma veramente quella è intestata a mia moglie e in più ha ancora dieci anni di mutuo.-
-Banche! Che ladre! No quella è meglio non toccarla, troppa burocrazia che attira sguardi indiscreti. La macchina?-
-Sì, la macchina è mia. Quella station wagon azzurra là fuori.-
-Pezzente! Che macchina da barbone! Quanto vale?-
-Mah, credo sei o settemila euro.-
-E' una macchina da barbone, lo sai?-
-E' una macchina normale che serve per andare in giro e funziona.-
-No, no, no, no! Tu sei un tipo ganzo, sei ben vestito, hai bisogno di qualcosa di più adeguato al tuo rango!-
-E questo vorrebbe dire?-
-Una Porsche. Una bella Porsche cabriolet! Quella è la macchina giusta per te!-
-Ah! Mi piacerebbe in effetti, una bella Porsche cabrio. Ma vede, signor Rossi, noi si parlava di Debora, al momento io sono interessato all'acquisto di Debora. Per la Porsche vedremo.-
-E appunto perché si parla di Debora che ti devi comprare una Porsche!-
-Temo di non capire.-
-Allora bellino ora io ti spiego il gioco e tu o accetti o sei fuori, ma non devi dire niente a nessuno, altrimenti la mogliettina e le figliolette potrebbero non stare più tanto bene, capito?-
-Ma come fa lei a sapere che...-
-Lo so e basta. Se accetti o no è affar tuo, ma sappi che una volta iniziato non si torna indietro e si gioca a modo mio. E non una parola con qualcuno che abbia una divisa o un distintivo! Sono stato chiaro, paparino?-
-Molto chiaro. L'ascolto.-
-Allora tu prima prendi la tua liquidazione. La sommiamo ai ventimila e tu fai un affare e dai dentro quel rottame di macchina in un posto che ti dico io. Lì ti comperi quella bella Porsche cabrio che dicevamo, fai una bella kasko con un'agenzia di assicurazioni che ti dico io e poi la macchina avrà un incidente e l'assicurazione ti rimborserà un po' di soldi. Tu dai dentro la Porsche ancora guasta e ti comperi un'altra macchina un po' più brutta che ti costa giusto giusto i soldi che ti ha dato l'assicurazione. Chiaro?-
-Nì. Ma dopo questo giro Debora è mia?-
-Certo! Ti ho già detto che io sono un uomo rispettabile! E la mia parola è legge! Io sono un uomo d'onore, mica come tutte quelle facce da culo che vedi in televisione che parlano, parlano e non fanno mai nulla se non andare a troie!-
-Ho capito e... finché non concludiamo posso comunque già portare Debora con me?-
-Amico per disposizione della direzione la merce si porta via a pagamento avvenuto.-
-Va bene. Ma almeno potrebbe fare a meno di mandarla al lavoro?-
-Certo! E me li dai te i soldi che guadagnerebbe?-
-Ma caspita! Con tutti quelli che le devo dare è necessario contare anche due marchette?!-
-Senti bello questo è il mio lavoro e funziona così.-
-Ok! Ci aggiungo anche una settimana di marchette, se me la fa portare via subito! Quanto le porta a casa al giorno Debora?-
-Seicento!-
-Sei per sette quarantadue. Quattromiladuecento euro, ok?-
-Facciamo cinquemila e affare fatto! Tu con me stai in una botte di ferro! E se fai il bravo ci resti, sennò finisci in una bara di legno! Sono stato chiaro?-
-Lampante, direi.-
-Bravo. E adesso dimmi un po', ma che ci vuoi fare co' quella? Guarda che è una puttana! Te vai con le puttane? Non ti vergogni?-
-Io mi devo vergognare?! E lei? … No, intendo… Lei non ci va mai a troie?-
-Ah, no bello! Io ti ripeto che sono rispettabile! Io con quelle non ci vado mica! Ma per chi mi hai preso? Ma guarda che mi stai offendendo! Ti pare che io mi faccia baciare da una che fa pompini a tutti?! Ma che schifo!-
-Va bene, lasciamo stare... Ora la porto via e qui non tornerà più, ok? Ci sentiamo appena ho i soldi, dove chiamo?-
-Ti chiamo io. Lasciami il tuo numero e vai a prendere il cellulare di Debora: non è suo, ma mio. E visto che non lavora più per me lo riprendo.-
-Giusto. La settimana prossima porto il contante.-
-Che contante?! Sei fuori? Col contante si hanno mille rogne, devi sempre giustificarlo! Meglio gli assegni. Noi dobbiamo fare le cose pulite, regolari. I contanti sono una gran seccatura. Tanto dei tuoi assegni... io mi fido, non è vero damerino?-
-Verissimo. A lei i soldi, a me Debora. E nessuno saprà o dirà.-
-Mi piaci ragazzo, sei sveglio! Cerca di rimanerlo.-
Appena esco Debora è ferma in piedi davanti alla porta così come l'ho lasciata, infreddolita, che si stringe le braccia una con l'altra, come se volesse abbracciarsi da sola. Mi guarda cupa e chiede:
-Allora?-
-Ti ho comprata. Ora sei mia. Dammi il cellulare che glielo rendo, poi prendi le tue cose e andiamo.-
-Non ho nulla da prendere qui! Portami via subito!-
Restituito il cellulare ci incamminiamo verso la macchina.
-Toglimi una curiosità: quanto guadagnavi al giorno?-
-In media... centocinquanta. Una sera però un pollo mi ha dato trecento euro e non abbiamo neanche scopato!-
-Sono proprio un pollo, eh? Lo ha capito anche il trucido.-
-Sì. Però sei un pollo saporitissimo!-
Allontanandoci dalla tana del trucido l'energumeno posto all'ingresso ci saluta con un sonoro rutto.
Si può sempre imparare qualcosa da chiunque, anche da chi proprio non te l'aspetti. Infatti da quest'ultima bestia antropomorfa ho imparato che non voglio più ruttare rumorosamente, neanche quando sono solo. Rischierei di assomigliargli.
In macchina chiamo subito Max e gli dico di cancellare il numero di Debora perché non ha più quel cellulare e di dimenticarselo del tutto che è molto meglio. Lui vuol sapere che succede. Ci incontreremo stasera e glielo dirò.
Debora è afflosciata sul sedile, incredula, silenziosa. Non dice nulla, non ha espressione. Come fosse vuota. Le gambe incrociate e le braccia che si abbracciano. Sembra ad indicare che è chiusa, si è chiusa. E' tutta sua, appartiene a sé stessa adesso, non si apre agli altri. Lei ora è di sua proprietà.
Dove la porto? A casa da me con Alessia, per di più così vestita, non è il caso. Sandra!

Sandra è sempre uno spettacolo di cortesia. Al telefono si è messa a ridere e mi ha detto:
-Mi hai preso in parola, eh? Non ci hai pensato un attimo e ora finalmente ci sei insieme! Sono contenta per  voi!-
La ospiterà lei finché non ci saremo organizzati.

Stasera devo vedere Max. Prima di uscire Alessia fa un altro show: "Esci anche stasera? E con chi, se posso saperlo? Ti ricordo che qui hai una famiglia e... bla bla bla". Quanto sarà dura dirle tutto a cose fatte! Se glielo dicessi ora farebbe di tutto per impedirmelo, col rischio di far arrabbiare il trucido.
Quando incontro Max, lo vedo più sereno. Gli racconto ogni cosa. Lui ascolta, fa smorfie e ogni tanto spara una delle sue battutine sceme. Ma alla fine vedo che anche lui ha dei sentimenti e Debora gli lasciato un segno.
-Giò, sei certo di quello che fai? Hai maturato bene la tua decisione?-
-Sto abbandonando la vita reale per inseguire un sogno. Cosa c'è di più immaturo? Ma se raggiungessi l'isola che non c'è sarei più felice di Peter Pan.-
-Vuoi veramente stare con lei?-
-Lei è la donna che ha dato una svolta alla mia vita.-
-In positivo o negativo?-
-E chi lo sa? La strada della vita ti offre tanti bivi, ma non sai mai se possa essere quello giusto. Certo è che mi ha fatto svoltare.-
-Un filosofo!-
-Al contrario: è una semplice metafora molto reale e lontano dai deliri filosofici. Se non fosse stato per lei chissà quanto ancora sarei rimasto fermo in quell'autogrill anziché proseguire il viaggio della mia vita.-
-E tu ora abbandonerai moglie e figlie per stare con lei.-
-Io non abbandono nessuno. Le mie figlie continueranno ad essere le mie figlie e le seguirò come ho sempre fatto. Il fatto di non essere sempre a casa con loro non vuole dire che io le abbandoni. Anzi forse questo le spronerà ad essere un po' più indipendenti e cresceranno più... sveglie! Mia moglie invece... io e Alessia ci siamo già abbandonati anni fa e vivere sotto lo stesso tetto non vuole dire essere per forza una coppia.-
-Fatto sta che tu incontri una mignotta una sera e ti innamori come un ragazzino.-
-Max tu non sai cosa c'è stato fra noi.-
-Cosa?-
-Assolutamente nulla. Ma è stato un nulla così intenso che non lo scorderò mai!-
-Sai, ho sempre ipotizzato che tu fossi un cretino. Ora ne ho la conferma.-
Max è un brav'uomo. Ma non accetta che Debora sia stata una prostituta. Non so se sia giusto o sbagliato, cioè posso capire che un uomo che non la ami possa anche trovarla un po' inadatta, ma uno che si era innamorato come non avevo mai visto fare... Mi ha lasciato un po' perplesso questo suo voltafaccia, freddo e scostante. Prima è la donna della sua vita e un attimo dopo non è mai esistita. O almeno vuol farmi credere che sia così. Prima di incontrarlo stasera ho anche temuto la rivolesse indietro. Adesso che Debora è disoccupata, e quindi "rispettabile", lui forse avrebbe voluto provare a riprendersela e, considerata la sua simpatia esuberante, temerei ci riuscisse. Ma a sentirlo non gli importa più nulla di Debora. E' tornato il Max farfallone di sempre!
Solo che stasera è un po' più triste. Come ho detto anche lui prova dei sentimenti ogni tanto.

A tarda sera ho mandato un sms a Sandra per chiederle se avessi potuto chiamarla e avere notizie di Debora. Mi ha richiamato lei subito e mi ha detto che Debora è stata nella vasca più di un'ora: era immersa nella schiuma e continuava ad aggiungere acqua calda, credeva si stesse lessando. Ora dorme. Le ho detto di farle usare tutta l'acqua calda che volesse a costo di prosciugare il Po, gliel'avrei ripagata io. Si è messa a ridere e mi ha detto che non ce n'era bisogno. Poi abbiamo fatto una piacevole chiacchierata su quello che sarà. Mi ha detto di fare attenzione: Debora è piena di dubbi e non si fida molto degli uomini. Anzi non si fida per nulla. E' sconvolta da quello che le è successo, da come è successo ed è confusa. Ha paura possa non essere vero e che io possa voltarle le spalle come ha fatto Max. Mi ha detto che ora è innamorata per interesse. Non sarà né facile, né veloce comprendere se effettivamente si innamorerà di me.
Sandra è un'amica preziosa. E io che volevo sforzarmi di provare ad amarla come compagna! L'amore non va sforzato, sboccia spontaneo. Con lei è sbocciata un'amicizia. Una splendida amicizia. Con Debora è amore. Un amore da mal di stomaco.

Sto facendo un gran casino di bugie in questi giorni. Al lavoro non volevano anticiparmi la liquidazione e nemmeno dei giorni di ferie per attuare tutti gli intrallazzi che il trucido Mario Rossi mi ha detto di fare. Mi sono incazzato e mi sono licenziato. Ora mi dovranno pagare per forza. Il mio capo è incazzato nero. Adesso deve far lui le cose schifose e risolvere tutte le merdine. Il suo capo invece è felice: sono tempi di crisi e togliersi dalle balle un indeterminato è un bel vantaggio che gli consente di dare spazio ad aree che necessitano di interinali a basso rischio economico. Faccio bene al budget. Al mio capo no. Ora deve lavorare lui perché non serve rimpiazzarmi. Sono utile quanto una sorpresa dell'ovetto Kinder!
Alessia non lo sa ancora: io esco comunque al solito al mattino e torno la sera come sempre. Si incazzerà di brutto. Di bruttissimo!
Ma la cosa più difficile è stato chiedere soldi a mio padre. Mi mancavano ancora i cinquemila promessi al caro Mario per aver potuto sottrarre Debora alla strada fin da subito. Lui era l'unico a cui li potessi chiedere. Un over quaranta che lavora da più di vent'anni e si trova costretto a chiedere soldi ad un pensionato. E' stato umiliante. Ma mio padre è sempre un papà. Me li ha dati senza chiedere nulla.

Vado a vedere la mia nuova Porsche: è blu scuro. Il colore non mi piace molto per la verità, ma almeno lo distinguo. Il resto della macchina è un ammasso informe di lamiere piegate, vetri rotti, airbag scoppiati e sedili macchiati di un rosso scuro. E di sicuro non è succo di lampone.
Firmo il contratto di acquisto e la cessione della mia macchina, poi vado a stipulare la polizza, kasko compresa, e divento proprietario di una perfettissima 911 Cabrio con appena ventimila chilometri in cambio di parecchi soldi e la mia familiare. Almeno ufficialmente. Nella realtà il rottame non è mai uscito dal piazzale retrostante l'autosalone.
Dopo una settimana dichiaro all'assicurazione di essere uscito di strada. Il perito elabora un pagamento a mio favore di diciottomila euro che giro all'autosalone. Il salonista ritira la mia Porsche, ora ufficialmente distrutta, e mi rifila un'utilitaria del '98 con la carrozzeria completamente ammaccata, strisciata e arrugginita.
E' incredibile quanti segni abbia: non uno, non un solo singolo pezzo della carrozzeria che sia sano! Portiere, parafanghi, paraurti, cofano, portellone e (incredibile a dirsi!) persino il tetto è rovinato!! Non sono botte da incidente violento, sono tutti parcheggi malriusciti e fatti veramente senza la minima cura. La cosa che balza all'occhio è che dove inizia una strisciata non c'è una interruzione della stessa. Vuol dire che chi la guidava ha sentito che stava strisciando, ma non si è fermato: ha proseguito fregandosene bellamente. E il tempo ha trasformato i graffi in ruggine. Sul cofano ci sono invece piegature e segni evidenti di cose appoggiate e poi trascinate via, tipo scatoloni e borsoni. Praticamente un banco da lavoro alternativo.
Chiedo come fosse stato possibile graffiare anche il tetto, visto che è sopra. La risposta sa un po' di barzelletta: l'auto era di un'anziana signora che non riusciva ad aprire bene la basculante del box, così spesso la porta rimaneva alzata a metà e, passandoci sotto, il tetto ci strisciava contro. Infatti l’antenna è divelta. Però da buon venditore, come se rischiasse di non concludere la vendita, mi fa notare che ha pochi chilometri vista l'età: circa centomila. La mia wagon ne ha la metà.
Gli interni dell'auto non sono brutti e ha il cambio automatico. E, molto importante per me, non ha odore di fumo.
Gli ho consegnato le chiavi della familiare e sono andato via con l'utilitaria. In fondo era quello che volevo, no? Anche se non assomiglia proprio ad una nuova Smart elettrica.
Quello è stato l'ultimo giorno che ho usato la mia station wagon azzurra. Mi ci ero affezionato. Ha visto crescere le mie bimbe, funzionava bene e grazie a lei ho conosciuto Debora.
Uscito dal salone telefono al trucido e confermo l'avvenuta conclusione del patto. Lui si congratula e poi mi dà un consiglio per il futuro: quando ne compro una che ha più di trent'anni posso tirare sul prezzo! Come a dire che lui ha fatto un affare a sbarazzarsi di Debora. Comunque, aggiunge, è meglio che mi butti sulle ventenni visto che tengono meglio il valore perché i clienti chiedono "carne fresca".
Non sono riuscito a rispondergli nulla, volevo solo chiudere ogni contatto con lui al più presto.

Ricapitoliamo: ventimila euro presi direttamente in banca, più seimila di valore della mia macchina, più altri venticinquemila della mia liquidazione, più i quindicimila circa che gli arriveranno dall'assicurazione (tremila se li divide il perito con non so chi altri), più altri cinquemila per la "settimana di mancato preavviso" di Debora. Totale: settantunomila euro. In cambio ho avuto un'utilitaria che varrà sì e no mille euro.
Quindi ho comprato una donna con settantamila euro.
Non ho mai saputo quali fossero le sue tariffe, ma credo che con cinquanta euro una sveltina la si rimediasse.
Questo squallido raffronto commerciale può dare l'idea di quanto poco sia importante un po' di sesso di fronte ad una donna intera. Non che non sia importante il sesso in sé, in una coppia è molto importante. Ma farlo così, una volta, con qualcuno che poi non rivedrai mai più rispetto al "costo" della persona intera è veramente poca cosa.
Solo adesso credo di aver veramente perdonato a mia moglie le sue scappatelle. Valgono poco. Quello che ha lasciato il segno è stata la mancanza di rispetto e la pretesa di essere perdonabile in ogni caso senza meritare castigo o comunque pretendendo di avere diritto di tradire.
Ma ora non mi interessa più.


Capitolo X – Fine di un matrimonio, inizio di un’avventura.

E' arrivato il momento di spifferare tutto ad Alessia.
-...Ma se ti piaceva tanto 'sta troia non potevi solo chiedergli l'amicizia su Facebook?!-
-L'amicizia non si chiede: si può solo offrire.-
-Il pirla fa il filosofo! Cretino! Ventimila euro! Dico io: VENTIMILA EURO!-
-Più la macchina.-
-Come la macchina?-
-Sì, l'ho data dentro per comprare una Porsche.-
-Una Porsche?! Ma se tu vai a ottanta all'ora in autostrada!?-
-Beh, volevo un'auto più divertente da guidare visto che ora ho più tempo libero perché... mi sono licenziato.-
-Tu cosa?!-
Il resto della conversazione è solo un insieme di urla, pianti isterici, parolacce di ogni tipo (non pensavo riuscisse ad essere così volgare...) e infine la mia uscita di casa con una valigetta che contiene un ricambio di vestiti e lo spazzolino. I vicini se la godranno per settimane.
Avrei voluto abbracciare forte le bimbe prima di uscire. Non mi è stato concesso. La fase di isteria acuta di Alessia era a rischio di follia omicida. A Giulia sono riuscito a dare un bacetto fuggente sulla testa. Patrizia invece si era chiusa in camera a piangere e non ne è uscita. Io volevo solo abbracciarle e farle sapere che sarò comunque e sempre il loro papà e che... e tante altre cose. Ma la paura che Alessia potesse andare oltre i limiti dell'umana... No, era già oltre!
Perché è stata così incapace di accettare la realtà? Perché non abbiamo potuto lasciarci civilmente, con la capacità di ascoltarci reciprocamente? Accettare ognuno i problemi e dell'altro e risolverli insieme e continuare a frequentarci per il bene delle bambine. Anche se fra noi non c'è più amore entrambi ne abbiamo da dare a quelle bimbe. E questo ci accomuna e lo farà sempre. Lei invece rifiuta e chiude il dialogo. E' come vuole lei e basta. E io lo sapevo già. Per questo ho fatto tutto di nascosto. Non è capace di comprendere. O forse non vuole comprendere. E vuole solo punirmi impedendomi di salutare le bambine, mettendomele contro. Per loro io sono il papà cattivo che ha fatto arrabbiare la mamma. Che anche la mamma possa avere colpe non possono saperlo né immaginarlo. In fondo un papà è un accessorio, è in più. Quello che conta è la mamma. Anche Debora non mi ha mai detto nulla di suo padre. Il padre è solo un donatore di seme e nulla di più. La famiglia vera sono la mamma e i bimbi.
Quant'è falso. Quanto fa male ad un papà essere considerato solo un'aggiunta, un gadget. Il papà conta quanto la mamma. La natura ha imposto la gravidanza alle mamme, ma questo non deve sminuire il ruolo del papà. La società questo non lo ha ancora capito. I papà non possono godere diritti sui propri figli. Quant'è ingiusto questo. E quanto le donne approfittano di questo, quando c'è una separazione. Io voglio poter abbracciare le mie bimbe. Io voglio vederle ancora, sentirle, stringerle, annusarle. Amarle. Non è giusto. Non è giusto così. E così lei si sta vendicando. Usa le mie bambine, le fa soffrire per far soffrire me. Come fa ad essere così crudele? Non si accorge di quanto male inutile sta facendo? Persino alle mie piccole. No, per lei sono solo io la causa del loro dolore. Com'è cieca.
E intanto ora in strada ci sono io. Giro in auto senza sapere dove andare, senza un soldo, senza lavoro.
Vediamo se Max mi può ospitare per un po'.

-Cosa farete?-
-Andremo via. Pensavo alla Toscana. In collina, da dove la sera si possa vedere il sole tramontare nel mare.-
-Che pensiero romantico. Sei nella merda più totale e pensi a 'ste stronzate? Perché non pensi prima a trovarti un lavoro? E alle bambine.-
-Ci ho pensato a lungo, Max. Ed è proprio per questo che ho deciso di andare lì.-
-Che vuoi dire?-
-Debora non vuole rimanere qua. Non vuole correre il rischio di incontrare qualche cliente, le ex-colleghe o il trucido. Poi non vuole incontrare Alessia. Ha mille paure e non posso certo darle torto. Inoltre parlandole una volta mi ha detto che quand'era ancora con la sua mamma, prima di essere lasciata in orfanotrofio, si ricorda che da dove viveva la sera riusciva a vedere il sole che tramontava nel mare e questo le piaceva. Ho trovato un ricordo felice della sua infanzia. Voglio ridarglielo, visto che è l'unico. In Toscana il sole tramonta nel mare.-
-Anche in Calabria se è per questo. E costa meno. La Toscana è cara e tu ora sei un morto di fame.-
-Lo so, ma ti ho già detto che ci ho pensato. E infatti ho scelto la Toscana anche per le bimbe. Voglio sistemarmi nella zona del villaggio dove andiamo ogni estate in modo da trovarsi in un ambiente già conosciuto, già familiare. E con poche ore di treno ci possiamo vedere "comodamente". Il sud è troppo lontano da loro.-
-Ripeto: è cara.-
-Lo so. Ma non cerco un castello. Ho bisogno di tranquillo posticino dove poter stare con lei e un lavoro qualunque.-
-Il lavoro oggi non lo trovi mica come negli anni sessanta. Stai facendo un'altra cazzata.-
-Il lavoro oggi lo trovi se lo cerchi e ti adatti. E io penso proprio di potermi adattare. Il problema più grande del vivere in Toscana sarà l'essere circondato da toshàni hé parlano hòme hòglioni.-
-Che ti devo dire? Tra hòglioni ti sentirai a tuo agio! Buona fortuna Giò. Ma per me sei matto!-
-Grazie. Puoi prestarmi qualche soldo?-
-Giò, ti sembra che io abbia soldi da prestare?-
-Domanda stupida, scusa.-

Dopo quella sera sono bastati sette giorni per partire, grazie alla presenza di Max, che ha sempre avuto un'influenza calmante su mia moglie, dei genitori di lei e di un avvocato chiamato da Alessia e subito disponibile (come mai un avvocato è subito disponibile? Mah...). Mio padre non si è mai molto interessato alla mia famiglia, ma lui è fatto così, non è mica una colpa e non era presente. Mia madre invece è venuta ed è l'unica che ha cercato di giustificarmi e di evitarmi il più possibile la gogna. Non ha mai sopportato troppo mia moglie e aveva ragione. Si è resa conto ben prima di me che Alessia non era adatta a me e che era avida, interessata e senza passione. Senz'anima.
Ci siamo accordati velocemente, tutto sommato: io ho semplicemente rinunciato a tutto quello che mi rimaneva ovvero la metà della proprietà della casa che era cointestata e tutto quello che c'era dentro. Almeno su questo ho fregato il trucido. Ma Alessia ha fregato me. Non ho neanche diritti sulle bambine. A sentir loro nessun giudice mi avrebbe dato aiuto: ho abbandonato la famiglia e ho buttato via un sacco di soldi per stare con una prostituta per di più clandestina. Avrei potuto tentare di fare una causa, ma comunque sarebbe finita Debora sarebbe stata espulsa dall'Italia. Accontentare Alessia in tutto era l'unico modo per non subire pericolose indagini ufficiali.
Voleva togliermi anche la macchina. Poi l'ha vista e ha generosamente acconsentito a lasciarmela. Mi ha anche detto:
-Sì, è adatta a te. Tienitela.-
Ora infatti è la mia unica proprietà assieme al mio notebook troppo vecchio, pesante e con la batteria esaurita per essere appetibile.
Anzi no: posseggo anche una donna "regolarmente" pagata. Ma priva di documenti.

Con la macchina carica di un paio di valigie contenenti i vestiti che Alessia mi ha generosamente concesso di mantenere vado da Sandra a prendere Debora.
Sandra dà dei soldi a Debora proprio mentre si abbracciano piangendo. Tremila euro. Ci augura tanta fortuna e felicità. Debora ringrazia e le dice che glieli restituirà. Appena salita in auto mi dà i soldi. Le dico di tenerli lei. Mi guarda strano. Poi sorride e li mette in borsa. E' un gesto automatico per lei dare soldi all'uomo a cui appartiene. Ma non è difficile farle capire che ora appartiene solo a sé stessa.
Penso tanto alle mie bimbe. Oggi sono riuscito a rivedere Giulia: aveva gli occhietti tristi, ma mi ha detto:
-Ciao papà. Tornerai?-
Le ho promesso che appena potrò verrò. E farò di tutto per potere far venire loro da noi quando avremo una casa. Patrizia invece non sono neanche riuscito a vederla. Non vuole parlarmi e non vuole ascoltarmi. Piccola gioia mia quanto stai soffrendo! E dire che farvi soffrire è l'ultima cosa che vorrei. Ma non sempre si riesce ad avere ciò che si vuole. Sebbene un dolce aiuto da una madre sconsiderata sarebbe stato utile per non diventare ai loro occhi il lupo cattivo. Una inutile vendetta che si perpetra anche verso le mie bimbe. L’ultimo scoglio postomi per impedirmi la fuga dal suo controllo e tentare di riportarmi alla cuccia con il vantaggio di potermi soggiogare ancora. Amo le mie bambine e donerei la mia vita per loro. Ma vivere schiavo di desideri altrui non vuol dire donare la vita. Vuol dire solo soffrire inutilmente.

Partiti! Pochi soldi, quattro stracci, una vecchia auto e una giovane compagna. La sicurezza del futuro, la tranquillità del domani e il relax della monotonia sono un ricordo del passato. Il cuore batte forte anche quando sono calmo, ho gli occhi sbarrati come fossi drogato, la strada dell’incertezza è aperta davanti a me e mi sento vivo come non mi sentivo da anni! Da tanti anni. Mi sembra di averne venti. Peccato che il mio corpo non risponda più come allora. Lo sento vecchio. Ma sento anche che si sta riprendendo. Mi sento come se si stesse allenando e fra un po’ tempo sarà in grado di sopportare lo sforzo che mi presenta davanti: vivere.
Viaggiamo tranquilli. Lei sta per accendere una sigaretta, ma io la fermo.
-Debora detesto il fumo, ti prego!-
-Ah, persino in questo rottame? Ma allora non è perché sei uno di quei maniaci dell'auto perfetta che la lavano ogni domenica come degli ossessi!-
Appunto. Certo che quella sera in cui ci siamo incontrati le ho dato una fantastica impressione di me! Mai valutare al primo approccio.
-Comunque non ti preoccupare, ho deciso di smettere. Ho ancora qualche stimolo ogni tanto, ma ormai posso rinunciarci, non ne sento più il bisogno. Stare con Sandra mi ha fatto molto bene, sai? Mi sono sentita amata.-
Ecco: adesso sto fantasticando su di un possibile rapporto saffico tra lei e Sandra e mi sto arrapando! Meglio concentrarsi sulla guida!
Mi piace il cambio automatico: mi consente di guidare con una mano sola e posso appoggiare la destra sulla sua coscia. Mi piacciono le sue cosce. Sono un pollo a cui piacciono le cosce! Potrei essere considerato un cannibale.
In autostrada Debora mi chiede di fermarmi. Accosto in una piazzola di sosta.
-Giò, ma allora è vero: tu mi ami. Tu hai fatto tutto questo per me?-
-Sì.-
Mi ha baciato. E' la prima volta. Non c'eravamo mai baciati prima. E' stato il bacio più bello e appassionato della mia vita! E' stata un'emozione incredibile! Tremavo tutto! E la sentivo finalmente innamorata! Innamorata di me! Forse. O forse è solo riconoscenza. Sono in paranoia! Perché in effetti mi lascia ancora percepire una sensazione di dubbio, di non essere convinta. Non è effettivamente proprio proprio innamorata come lo sono io.
Comunque è stato senza dubbio il bacio più bello della mia vita. E me lo ha dato qui, in un'auto scassata ferma lungo un'autostrada trafficata in un freddo giorno di autunno. Il posto meno romantico del mondo diventa il testimone dell'amore più intenso che io abbia mai provato.  

Arrivati nella zona che ci eravamo prefissati di "colonizzare" cerchiamo un posticino economico, un bed & breakfast che ci faccia da base d'appoggio per le nostre ricerche di casa e lavoro. Partiamo da zero in un posto che non conosciamo e con nessuno che ci conosce. E' strano. E' buffo. E' difficile. Ma è stimolante. E' la seconda possibilità che pochissimi hanno cercato.
Operiamo su diversi fronti, chiacchiere con i proprietari del bed & breakfast, ricerche online presso un internet point, visite ad agenzie di lavoro interinali che quasi ridono quando vedono che sono oltre i quaranta, porta a porta presso negozi e aziende di vario tipo. E' stancante, frustrante e demoralizzante.
Debora trova due persone che avrebbero bisogno in casa di un aiuto per le pulizie e persino un negozio di abbigliamento che cerca una commessa, ma quando sentono che non ha documenti si chiudono a riccio. La sua clandestinità è un grosso problema che non ho ancora capito come affrontare.
Io invece non ho speranza di trovare alcun ruolo impiegatizio da queste parti. Dovrò fare l'operaio. Ma senza esperienza non mi vuole nessuno. Cercano idraulici, muratori, imbianchini, elettricisti, un panettiere, un portiere di un motel (meglio: albergo a ore) e un aiuto fioraio. Non ho esperienza in nulla del genere, l'albergo a ore direi proprio che sia un po' di cattivo gusto e i fiori non li conosco per nulla. Max direbbe che sto facendo il difficile e sarebbe il caso che mi adattassi. Fanfarone!
Per la casa è pure peggio: se ne trovano a decine, ma con prezzi salatissimi e tutti che chiedono tre mesi di anticipo, più questo, quello e quell'altro ancora. Siamo nella pupù più profonda: ogni momento è buono per annegare.
Debora mi abbraccia sempre e ci baciamo tanto. Tutte queste preoccupazioni spariscono quando mi abbraccia. Alessia nella sua posizione si sarebbe disperata lamentandosi di tutto per tutto il tempo. Debora al contrario è così serena e rassicurante. Anche quando torno con l'ennesimo rifiuto è sorridente e non si dispera. Dice:
-Domani troveremo qualcosa!-
Io lo spero tanto anche se quando non mi guarda inizio a subire un po' la preoccupazione.

Dieci giorni passano in fretta e i soldi svaniscono ancora più velocemente. Il bed & breakfast è carino e i proprietari simpatici, ma non è economico come si possa pensare e se non trovassimo in fretta qualcosa saremmo veramente nei guai.
Inoltre le pareti sono sottili e non voglio che sentano i nostri "rumori da letto". E poi non so ancora bene come approcciarmi con lei. E poi mi sento strano a non avere vicino le bimbe. E poi, diciamola tutta, ho una paura folle! Sono più di quindici anni che non faccio sesso con un'altra donna che non sia Alessia! Non ricordo come si fa all'inizio!
Praticamente non abbiamo ancora fatto l'amore. E la sera crolliamo addormentati per la fatica delle ricerche giornaliere. Oddio forse così Debora poi pensa che non mi piaccia! Ma no, che dico, io le ho donato tutto quanto avrei potuto, lo sa che mi piace anche fisicamente... E poi... insomma anche lei in effetti non mi cerca da quel punto di vista. Non cerca di stimolarmi, quindi non ne ha voglia. Forse non sono io quello che ha più resistenze a farlo. Forse è lei. Sì, me lo aveva anche detto: lei non ha mai fatto l'amore. Che scemo che sono! E' vero! Devo trattarla come fosse una vergine! Ci vuole pazienza e delicatezza e aspettare il momento giusto perché sia un bel ricordo oltre che l'espressione del nostro amore. Ecco fatto. Quindi mi sono trovato un'altra scusa per rimandare ancora. Che furbo che sono con me stesso. Un vero genio. Ipocrita, cacasotto! Però è vero che non sento ancora la certezza del suo amore verso me. E io voglio fare l'amore, non solo sesso. 

Penso alle bimbe. In questi giorni ho chiamato tante volte Giulia. Mi dice che la mamma è sempre isterica e si arrabbia sempre per nulla. Un po' come faceva con me (mi ha detto proprio così!). E che passa ore al telefono con la nonna e urla e piange anche. E anche quando torna dal lavoro è sempre incavolata e urla. Mi ha detto che ha le orecchie stanche. E mi chiede di tornare.
Quant'è difficile dirle di no.
Mi dice che Patrizia non parla. E' triste e non fa quasi niente. Sta sempre chiusa in camera e non gioca nemmeno più con lei. Non riesce a passarmela, non vuole parlarmi.
Quanto vorrei averle qui con me!
Poi mi chiede cos'è una troia. La mamma grida sempre che Debora è una troia e una puttana. Le rispondo che non è vero, almeno adesso. E che non si dicono certe parole. La mamma le dice perché è arrabbiata e spesso quando si è arrabbiati si dicono cose che non dovremmo dire. E poi a lei e Patrizia piaceva Debora. Mi dice -sì-, ma aggiunge anche: -non era dello zio Max?- Volevo risponderle che io gliel'ho comprata. Ma una bimba non avrebbe capito la battuta. E allora le ho spiegato che le persone non sono di qualcuno e vanno dove vogliono. Ha replicato: -ma io e Patty non siamo tue e della mamma?-
Dolce piccina. Ingenua e sincera come solo i bambini sanno essere. Quanto vi amo.

Durante una ricerca di lavoro mi dicono che pochi chilometri più all'interno cercano dei braccianti agricoli: proviamoci! Magari farò il contadino!
Arrivati in cima alle colline troviamo la cascina che ci hanno segnalato. E' un normalissimo vecchio, grande casolare con i muri scrostati e un ampio cortile. Tutt'intorno campagna brulla e tratti campi coltivati. Bussiamo al vecchio e pesante portone di legno.
Il burbero anziano che ci apre e ascolta la mia richiesta mi guarda le mani e scoppia a ridermi in faccia senza pensarci due volte. Ride proprio di gusto.
Insiste a ridere.
Continua a ridere... Ora però è evidente che mi piglia per il culo.
Sua moglie è più cordiale e ci invita ad entrare. Prende subito in simpatia Debora:
-L'è diffiscile avere in hasa una figliola hosì bellina! Qua sci stanno solo degli omoni grulli!-
Tra chiacchiere e un bicchiere di vino scopriamo che sul suo terreno dietro al cascinale ha una casamobile ai piedi di una collinetta. Quelle piccole abitazioni che si vedono spesso nei campeggi e che sono alloggi per vacanze, tanto carine da fuori che sembrano le casette dei cartoni animati. Lui l’ha comprata di seconda mano proprio da un villaggio lungo la costa per farci stare dei braccianti stagionali che non voleva avere in casa perché…
-…non mi garbavano tanto!-
Ora è libera. Anzi:
 -L'è vota!-
Piccolina e disponibile subito. Affitto misero e niente anticipo di tre mesi. Naturalmente tutto in nero. Credevo avrei potuto rientrare nella società degli onesti ora che il patto col trucido era concluso. Comincio a credere che Debora attiri l'illegalità come un parafulmine attiri saette.
Ci accompagnano e ce la mostrano: la casetta è un rettangolo di tre metri per otto. All'interno trova posto un mini soggiorno/sala da pranzo con angolo cottura e poi da una parte una mini camera con letto matrimoniale e dall'altra una mini cameretta con un letto a castello. Ovviamente ha anche un mini bagno con doccia. E il bidet. Spesso all'estero non ce l'hanno persino in lussuosi alberghi. Qui invece c'è. Cosa volere di più?
Peccato sia in condizioni pietose, puzza di chiuso e fumo e c'è sporcizia, macchie e appiccicume non meglio identificato ovunque. Le tendine alle finestre sono strappate oltre che sudicie. Il pavimento ricorda quello dei bagni pubblici di una stazione di metrò, il tavolo è graffiato come il bancone da lavoro di un'officina, il piano di cottura è incrostato di crostata (e non solo), in bagno i sanitari hanno strisce di calcare (e non solo!), i letti sono disfatti con lenzuola e coperte imbrattate di macchie di ogni tipo (e anche di quello!). Chiunque ci abbia abitato in precedenza doveva essere un animale, non una persona. E non la si può certo definire casa, ma è più simile ad una tana con giaciglio. Mi sono stupito di vederci dei letti anziché un pagliericcio.
Trattengo a stento il vomito e sto per salutarlo e ringraziarlo della sua generosa offerta quando Debora, con gli occhi raggianti e un sorriso che va da un orecchio all'altro, esplode in un:
-E' bellissima! La prendiamo! Giò, ti prego! Dimmi di sì! Dimmi che ti piace! Questa sarà casa nostra! Guarda! Ha anche la cameretta per le tue bambine quando ci verranno a trovare! E poi qui fuori c'è tanto spazio e potremmo mettere un tavolino con l'ombrellone per bere il thè e fare colazione quando non fa freddo! E alle finestre mettiamo delle tendine di sangallo bianco! Poi un morbido tappeto qui sotto al tavolo e delle lampadine colorate da fissare negli angoli! E fuori la coloreremo di azzurro! Dai prendiamola! Hai visto che oggi era un giorno buono? lo dicevo io! E' perfetta!-
E' felice. Io voglio solo questo.
-E sia! Habemus domus!-
Dopo gliel'ho dovuta spiegare. A tutti e tre.

Andiamo in un market a fare scorta di detersivi, scope, spazzole, stracci e una piccola spesa per riempire il mini frigo. Mangiamo un panino mentre io fisso i suoi occhi sognanti e infine torniamo alla "tana". C'è tanto spazio davanti all'ingresso e fermarci lì con la macchina è una gran comodità. Appena arrivati scende, scarica tutto e mi dice di andare a cercarmi un lavoro che lì era affar suo e quando sarei tornato non l'avrei riconosciuta.
Spero si riferisse alla casa: da quello che l'aspettava temevo intendesse che non avrei più riconosciuto lei ricoperta da quello schifo!
Padron Beppe, il padrone di casa, comunque mi consiglia di lasciar perdere i campi che non sono il mio campo.
-Sicché te scerchi un lavoro. Ma te hè sai fare?-
-Beh, ho esperienza commerciale, gestionale, contabile, amministrativa...-
-In pratiha 'na sega! Ma te guidi?-
-E certo! Siamo venuti qui in macchina, non ha visto la limousine parcheggiata davanti alla reggia?-
-No, diho, li sai guidare i hamionscini?-
-I hamionscini? I furgoni vuole dire?
-Sì, sì! I hamionscini!-

Mi indirizza ad un capannone a pochi chilometri dove un ciccione enorme con abiti sudici mi accoglie mentre sta mangiando un panino con salame, pecorino puzzolentissimo e chissà cos'altro. Panino... è lungo quasi come il mio braccio!
E' un corriere con una mezza dozzina di furgoni che gestisce trasporti sia locali che internazionali. Mi dice che ha appena cacciato un autista che arrivava sempre tardi ed era sempre abbondantemente fumato di sostanze di vario tipo. Con me crede di non avere certi
problemi perché non fumo e sono del nord:
-Voi nascete holle lanscette in su pell'hulo!-
Si parla un paio d'ore, è un gran chiacchierone, ma mi prende in simpatia poiché sono "tutto bellino" e non uno dei soliti "cialtroni zozzi". Detto da lui... temo a conoscere i miei possibili colleghi! Paga misera, orari liberi, nel senso che lui è libero di chiamarmi a qualunque ora in base a quanto gli serve e io devo andare subito, e deve potermi controllare la macchina.
Boh?!
Comunque l'auto passa l'esame: è a benzina e non ho taniche nel baule. In passato ha avuto autisti che gli fregavano il gasolio dai furgoni.
In pratica ho un lavoro in prova come autista.
Quando torno da Debora è ormai il tramonto e la "tana" ha preso sembianze civili più adatte ad esseri di specie umana. C'è una montagna di carabattole e pattume ammucchiati appena fuori dalla porta, tra cui anche il materasso della camera da letto. Dice che lo ha dovuto buttare perché quello era proprio irrecuperabile.
Lei è felicissima, si vede che è distrutta, ma brilla di soddisfazione. Mi dice di entrare e di pensare che presto ci saranno anche le tendine e dei fiori affianco all'ingresso e poi ha trovato il posto dove mettere un vaso anche all'interno. E' molto spoglia ed essenziale dentro, ma pulita. Decisamente pulita. E l'unico odore fastidioso che permane ora è di candeggina. Ma presto svanirà.
E' euforica, non sono nemmeno riuscito a dirle che ho trovato un lavoro, ma non smette di illustrarmi tutto quello che ha fatto e tutto quello che intende fare dentro e fuori quei venti metri quadri o poco più. E' fantastico come ti faccia sembrare eccezionale una piccola baracca appoggiata su di un terreno brullo.
Poi mi dice:
-Da stanotte si dorme qui! Questa è casa nostra!-
-Ma se non abbiamo neanche il materasso!-
-Dormiremo nei letti a castello! La signora ci ha regalato un paio di lenzuola seminuove!-
-Ma è tardi per disdire il bed & breakfast: dovremmo pagare comunque la notte.-
-E chi se ne importa! Sono solo soldi! Questa invece è la nostra vita!-
Mai frase fu più azzeccata. Io l'amo. Sempre di più.
-E non è finita! Vieni! C'è una cosa fenomenale che non avevamo visto!-
Mi trascina sopra la collinetta che sale dietro alla casetta dove sulla sommità ha messo due seggiole pieghevoli in plastica che qualche ora prima giacevano in un angolo della "tana". Ci sediamo e guardiamo: da qui si vede il mare! E imbambolati e abbracciati osserviamo l'ultimo spicchio di sole che vi si adagia dentro.
Ce l'ho fatta! Ho trovato un posto dal quale può vedere il sole tramontare nel mare. Tutte le sere. Anzi lo abbiamo trovato.
E' stato quasi facile.
-Debora, io ti amo. Debora... Debora?-
Si è addormentata! Appoggiata alla mia spalla. Poverina, è distrutta. Ora la porto in casa e la metto a letto. E' leggera! Con Alessia non ce l'avrei fatta. Eppure non è grassa. Sarà costituzione.
Adesso vedo di mangiare qualcosa. Mangiare... è una parola! Debora ha comprato solo scatolette! Potrei chiedere qualcosa ai padroni di casa, ma quelli sono capaci di farmi sedere con loro e ingozzarmi come un'oca! A volte l'ospitalità può essere eccessiva. E poi non voglio lasciare Debora sola nella nostra casa la prima sera. Non voglio.
Tonno o sgombri? Tonno. Buon appetito.

Capitolo XI – Badge n° “lumbard”.
 
Il giorno dopo informo Debora del mio nuovo lavoro e lei esulta dicendomi che sono grande e che sapeva che ce l'avrei fatta. Tanti complimenti per guidare un furgone... Però mi ha fatto piacere e in fondo mi sento più tranquillo ora che ho un minimo di entrata mensile!
Vado dal ciccione per iniziare il mio nuovo impiego e lui mi presenta un paio di colleghi poiché gli altri tre sono già fuori. C'è Rocco, siciliano D.O.C. che lo dichiara subito orgogliosamente (non so se suona più come una minaccia piuttosto che un vanto... E poi vanto di che?) e Slator, o qualcosa di simile, un albanese che infatti ha un accento simile a quello di Debora. Rocco lo prende per il culo chiamandolo “Albano” e facendo gesti che indirizza verso il proprio inguine:
-Albano! Cantaci quaccosa e pigliati 'sta rominchia!-
-Vaffanculo! Cornuto!-
-Connuto ammia? A tua matre e tuo patre!-
Sono curioso di conoscere gli altri elementi!
Io sono diventato subito "el lumbard", con la "e" e la "a" molto aperte.
Poi mi fa firmare un paio di carte per regolarizzare il lavoro e inizio il giro previsto delle consegne.
Il furgone è sozzo, puzza e ha oggetti, vecchie bolle e fogli di varia natura sparsi ovunque. Nel portacenere sono incastrati almeno quindici mozziconi. Svuotarlo probabilmente non rientrava nel contratto del precedente autista. A dire il vero neanche nel mio. Forse dovrei lasciarlo così com'è, ma è origine di un forte odoraccio. Più tardi vedrò il da farsi.
Consegnare pacchi e pacchetti oggi con telefonino e navigatore è facilissimo! Mi ricordo di aver fatto il Pony Express quando avevo ancora solo il motorino negli anni ottanta e girare col Tuttocittà nella sacca, fermarsi ogni tanto a guardarlo e sperare che ci potesse essere qualcuno a destinazione per ricevere il plico. Era un gran macello. Oggi invece è veramente di una semplicità disarmante.
In tutti i posti dove ho consegnato qualcosa sono sempre stato accolto con cortesia ed erano tutti stupiti che io arrivassi dal nord.
In effetti di solito è da giù che si viene su per avere un lavoro meglio retribuito e magari anche meno faticoso. Io ho fatto il contrario. Fatico di più e guadagno meno.
Breve sosta per un panino a pranzo (Cibo! Necessito un pasto vero! Basta panini e scatolette!) e riprendo il giro. I panorami e il traffico leggero rispetto a quello cui sono abituato rendono questo lavoro quasi un passatempo la cui parte faticosa è il carico e lo scarico dei colli. L'unico vero fastidio è il cambio: mi sono abituato subito all'automatico e qui dover cambiare le marce mi infastidisce. E' una gran seccatura!
Comunque a metà pomeriggio ho già finito e mi fermo in un autolavaggio per far lavare il furgone, aspirarlo e ordinarlo all'interno.
Infilo tutte le cianfrusaglie sparse in un sacchetto di plastica e tra le schifezze salta fuori anche il libretto di circolazione: noto che ha la revisione scaduta. Questo mi fa venire in mente che sarebbe il caso di controllare un po' anche tutto il resto, ma per fortuna salta fuori solo una lampadina bruciata e due gomme lisce. E l'olio è un po' basso. Appendo all'interno un alberello profumato per nascondere l'odore di fumo che purtroppo rimane nonostante abbia svuotato il portacenere e torno alla base.
Quando arrivo conosco altri due colleghi: Giuseppe, un toscanaccio che parla un dialetto così stretto che veramente non ho capito un tubo di quello che ha detto, ma l'ho ringraziato comunque e Habib un tunisino che invece parla un italiano invidiabile e senza accento. Parla meglio di Debora. La prima persona con la quale riesco a comunicare senza incomprensioni qui in Toscana è un tunisino! Mi dice:
-Ah! Sei lombardo! Tranquillo: ti troverai bene qui in mezzo a questi matti ignoranti, vedrai presto che sono come te.-
-Ma guarda, senza presunzione o campanilismo, io pensavo di essere un pochino meglio...-
-Tu?! Ma non sai che i lombardi sono i terroni della Svizzera?!-
Sento che andrò d'accordo con lui.
L'ultimo autista sta facendo una consegna internazionale e tornerà fra un paio di giorni.
Dò al capo il sacchetto con le cianfrusaglie per vedere se qualcosa potesse essergli utile e gli dico che occorre cambiare due gomme, fare la revisione e infine gli chiedo di rimborsarmi il costo del lavaggio. Lui si alza dalla scrivania dove stava scartabellando documenti vari e senza dire un parola guarda il sacchetto, la ricevuta che gli porgo e va verso il furgone. Lo guarda un po' e io gli mostro la lampadina guasta, ma lui si sofferma sull'alberello e sulla cabina aspirata e spolverata.
Poi esclama:
-Scerto hé te sei huadrato huanto Giotto l'è tondo! Mi piasci lumbàr!-
E mi molla una pacca sulla spalla che mi ha quasi fatto cadere e della quale sorrido sforzatamente mentre avrei voglia di urlare di dolore! Che botta! Questo è uno che per fare carezze indossa guanti di carta vetrata a grana grossa!
Finalmente torno a casa. Sì, non è più una tana: è piccola, ma è una casa. Mia e di Debora!
Trovo il tavolo preparato splendidamente: tovaglia candida, tovaglioli ben piegati, posate lucide e ben posizionate ai lati del piatto. Veramente invitante nonostante la semplicità dell'ambiente!
-Ciao Debora! Cosa c'è per cena?-
-Ho fatto un bis di secondi: carne e pesce!-
-E vai! Ieri a pranzo panino, a cena scatoletta di tonno oggi ancora un panino... Ho fame!-
-Ecco! Simmenthal o sgombri?-
Sorridente come la valletta di un quiz televisivo mi porge due scatolette sopra ad un vassoio. Se fosse uno scherzo non è divertente.
La guardo dubbioso e lei un po' delusa:
-Io non so cucinare. Non l'ho mai fatto. Ho provato a fare la pasta, ma era molle e ci ho messo troppo sale e l'ho dovuta buttare. Domani ci riprovo. Scusa.-
Mi metto a ridere. Non riesco ad arrabbiarmi con lei. E per cosa poi dovrei arrabbiarmi? Perché non sa cucinare? E' un obbligo della donna saperlo fare e cucinare per l'uomo? E' tenera come una bambina! E' una bambina che sta crescendo e sta imparando un mondo nuovo: lasciamo che faccia esperienza! Io l'adoro!
-Scelgo Simmenthal! Buon appetito!-
Mentre ingollo voracemente la mia pantagruelica cena lei mi osserva. Attentamente. Non dice nulla, ma sta chiaramente pensando tanto. E credo anche di capire cosa: non è vero che non sa cucinare, probabilmente non è una cuoca esperta, ma mi ha messo alla prova. Sapeva che sarei tornato affamato e voleva vedere fino a che punto sarei stato disposto ad accettarla, quanto potrei sopportare i suoi difetti e le sue mancanze, voleva capire dove fin dove sarebbe giunto il mio amore per lei. E’ una semplice prova. Non ha fiducia negli uomini, l’unico in cui aveva riposto un po’ d’amore l’aveva delusa come gli altri. Io le ho mostrato quante grandi cose sono stato disposto a fare per lei, ma ce ne vogliono anche di piccole. Come non arrabbiarsi per sciocchezze.
A fine cena, saziatomi di scatoletta e qualche crudità, lei mi sorride soddisfatta. Non dice nulla e io anche. Ma i nostri occhi stanno dialogando a gran voce. Si stanno dicendo che vogliamo stare insieme.

Dopo due settimane di questa vita ci siamo decisamente ambientati: Debora si impegna tra casa e cucina a diventare una casalinga perfetta e non passa giorno che non mi faccia vedere qualche esperimento culinario ben riuscito, grazie anche un paio di libri di ricette avuti in dono dalla moglie di padron Beppe, la quale passa spesso del tempo con Debora quando io sono al lavoro. Debora stila anche una lista precisa di tutto quello che serve per migliorare la casa: da una coppia di presine da appendere sopra alla cucina ad un vasetto con dei fiori da mettere in un angolo, ai tovaglioli per sostituire gli straccetti presenti ora. E poi seleziona con cura tutti i volantini che trova dei centri commerciali in cerca di offerte speciali che possano interessarci: ha trovato il materasso adatto al matrimoniale ad un prezzo ridottissimo e sabato lo compreremo.
Quando me l'ha detto c'è stato qualcosa che mi ha preso lo stomaco e ho visto che anche lei ha avuto un piccolo sussulto: finalmente non avremo più scuse e “dormiremo” veramente insieme. Qualcosa dovrà succedere. Devo dire che ho un po' paura e pensarci mi fa venire il mal di stomaco.
Ho telefonato e parlato molto con Max, Giulia, Sandra e anche con i miei genitori in queste settimane e gli ho raccontato tutti i nostri successi.
Max dice che sono matto, ma anche che se mi sento bene allora per lui è okay.
Giulia mi intenerisce sempre più e mi dice che le manco ed ovviamente vale lo stesso anche per me: fra poco sarà Natale e io non ci sarò al mattino quando apriranno i regali, ma abbiamo deciso che ci vedremo prima e verrà anche Patrizia nonostante non voglia ancora sentirmi al telefono.
Sandra è contentissima quando mi sente: dice che è fantastico quello che ho fatto e mi stima moltissimo e mi incita a continuare e non cedere. In pratica sto facendo colpo su una donna ora che sono un fattorino e abito in un micro-trilocale mentre quand'ero "in carriera" e avevo il portafoglio pieno non mi filava nessuna... Ma chi le capisce le donne!
Mia madre dice che va sempre a trovare le bimbe, ma quando vede Alessia c'è parecchio astio e non si sente bene accetta. Tipico di Alessia sfogare sugli altri i propri problemi.
Le cose insomma migliorano ogni giorno e il pensiero grande è invece come potere regolarizzare Debora: non può rimanere clandestina per sempre. Ma rimando il problema a dopo Natale perché ora voglio concentrarmi sulla visita imminente delle bimbe grazie a Max che farà loro da accompagnatore: verranno qui un weekend. Alessia ovviamente non voleva venire e non voleva vedere Debora e non le avrebbe consentito di andarle a prendere. Saremmo potuti andare noi, ma io non ho voglia di vedere Alessia: appena ha saputo che ho trovato un lavoro mi ha chiesto dei soldi per mantenere le bambine. Come se ne avesse bisogno davvero! Le ho detto di aspettare ancora un po' e stranamente non ha ribattuto. Si è limitata a dire che prima o poi glieli avrei dovuti dare lo stesso quindi di non provare a fare il furbo. Scoccia anche a questa distanza! Insopportabile.

Sabato è arrivato e abbiamo passato la giornata in un paio di centri commerciali dove, tra le altre cose, abbiamo comprato il materasso.
Siamo andati a casa e una volta fatto il letto abbiamo iniziato così per gioco a farci due coccole e un po' di solletico. In meno di dieci minuti eravamo eccitatissimi, ci siamo avvinghiati e abbiamo fatto l'amore. Era proprio amore. E non è stato difficile.
Credo che ora mi ami davvero. Prima era molto dubbiosa e non si fidava ancora dei miei sentimenti, adesso invece non ho più quella sensazione.
Quanto è stato bello! Non ricordavo fosse così bello o forse è stato così semplicemente perché anch'io non avevo mai fatto l'amore, ma solo del sesso.
Dopo abbiamo messo a posto qualcosina ancora in casa e mangiato una cena semplice, ma saporita che Debora ha preparato in pochi minuti.
La sera ci siamo infilati nel letto e mentre ci abbracciavamo e ci baciavamo la stanchezza della giornata ha preso il sopravvento e ci siamo addormentati così, appiccicati e sorridenti. Ma abbiamo fatto ancora l'amore nei nostri sogni.

La prima domenica di dicembre, una settimana prima dell'arrivo delle bimbe con Max, è una splendida domenica di sole, calda abbastanza da non aver bisogno di giacconi o felpe pesanti. Sembra primavera! Il clima qui è decisamente più mite che in Lombardia.
Debora è fuori che guarda la nostra casetta ed esclama:
-Se le tue bambine arrivavano oggi trovavano una bella giornata! Speriamo che anche il prossimo weekend il tempo sia così! Però... con tutto questo sole si vedono di più i difetti della casa. Dobbiamo riverniciarla! Di azzurro! A loro piacerà di più!-
-Riverniciarla? Oggi? Ma sei fuori?-
-Certo! Oggi! Serve il sole: non puoi verniciare qualcosa con l'umidità o il freddo, la vernice deve seccare per bene. Non lo sai?-
-Ma è domenica!-
-Appunto. In settimana come fai che lavori? Io mica sono capace.-
-Beh, neanche io!-
-Forza pigrone! Tu sei un uomo e questi sono lavori da uomo! Vieni presto! Andiamo al brico a comprare la vernice!-
-Ma è domenica, sarà chiuso!-
-No. E' aperto. Conosco a memoria tutti gli orari e le chiusure dei vari centri commerciali nei dintorni. Per chi mi hai presa? Io sono organizzata!-
-Dannati centri commerciali! Ma non ho voglia!-
-Non mi importa! Dobbiamo farlo per le tue bimbe! Loro devono vedere che stai bene e vivi in un bel posto! Su! Su! Forza! Alzati!-
-E che palle! Mi sembri Alessia!-
No. Non è vero. Questo mai. Lei mi sta spronando con dolcezza. Decisa, ma dolce. Col sorriso, con felicità, con la voglia di fare. Non come se stesse imponendosi e imponendomi un dovere necessario e irrinunciabile, un fastidioso obbligo che bisogna rispettare.

Ritorniamo dal brico con tutto quello che serve: scotch per coprire i bordi, un rullo e un paio di pennelli più piccoli, due barattoli di vernice azzurra e giornali in quantità. Sono i volantini in distribuzione all'ingresso dei centri commerciali con le offerte del momento. Forse siamo tra le persone che più li apprezzano, anche per questa funzione!
Non ho mai dipinto nulla. Non so da dove cominciare. Debora si mette subito all'opera e comincia a stendere lo scotch ovunque non si debba verniciare poi mi abbandona al mio destino e si dedica alle sue mille attività casalinghe ed anche ad un goduriosissimo riposo domenicale leggendo un libro sulla sdraio mentre mi osserva faticare. Io svogliatamente indosso i vestiti più brutti che ho e inizio la mia missione.
Nel primo pomeriggio ho finito. Per fortuna la casa è piccina! La vernice può asciugare fino al tramonto ed effettivamente è un bel lavoro, per chi non cercasse la perfezione. La casa è decisamente più gradevole e al colpo d'occhio fa proprio casetta delle favole. Le tendine di pizzo bianche montate da Debora rendono tantissimo in contrasto col colore esterno.
Sono distrutto! Mi fanno male le braccia, la schiena e persino le mani: non riescono a stringere più nulla! E dire che il rullo è leggero. Non sono proprio abituato a fare lavori pesanti... Alcuni pacchi che consegno sono pesanti, ma è solo il tempo di portarli dal furgone all'ingresso del destinatario: appena li mollo ho finito. Qui è stata una fatica continua!
Dopo questa sfacchinata mi butto sul divano distrutto. Debora osserva il risultato, sorride e mi dice:
-Bel lavoro! Grazie!-
Alessia avrebbe trovato mille difetti da farmi notare e non sarebbe stata soddisfatta.
-“Grazie” che?!- Rispondo io -Qui ci vuole almeno un pompino!-
Questa è una battuta scema che ho sempre fatto ad Alessia dopo che finivo di eseguire qualche massacrante lavoro in casa tipo cambiare la disposizione dei mobili o rimontare i tendoni della sala dopo che li aveva lavati oppure ancora riordinare il box. Lei mi rispondeva sempre "Pirla!" e mi guardava schifata e con un po' di compassione.
Con Debora non ho proprio pensato che potrebbe non essere una battuta adeguata. Ora s'incazzerà. Ed in effetti avrebbe ragione. Mi preparo al peggio...
Lei invece mi sorride e... mi prende in parola!!! Ha capito che non l'ho detto con cattiveria o per insinuare qualcosa!
E' semplicemente fantastico!
Intendo dire... il modo in cui ci comprendiamo...


Capitolo XII – Brutto essere re!

Oggi arriva Max con le mie bimbe! Andiamo a prenderli alla stazione. Quando scendono dal treno e vedo Patrizia l'abbraccio subito fortissimo, mentre Giulia mi abbraccia a sua volta un po' di lato stringendomi forte! Piango. E' più forte di me: in questi momenti io piango. Sono un mezzo uomo, l'ho già detto. Patrizia tuttavia si lascia abbracciare, ma non mi stringe. E' come se mi fossi attaccato ad un paletto inerme. E non dice ancora nulla, nonostante io le faccia tante domande.
Anche Max e Debora hanno un forte impatto. Si salutano timidi, lui stende la mano in attesa di una stretta, ma lei avanza e lo abbraccia. E si danno degli innocui bacini sulla guancia. E un mio occhio li spia attentamente.
Li accompagniamo all'auto e finalmente Patrizia esclama qualcosa:
-Questa macchina fa schifo!-
Quant'è bella la sua vocina!
-Sì, è vero, ma appena ci sali diventerà la più bella carrozza da principesse che esista! Perché nessuna carrozza è bella senza le principesse.-
Mi guarda poco convinta e sale.
Giulia invece è contenta: il posto le è familiare, lo vede tutte le estati, e anche se ora non ci sono i gonfiabili appesi fuori dai negozi e la gente è ben coperta, le sembra lo stesso di essere tornata in vacanza quando è sempre felice e senza pensieri.
Debora seduta dietro con le bimbe l'abbraccia, mentre Patrizia gira la testa dall'altra parte e non si lascia toccare. Max seduto accanto a me commenta il cambio:
-Hai visto: l'hanno capito tutti che sei handicappato e ti hanno dato la macchina apposta!-
-Beh se gli handicappati usano tutti l'automatico allora di certo non lo sono nel cervello. E' comodissimo! Vorrei averlo anche sul furgone!-
-Sì certo, così t'addormenti! Ma indossi la tuta blu tipo manovale quando lavori o sei in abiti civili?-
-Normale. Ho solo un gilerino leggero da mettere sopra col nome della ditta.-
-E quindi sei? Un camionista? Un corriere?-
-Un fattorino, un autista. Fai tu. Di certo non sono un qualcosa di incomprensibile ed inutile: qui la gente attende che io svolga il mio lavoro e senza di me ci sarebbero effettivamente dei fastidiosi ritardi ed una cattiva gestione. Ora sono realmente importante.
-Allora si può dire che ora sì che farai strada, eh!?-
-Scemo! Comunque sai che sto meglio ora che sono "el lumbard" anziché prima quand'ero la matricola numero “x”? Ora sono una persona, non un numero. Le grandi aziende dovrebbero accettare di più questa realtà e smetterla di considerare i dipendenti come numeri.-
-E già cominci coi discorsi impegnati! Ma parlami di gnocca e cibo! Siamo nella terra del pecorino e magari anche della sua omonima femminile!-
-Sì, anche di quella!- Bisbiglio io, mentre Debora mi guarda maliziosa attraverso lo specchietto.

Arrivare alla casetta quella tarda mattina con loro parcheggiando davanti mi ha dato una sensazione insolita: mi sono sentito Heidi. La casetta ricorda un po' la sua baita, la quiete attorno e lo spazio che ci circonda e la voglia di correre di Giulia che si è messa a saltellare mentre Debora l'accompagnava per mano all'ingresso mi hanno dato questa visione. Anche se non siamo in alta montagna, anche se la casetta è azzurra, anche se io non sono una pastorella, l'immagine di felicità e libertà che mi viene trasmessa in questo momento è proprio quella! Io sono come Heidi! Felice con poco. E Max può fare la parte di Peter: appena sceso ha mollato una scorreggia gridando:
-Libertà! Era da un po' che la tenevo!-
E' rozzo uguale!

La giornata prosegue. Giulia è al settimo cielo: corre dappertutto, guarda il mare, sale e scende dal letto a castello riempito di peluche usati, ma ampiamente lavati, che Debora ha recuperato presso un'associazione benefica impegnata nella raccolta di giocattoli da destinare ai reparti pediatrici dell'ospedale locale. Ricevono veramente tanti peluche che ne ha potuti portare via diversi senza problemi.
Fa freschino e quindi ci stringiamo per mangiare dentro, ma la tavolata è allegra. Solo Patrizia fa un po' la musona e non dice nulla. Non so come fare con lei. Vorrei tanto che mi stringesse e che fosse felice come Giulia.
Con tutto il tempo che dedico alle bimbe spesso Max e Debora rimangono un po' in disparte e io... tento sempre di sbirciarli. Ogni tanto li vedo parlare. Chissà cosa si dicono. Forse sono solo geloso.
No. Non è gelosia, non ho paura che facciano qualcosa. Ho terrore che lei possa andare via con lui. E' paura di rimanere senza di lei, non voglia di tenerla solo per me. Quindi non sono geloso.
Durante un momento in cui le bimbe seguono un gioco con Debora cui stranamente anche Patrizia partecipa attivamente, Max mi si avvicina e dice: 
-Giò senti, devo dirti una cosa, ma... insomma non è facile, ma noi siamo amici da tanto e credo che tra amici è meglio dire certe cose.-
Eccolo! Ora mi dirà qualcosa di lui e Debora! Ora arriva la bomba! Ho la saliva a zero!
-Sembra una roba seria, spara.-
-Ecco vedi, intanto complimenti per Debora che la vedo bellissima e felice, più di quanto stava con me per così dire e... Giò veramente sei stato forte comunque a fare tutto questo! Non ti sto prendendo per il culo, cioè, lo so che tu adesso sei povero e prima eri ricco per così dire, ma quello che voglio dire è che non è facile fare una cosa del genere, lasciare le tue certezze e le tue sicurezze e buttarti in un'avventura simile, quindi sappi che ti ammiro e ti rispetto e che ti considero un vero amico e quindi te lo devo dire, scusami.-
-Max, prendi fiato e parla con calma. In questo momento sono strafelice di avere vicino le mie bimbe e Debora. E mi fa piacere anche che ci sia tu. Quindi non credo che qualcosa possa turbarmi ora: vai!-
Bugia! Enorme e falsissima bugia! Una mostruosa palla da politico! Sono terrorizzato! Mi tremano le gambe, ho l’intestino che borbotta e fra un minuto sento che me la farò addosso! Lui di sicuro la rivuole per sé! Cosa faccio? Come posso impedirglielo? Cosa gli rispondo?!
-Vedi Giò... sappi che per me non è facile dirlo, ma... io mi sono scopato tua moglie!-
Aaaaaaaaaaaaah! Dio ti ringrazio! Che sollievo! Come sto bene ora...
-Ah. Tutto qui?-
-Sì, beh, insomma non sapevo come reagivi e quindi... devo dire che l'hai presa bene! Non me l'aspettavo mica!-
-Non mi interessa. Non mi interessa più. Lei ha la sua vita, io la mia. Che faccia ciò che crede. Ma sono contento che tu me l'abbia detto: avevo paura che in effetti... cioè se tu non me lo avessi detto ogni volta che ci saremmo visti io avrei visto il tuo comportamento schivo e poi, magari, mi facevo mille pensieri che... Insomma sono felice che tu me l'abbia detto! Mille grazie, Max. Per me sei sempre stato un buon amico e continui ad esserlo. Del resto se così non fossi non ti darei la responsabilità delle mie bimbe, lo sai. Solo una curiosità: è stato prima o dopo la mia partenza?-
-Dopo! E' stato un paio di settimane fa. Sai ero andato a trovarla, ho giocato un po' con le bambine, poi loro sono andate a nanna e noi ci siamo fatti una birra e lei si è un po' sfogata, che era sola, che non era desiderata, che tu bla bla, che Debora bla bla e insomma alla fine ci siamo lasciati prendere ed è successo! Scusa. Mi spiace.-
-Non si sentiva desiderata. E' vero. Io non la desideravo più, è una sensazione che conosco fin troppo bene. Lei non mi ha desiderato per anni mentre io ancora la desideravo, poi io ho smesso e ha incominciato lei a volerlo essere. Ma io non ce l'ho proprio più fatta e non mi interessava più. Siamo stati proprio una coppia di deficienti insoddisfatti. Max non ti preoccupare: io e Alessia non siamo più nulla, da molto. E me ne dispiaccio, ma la realtà è che ci siamo imposti con la testa di creare una famiglia insieme e in sostanza giocavamo ad accettarci reciprocamente piuttosto che condividere ed amarci. E abbiamo sbagliato poiché non puoi pensare di accettare tranquillamente per sempre qualcuno con cui non vai d'accordo. Perché in fondo non puoi sforzarti di amare: l'amore nasce spontaneo e soltanto quando è sbocciato poi devi impegnarti a curarlo, annaffiarlo e accudirlo per farlo crescere sempre più forte e per impedirne una morte prematura.-
-In sostanza non ti dispiace se mi capita ogni tanto di darle una botta?-
-Tranquillo Max! Fai pure. Ma attento che potrebbe morderti sul collo e iniziare a succhiarti il sangue!-
-E se ha voglia di succhiare le do io qualcosa!-
Inarrivabile Max! Riesci ad essere così felice con nulla. Ti accontenti di un po' di sesso e di una serata in discoteca e sei felice. Forse hai ragione tu, forse dovremmo essere tutti come te e vivere in superficie lasciandoci prendere dalle occasioni della vita, senza pensare troppo al domani e alla felicità che potrebbe arrivare se... Forse è quella la filosofia di vita giusta.
Ma io non ce la farei. Io ho bisogno di amare, ho bisogno di qualcosa che vada oltre e più a fondo. Ho bisogno di sentirmi appagato e apprezzato e di poter dare queste sensazioni a qualcuno che a sua volta sappia accettarle e riceverle. Ho bisogno di Debora.

Dopo un pomeriggio tutto giochi, abbracci, chiacchiere e un giretto nei dintorni arriva l'ora di andare a nanna: apriamo il divano letto che non è molto grande, ma ha il vantaggio di non essere mai stato usato e adesso che non si riesce neanche a passare attraverso la sala/cucina, la casetta sembra proprio un campeggio estivo di quelli che facevamo da sbarbati quando dormivamo incastrati ovunque. La valigia di Max appoggiata su di una sedia contribuisce a fare disordine e, in così poco spazio, il disordine è il danno più grave. Non trovi nulla, non ti puoi muovere che tocchi qualcosa che rischia di cadere e se volessi alzarmi di notte sarebbe un percorso ad ostacoli al buio per temprare ginocchia e stinchi!
Patrizia si è lasciata un po' andare con Debora, non è completamente a suo agio e felice come Giulia, ma non la guarda più come un orco cattivo. E poi Debora sembra una maestrina nata, anzi una mammina perfetta! Non le ho ancora chiesto se avesse mai pensato di fare un figlio, mi ricordo che all'inizio il discorso bimbi la intristiva molto, almeno quanto ora è felice di avere queste due adorabili disordinate che le girano intorno. In ogni caso prima di andare a letto tutt'e due un abbraccio glielo danno: lungo quello di Giulia, appena accennato quello di Patrizia.
All'ora del bacio della buonanotte Patrizia mi ha guardato un attimo con i suoi occhioni grandi e, dopo che ho dato un bacio a Giulia che si è addormentata in meno di un minuto abbracciando uno dei peluche presenti, mi ha detto:
-Buonanotte, papi.-
E mi ha dato un bacio leggero e velocissimo per poi girarsi immediatamente infilandosi la faccia sotto al cuscino.
Sono uscito dalla cameretta con le lacrime agli occhi e Debora ha capito subito. Ha capito che piangevo di felicità, non di tristezza. E mi ha abbracciato e baciato. Meno male che Max era in bagno! Non mi è mai piaciuto farmi vedere così frignone dai maschi. E' una questione di dignità maschile: tra leoni non si può far vedere che in fondo siamo umani, dobbiamo sempre essere gli intaccabili re della giungla e mantenere un comportamento consono al nostro rango. Che brutto fare il re!

La domenica scorre più veloce nonostante noi adulti ci siamo alzati un po' prima rispetto alle quiete domeniche in cui noi due soli ce la spassavamo pigramente a letto. Le bimbe invece dormono tanto e i nostri rumori non le disturbano più tanto. Una tranquilla colazione condita di chiacchiere aiuta Max ad aprire gli occhi: è stato costretto ad alzarsi per chiudere il letto e consentire le normali attività del mattino.
Squilla il telefonino, meno male che lo tengo basso al mattino presto. E' Alessia. Le mancano le bimbe e chiede notizie di loro. Tutto ok, sono felici, eccetera.
-Ma la tua "amichetta" me le bacia?-
-La mia "amichetta" si chiama Debora. E sì: le bacia.-
-Che schifo! Ma a malattie come sta messa?-
-Me l'avevi già chiesto in altre occasioni. Non mi sembra il caso di fornirti ulteriori risposte.-
-Fai lo stronzo come al solito! Non sei cambiato!-
-Neanche tu, "tesoro".-
-Sì, sì, fai meno lo spiritoso e fammi chiamare quando si svegliano! Ciao.-
-E buongiorno anche a te, "amore mio".-
-Stronzo!-
Le sue telefonate sono sempre uguali. Non esiste un attimo di delicatezza, un pensiero felice, una chiacchiera educata. Lei chiede, anzi comanda col suo tono arrogante, dispone e chiude. Almeno sono chiamate brevi. Un fastidioso pizzicotto che almeno sparisce subito.
Max mi dice:
-Guarda che così la fai incazzare, a chiamarla "amore" e "tesoro".-
-E quando mai non lo è?-
-Ma... con me non lo è sempre.-
-Tu sei la novità, Max. Appena si abituerà scannerà anche te.-
-Speriamo di no. Però è anche vero che tu non l'hai mai cagata più di tanto.-
-Max, fidati, ho perso anni cercando di farla felice e non ci sono mai riuscito. E' vero che è da un po' che ho smesso di provarci, ma ti assicuro che prima l'ho fatto.-
-Bah! Sai che 'sti discorsi non fanno per me. Oggi pomeriggio il treno a che ora è?-

E' la cosa più meravigliosa di questo magico, incasinato e freddo weekend! Dopo un’altra mezza giornata di giochi, abbracci, salti, corse; dopo che abbiamo perso mezz'ora a cercare tutte le loro cosine sparse per la nostra casetta; dopo che abbiamo presentato le mie bambine ai padroni di casa che ci hanno invitato a pranzo e ci hanno riempito a dovere; dopo i fantastici sguardi di intesa e di amore che io e Debora ci scambiamo sempre; dopo che il mondo ha continuato a girare indisturbato come se fosse stata un'altra insignificante e normalissima giornata; dopo tutto questo… è successo!
E' successo che al momento dei saluti, quando doveva salire sul treno, Patrizia si sia girata verso di me, mi ha abbracciato forte e poi mi ha detto:
-Io sono arrabbiata che tu sei andato via e che non vuoi più bene alla mamma, ma ora tu sorridi sempre, gli dai i baci e sei felice. Prima con la mamma non sorridevi mai e i baci erano solo per noi. Me l'ha detto Giulia e ho visto che è vero. Credo che vengo ancora qui.-
E mi ha dato un bel bacio!
L'ha capito anche una bambina di nove anni…
Credo di essere stato io nella bambagia per molto più tempo di quanto lo abbiano fatto a ragione d'età loro due.

Arriva il Natale e tutto scorre bene. Siamo andati a trovare le bambine noi questa volta, sperperando un piccola fortuna per il viaggio. Alessia non ci ha concesso di dormire da lei che ha spazio a sufficienza ed in effetti io avrei avuto paura di essere accoltellato nel sonno. Ci siamo arrangiati a casa dei miei. Con Giulia e Patrizia va meglio, certo quando vado via sono sempre tristi, ma ora sanno che ci vedremo spesso e soprattutto sanno che io sto bene e sono felice con Debora e non fanno capricci strani. Hanno capito che sarò sempre il loro papà anche se non sono vicino a loro ogni giorno. Per l'occasione ho regalato loro due telefonini nuovi con tariffa speciale tra noi. In pratica potremmo sentirci ogni momento con costi minimi. Patrizia fa un po' la capricciosa: aspettava di avere un telefono da quando lo abbiamo dato a Giulia un paio di anni fa e adesso che è arrivato non ha trovato giusto che gliene abbiamo dato uno uguale anche a Giulia visto che lei ce l'aveva già. Ma per fortuna il
capriccio dura il tempo di un capriccio.
Alessia ha ovviamente commentato negativamente la cosa: secondo lei nella mia situazione economica acquistare due telefonini quando ne bastava uno è stato uno spreco inutile, ma io non volevo che la mia Giulia potesse rimanere delusa in una giornata così felice. E mi sono limitato a rispondere che la mia situazione economica è "merito" suo, quindi avrebbe potuto contribuire quando voleva. Si è limitata a dire che sta ancora aspettando gli alimenti. Già: lei ha diritto ad averli. Mica io! Viva le leggi e la giustizia!
Abbiamo anche rivisto Sandra. E' sempre splendida e gentile e vederla insieme a Debora, come si parlano da amiche, quello che si raccontano e... Insomma trovo strano che due donne così diverse per estrazione sociale, istruzione nonché passato vadano tanto d'accordo
e mi dispiace veramente che Sandra non abbia ancora trovato una compagnia decente, un uomo degno di lei che possa apprezzarla al meglio.
Questo è il pensiero logico e attento che mi sorge sempre quando vedo quella bella persona. Poi ce n'è un altro completamente differente, irrazionale e istintivo, che esce preponderante mentre la osservo affianco a Debora… Sto diventando un maiale! Ho la "Maxite"! Ed è bellissimo, perché mi rendo conto di essere vivo!


Capitolo XIII – Eccezionalmente mediocre.
 
Come fattorino ormai sono diventato il migliore, "l'impiegato del mese" avrebbero detto nella mia vecchia azienda. Sono preciso, puntuale, gentile e disponibile, cosa che sul lavoro credo debba essere una normale usanza. E quando per varie ragioni i clienti vedono arrivare un mio collega al mio posto si interessano subito del perché non ci fossi io. Chiedono se fossi ammalato o altro e qualcuno addirittura telefona al mio capo perché non lo chiede direttamente all'autista che sta consegnando. Lui li rassicura spiegando che le variazioni nel giro di consegna sono la normalità e quando mi vede mi dice:
-Ma te hé ci fai hé sò tutti innamorati?!-
E' incredibile quanto io possa essere eccezionale nel fare cose mediocri. Purtroppo è nell'essere eccezionale che pecco di mediocrità.
Ai colleghi sto un pochino antipatico per questo, escluso Habib. Anche lui in effetti è apprezzato dai clienti, sebbene non quanto me. Credo che la sua minore popolarità sia dovuta alla sua "normalità" di immigrato: dalla povertà verso la ricchezza. Io invece faccio storia a sé e incuriosisco. Tuttavia l'antipatia dei colleghi si sfoga nel limite di qualche battutina volgare neanche tanto pesante. Sono tutti sufficientemente superficiali da non prendere la cosa veramente sul serio e il lavoro prosegue liscio senza un reale astio.

Passate le feste, il nuovo anno ci sembra ricco di opportunità e ottimismo. Debora ora aiuta in casa la moglie di padron Beppe che in pagamento ci abbuona l'affitto. E' un bel risparmio e poi da piccola Debora è vero che non ha mai cucinato molto, ma ha sempre cucito con cura: è una valida sarta e dopo aver fatto qualche orlo ai pantaloni dei conoscenti della padrona ha creato grazie a loro un piccolo giro di modifiche sartoriali che rende qualcosina. Adesso c'è persino un negozio di abbigliamento che la vorrebbe come sarta di fiducia facendole fare a domicilio tutte le modifiche che i clienti gli chiedono. Avrebbe bisogno di una macchina da cucire, che con un po' di sacrificio e ritardando ancora gli alimenti a Alessia potremmo acquistare, ma soprattutto ha bisogno di documenti: il negoziante dice che un po' di nero occasionale ci può stare, ma con tanto lavoro che ci sarà è meglio essere regolari. Se tutto funzionasse come crede il negoziante Debora guadagnerà tanto quanto un'impiegata. Sarà come avere un altro stipendio! Senza affitto e con due stipendi vorrebbe dire smettere di mangiare solo grissini gli ultimi sette giorni del mese! Ne abbiamo proprio bisogno! E’ arrivato il tanto temuto momento della burocrazia: Debora deve diventare un essere fiscale. Tassabile, ma in vita e non più reietta.

Oggi è il gran giorno: andiamo in questura per chiedere di potere regolarizzare Debora. Per l'occasione abbiamo riciclato un vecchio tailleur elegante recuperato che la rende decisamente seria e professionale. Ha l'aria di una impiegata modello o di una donna manager. Quasi quasi finito quest'incontro le chiedo di modificarlo e renderlo più sexy accorciando la gonna. Poi magari allungherei lo spacco, sbottonerei la camicetta e... insomma potremmo usarlo per un giochino erotico dove io faccio il capo e lei la segretaria! Anni di ufficio mi hanno ridotto a questo: sono stato plagiato dall'erotismo a buon mercato di una malsana fantasia impiegatizia. Eppure ora che faccio il fattorino dovrei immaginare una coniglietta che esce fuori da un pacco! Sarebbe più attinente. O no? Beh, faremo così: una volta la segretaria e una volta la coniglietta. Perché limitarsi? Debora tira fuori il mio lato porcello e devo dire che mi piace. Con Alessia ormai non avevo più stimoli sessuali e credevo di essere divenuto impotente, nonostante anche lei fisicamente sia assolutamente apprezzabile. 
Il sogno però s'interrompe contro una dura realtà: all'ufficio immigrazione ci dicono che non è possibile e deve essere rimpatriata. Le leggi non consentono l'ingresso dei clandestini.
Dovrei sposarla, ma io sono già sposato e prima che un divorzio sia effettivo ne passerà di tempo. Inoltre sono solo separato: di divorzio con Alessia non ne abbiamo parlato perché costa. Potrebbe avere un permesso provvisorio se fosse incinta, ma ora ho scoperto anche che non può avere figli. E' per questo che era sempre triste quando si parlava di bambini: gli abusi che ha subìto le hanno rovinato l'apparato riproduttivo e oltre alla sofferenza fisica e alle infezioni che ha sopportato all'epoca deve sopportare ancora oggi la realtà che non potrà mai essere madre. A noi uomini questo pensiero non ci tocca mai più di tanto. Insomma sono pochi gli uomini che sentono effettivamente il bisogno di diventare padri. Alla maggior parte di noi può capitare di esserlo, ma non diventare papà, se non creasse pensieri alla nostra compagna, non ci recherebbe quel pesantissimo fardello. Noi sorvoleremmo di più. Loro soffrono tanto per questo. Forse perché sentono già cosa vuol dire essere madri prima di esserlo. Io stesso non avrei mai pensato che essere padre sarebbe stato come effettivamente è. Se non lo sei non lo capisci prima e potresti vivere felice anche senza prole. Le donne invece lo sentono prima di essere madri. E' per questo che soffrono di più in quelle situazioni. Però rimango convinto che anche un uomo, dopo che sia divenuto papà, abbia tutti i diritti sui figli. Perché lì anche lui si rende conto di cosa siano effettivamente: dei malefici, piccoli succhia-vita che ti stringono il cuore ad ogni sorriso. Adorabilissime pesti.
Insomma tra tutte le poche possibilità di immigrare legalmente non ce n'è una che vada bene. La più semplice segue questo iter: Debora dovrebbe essere chiamata a lavorare da una ditta italiana la quale dovrebbe fare richiesta di uno dei pochi posti disponibili ogni anno. I suddetti posti si esauriscono in pochi minuti dal momento in cui vengono resi disponibili. E per quest'anno appena cominciato sono già finiti. Di fatto dovrebbe tornare in Albania, farsi riconoscere come cittadina albanese, richiedere documenti albanesi, trovare a distanza una ditta italiana che le offra un lavoro regolare, la ditta dovrebbe preoccuparsi all'inizio dell'anno (prossimo), quando vengono resi disponibili alcuni pochi posti a fronte di centinaia di migliaia di richieste, di ottenere uno di questi posti assediando l'ufficio immigrazione almeno un paio di giorni prima l'apertura. Una volta ottenuto il permesso potrebbe rientrare in Italia regolarmente.
Sembra un elogio alla follia di un lobotomizzato, ma è una legge vera e reale.
Mi altero un po'. Non dovrei, ma il terrore che mi possano togliere Debora è forte. Chiedo di poter parlare con chi ha un potere più alto, un commissario o qualunque altra figura che possa capire di non avere di fronte ad un faldone di carta, ma ad un cittadino italiano e una donna che merita ben altro che un paio di timbri.
L'agente mi sorride ironico:
-C'è il questore Braun se desidera, signor cittadino italiano.-
-Va bene, mi faccia parlare col questore Braun che dal nome mi sembra anche lui non troppo italiano, no?-
-Viene dal Trentino, il questore Andrea Braun. Sicuramente sarà felice di ricevervi. Accomodatevi che vi annuncio.-
-Ah. Sì, grazie.-
Debora ha le lacrime agli occhi: scuote la testa come a dire no e ovviamente pensa che la rimpatrieranno a breve.
Temo proprio abbia ragione.
Ci fanno cenno:
-In fondo al corridoio. Andate.-
In fondo al corridoio ci sono ben tre porte. Chiedo ad un agente di passaggio:
-Per favore: il dottor Andrea Braun?-
-La dottoressa vuol dire? Quella porta lì.-
Dottoressa? Caspita è vero! Andrea in tedesco è un nome femminile! Forse capirà meglio la situazione!
Peccato che il mostro comparsoci davanti è tutto fuorché una femmina. Massiccia, giunonica, sguardo arcigno, avrà superato la sessantina, ma ne dimostra anche di più. Vestita con abiti di taglio maschile, un completo grigio con giacca e pantaloni con la riga, scarpe nere stringate senza tacco, mostra capelli bianchi perfettamente acconciati e rughe ovunque in viso e baffetti. Baffetti… sembrano mustacchi! Si chiama Braun, ma di sicuro non ha mai conosciuto un rasoio.
L’espressione è da giudice severo e inflessibile. E' perfettamente intonata all'ufficio in effetti e l'atmosfera cupa rende proprio l'idea di una sala adatta per un’inquisizione.
Guarda Debora con severità, troppa severità. E guarda me con sufficienza.
-Buongiorno, io sono Giosuè e lei è Debora...-
-So chi siete, mi hanno già passato la comunicazione. Sedetevi ed esponetemi il vostro caso, anche se ho già capito tutto.-
-Beh, visto che sa già tutto, semplicemente io e Debora siamo innamorati e potremmo anche sposarci, ma io lo sono già. Mi sono già separato da mia moglie, ma prima che l'iter di un divorzio sia completo passeranno anni. Nel frattempo lei non ha documenti italiani, è albanese e non ha neanche documenti albanesi. Insomma vorrei tanto che fosse possibile farla rimanere con me qui in Italia e le occorre quindi un permesso di soggiorno finché non potrò sposarla.-
-Infatti, era proprio quello che mi aspettavo. Un uomo sposato che cade nella rete di una giovane ragazza e abbagliato dalla sua bellezza lascia moglie e figli. E tutto perché la signorina "non vuole stare indietro a Albania" come mi dicono altri clandestini. Questo non è un ente di beneficienza. Io rappresento lo stato Italiano, la nostra bandiera. Io sono chiamata ad occupare un ruolo importante, di tutela e salvaguardia dei cittadini onesti, non sono qui a promuovere l'immigrazione clandestina, a fare un condono delle malefatte dopo che si sia costruito abusivamente. All'Italia e agli italiani io devo rendere conto del mio operato e dare accesso e libera circolazione ad un albanese irregolare che possa essere una bella ragazza o uno squallido mercante di droga, non sarebbe un servizio reso bene. Non si può dire "mi sono innamorato, io l'amo" e credere così che basti l'amore o quello che lei creda che l'amore sia perché si è invaghito di una ragazzina e ha abbandonato la compagna di una vita e i propri figli per ricorrere una fighetta più fresca e meno usata e poi...-
Ma che cazzo di comizio sta facendo questa stronza! Ma cosa ne sai tu di quello che io ho passato e soprattutto di ciò che Debora ha passato e delle mie figlie e di mia moglie?! Ma come fai ad atteggiarti a giudice e a sapere cosa possa essere il mio amore per lei?! E mi parli di "fighetta", di "ragazzina"?! Ma come ti permetti!? Ma chi sei pomposa vecchiarda arcigna, indisponente e pure schifosa?! Ma tu l'hai mai conosciuto l'amore?! Ma ti sei mai chiesta cosa fosse e che sensazioni desse?!  Ma chi sei, ma tu cosa rappresenti?! Pezzo di burocrate mangia-stipendio, senz'anima e distruggi-vite altrui! Se ciò che rappresenti è l'Italia, beh allora l'Italia dovrebbe proprio vergognarsi!!
-...e pertanto mi vedo costretta a rifiutare categoricamente la vostra richiesta. La signorina, se così si può chiamare, se ne torna in Albania subito!-
Se così si può chiamare? Ma come ti permetti! Ma questa non è il trucido! Io questa ora la scanno e... e... Stai calmo Giò! Stai calmo!
-Senta, dottoressa, ma deve esserci una soluzione legale che affronti questa eventualità valutando il singolo caso e senza metterlo all'interno di una macro-categoria di eventi immagino non tutti proprio sinceri. Guardi che noi siamo due persone umane e vere e non dei falsi alla ricerca di una scappatella burocratica.-
-Mi dispiace signor Giosuè: la legge è uguale per tutti. E' necessario che la signorina venga rimpatriata immediatamente!-
-Aspetti! Non così in fretta!-
Debora si sta mettendo a piangere. Da quando non è più in strada si sta rivelando una fontana per ogni cosa. Giò, è normale. Anni a sopportare il peso del mondo senza mai nemmeno potersi lamentare: ora è finalmente libera di farlo.
-Senta noi siamo innamorati davvero! Io non voglio lasciarla! Se fossimo in un Paese civile, intendo civile veramente, ci sarebbe più voglia da parte delle autorità di controllare e di impedire le frodi lasciando la libertà ai cittadini onesti che si impegnano faticosamente per avere un futuro migliore! Con tutte le porcherie che sentiamo ogni giorno alla tv è mai possibile che una vicenda vera e un amore debba chiudersi così solo perché qualcuno non vuole mettere un timbro su un foglio di carta? Non possiamo far sì che la carta ci governi! Devono essere i sentimenti a guidarci verso il futuro, non la carta! Questa nazione è fondata sulla carta! Ma le sembra possibile? Dobbiamo poter fare qualcosa. Io voglio fare qualcosa! Mi dica quali possono essere le alternative, come si può fare affinché non si cada nell'errore di censire una giovane donna che ha bisogno d'amore come un'opportunista che vuole solo ottenere un timbro! Non faccia questo errore! Ci guardi bene! Davvero crede che stiamo mentendo e che il nostro sia solo un amore finto?-
-Non mi sembra un bravo oratore, signor Giosuè. Non mi ha convinto per nulla. Non ha futuro come politico.-
-Ma meno male che non ho futuro come politico! Se lei si atteggia ad esserlo allora è proprio uno schifo! Come potete giudicare gli altri così secondo stereotipi e per sentito dire? Noi siamo due persone vere, due esseri umani, non un file anagrafico! Io non ho soldi per andare da un avvocato, ma in Italia bastano solo quelli per ottenere tutto! Mentre chi è povero economicamente deve solo sopportare le angherie di uno Stato lacunoso, malato, arraffone e ingordo che non fornisce tutela ai giusti e non incentiva l'onestà! Qui siamo di fronte ad un evidente caso di abuso di potere! Lei approfitta del suo ruolo per decidere la sorte di altre persone, ma questo non è il suo compito, lei non può atteggiarsi a giudice e pretendere di rovinarci la vita!-
-Io ho una laurea in giurisprudenza signor Giosuè! Sono un giudice per legge! E non le permetto di far proseguire questo sproloquio oltraggioso!-
-Io... Ascolti, mi scusi se mi sono un po' alterato, ma noi non siamo dei cialtroni in cerca di una scappatoia. Noi siamo due persone autentiche, povere, che cercano di appropriarsi di una vita normale che gli spetta e che bramano e che per anni ad una di esse è stata negata in maniera brutale!-
-Perché continua a ripetere che lei è povero? Perché se avesse avuto soldi, me li avrebbe offerti?-
-Guardi, sì! Se li avessi glieli avrei già offerti! Tutti! Ma non solo sono al verde più totale, sono anche molto indebitato e mi sto impegnando per restituire onestamente quanto devo alle persone generose che me li hanno dati!-
-Quindi lei è onesto eppure avrebbe fatto una cosa disonesta offrendomi del denaro pur di ottenere quello che io le posso dare.-
-Che vuole che le dica? Se questa fosse l'unica soluzione e tutto si abbasserebbe allo schifo di una mazzetta, io mi sarei abbassato a tanto, io mi sarei comportato illegalmente, avrei fatto qualunque cosa per far sì che Debora potesse rimanere con me, qui in Italia! Assieme… noi due!-
-Qualunque cosa?-
-Cosa intende dire?-
-Signorina attenda fuori per cortesia, devo conferire in privato con Giosuè.-

Quando sono uscito da quello stanzone Debora era seduta su di una sedia nel corridoio e appena mi ha visto si è alzata di scatto.
-Cos'è successo? Sei pallido! Stai bene?-
-Sì, sto bene. Devo solo fare una cosa e avrai il tuo permesso di soggiorno.-
-Cosa?-
-Te lo dico dopo. Ora andiamo via di qui.-
La soluzione che mi si è presentata per porre fine anche all'ultimo serio problema della nostra vita ha del grottesco: il questore, o meglio la “questora", vuole scoparmi. Vuole portarmi a letto, fare sesso. Copulare, accoppiarsi, fornicare. Chiamatelo come volete, ma è proprio quello che vuole.
Ho fatto cose da galera per togliere chi amo da quella vita e ora per concludere l'opera sono io che devo provarla. D'accordo solo una volta. Ma non è per nulla facile. Io sono fedele di natura e poi obiettivamente io non sono Max al quale basta una che non sia ancora cadavere per fare. Beh no, sono ingiusto. Secondo me anche Max non se la farebbe quella. "Quella"... Quel coso! Di certo non assomiglia ad una femmina!
Non è sposata (facile a credersi: gli orchi in genere sono single), non ha parenti vicini qui e si sente sola e, ogni tanto, anche a quell'età sente il bisogno di avere un po' di sesso. Ha sottolineato un po', come a farmi capire che io più di tanto non potrei dare. Ai suoi occhi sono limitato, una nullità. Ma una nullità così disperata che non ha alternative. Denunce o simili avrebbero un solo esito certo: ciao ciao Debora e magari una bella indagine su di lei e poi sul trucido Mario Rossi e quindi chissà cos'altro. Ma effettivamente non sono obbligato: lei non mi ha detto "devi fare sesso con me sennò faccio indagini". Mi ha detto solo che se volessi il permesso per Debora dovrei fare così. Potrei anche dirle di no. E poi andrà in onda "torna a casa Debby".
Debora non vuole. Scherzando le chiedo se fosse gelosa. Lei mi guarda e dice:
-Non è gelosia! E' memoria! Io mi ricordo benissimo cosa significa e ti garantisco che non lo dimentichi più!-
Io l'amo, l'amo tantissimo! Non posso farmela portare via! Devo fare questa cosa!

La sera prima dell'appuntamento con l'orco andiamo a letto come al solito. No, non proprio come al solito. Ha lasciato dei vestiti sulla sedia in sala, non lo fa mai. E sta tremando. Ormai sto imparando a conoscerla. Ha in mente qualcosa e non è serena. Da quando siamo insieme qui in Toscana, anche mentre cercavamo casa e lavoro, la sera ci si addormentava stanchi, ma con una serenità d'animo che non provavo da anni. E per lei era lo stesso. La serenità è un'altra di quelle cose indispensabili alla felicità. Una è il complemento dell'altra: non potrei essere felice se non fossi sereno e non potrei essere sereno se non fossi felice.
Faccio finta di addormentarmi, ma in realtà sono sveglissimo: non riesco proprio a dormire.
Eccola! Lo sapevo! Me lo sentivo! Si è alzata e va in sala. Si sta vestendo. E ora scrive un biglietto. Io non ti mollo! Non ho fatto tutto questo per finire così!
No. Si è seduta. Non si muove e si è abbracciata. Come quel giorno in macchina, quando l'ho portata via dalla baraccopoli del trucido.
-Debora.-
-Giò! Sei sveglio!-
-Debora cosa fai?-
-Io... Io non posso permetterti di farlo! Tu non devi passare... quello che ho passato io! Nessuno deve farlo! Se io vado via tu non devi più fare nulla!-
-E cosa farai? Tornerai sulla strada?-
-Io la conosco già, ci sono abituata.-
-Nessuno si abitua a certe cose. Le puoi sopportare meglio di qualcun'altro forse, ma non ti ci abituerai mai.-
-Giò, io...-
-Fammi leggere.-
Sul biglietto ha scritto: "Ti amo troppo per farti soffrire così. Ciao Giò." E ha aggiunto un cuoricino e il suo nome.
-Debora guarda cosa abbiamo costruito io e te dal nulla in pochi mesi e dimmi se davvero vuoi lasciare questo per tornare sulla strada?-
-Cosa? Una casetta azzurra grande come il bagno di un ristorante e qualche oggetto da due soldi?-
-No. L'amore più grande che due persone sole possano contenere. Ce ne abbiamo così tanto che stanno crescendo le tette anche a me.-
-Io... Tu non devi, non devi farlo! Non devi farlo per me! Hai già fatto tanto! Anzi troppo! Nessuno ha mai fatto nulla per me!-
-Nessuno ti ha mai amato abbastanza. Amarti è un grosso impegno e non tutti ci possono riuscire. Il tuo è un amore esigente. Esige tanto! Ma offre anche di più. Amare te vuol dire proprio impegnarsi e volerlo tanto. E io lo voglio. E poi mi avevi detto tu che avevi smesso di essere una prostituta. Vuoi davvero ritornare a quella vita?-
-NO! Mai lo vorrei! Ma io ho accettato di non esserlo più non per fare a cambio con te che ora lo devi fare tu. Questo non era nell'accordo: io smettevo e basta! Non che poi cominciavi tu!-
-Ma io non comincio: cominciare prevede che ci sia anche un seguito. E qui di seguito non ce ne sarà. E' una cosa a sé stante. Inizia e finisce nello stesso momento. Non continuerà.-
-Ma...-
-E poi: "Ti amo troppo per farti soffrire così"? E secondo te se tu te ne andassi io non soffrirei? Pensi davvero che la sofferenza che può darmi quella megera una sera sia maggiore di quella di vederti partire per non tornare?-
-Io... Io non ce la faccio. Non riesco e non voglio tornare a quella vita. E' orribile. Ma proprio per questo non voglio che tu lo fai!-
-"Ma io non voglio che tu lo faccia." Cominciamo a fare lezione di italiano.-
-La pianti! Mi dici sempre un sacco di scemate anche in questi momenti!-
-Ok, vuoi che ti dica qualcosa di serio? Basta con le scemate? Va bene ascolta bene questo e non te lo scordare mai! Apri bene le orecchie: ti amo. Io Giò amo te Debora. Sul serio. Per davvero. E senza riserve. E senza te io soffrirei moltissimo, forse quanto tu hai sofferto per tutti questi anni sulla strada. Vuoi capire che quello che io sono disposto a fare per te va al di là del normale rapporto tra due persone? Perché io ho bisogno di te. Sei la mia aria, la mia acqua. Io e te siamo una cosa sola. E una cosa sola non si può dividere.-
-Giò, sei dolcissimo. Lo so che mi ami, ora lo so davvero e l'ho capito. E non potrei volere nulla di meglio, perché non c'è nessuno meglio di te. Ma guarda che davvero non te lo scorderai più. E' tanto brutto.-
-Non può essere più brutto che rimanere senza di te. Vieni, andiamo a letto, voglio stringerti. O vuoi uscire da quella porta?-
-Io... Io... Non lo so.-
-Io, io, io! "Hi-ho" lo dicono gli asini! E tu sei più una coniglietta o una gattina piuttosto che un'asina!-
-Giò... io non ce la faccio a lasciarti e lasciare questa nostra casa. Io non voglio!-
-E allora resta! E' piccola, ma tu non sei grassa e passi ancora dalle porte, quindi non hai bisogno di andartene.-
-Non ce la fai proprio a rimanere serio per più di un minuto, eh?-
-Debora... resta con me. Qualunque cosa succederà io voglio restare con te. Tu vuoi restare con me?-
-Sì.-
-Assolutamente sì?-
-Assolutamente!-
-E allora spogliati e andiamo di là. Per essere "noi" dobbiamo essere in due. Non andare. Qui sei a casa. Questa è casa tua. Qui con me.-
-Giò sarà brutto. Peggio che affrontare Alessia.-
-E non me lo scorderò, me l'hai già detto. Ma non posso rimanere col rimorso di averti perso per vigliaccheria. Io lo farò.-

E' arrivato il momento. Esco per andare dalla "questora" e Debora rimane a casa in attesa. Mi guarda come una moglie innamorata che vede partire il marito per la guerra e non sa se tornerà. Sulla porta mi ferma e mi dà dei preservativi e tre pillole.
-E' Viagra. Ti servirà.-
-Da dove arriva? E poi non mi sembra che io abbia problemi da quel punto di vista.-
-E' un avanzo della mia borsa, dove c'è ancora qualche ferro del mestiere. Questa è roba che usavo con alcuni clienti che avevano difficoltà.-
-Scusa, ma uno con difficoltà va a fare certe cose?-
-La voglia ce l'ha comunque! Il problema poi è mio di riuscire a farlo venire in fretta e non perdere ore inutili. Queste pillole sono la soluzione.-
-Beh, ma io non ho problemi.-
-Giò tu fai l'amore col cuore e con la testa, non solo con il pisello! Davanti a quella avrai sicuro dei problemi. Prendi! E torna presto. Io t'aspetto.-

Quando arrivo all'appuntamento vengo accolto da una specie di... Boh? Non trovo dei termini corretti per descriverla. Ci provo. Mi spalanca la porta di casa sua, un ambiente ampio e con arredi vecchi e severi che ricorda molto il suo ufficio, con indosso una lunga vestaglia nera trasparente, un negligé. Ma è una parola troppo elegante per utilizzarla in un tale frangente. Sotto indossa reggicalze e della lingerie che ricorda molto la scena dello spogliarello di Sophia Loren davanti a Mastroianni, ma nella seconda versione, quando lei ha perso l’avvenenza di gioventù e lui si addormenta. Debora ha ragione: con questa mi ci vuole la droga! Chiedo un bicchier d'acqua e lei mi offre del vino. Meglio di no. L'alcool riduce la prestazione e qui io rischio grosso! Butto giù due pillole e... Che lo sforzo sia con me!
Mi chiede... anzi no! Mi ordina di spogliarmi. Mi sento come alla visita di controllo che si faceva prima del servizio di leva. Uno schifoso rituale pubblico con mille maschi che mi guardano in attesa di dare un giudizio. Qui però io ho vent'anni più di allora e la giuria è fatta da una persona che non vuole limitarsi a darmi un voto. E' veramente schifoso. Poi commenta:
-Mi aspettavo qualcosa di meglio: non sembri Richard Gere.-
Tu invece mi ricordi proprio un'attrice: quella che ha recitato in Tarzan. Come si chiamava? Ah, sì! Cheetah!
Poi inizia il contatto fisico: lei mi appoggia una mano sul braccio e comincia a farla scorrere fino alla spalla, mi prende l'altra e se la tira dietro la schiena per farsi cingere e mi abbraccia stretto. La sua mano scende dalla mia spalla fino al capezzolo e ci gioca un po'.
Che schifo! Voglio andarmene! Non mi devi toccare! Non voglio! Soprattutto in certi punti!
La sua lingerie non fa abbastanza da barriera tra noi e sento la sua pelle strusciarsi sulla mia. E' piena di peli! Oltre ai baffetti in viso abbonda di un evidente manto anche in tutto il resto del corpo e la cui sorgente sembra essere quella foresta incolta tra le gambe.
Meno male che non avevo fame e ho mangiato pochissimo! Avrei già vomitato altrimenti!
-Possiamo spengere la luce?-
-No. Voglio vedere cos'ho comprato. Sai che mi costano certe cose? Non è che sia così facile autorizzare quei permessi! Quindi ora fai quello che ti dico e zitto!-
Debora aveva ancora ragione: questa cosa è peggio di come aveva cercato di descrivermela! Dolce amore mio, quante brutte cose hai dovuto subire. Ma nessuna di queste è riuscita a cancellare quel tuo splendido sorriso.
Mi sto staccando dal mio corpo! Passo continuamente da una sensazione di umiliazione estrema ad una di vuoto interiore, come se non ci fossi più io nel mio corpo.
Come fossi senz'anima.
La droga sta facendo effetto. Ho ancora abbastanza lucidità da infilarmi un preservativo e un secondo dopo mi spinge sul letto, sale a cavalcioni su di me e l'amplesso ha inizio.
Come può una cosa dolcissima, sensuale e intensa come la penetrazione all’interno di una donna trasformarsi in un vibrante e convulsivo stato di paura, disgusto e anche dolore fisico che pervade il petto e non ti fa respirare correttamente? Ansimando affannosamente continuo a uscire dal mio stesso corpo per non finire col perdere i sensi: sono in iperventilazione.
Quanto avviene dopo non saprei descriverlo. O forse non voglio descriverlo. Certo è che l’unica immagine che mi rimane davanti agli occhi è il mio corpo nudo immobile sul letto, come se un altro me fosse rimasto appeso al soffitto e guardasse giù. L’espressione che ho in volto è il ritratto di una sofferenza silenziosa che si nutre ancora del pensiero di lei che mi scopa assatanata, mentre io mi sforzo di “spegnere” il cervello per non crollare e terminare il mio dovere. Sembro una statua di cera, quelle strane rappresentazioni di un attimo della vita di qualcuno che lasciano sempre attoniti per la cura dei particolari, ma anche per la totale assenza di vita che trasmettono: le statue classiche fatte col marmo, il granito o anche il bronzo offrono l’impressione di avere un’anima. Quelle di cera no. Sono solo dei manichini freddi ad uso degli altri. Ed ora io sono così. Viva il Viagra! Senza di esso non ce l'avrei mai fatta.
Soddisfatta a sufficienza si stacca da me rapidamente e va in bagno. In lontananza la sua voce ordina:
-Chiudi la porta quando esci! La tua busta è sul tavolino all’ingresso.-
Indosso qualcosa tremante e senza neanche togliere il preservativo rimasto a penzoloni prendo la busta ed esco. Sulle scale verso l’uscita dal palazzo quasi cado. Mi gira la testa. La macchina è proprio qui davanti: quant’è bella! E’ un rottame, ma è il mio rottame e mi accoglie con sicurezza. Una volta seduto e chiuso lo sportello incomincio a rilassarmi. Appena riesco ad essere appena più lucido metto in moto e esco velocemente dal centro abitato e raggiungo l’inizio della campagna, ma l’impegno della guida e la voglia di correre via da quella strega fanno ricrescere la mia agitazione. Ho bisogno di fermarmi per un po’. Devo rientrare nel mio corpo!
Uno spiazzo al lato della strada fa al caso mio: mi fermo e apro un po’ il finestrino. Spengo il motore e chiudo gli occhi. Ora posso veramente rilassarmi. Ora posso riprendere possesso di me. Ora sono di nuovo io. Giò stai tornando! Ora è passato.

Quando sono tornato Debora mi guardava con uno sguardo triste. E' la stessa tristezza che aveva in volto quando era ancora vittima del trucido. Era come se non riuscisse a togliersi di dosso quella vita sbagliata. Anche se ora non era lei la vittima diretta, le sue emozioni di paura, sconforto, schifo, umiliazione e delusione erano evidenti.
Lei sa come ci si sente. Lo sa benissimo. E non se lo dimenticherà mai.
Sono stato sotto la doccia calda un'ora. Peccato che non abbiamo la vasca da bagno. In quel momento ne avrei proprio avuto bisogno. Sarei sprofondato nell'acqua calda per rilassarmi completamente! Invece con la doccia mi sono dovuto sforzare ancora di dover rimanere in piedi. E ho fatto fatica: le gambe tremavano e non volevano più sorreggere il mio corpo.
E lei era lì fuori ad aspettare senza dire una parola. Sapeva. E ora so anch'io.
Comunque mi sono sbagliato a dire che non sono ancora rientrato tra gli onesti. Io onesto lo sono sempre stato. Semmai sono stato un po' nell'illegalità. Ma io sono molto più onesto di tante persone legalmente eccelse.
Quando sono uscito mi ha passato un morbido accappatoio pulito e mi ha chiesto:
-Come ti senti?-
-Penso che tu lo sappia bene.-
-Domani starai meglio. No, non meglio. Solo meno peggio.-
-Sai, temevo finisse la bombola del gas e rimanessi all'improvviso senza acqua calda. Per fortuna è durata a sufficienza.-
-Non è fortuna. Oggi ho chiesto a padron Beppe di sostituirla anche se non era ancora finita. E' stato gentile e l'ha fatto subito.-
Lei lo sa. Sa come ci si sente. Ci è già passata. E non una volta sola.
-Debora, promettimi una cosa.-
-Cosa?-
-Anche se invecchiando diventassi brutta e grassa, ti prego... non smettere mai di depilarti!-
Sorride, ma è un sorriso amaro. Si immagina ciò che ho passato, anzi non deve immaginarlo. Basta che se lo ricordi. Ed è proprio perché se lo ricorda che ora mi abbraccia forte. Non voglio che finisca quest'abbraccio. E tutto ciò di cui ho bisogno ora. Un abbraccio lungo una vita.


Capitolo XIV - Il papà lontano più vicino che c'è.
  
Quel dannato e decisamente sudato foglio di carta ha dato i suoi frutti: Debora ora esiste ufficialmente e ha un lavoro che tra l'altro rende bene! Abbiamo acquistato la macchina da cucire e la richiesta di modifiche ad abiti e vestiti è continua. Lavora nella nostra casetta azzurra, presso la quale i clienti privati passano direttamente e, un paio di volte alla settimana, occorre invece che lei passi a prendere e consegnare i nuovi capi da modificare presso un negozio con il quale ha una collaborazione fissa. Autobus non ne passano qui e io non sempre riesco ad accompagnarla. La patente sarà il suo prossimo successo necessario.
Le sto insegnando a guidare e devo dire che è già brava, merito anche del cambio automatico che velocizza l'apprendimento lasciandole tutta la concentrazione per seguire le regole stradali. Ci tengo che impari a guidare più che bene, del resto le autoscuole insegnano come superare un esame e non cosa ti capiterà realmente in strada.
Io le chiedo sempre di andare adagio e di usare l'auto il meno possibile: io l'ho portata via dalla strada e non voglio che essa se la riprenda. Se un uomo la conquistasse e me la portasse via certo soffrirei. Ma sarebbe soltanto egoismo. Egoismo puro di volerla solo per me mentre lei sarebbe comunque felice, forse anche più che con me, e questo col tempo mi aiuterebbe a sopportare un suo abbandono. Invece saperla uccisa dall'incuria di qualche guidatore senz'anima che non realizzi quanto possa essere pericoloso fare l'egoista sulla strada sarebbe insopportabile! La strada non è un gioco e sa essere cattiva. Il solo pensiero che lei possa non esserci più mi fa girare la testa e mi sento mancare.
A proposito di uomini: ce ne sono un paio che vengono spesso a farsi sistemare qualche indumento. Troppo spesso. Sono molto simili come comportamento: arrivano con un'auto costosa e salutano sorridenti alzando il braccio per far vedere il cronografo d'oro grande quanto un cellulare. Mi chiedo come facciano a camminare dritti con quel peso su di un braccio. Poi entrano, uno dei due non chiede neanche più il permesso, lasciano la busta con i vestiti da accomodare e mentre spiegano a Debora quali modifiche apportare non lesinano aneddoti e racconti di ciò che sono, di quello che hanno fatto, di come siano importanti e di successo... Due pavoni sarebbero più discreti. Lo so perché un paio di volte mi è capitato di essere a casa mentre sono arrivati anche loro. E poi Debora mi racconta tutto. E mi ha anche detto che di solito stanno lì molto di più, solo se ci sono io se ne vanno prima. Chissà come mai...
Ho paura. Ho paura che me la possano portare via. E io non posso competere con loro. Uno dei due è persino bello.
Debora ha capito i miei timori e le piace stuzzicarmi:
-Sai che "coso" ha comprato una barca nuova e vuole portarmi a fare un giro? Che dici, andiamo?-
-Ma ha invitato solo te o anche me?-
-Oh, beh, ha detto "vieni a provarla", ma lo sa che io sto con te e che siamo sempre insieme. Sempre!-
-E allora te l'ha detto proprio per farti stare per un po' lontana da me. Mi sembra evidente.-
-Sarà... Che dici ci posso andare?-
-Debora, io non sono il tuo padrone. Io non ti ho “comprata” per metterti in una nuova prigione. Io volevo darti la libertà. Quella libertà che leggevo nei tuoi occhi e nel tuo sorriso e che premeva per uscire dalla gabbia in cui eri rinchiusa. Ci ho provato e ci sono riuscito. E ora tu sei libera. Libera di andare e amare chi vuoi. E... spero tanto che tu voglia amare me, ma non posso costringerti a farlo.-
-Quindi posso accettare, visto che sono libera, e tu non sei geloso.-
-Io non sono geloso. Io sono terrorizzato. Tremo al pensiero che tu possa lasciarmi per finire con un ricco belloccio! Uno che ti possa dare facilmente tutto quello che io non posso e che ti offra una vita agiata e lussuosa e una casa con la vasca da bagno e magari anche l'idromassaggio! Debora... io ti amo. Ma tu non sei mia. E capirei se tu volessi andare con chi è meglio di me. Ma ricorda che io amo davvero anche quello che hai dentro, non solo il tuo corpo fantastico!-
-E secondo te un belloccio coi soldi è meglio di te? Solo perché fa palestra, perché ha i denti bianchissimi, un mucchio di soldi, auto di lusso, una barca, una mega-villa che sembra un castello, una cameriera o forse due, e poi... ah sì! La casa in collina e l'appartamento a Cortina che non ha usato lo scorso inverno perché anziché andare a sciare è andato ai Caraibi a fare un inverno al caldo. Secondo te lui è meglio di te solo per questo?-
-"Solo"?! Sei incontentabile se questo per te è un "solo"!-
-Giò sei un insicuro terribile! Lo sai che mi piace stuzzicarti, ma davvero pensi che io ti posso lasciare per un altro uomo?-
-Beh... è un'eventualità. Brutta quanto vuoi, ma non è impossibile.-
-E sentiamo: cosa farebbe quest'altro uomo se gli racconti che io ero una prostituta?-
-Ma io non glielo direi mai!-
-E se glielo dico io? Mi vorrà lo stesso? O magari per lui è pure meglio: mi offre dei soldi giusto per fare qualcosa quando ne ha voglia. Fa prima e non deve nemmeno stare a inventarsi le storie su quanto sia figo. Paga, usa e se ne va. Come hanno fatto tutti gli uomini della mia vita. Tutti! Tranne te. Giò per me nessuno è meglio di te. Nessuno potrà mai fare quello che hai fatto tu, nessuno potrà mai darmi di più. Tu mi hai dato la tua vita per togliermi di dosso la mia che, diciamolo, non era proprio il massimo. Col gelo che c'era ti sei tolto il tuo caldo cappotto per darlo a me che ero nuda e non solo sei rimasto al freddo, ma ti sei anche ammalato per questo. Giò non avere paura degli altri uomini: nessuno di loro si è mai tolto il cappotto per darlo a me. E adesso io ce l'ho già un cappotto caldo e non lo scambio con nessun altro. Questo è perfetto: non devo nemmeno fargli l'orlo alle maniche!-
Non appena finisce la frase si alza dalla sedia dove stava cucendo, si avvicina e mi bacia dolcemente.
-Grazie. Però sei una stronzetta: prima mi stuzzichi e poi mi consoli. Anzi sei una stronzona! Ma quella è una paura che non passerà mai.-
-E invece fattela passare! Devi fidarti di me, non degli altri. Perché io sono tua. E lo sono perché mi hai dato la libertà di sceglierlo. Ho deciso io che voglio essere tua! Quindi... comanda mio padrone!-
Ora mi è venuto in mente quel vecchio telefilm con l'astronauta e la bionda che impersonava un genio uscito da una bottiglia con il suo completino rosa così sexy! Meno male che sa cucire così bene! Questo sarà un altro giochino da fare, sì!

Con le bimbe va a meraviglia! Quando ho lasciato Alessia non le ho viste per più di un mese e c'era un brutto rapporto, soprattutto con Patrizia. Poi hanno cominciato a fare un weekend da me ogni due settimane. Oggi soffrono a non vedermi ogni weekend e la seccatura del viaggio non ci fa mai dire "non ho voglia".
Stiamo bene insieme tutti e quattro. Sembriamo una vera famiglia. Serena, felice e che gioisce e vive davvero condividendo. Molto di più di quando, pur abitando sotto lo stesso tetto con la loro madre, eravamo in realtà estranei che si spartivano uno spazio comune e qualche attimo di tempo. Sì, perché le bambine si chiudevano nei loro giochi o nella tv, Alessia si gettava a capofitto in lavori casalinghi anche superflui pur di starmi lontano e in telefonate fiume ad amiche, colleghe o chissà chi. In effetti telefonava sempre in un’altra stanza e io non sentivo nulla. Io infine tornavo a casa la sera spossato da un banale lavoro d’ufficio che era il capro espiatorio perfetto per nascondere a me stesso la verità: era la mia vita a pesarmi tanto addosso e a esaurire le mie energie. Mi sedevo sul divano in compagnia della tv o di un libro aspettando prima la cena e poi il letto. Nei weekend invece ci sforzavamo di dare un po’ retta alle esigenze delle piccole. Già è proprio il termine giusto: ci sforzavamo. Era un dovere prendersi cura di loro e giocavamo controvoglia a fare i genitori. Non era un piacere.
Ora qui invece ci stanchiamo dal ridere!
Debora per loro è diventata un’amica che insegna tante cose e con la quale si confidano molto, come con me e Alessia non hanno mai fatto. Non hanno mai avuto risentimenti verso di lei perché “mi ha portato via dalla mamma”, nonostante le accuse che Alessia ha sempre alzato a gran voce. Forse proprio perché la mamma gridava certe cose non le hanno creduto. Lo sanno anche loro ormai che chi grida troppo è perché non ha nulla da dire. Sì, magari Patrizia un po’ all’inizio lo ha pensato, ma adesso ha capito anche lei che Debora è stata solo l’innesco di una bomba che doveva esplodere da tempo. Sono veramente soddisfatto del rapporto che Debora è riuscita a creare con loro, senza insistenze o forzature da parte mia. E’ lei che è riuscita a farsi accettare quasi con facilità e sapendo aspettare i momenti giusti. E, intelligentemente, non ha preteso di sostituirsi alla loro madre, non è diventata un surrogato di mamma per il weekend. Lei è semplicemente la loro amica grande, la fidanzata di papà. E con l’età difficile che stanno per iniziare quest'amica potrebbe proprio esser loro d’aiuto per affrontarla con un consiglio in più. Un consiglio che non ascolteresti mai da un genitore.
Già due volte è andata lei sola a prenderle col treno per poi portarle da noi. Si è fatta un viaggio di quattro ore ad andare e altre quattro a tornare e altrettanto per riportarle. Non si stanca mai di fare qualcosa per loro, le adora. E ripete sempre che stare otto ore su un treno non vale dieci minuti di marciapiede. Quei brutti ricordi non la lasceranno mai, ma almeno le danno una forza e una voglia di fare che le persone "normali" non hanno.
Le bimbe dicono che potrebbero fare il viaggio da sole, ma io ho paura e non so nemmeno se sia legale far viaggiare due minorenni da sole sul treno. In aereo andrebbero affidate alle hostess, ma in treno? Alessia non le ha mai accompagnate perché non vuole vedermi. Mi odia. Non che prima mi amasse, ma ora proprio non vuole saperne di me e anzi rogna sempre quando vengono da me. Potrebbe impedirglielo, ma l'effetto che otterrebbe sulle bambine sarebbe a suo sfavore e quindi si limita a chiedermi soldi che ora riesco a darle grazie al lavoro di Debora.
A volte credo di non essere un buon padre perché non sono a casa con le mie bambine ogni sera quando è ora di dar loro la buonanotte e penso a quanto tempo non passo più con loro oggi. Però quel poco tempo che passiamo insieme ora è di qualità e in quei pochi giorni siamo realmente insieme. Giochiamo fuori davanti alla casetta in mille modi se il tempo lo consente, tutti e quattro insieme! Altrimenti ci chiudiamo in casa dove l'ambiente piccolo ci obbliga a stare vicini e a condividere le ore in modo sereno. Facciamo torte, giochi in scatola o con le carte, leggiamo libri e ci raccontiamo tante cose. A volte guardiamo la tv, ma solo se c’è un programma veramente meritevole. Quanto ci divertiamo! Giulia mi ha detto che sono il papà lontano più vicino che c'è! Ed è stato bellissimo sentirlo!
Tante volte mi dicono che vorrebbero rimanere qui con noi e Debora è al settimo cielo quando lo sente, ma poi io spiego loro che la mamma si sentirebbe sola. Giulia mi risponde che tanto "quella" urla sempre, ma effettivamente poi le mancherebbe.
Povera Alessia. Noi non parliamo più se non per le bambine e per le sue richieste di soldi, ma forse lo fa apposta per mantenere un contatto. Deve sentirsi molto sola, ma non avendo argomenti, non sapendo come esternare quello che prova o che vorrebbe realmente parla sempre e solo di questi due argomenti. In fondo non è cambiata da quando vivevamo insieme. Peccato. Avremmo potuto mantenere un rapporto più civile e umano, comprendendoci di più l'un l'altro. A me sarebbe piaciuto. Io non la odio. Siamo solo due esseri umani che hanno sbagliato. Ma lei al contrario continua ad affibbiarmi le sue ingiuste richieste e le accuse di abbandono. E' una grande approfittatrice, avida e meschina, eppure più che pena non riesco a provare per lei. Mi piacerebbe che mostrasse le sue buone qualità e provasse a dire veramente quello che desidera dalla vita e trovasse qualcuno che possa amarla. Ma se non apre il suo cuore, se continua a essere così con tutti rimarrà sola. Riesce ancora ad innervosirmi al telefono, ma appena chiudo è il dispiacere il sentimento che maggiormente mi pervade, non l’odio o il fastidio.
Ale ti auguro almeno un po' di felicità e sappi che non la troverai contando i soldi.

Pensando sempre al futuro non ci si accorge di quanto sia importante avere un passato. Alessia è sempre proiettata al futuro: quando le ho detto che ero a conoscenza del suo tradimento mi ha detto: "tanto è passato". Quando parlava di soldi pensava sempre a dopo, a come avremmo fatto se ne avessimo spesi troppi. Quando cucinava pensava alla fatica di riassettare la cucina. Non vive mai l'attimo presente e non si sofferma a ricordare il passato.
Pensando sempre al futuro non ti godi il presente. E' grazie al nostro passato che siamo quello che siamo e grazie al presente che saremo qualcos'altro dopo. Magari qualcosa di meglio. Non bisogna pensare solo al futuro. Bisogna godere del presente, apprezzare ciò che di buono esso ci dà e sforzarci di cambiare quanto non andasse. Solo così possiamo assaporare tutta la vita, altrimenti vivremmo nel sogno di un domani che potrebbe non arrivare mai e, anche se dovesse arrivare per puro caso, avremmo vissuto solo un pezzo di vita e tutta quella passata sarebbe stata solo un passaggio forzato, non una piacevole scuola. Carpe diem non è un negozio di attrezzature per la pesca: è un buon modo di vivere la vita. Cogli l'attimo, impara dal tuo passato, non rinnegarlo e migliora oggi il tuo futuro, ma non vivere nel pensiero solo di quello. Ora è importante. Perché è ora che sei.
Debora ha voltato pagina col passato. Dice che le ha strappate quelle pagine, ma non è vero. E' grazie a loro che è ciò che è adesso ed è stupenda così. E continua a migliorare il suo futuro. E le tendine che mette alle finestre, la tovaglia che stende con cura, l’accostamento dei colori di piatti e posate, la pulizia che mantiene nella nostra casetta, sono tutti attimi che lei assapora. E quando strofina con lo straccio indossando i guanti gialli di gomma ha un sorriso sereno che mostra quanto sia viva. E' viva ora e non domani o ieri, sta vivendo adesso e le piace vivere. Io amo il suo amore per la vita.

Un weekend siamo andati noi su in macchina. Volevamo anche incontrare Sandra perché avevamo una discreta somma da poterle restituire. Denaro che Debora ha accantonato con cura dedicando ogni momento libero a lavoretti di pulizie e sartoria presso privati, in aggiunta a tutto quello che normalmente già fa.
I viaggi con lei sono sempre piacevoli e devo controllare spesso che i miei occhi non stiano troppo sulle sue cosce o sul petto e poco sulla strada: il pollo cannibale è sempre presente in me! Del resto sono sicuro che faccia apposta ad indossare camicette scollate e gonne corte quando deve sedersi accanto a me. Sa che mi piace e paradossalmente l’eccitazione mi fa guidare più adagio e con maggiore serenità. E il viaggio scorre soavemente senza fretta.  
Ci siamo fermati in un autogrill e, mentre lei era in bagno, ho chiamato Sandra per dirle che stavamo arrivando a portarle una prima rata. Mi ha detto che non le servivano e avremmo potuto tenerli. L'ho pregata di non levare la dignità ad una donna che l'ha appena riconquistata. Era poco convinta e sapeva bene che siamo noi ad avere bisogno di soldi, non lei. Poi ho interrotto la telefonata prima che arrivasse Debora: non volevo rischiare antipatiche discussioni finanziarie al telefono.
Quando si sono incontrate si sono abbracciate forte e hanno pianto, ma lo facevano sorridendo. Ci siamo seduti sul divano e la prima cosa che ha fatto Debora è stato mostrarle i soldi stendendo con orgoglio la mano che li teneva. Sandra mi ha guardato un attimo e poi li ha presi ringraziandola. E' sempre una gran donna! Se non mi sentissi di appartenere a Debora come Debora ha detto di appartenere a me probabilmente, anzi, sicuramente cercherei di ampliare il mio rapporto con Sandra.
Quel weekend è poi proseguito appoggiandoci ai miei genitori e, inutile a dirsi, mia madre stravede per Debora. Quella ragazza riesce ad essere dolce e accondiscendente con tutti, una dote che Alessia non ha mai avuto: lei lo era solo con chi avrebbe potuto darle un beneficio.
Sono piccole emozioni familiari quelle che viviamo. Banali per molti. Ma intensissime per noi. Sono momenti belli! Da godere! Non è l’obbligatoria visita di cortesia di una festa comandata.

Al lavoro, viste le mie qualità, mi è stata assegnata un'importante consegna nei dintorni di Parigi. Ho portato Debora con me anche se il capo mi ha detto che non potevo per via dell'assicurazione che non copre terzi estranei all'azienda. Siamo stati via da giovedì a lunedì ed è andato tutto bene. E abbiamo fatto tante soste lungo l’autostrada! In fondo la cabina del furgone è ben più ampia della nostra macchina…
Ci siamo divertiti e abbiamo anche fatto tanto gli innamorati: siamo andati in cima alla scalinata di Montmatre e ci siamo baciati lì, col panorama della città i nostri piedi. A Parigi ci sono tanti posti dove puoi vedere la città dall'alto come la torre Eiffel o il grattacielo Montparnasse e sono anche più alti della collinetta di Montmatre. Ma su quella scalinata è infinitamente più bello baciarsi!
Debora non era mai stata a Parigi e ovviamente le è piaciuta tantissimo. Un appunto però l’ha fatto subito appena vista la camera dell’alberghetto che ci ha accolto per quelle notti: non hanno il bidet. E’ rimasta un po’ sconvolta pensando alle prostitute parigine. Ha commentato:
-Meno male che non mi è capitato di esserlo qui!-
Quando si dice essere ottimisti oltre ogni limite sensato… Adorabile, dolce, genuina compagna mia!

Quando siamo rientrati in azienda il capo ha visto che c'era anche Debora con me, ma non ha detto nulla. Le sue procedure esistono solo quando ci sono problemi, non se tutto va liscio. Il mio vecchio capo ne avrebbe fatto uno scandalo aziendale di proporzioni epiche e il gossip su Radio Moquette sarebbe andato avanti per mesi. Qui è la marachella di un bambino.
Invece Slator quando l'ha vista ha fatto un commento in albanese, sicuramente un apprezzamento su di lei piuttosto volgare. Debora l'ha zittito di colpo rispondendo a tono, sempre in albanese, e tappandogli la bocca immediatamente. Un attimo dopo, quando ero abbastanza distante da Debora, lui mi ha preso da parte e mi ha detto:
-Ma è albanese?! Non lo sai che le albanesi sono tutte mignotte!?-
Suppongo io debba offendermi e magari tiragli anche un pugno. Ma ho fatto finta di nulla, in fondo mi sentivo in torto: non avrei dovuto portarla con me a Parigi, la mia onestà è sempre onnipresente e mi fa sentire in colpa anche per crimini ridicoli.
Una volta a casa ho detto a Debora del commento offensivo di Slator e le ho chiesto un'opinione su come avrei dovuto reagire. Mi ha risposto che ho fatto benissimo a lasciar perdere perché gli uomini albanesi sono tutti degli ubriaconi ignoranti, volgari e pericolosi.
Strano Paese l'Albania. Dovrei proprio visitarlo.

Una delle cose più belle del nostro rapporto è il parlare. Parlare è un'esperienza meravigliosa! E ascoltare lo è altrettanto. Nessun'altro animale sul pianeta lo fa. Noi umani parliamo. E possiamo farlo bene o male. Mia moglie parlava sempre, ma lo faceva male. Lei non parlava, lei sbraitava, monotona e inconcludente. A parte le comunicazioni di servizio: "vuoi il formaggio sulla pasta? La camicia è pronta." Discussioni tecniche finalizzate ad uno scopo. Come al lavoro: "hai contattato il cliente per la pratica? Domani ci sarà una riunione." Io ovviamente rispondevo di conseguenza: "Sì, no, ok, va bene". Non ho mai detto "grazie, che bel pensiero, sei stata gentile, lo apprezzo molto." Nelle comunicazioni di servizio certe frasi sono superflue.
Invece con Debora ogni semplice frase prende in considerazione noi e la nostra situazione di coppia, ci riconosciamo sempre reciprocamente e tutto così diventa una conversazione, non una semplice comunicazione: "ti ho preparato la pasta. Credo sia venuta perfetta! Assaggiane un po’. Vuoi che ti aggiungo anche del formaggio o la preferisci semplice? Ti ho stirato la camicia, ora è pronta, che ne dici? Può andar bene o preferisci che gli dia un’altra passata?" O, meglio, lei direbbe “che gli dò”. Ma sono certo che imparerà anche questo col tempo.
Lei non dà nulla per scontato, parla in continuazione, ma non mi dà fastidio, anzi è piacevole. Aggiunge sempre "ti", "ci" oppure "noi", insomma fa sempre sentire che ciò che fa lo fa per noi, per noi due, e lo fa con amore, con dedizione e sempre consapevole che verrà apprezzata per questo, anche quando dovesse sbagliare qualcosa. Preparare una minestra con lei diventa uno scambio di attenzioni, non un dovere. Non è un lavoro. E' un impegno dedicato a noi stessi. Ed io lo stesso: ciò che faccio lo faccio sempre dedicandolo a lei e a noi. E una camicia stirata non è più lo svolgimento di un dovere, ma un gesto d'amore. E ogni volta che si rivolge a me enunciando ciò che ha fatto o vorrebbe fare lo fa con gli occhi che brillano, felice di potersi applicare in compiti normalissimi, ma che non ha mai potuto svolgere e ai quali non smetterà di dedicarsi con passione, perché li fa col suo cuore per il mio cuore. Per noi.
Siamo veramente due cuori e una capanna! Due cuori, una capanna e un sacco di debiti. Ma siamo felici, inaspettatamente tanto felici!
Un anno fa chi ci conosceva poteva solo pensare che fossimo due essere viventi, ma solo da un punto di vista biologico. Le nostre vite separate erano la conseguenza di una combinazione chimica, erano vite prive di senso. Ora non siamo più senz'anima, anzi: le sentiamo scorrere dentro intense come non mai mentre serpeggiano da un estremo all'altro del nostro corpo e a volte si fondono insieme facendoci sentire superiori a tutto il mondo. In quei momenti diventiamo dei.
Sicuramente chi ci incontra pensa che siamo due poveracci e dal punto di vista economico ha ragione. Ma non ho mai sentito la mia vita così ricca di emozioni e piacere come oggi. Persino alla nascita delle bambine, con tutta quell'incontenibile tremarella che ti fa piangere per un'ora, non mi sentivo ancora la vita su misura. Era ancora un vestito adattato, non un prodotto di alta sartoria. Ora invece aderisce perfettamente e quando la sera torno a casa, anzi "a capanna", nonostante la stanchezza del giorno ho il sorriso sulla faccia e lei mi accoglie come una principessa nel castello in attesa del suo cavaliere, felice e ansiosa come se fossi di ritorno da chissà quale impresa fantastica. E passiamo la sera assieme, ma non solo perché siamo sotto lo stesso tetto, siamo insieme proprio perché facciamo le stesse cose, ci parliamo, ci viviamo. Persino quando guardiamo un film in tv siamo insieme, vicini, abbracciati. E quando una pubblicità lo interrompe e ci stacchiamo per far sgranchire gli arti addormentati dalla posizione innaturale e per riprenderci dal calore che ci avvolge, ci guardiamo e ridiamo per come somigliamo a due ragazzini innamorati, ma un attimo dopo siamo di nuovo stretti più di prima!
Non credevo possibile potessi mai essere così tanto coinvolto dall'amore. Sì, l'ho sempre pensato di essere un romantico, ma oggettivamente non avrei mai pensato che questo sentimento potesse davvero portare a un tale distacco dai problemi della realtà e darmi tutta questa forza e questo vigore, questa voglia di fare e di non fare allo stesso tempo. Perché mi spinge sempre più a creare e a dare qualcosa in più per lei, ma contemporaneamente fa sì che io mi abbandoni completamente alla sua vicinanza e qualunque altra cosa passa in secondo piano. Succeda qualunque cosa basta esserle vicino.
Strana cosa l'amore. Chimicamente è solo una droga, ma è la più potente che esista. E' da provare assolutamente ed è anche legale! Abusate d'amore! Fa solo bene.

Una volta a settimana mi capita un trasporto lungo, un tragitto di un paio d'ore ad andare e altrettante a tornare. Lei in quei viaggi mi chiama attraverso il vivavoce del furgone e mi legge sempre qualche brano di un libro che la sta appassionando. Una volta mi ha letto un passo di "Cime tempestose". Un'altra invece alcuni sonetti poetici di vari autori e l'ultima volta mi ha letto un racconto fantasy tratto da un blog di un autore sconosciuto, un certo Olindo Urbani. E' stato molto bello. Sicuramente un giorno avrà successo.
Tutto ciò che mi legge è sempre molto passionale e, indipendentemente dalla fine, trasmette le emozioni che si provano quando si è innamorati. E lei così mi ricorda sempre che noi lo siamo ancora. Di certo non ho bisogno che me lo si ricordi, ma sentire la sua voce fare da narratore in ambito romantico accentua in me la voglia di riabbracciarla presto e questo mi fa sollevare il piede dall'acceleratore, perché voglio essere sicuro di tornare da lei.
Viviamo in poco più di venti metri quadri, facciamo la spesa al discount e guardiamo il prezzo di ogni cosa che acquistiamo rinunciando a un sacco di cose che ci piacerebbero. Debora aveva visto un servizio di piatti di porcellana molto bello che l'ha mandata in estasi, ma il prezzo era inarrivabile per noi. Io ho trovato degli economicissimi piatti in offerta in un negozio di cianfrusaglie varie, decorati con frutti, semplici ma carini e glieli ho regalati: si è illuminata così tanto che mi sembrava stesse brillando! E' fantastico come riesce ad apprezzare queste piccole cose e a farmi sentire appagato dall'aver fatto qualcosa di giusto per lei e per noi! Sono gli insignificanti gesti d’amore che compiamo quotidianamente l’uno per l’altra e viceversa. Sono loro che riempiono le nostre giornate e scandiscono il nostro tempo.

Stare con Debora è un impegno. Ogni storia d’amore è un impegno, ma con lei mi sembra ancora più arduo. Non parlo delle difficoltà quotidiane dovute alla nostra situazione economica, al poco spazio che abbiamo in casa o altri problemi strettamente legati alla realtà tangibile. Parlo del mio ruolo o, meglio, del ruolo che mi sono autoimposto. Io sono il suo principe azzurro. L’ho salvata dal drago, dalla prigione e le ho dato la libertà. Per lei io sono forte, fiero, inarrivabile. Ma non è vero: io sono solo un uomo e, oltre ad avere dei difetti, posso anche essere sconfitto. Grazie a Giulia e Patrizia ho visto alcuni vecchi cartoni animati solo dopo i trent’anni e ho conosciuto i loro personaggi fiabeschi quali il Principe Azzurro e Filippo, uno da “Biancaneve” e l’altro da “La bella addormentata nel bosco”, e poi anche altri che ora non ricordo. Ma tutti hanno caratteristiche importanti quali lealtà, fierezza, onestà, coraggio… in una parola: invincibili. Sono invincibili. Quando stavo con Alessia, anche in tempi più felici tra noi, io non sono mai stato un principe, ma solo un uomo. E come tale soggetto a malattie e indisposizioni varie. Tante volte mi è capitato di stare male, a volte per problemi intestinali, altre per influenze o virus di stagione. Una volta ho avuto una congestione e un paio di volte è stato l’abuso di alcool. Insomma normali malesseri da umano. Un principe delle fiabe invece non sta mai male, a meno che non venga avvelenato dalla strega di turno. E qualche sera fa, quando il mio stomaco ha fatto i capricci e in piena notte mi sono alzato a vomitare, mi sono sentito sconfitto. Non era per i dolori dovuti allo sforzo che facevo o all’intontimento generale che si ha in quei momenti. Ero sconfitto perché stavo in ginocchio,  piegato in due, perché emettevo suoni e odori (e non solo quelli…) che di regale non hanno nulla. Ero sconfitto perché di fronte a lei, la mia principessa, non ero più un principe delle fiabe, ma solo un uomo. Debora è molto più concreta di me in queste cose. Lei non ha mai pensato che io fossi invincibile, né mi ha mai chiesto di esserlo. Sono io ad avere assunto da solo questo ruolo e persino quando arrivammo in Toscana, durante i primi angoscianti giorni in cui cercavamo senza successo casa e lavoro, mi scoraggiavo solo se lei non mi stava guardando e, non appena giungeva un suo bacio o un abbraccio, il principe chiuso in me ritornava a galoppare fiero.
Ritornando a quella sera, la sera in cui cadde il mio essere principe, io mi vergognavo. Io, il suo “salvatore” ero battuto, sconfitto. E anziché proteggerla come avrei sempre voluto fare e farle avere sonni tranquilli e sogni felici, quella notte l’ho disturbata, l’ho svegliata coi miei rumori ed è stata lei invece ad assistermi e ad aiutarmi. A “trarmi in salvo” preparando una borsa per l’acqua calda, cambiando l’asciugamano con uno pulito e sistemandomi coperte e cuscino quando mi sono rimesso a letto. I soliti piccoli e insignificanti gesti d’amore che però in quel momento facevano di me un vinto. Quella notte ho perso il mio cavallo bianco, il mio mantello e la mia spada. Quella notte è cessata la mia dignità di cavaliere. Quella notte ai suoi occhi sono diventato solo un uomo. Uno come tanti. Non ero più speciale. Ora avrebbe potuto trovare di meglio. Questo era ciò che pensavo in quella lunga notte.
Lei è speciale per me ogni giorno che passa. Io lo sarei stato ancora?
Il giorno dopo mi sono alzato a fatica e con l’aspetto non certo fiero, ma lo sguardo della mia principessa non era cambiato. E i suoi gesti d’amore, la sua felicità nell’alzarsi per iniziare una nuova giornata, sebbene gravata dal dovermi accudire, non erano cambiati. Se avessi voluto riprendere il mio ruolo di principe avrei potuto farlo, perché lei non si era segnata nessun appunto sul mio curriculum regale. E ho capito che i gesti d’amore non sono mai piccoli, inutili e insignificanti.

E' dura, è molto dura. Lo è stato e lo sarà ancora in altre occasioni. Ben più dura di quando ero al sicuro in ufficio col mio stipendio. Lì era facile e comodo. Lì era sempre tutto a posto. Sì, tutto a posto quello che volevano gli altri, ma non quello che volevo io. Ma ora sono certo che sto vivendo la mia vita, mia e solo mia, e che posso condividerla con lei. Non sono più in stand by.
Prima avevo una bella casa di centoventi metri quadri, una tv quaranta pollici, avevo una bella macchina, un buon lavoro con uno stipendio di cui non potersi lamentare, avevo un sicuro conto in banca, avevo la sicurezza del domani, avevo vestiti di marca e facevo la spesa comprando quello che mi piaceva e avevo anche tante altre cose belle. Tante cose che ora non ho più. Persino la sveglia! Ora uso quella del cellulare.
Prima avevo, avevo e avevo. Ora non ho più. Ora sono. Sono felice.


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