Di Olindo Urbani
Capitolo I – Nato sbagliato, cresciuto malvoluto.
E'
una piacevole sensazione quella che provo ora. Un isolamento, un abbandono, ma
non sofferto. La chiamerei piuttosto una tranquilla, momentanea solitudine. Una
quieta possibilità di stare un po' con me stesso. Forse anche voglia di un po'
di egoismo.
Mi
piace guidare la sera in questi momenti che si ripetono puntuali ogni estate.
Mia moglie Alessia è partita per andare al mare con le bambine. Lei ha più
ferie di me e le sfrutta. Prenota il villaggio in anticipo di mesi, le accompagno
alla stazione con i bagagli e per loro tre inizia subito la vacanza. Anzi per
la verità per le bambine. Lei dice sempre che la vacanza inizia quando entra
nell'alloggio al villaggio, perché il viaggio, anche se non lunghissimo, non lo
sopporta. Quattro ore di treno con due adorabili bambine buone per lei sono
sempre uno sbattimento eccessivo.
Esagerata.
Un
po' è vero: qualunque cosa un minimo impegnativa con la responsabilità di
gestire due creaturine che ami più della tua vita e con tutte le paure che ti
escono fuori in certi momenti crea disagio. Io sono il primo che quando viaggio
solo con loro anche per brevi tragitti per portarle dai nonni o alla festa di
un'amichetta penso sempre "e se mi succedesse qualcosa? Chessò un malore,
oppure una semplice emergenza intestinale che richieda una sosta immediata e
forzata?". Insomma mi creo sempre mille angosce e paure. Avrebbe potuto essere
normale anni fa, quando erano piccine piccine, ma ora Patrizia ha nove anni e
Giulia undici. La grande ha anche il telefonino e lo sta usando bene, secondo
le nostre disposizioni. Non sembra abbia ancora preso il vortice vizioso degli
adolescenti cellular-dipendenti. Certo le piace e non se lo dimentica mai, ma
devo dire che è coscienziosa e non esagera con le ricariche. Se non fosse così
terribilmente ancora bambina in altre cose direi che sarebbe quasi adulta.
Adulta... diciamo un po' più matura delle coetanee. Ma solo sul telefonino.
Perché se poi guardo bene le sue amichette loro sono più mature in tante altre
cose. Voglio dire le mie bimbe sono brave, capricci quasi mai anche da piccole,
ascoltano i genitori, giocano insieme e litigano poco. Incominciano a guardare
i ragazzini, ma lo fanno senza malizia, senza sapere perché. Spesso dico che
vivono nella bambagia. In effetti le accompagniamo ancora quando devono andare
a danza o a casa di Tizio o Caio. Solo a scuola vanno da sole. E per la verità
non lo facciamo per coccolarle o viziarle. Lo facciamo perché noi genitori
abbiamo paura. Abbiamo una paura folle che possa succedere una di quelle bruttissime
vicende che ogni tanto appaiono a titoloni giganti sui giornali e che poi riecheggiano
per mesi, se non anni, lacerandoti dentro ogni minuto fino a farti morire di
crepacuore. Quando sento quelle notizie alla tv io cambio canale. L'angoscia
che mi prenderebbe se le ascoltassi mi porta in una specie di stato delirante
perché mi immedesimo troppo nella vicenda e immagino che al posto della vittima
ci possa essere una delle mie due bimbe. Dolci, tenere, uniche amorine mie.
Loro sono la mia vita. Non posso immaginare la mia vita senza di loro.
A
volte rompono, sono sempre disordinate e comunque in molte cose non sono
d'accordo con te. Ma daresti la vita per loro.
Quando
nascono credi che loro siano null'altro che una tua copia genetica, una specie
di clone che avrà il compito di portare avanti la tua vita e il tuo credo
quando tu sarai troppo stanco per farlo. Poi, finita l'età dei sorrisi sdentati
e del pannolino, capisci un po' alla volta che loro sono esseri a sé stanti,
indipendenti e autonomi nel pensiero. Ti accorgi che i giochi che tu adoravi da
piccolo e con i quali passavi pomeriggi interi a loro neanche interessano.
Io
amavo giocare col Lego. Facevo costruzioni di ogni tipo a volte grandissime, a
volte invece decine di piccolissime. Avevo un cassetto dell'armadio in
cameretta riempito di quei mattoncini colorati e ricordo chiaramente il rumore
che facevo quando infilavo la mano e ci ravanavo dentro per cercare i pezzi che
mi occorrevano. Mia madre mi diceva sempre che quando sentiva quel rumore era
tranquilla. Sapeva che ero immerso nel mio mondo fantastico e avrebbe potuto
fare qualunque cosa che tanto io sarei rimasto lì pacifico fino al compimento
della mia opera.
Per
lei quel continuo piccolo frastuono fastidioso era un toccasana. Sapeva che il
suo bimbo era sereno.
Ero
un bambino quieto, me lo dice sempre. Non ha mai avuto un problema con me. E si
stupiva di quanto le altre mamme si lamentassero dei loro figli maschi, sempre
irrequieti, sempre troppo vivaci e intenti a fare qualche guaio, a giocare con
cose proibite e a rotolarsi e sporcarsi. Guai a non farli giocare "al
calcio". Il calcio per loro era il top della vita. Non eri vivo e non eri
uno di loro se non fossi impazzito per il calcio.
A
me non è mai piaciuto il calcio. Per la verità non mi è mai piaciuto nemmeno
rotolarmi per terra o fare a botte o tutte quelle altre stupide prove di
presunta virilità che venivano richieste dai coetanei maschi negli anni
settanta. E infatti mi prendevano in giro. Ero una femminuccia, ero lo scemo
della classe. Alla maestra piacevo, perché seguivo, ero attento e non
disturbavo. Motivo in più per gli altri per odiarmi. Non ricordo quanti scherzi
subii a causa di questa mia diversità.
Diversità.
Se non sei uguale sei diverso e quindi non vai bene. Ma perché? Ma chi mai l'ha
detta una cavolata del genere? Ti insegnavano la xenofobia fin da bambini! Che
società schifosa quella degli anni settanta! Io ero solo un bambino, ma me la
ricordo cupa, triste e chiusa. Non mi piaceva.
Oggi
è molto meglio, i bambini di oggi sono molto più fortunati. Vorrei essere io
bimbo oggi. Certo anche oggi ci sono problemi e difetti in questa società. Ma
basta pensare solo un attimo ai programmi televisivi: negli anni settanta la tv
in casa era una e in bianco e nero. Il fatto che fosse una non era un gran
problema tanto c'erano due soli canali e i cartoni li facevano solo in alcuni
orari quando mio padre non era in casa.
Quindi
la potevo guardare senza problemi. Però i cartoni che trasmettevano erano tutti
terribilmente tragici. Farsi consigliare da un pedagogista era troppo difficile
probabilmente. Giganteschi robottoni che combattevano alieni inviperiti con la
Terra che bramavano solo di distruggere e far soffrire la razza umana. Chissà
perché poi? Comunque chi guidava 'sti robot erano sempre dei ragazzi giovani,
orfani, con una vita di miseria alle spalle... e che balle! Ma un po'
d'allegria, cavolo! E' un cartone per bambini! Comunque io crescevo osservando i
cattivoni che continuavano a massacrare 'sti sfigati, che alla fine vincevano,
ma soffrivano parecchio e si sacrificavano e facevano una vita infelice e piena
di responsabilità inadatte alla loro età. Io ero un bambino, ma mi domandavo lo
stesso perché fossero comunque tutti così miseri. Voglio dire: io avevo una cameretta
normale, in un appartamento normale, in una città normale, con una mamma e un
papà normale. Forse per essere speciali come loro, che erano in fondo degli
eroi, avrei dovuto essere più triste e solo. Eppure a scuola ero già abbastanza
emarginato. Non giocavo a calcio, non mi piaceva fare a botte, mi piaceva
ascoltare la maestra che spiegava tante cose interessanti... non ero già abbastanza
diverso? Perché non mi facevano guidare anche a me un robot contro i cattivi?
A
me piaceva Goldrake. Anche se pure lui era sfigato. Lui addirittura era l'unico
superstite di un altro pianeta. Ovviamente a tutti i miei compagni piaceva di
più Mazinga. Ma Mazinga a me piaceva meno, perché non volava se non con
l'aggiunta di un pezzo con le ali che gli hanno attaccato sulla schiena dopo
qualche puntata. E poi Venusia era più carina di Jun.
Ero
diverso pure in quello. Comunque guardavo anche Mazinga perché altro non c'era.
E quelle poche volte che interagivo con i compagni a giocare a Mazinga era
ovvio che finissi a fare Boss Robot. Lo scemo tra gli sfigati.
Meno
male che ogni tanto trasmettevano anche altri cartoni. Heidi mi piaceva molto.
Ma non lo dicevo perché era da femmine e chissà cosa mi avrebbero fatto i
virili della classe. E in fondo Heidi era un cartone allegro o almeno lo era
lei. Del resto viveva felice tra le montagne col burbero nonno, un cane
fancazzista, due capre e un pastorello ignorante che ho sempre pensato che puzzasse
come le capre. Ah! In più c'era la nonna del pastorello (orfano di padre) che
era cieca. E lei per andare a trovarla si faceva un'ora di cammino a scendere
(e vabbè) e un'altra per salire (quanto odio le salite montane! Interminabili!
Ma una seggiovia no, eh?). Comunque non aveva grossi problemi come i piloti dei
robot, nessuno cercava di sterminarla. Certo pure lei era orfana, la zia
stronza prima l'aveva mollata dal nonno solitario (ma almeno non era pedofilo),
poi l'aveva praticamente rapita per farle fare da giocattolo di compagnia ad
una paralitica orfana di madre e col padre sempre in giro per il mondo, vittime
entrambe di una megera scassa-marroni che si incavolava per nulla. Poi si era
ammalata e allora è tornata dal nonno (pensa che culo ammalarsi!).
Anche oggi piango sempre quando rivedo la scena di lei che torna dal nonno e si
abbracciano. Comunque lei era felice.
In
seguito ho scoperto che tra le erbette di montagna ne cresce anche una un po'
illegale. Ecco perché era felice.
Un'altra
serie che poi ho iniziato a vedere era Candy Candy, ma questa giuro ho iniziato
a vederla perché piaceva a mia cugina. Non mi sarei messo a vederla da solo se
lei non me ne avesse parlato in continuazione, era troppo da femmina anche per
me. E in effetti non la seguivo con troppa attenzione. Mi ricordo solo alcuni
dettagli: lei era orfana (non l'avrei mai detto!), in un orfanotrofio, con
l'amica del cuore orfana e per non farsi adottare e perderla fece qualcosa che
non ricordo. So che alla fine i potenziali genitori (buoni, belli e ricchi) scelsero
l'amica e lei scoprì il senso della parola "inculata" prima ancora di
perdere la verginità. Poi naturalmente crebbe, non trovò mai chi volesse
adottarla e quindi diventò insegnante
nell'orfanotrofio. Ma lo chiusero perché era di proprietà di un qualche ricco
stronzo. Allora partì in cerca di fortuna e finì a fare la dama di compagnia ad
una stronza (almeno Clara di Heidi era gentile), poi si innamorò di un paio di
ragazzi, ma questi o morivano o finivano per essere dei delinquenti, non
ricordo bene. Mi ricordo però che allora decise di aiutare gli altri facendo
l'infermiera in guerra. -Tesoro un'idea migliore e pensare un po' prima ad
aiutare te stessa no, eh?!- Se non ricordo male la parola "sfiga" fu
coniata in quel periodo, probabilmente a seguito delle sue vicende.
Ultimo
cartone che seguii prima di cominciare a seguire le ragazze fu Remì. Non dico
nulla su di lui. Vi rammento solo che non era orfano. Infatti la madre lo
vendette ad un ambulante.
Ma
come cavolo pensate che possa crescere un bambino con simili esempi?! Poi mi
dicono che sono rincoglionito! Te credo! E' già tanto che non rubo e non mi
drogo!
Mi
dicono tutti che i Teletubbies e i Fimbles sono da rimbambimento. Sarà, ma le
mie figlie dormono la notte, mentre io avevo gli incubi. E ogni tanto sognavo
di trombarmi Clara: bionda, ben curata, col vestito lungo e gli stivali bianchi
che fanno tanto sexy... e non si poteva muovere! Che figata! Di solito da me
son sempre scappate tutte... quella doveva stare lì!
Come
son cresciuto male...
Ho
divagato. Stavo parlando delle mie bimbe, di come sono avvolte nella bambagia.
Le loro amiche invece, più scalmanate e intraprendenti, sono però anche più
"sveglie" se così posso dire. Vanno a danza da sole, escono senza i
nonni e fanno gruppetto davanti alla gelateria. Non che le mie non facciano
gruppo, non le vedo assolutamente escluse come potevo esserlo io a suo tempo,
ma il fatto che noi genitori e i nonni siamo sempre a loro disposizione ha
creato una sorta di cassa di sicurezza che le tiene al sicuro e separate dalle
cattiverie e dalle tristezze del mondo reale. Non lo facciamo per tenerle
piccole, ma solo per paura.
Mia
suocera, una delle due nonne, che è rimasta a vivere nel suo tempo e cioè negli
anni settanta, quando ha tirato su mia moglie, un giorno durante una tavolata
ha esclamato:
-E'
colpa di questi tempi malati: una volta queste schifezze verso i bambini non
succedevano!. -
Il
mio amico Max ed io ce la siamo mangiata in un boccone:
-Non
è che non succedevano! E' che non si sapevano! C'era molta meno informazione! E
a noi tutti, quand'eravamo piccoli, è sempre andata bene, ma avremmo potuto sparire
anche noi in un attimo!-
Non
ha mai più ripreso quel discorso.
Generalmente
siamo sempre tutti ben disposti a sopportare i borbottii di suocere e anziani
in genere quando enunciano la famosa frase "ai miei tempi", ma quella
volta fu veramente una boiata madornale e non ce la facemmo a tacere e
fargliela passare liscia.
Ecco,
la solitudine piacevole che dicevo mi fa fare tutti questi strani pensieri.
Pensieri che di solito nella frenesia della giornata in compagnia non riesci a
formulare. Invece realizzare di avere una quindicina di giorni in cui torno ad
essere single, ma senza il pensiero angosciante che la famiglia possa essere
sparita, visto che si trova in un bel posto e se la sta godendo, fa piacere.
Senti silenzio intorno a te. E' un silenzio che ti parla. E tu lo ascolti.
Ascolti uscire il tuo pensiero, qualunque esso sia. Stupido o geniale non ha
importanza. E' tuo. Solo tuo. E' dentro di te. E' la tua vera natura. Quella
che troppo spesso nascondi soffocata dal rumore che c'è fuori. Ora invece senti
solo il brusio del motore che gira tranquillo e il rotolare delle gomme
sull'asfalto. La radio, che di solito è sempre accesa, l'ho spenta prima ancora
di mettere in moto.
La
serata è limpida e un filo afosa, ma il climatizzatore al minimo basta a
tenerti fresco. In queste sere penso che mi piacerebbe entrare in autostrada
verso una meta lontana e guidare fino a che la stanchezza non prenda il
sopravvento e mi costringa a fermarmi in un autogrill a fare un pisolo. Poi
penso al costo dei carburanti e dei pedaggi e subito mi passa la poesia.
Ecco,
cavolo! E' sparito il mio pensiero sopraffatto da una fastidiosa realtà. Che
noia! Uno non può immaginare nulla che subito viene riportato alla brutta
realtà quasi come fosse un crimine dare libertà ai pensieri.
E
infatti la spia della riserva si illumina.
Non
mi piace fare benzina al self service. Non mi piace farla mai al self,
figuriamoci di sera. Il bancomat il più delle volte la macchinetta non lo prende
e i contanti rischi che ti li succhi e non ti dia la benzina. Anni fa in piena
notte mi capitò di inserire diecimila lire (sì, molti anni fa) e la macchinetta
se le ciucciò subito, ma non venne fuori nulla dalla pompa. C'era un tale
all'altra pompa che stava già riempiendo la sua macchina e l'ho visto
gongolare. Credo che la macchinetta avesse aggiunto i miei soldi a quelli già
infilati da lui. Volevo chiederglielo, ma era grosso e aveva pure una Golf
nera. Auto da spacciatore. Meglio lasciar stare. Non avevo altri contanti e ai
tempi il bancomat era roba da fantascienza. Arrivai a casa con la macchina che
praticamente andava solo ad aria, ma ci arrivai. Il giorno dopo riuscii a trovare
il tempo per ripassare dal benzinaio e spiegargli l'accaduto e devo dire che fu
molto gentile e mi rimborsò. Peccato che la sua faccia sembrasse dire:
"pezzente mi stai
prendendo
per il culo? Prendi e vattene, barbone!"
Io
riebbi i miei soldi, ma non mi piacque come mi guardò. Da allora evito
sistematicamente i self. Preferisco anche pagare qualcosa di più, ma che me la
faccia l'addetto. In più così non mi sporco le mani e non mi puzzano per una
settimana.
La
spia si è appena accesa: ci posso fare almeno altri cento chilometri.
Non
capisco tutti quelli che fanno dieci euro alla volta. Max è uno di questi: ogni
volta che esce la sera deve fermarsi al distributore. Ma se almeno facesse il
pieno gli durerebbe tutta la settimana e anche di più! E invece lui come tanti
altri esce, si ferma, fa un deca e poi quando ritorna a casa è di nuovo in
riserva.
Una
volta gliel'ho chiesto perché facesse così. Mi disse: "e se stanotte mi
rubano la macchina"? Una risposta così idiota da non poter essere buona
nemmeno come scusa. A parte che ha un rottame di dieci anni o più che neanche
un politico si abbasserebbe a rubargliela, ma dimmi cosa vuol dire?! Facciamo
pure che hai una macchina nuova e te la rubino: ti preoccupi dei cinquanta euro
di benzina che hai dentro? Non credo proprio. Insomma 'sta gente si ferma,
riempie il serbatoio pensando che sia un accendino, si sporca le mani, rischia
di perdere i soldi nella macchinetta, rischia di farsi rapinare da qualche
balordo, se fosse una ragazza rischierebbe pure di essere violentata... non ci
sono abbastanza motivi per fare un bel pieno in pieno giorno? Magari scambi
anche due chiacchiere col gestore. Quello dove vado io abitualmente mi racconta
sempre una barzelletta quando mi vede. E qualcuna è pure divertente.
Però
è fastidiosa quella spia. Già mi dà fastidio di giorno, ma la sera sembra
decisamente più forte e quel giallo che mi spara negli occhi ogni volta che guardo
il cruscotto è veramente abbagliante.
Cacchio
che topa!!
Ma
era una mignotta?! Che flash che è stata! Di solito sono infrattate in zone
buie o alla flebile luce di un lampione stradale e non si vedono bene, a meno
che tu non sia un habitué e sappia già dove trovarle. Questa invece si è
piazzata proprio sotto le luci del self di quel distributore.
Quasi
quasi ho la scusa per guardarla meglio... No, ma che dico. Che mi frega. Non ho
voglia. Senza moglie ho solo voglia di quiete. Più che altro di fare riposare
le orecchie. Quella parla sempre. Dicesse almeno ogni tanto qualcosa di
diverso. E' monotona: "tu non fai questo, tu non fai quell'altro, e questa
casa senza di me sarebbe un porcile, e guarda che disordine, e guarda che io
non ce la faccio più…".
Lei
non ce la fa più. E io? Io ce la faccio ancora? Sì, ma perché sono molto
paziente.
In
realtà sto con lei solo per le bambine. Io non amo più Alessia. La conosco da
sedici anni e siamo sposati da dodici.
Lei
è così diversa da me. Non so perché mi sono sposato. E' passato troppo tempo
per ricordarne il motivo. Mi pare fosse perché voleva un figlio, ma non voleva
farlo nascere nel peccato. E' molto religiosa. Infatti non bestemmia mai e va
in chiesa quasi tutte le domeniche. In compenso rompe a tutte le ore. In
effetti non c'è un comandamento che dice "non fracassare le balle
altrui".
Però
ce n'è uno che dice di essere fedele e non tradire. Vale sia per lui che per
lei. Ma di quello non gliene è mai fregato un tubo. Anzi un cazzo, visto l'argomento.
L'ho scoperta una volta. E un'altra mezza volta. Nel senso che di quell'altra
non ne ho le prove, ma oltre ai soliti mille dubbi ovviamente ben consolidati e
non campati per aria, ho anche sensazioni che derivano da altre volte. Quindi
certificata una, ufficiosamente due, non scoperte boh.
Ho
perso completamente fiducia in lei come compagna di vita. Avevamo già due
bimbe. Io non ho mai accettato che lei mi avesse tradito, non perché io abbia a
cuore tradizioni sicule, ma perché trovo che in una coppia, in una vera coppia,
siano essi amici, fidanzati o sposati, la fiducia è la prima delle virtù che si
debba dimostrare. Nascondere una cosa del genere è oltremodo offensivo e una
gravissima mancanza di rispetto.
Abbiamo
avuto dei problemi, questo è certo, e non dico che sia stata solo colpa sua.
Tuttavia se il suo desiderio fosse stato quello di "tentare nuove
strade" perché nascondermelo? Sarebbe bastato dire "non ti amo più,
voglio andare con quello". Brutale forse, ma onesto. Lei invece ha fatto
quanto di più meschino avesse potuto. Inventava bugie su bugie, per mantenere a
casa la tranquillità familiare e poi "fuggire" durante il lavoro con
un collega. Che tra l'altro le aveva detto ben chiaro che per lui era solo
un'avventura.
Quando
gliel'ho sbattuto in faccia è diventata una gattina. Per un paio di mesi. Io
credo di essere rimasto con lei per abitudine e comodità. Come lei non voleva
più stare con me, io non volevo più stare con lei. Ovvia risoluzione la
separazione. Ma casa, bimbe, nonni, abitudini da cambiare... insomma come due
pusillanimi abbiamo fatto quasi finta di nulla e abbiamo tirato avanti. Io come
al solito e lei anche. Nel senso che poi l'ho quasi beccata con un animatore
del villaggio, ma non ne ho le prove. E poi non so se in altre occasioni dove
solo alcune sensazioni mi davano l'idea che stesse combinando chissà cosa. Chissà
cosa... so benissimo cosa!
Un'altra
cosa che mi fa imbestialire di questa faccenda è che io le ho sempre chiesto di
fare sesso in abbondanza mentre lei elargiva col contagocce. Poi ho smesso di
chiedere, convinto che allora non le piacesse e io non dovessi essere un
granché, anche se come tutti i maschi
prima
pensavo di essere un torello. Fatto sta che appena smisi di chiedere lei incominciò
a cercare altri. Sarebbe interessante farla psicanalizzare. Sarebbe
interessante se non me ne fregasse nulla. Non la odio e non desidero che le
capiti nulla di male. Rimarrà sempre la madre delle mie figlie e loro
l'adorano. Non potrei mai pensare di fare del male a loro. E fare qualcosa a
lei equivarrebbe a farlo alle mie dolci piccole pesti. Semplicemente la
sopporto, ma mi è indifferente. Solo che così facendo vivo una vita finta.
Fuori ho la bella faccia da marito che va al lavoro per uno stipendietto che
serve solo a coprire le spese e in casa sopporto il suo sbraitare e arrabbiarsi
sempre per nulla che sicuramente nasce dalla sua infelicità interiore di stare
con me. Quindi siamo sulla stessa barca. Con la differenza che io remo senza
brontolare, mentre lei rema brontolando in continuazione. Quanto potrò
resistere?
Io
non l'ho mai tradita. Lei dice che è perché non ho mai avuto l'occasione
giusta. Io dico perché non l'ho mai creata l'occasione giusta. Senza contare
che a lei basta una maglietta scollata per crearsela, io dovrei corteggiare
spietatamente qualcuna perché si accorga della mia presenza. E non è detto che
riuscirei a concludere. Insomma lei è ancora una bella donna, io sono sempre
stato un uomo normale. Lei ha fatto una piccola carriera e guadagna pure più di
me. Io sono sempre stato il galoppino del capo che fa il lavoro schifoso mentre
lui ne prende il merito.
Detto
così mi sembro proprio una nullità. Mediocre nel lavoro, con le donne e forse
anche con la famiglia. No, con la famiglia no. Mi impegno a seguire le bimbe,
le ascolto quando chiedono qualcosa e mi mostro interessato anche quando mi
asciugano per raccontarmi gli intrecci dei primi amorini dei vari compagni di
scuola. Non so se questo basti a vincere il premio "papà dell'anno",
ma credo di non essere proprio scarso in quello. Inoltre non sottovalutiamo il
fatto che sono rimasto con mia moglie proprio per loro. Senza bimbe la casa, le
abitudini e i nonni non avrebbero prevalso sulla mia voglia di libertà.
Forse
dovrei provare veramente a crearmi un'occasione. Sarebbe giusto fare occhio per
occhio. O no? Sinceramente non saprei rispondere.
Max
riesce bene. Lui è un uomo normale. Nel senso che lui si propone, corteggia, ci
prova e ogni tanto gli va bene. Ma a lui piacciono tutte le donne. E' single e
ha sempre l'ormone a mille. Se respira per lui va bene. Non si lascerebbe
sfuggire una scopata facile. Io invece penso di essere un romantico
sentimentale. Lui dice che sono un pirla. Insomma io non riuscirei a fare del
sesso con una donna di cui non mi frega nulla. O questa è brava e mi stuzzica
parecchio per farmelo drizzare oppure mi si ammoscia. A me piace il gioco, i
preliminari, le carezze, i baci. Roba da froci mi hanno già detto. Eppure se
una bella sconosciuta si facesse trovare nuda sul mio letto non riuscirei a fare
nulla a meno che non fosse lei a stimolarmi adeguatamente. Sì lo so, sono un
mezzo uomo. Chiamatemi Frodo.
Comunque
per questo e anche perché sono piuttosto schizzinoso non sono mai andato a
puttane. Certo l'occhio si gira quando scorrono veloci ai lati della strada, ma
più che guardarle non ho mai fatto.
Però
quella di prima sarebbe da guardare meglio. Ma ora sono già troppo distante. Sarà
per un'altra sera. Ora mi butterò sul divano e poi tv tutta mia senza doverla
dividere coi programmi per ragazzi e quegli insulsi finti reality che veramente
mi fanno vomitare! Stasera un bel film! Magari uno con tanti begli effetti
speciali che fanno sempre quell'effetto un po' speciale. Gioco di parole. Da
pirla, direbbe Max.
Una
casa che solitamente è sempre piena di voci, rumori, disordine, urla (mia
moglie) e confusione fa una strana atmosfera vuota. Piacevole direi. E
godibile. Posso lasciare le chiavi dell'auto sul tavolino senza che spariscano,
posso lasciare le scarpe all'ingresso senza sentir sbraitare il mastino (sempre
Alessia), posso mangiare senza mettere la tovaglia. Posso anche mangiare
direttamente dalla padella stile Bud e Terence e magari davanti alla tv. Tanto
le bimbe non vedono e quindi non vogliono copiarmi con gli ovvi risultati che
potrebbero ottenere due marmocchiette che volessero imitare un adulto. Ad ogni
età i propri vizi: loro vanno a letto coi pupazzi e io invece mal sopporto di
dormire con mia moglie (ma solo perché brontola anche nel sonno, mi ruba le
coperte e si sveglia e sbraita se io facessi un minimo rumore o andassi in bagno),
io mangio e bevo sul divano e non sporco nulla e loro invece farebbero un danno
da falla in una petroliera. Insomma io posso. Sono grande e so stare attento.
Loro no. Ma secondo la mia dolce metà non capirebbero il discorso e quindi è
vietato per tutti. E io ubbidisco.
No,
non è che lei "porta i pantaloni". E' che sa rompere i coglioni come
un burocrate dietro ad uno sportello blindato.
A
volte mi è venuto il sospetto che possa essere così spacca-balle solo per
tirarmi i nervi al punto da farmi alzare le mani su di lei. Così potrebbe denunciarmi,
togliermi la casa, ogni diritto sulle figlie e levarmi ogni minimo avere.
Altrimenti non riesco proprio a spiegare il perché debba sempre essere così
dannatamente asfissiante. Su cavolate poi! Tipo le gocce rimaste fuori dalla
doccia o quando dimentico di portare giù la spazzatura. Mica muore nessuno. Non
l'ho fatto prima? Ok lo faccio adesso. C'è bisogno di incazzarsi? Alcune volte
per non riempirla di mazzate mi è capitato di uscire di casa mentre ancora
sbraitava. Ho preso la macchina e ho fatto un lungo giro. E quando sono tornato
mi ha fatto la domanda più classica e stupida che avrebbe potuto fare:
"dove sei stato?".
1
- Davvero te ne frega qualcosa?
2
- Poniamo che io ti risponda "in giro" perché in effetti è questo
quello che fatto, tu cos'altro diresti? "In giro così a sprecar benzina?
Bella roba. E perché?"
Perché
sennò ti avrei dato un paio di ceffoni così forti che ti avrebbero gonfiato la
faccia a tal punto da farti sembrare le tette piccole. "Ah! Molto maturo.
E' così che tratti una donna? E' la maniera di fare, andar via mentre stiamo
discutendo?" Io non tratto così le donne. Sei tu che in quei momenti non
sei una donna, ma una bestia e quindi vai trattata come tale. E poi non stavamo
discutendo. Eri solo tu che sbraitavi.
Questa
discussione non ha mai avuto luogo, l'ho solo immaginata. Semplicemente non ho
risposto al "dove sei stato" proprio per non dover ricominciare.
Sarà
per questo che ora la casa mi sembra così bella. Pacifica e silenziosa.
Ora
prendo due cosine dal frigo e poi tv. Il massimo della goduria!
Squilla
il cell. E' max.
-Pronto?-
-Uè!
Animale! Allora sei già in mutande a cantare come Tom Cruise?-
-No.
Ho voglia di silenzio e quindi di certo non mi metto a cantare. E poi non sono
un granché in mutande.-
-Ah,
perché vestito invece spacchi?! Senti neo-single provvisorio, ho incantato una
gallinella di lusso ieri e dice che stasera è fuori con un'amica. Che ne dici
di farmi compagnia? Ti dico subito che non si scopa, non è tipa da darmela
subito. Questa è sofisticata e ha pure studiato, però magari ci facciamo una
bella serata e ci divertiamo a sparar cazzate!-
-Ma
sono già le nove!-
-Dio
come sei vecchio! Appunto sono le nove! Mica le due di notte!-
-Ma
io domani lavoro.-
-Perché
io no? E forse anche le ragazze...-
-Ma
non mi va. E' la mia prima sera in pace dalla scorsa estate: fammela godere!-
-E
come te la godi senza gnocca? Pippe?-
-No,
film.-
-Porno
per farti le pippe! Dai vieni segaiolo che poi ti diverti!-
-Max,
non mi va, dai. Poi al solito l'amica sarà un mostro.-
-Ma
tu non sei quello romantico-intellettuale? E ti fermi così di fronte alla
banalità dell'aspetto esteriore? E poi che ti frega della faccia! Tette e culo
sono le cose importanti!-
-Sei
un animale!-
-Da
che pulpito! Guarda che dico sul serio: tu sei limitato. Dici sempre di cercare
di più in una donna e poi ti fermi sempre davanti all'aspetto estetico. Io
invece sono molto più profondo. Non mi limito a guardarle negli occhi, ma
procedo ad una profonda esplorazione interiore. Molto profonda. E' così le
faccio anche felici! Sai quante me ne son fatte di quelle che quelli come te
scartano a priori? E' grazie alla mia capacità di non fermarmi alle apparenze
che riesco a trombarmi anche i cessi. E loro sono felici! Perché gli ho dato
valore, mentre gli altri uomini le scansano. Vergognati! Maschilista ottuso.
Guarda dentro, no? Dentro le cosce intendo. Dai, allora vieni?-
-No.
Ma la cosa triste è che tu ci credi veramente a quello che dici.-
-E
perché non è forse vero che io mi trombo le cozze e tu invece le lasci sullo
scoglio? Io faccio loro del bene!-
-Max
dare un pisello ad una brutta non vuole dire fare del bene. Se vuoi fare del
bene limitati a mandare un sms quando c'è un terremoto.-
-E
quindi sei sempre meglio te? Che non le vuoi neanche conoscere?-
-Max
io non sono l'uomo migliore del mondo. Non sono neanche un grande filosofo che
riesce a carpire ogni sfumatura della vita, ma intanto non vengo perché non ho
voglia e ho solo voglia di starmene un po' in pace e non perché l'amica sia
brutta, e poi ti ricordo che io ci provo a sintonizzarmi con le donne e, anche
se non ci riesco, di sicuro non parto con l'idea di farmi una scopata. La donna
è di più: è un altro essere umano diverso da me, con una sua testa e un suo
mondo tutto da esplorare e scoprire. E' dialogo, è intesa, è passione, è...-
-E
se è un cesso non dialoga? Fa solo il rumore dello sciacquone? Guarda che te
sei più superficiale di me. E poi stai con quella che a parte le tette tu dimmi
che c'ha? Vabbè te saluto pippaiolo! Ciao!-
-Ciao
Max.-
E'
simpatico, non posso negarlo. Ma è realmente superficiale. A quarant'anni gli
interessa solo portarne a letto quante più può. Come un adolescente. Però
quando dice che io sono altrettanto superficiale mi fa pensare. Perché se è
vero che io non sono sessuomane come lui, è anche vero che non accetto la donna
non carina. Non serve che sia una modella, semplicemente trovo che proprio
l'essere donna includa un certo impegno verso la bellezza e la cura di sé. Una
donna bella che non si cura e si veste come un muratore non mi attira. Non è
donna. Una donna normale che invece ci mette un minuto in più a scegliere il
vestito da indossare, che si passa un filo di rossetto e cura le ciglia e che
sa chiedere aiuto ad un uomo quando deve prendere un pesante fustino al
supermercato, è quella la vera donna! E' quella che mi può interessare. Perché
non è un uomo e non cerca di esserlo. E non lo copia. L'uomo è uomo. La donna è
donna. Si possono anche avere degli interessi comuni, ma servono le differenze
comportamentali. L'uomo è rude. La donna è morbida.
Come
la carta igienica, direbbe Max.
Quanti
pensieri che mi vengono in mente in solitudine. Sicuramente è anche merito del
silenzio che mi circonda. Anche le orecchie hanno bisogno di riposo. Più di
quanto si pensi.
Forse è meglio che
smetta di pensare per stasera.
Capitolo II – Io: l’errore dei due mondi.
Ecco
lo sapevo! Senza mia moglie che mi dà il suo rozzo e freddo buongiorno, alzando
la tapparella e parlando a voce alta, mi sono alzato tardi!
Avrei
dovuto puntare la sveglia, ma sono così dannatamente complicate con mille
tastini piccoli che fanno diverse funzioni: la lingua, la data, il controllo
batteria, la temperatura (Fahrenheit o centigradi?)... Ma caspita! E’una
sveglia! Metteteci solo l'orario e fate che si possa programmare facilmente!
L'unica cosa intelligente che ha è la radiofrequenza, che in pratica vuol dire
che non devo aggiustare mai l'orario perché lo fa da sola via radio. Persino
quando c'è l'ora legale. L'ho comprata solo per quello. Peccato che puntare un
orario per farla suonare sia più difficile che comprendere Kandinsky. Metterla
sul cellulare è molto più semplice. Devo ricordarmi di farlo stasera. Ma allora
che l'ho comprata a fare la sveglia?
Comunque
ho fatto tardi al lavoro, e per il mio ruolo non va bene: non sarei d'esempio.
Un Senior Assistant Buyer della Supply Chain Management deve essere sempre al
top. Che figo che sono, eh?! Praticamente vuol dire che rispondo al telefono e
controllo le fatture della merce che l'azienda acquista. E devo pure verificare
che la merce arrivi e devo ricordarmi di riordinarla per tempo quando sta per
finire. Lo saprebbe fare chiunque abbia preso la licenza elementare, ma dirlo
così ti fanno sembrare che il tuo posto di lavoro sia un'esperienza di vita unica
e indispensabile, perché tu sei un pezzo irrinunciabile di un delicato processo
aziendale. Ti fanno sentire importante. Peccato che se dicessi il mio ruolo ad
un ignorante quello mi risponderebbe "ah, cavoli" senza aver capito
una mazza e se invece lo dicessi ad uno culturalmente più elevato risponderebbe
"e che vuol dire?". E peccato anche che, visto la mia importanza,
quell'inverno che ho avuto una maxi-bronchite e sono rimasto a casa ben dieci
giorni mi hanno sostituito con un interinale appena arrivato per fare un lavoro
di inserimento dati e questi non aveva idea di cosa io facessi. Ha fatto
qualche comprensibile casino, non perché fosse scemo, ma semplicemente perché
nessuno gli aveva spiegato cosa dovesse fare. Però il mio lavoro è andato
avanti lo stesso. Quindi sono importante e indispensabile quanto basta perché
chiunque possa prendere il mio posto. Una formica in fila nella raccolta delle
briciole. Altro che Senior Assistant e balle a seguire!
La
direzione della mia azienda è veramente squallida e altri impiegati che ho
conosciuto in altre aziende mi dicono la stessa cosa. Saremo noi impiegati ad
essere incontentabili o la direzione a essere così dannatamente approfittatrice
e annichilente?
Sono
convinto che se il mercato del lavoro fosse più onesto e offrisse realmente un
posto di lavoro comprensibile, sarebbe più in movimento e avremmo meno
disoccupati. Oggi molte persone che hanno un impiego insoddisfacente non
cercano nemmeno altri posti perché non capiscono cosa cerchino negli annunci!
Se un'azienda scrivesse "fattorino" anziché "delivery driver to
customers" o "autista di fiducia addetto al trasporto e consegna del
prodotto finito al termine della catena del processo produttivo", magari
una persona capace la troverebbero. E ho fatto un esempio semplice. Per i posti
impiegatizi è una vera battaglia a chi scrive più boiate con i titoli più complessi
e assurdi. Come se una segretaria fosse meno importante di una Manager
Assistant. Il lavoro è lavoro. E se tu guadagnassi diecimila euro al mese perché
sei il super-mega o novecento perché sei il mini-nulla ricordati sempre che
lavori: quindi sei un nulla comunque. Solo chi non lavora e ha di che campare
abbondantemente senza preoccuparsi del denaro è un figo! Che sia per merito suo
o meno non ha importanza. Chi invece è in coda al mattino con la Mercedes o la
Panda è comunque in coda. Se fosse invece su di una spiaggia caraibica a godersi
la vita allora...
La
sera esco un po' dopo dall'ufficio per recuperare il ritardo del mattino e
mangio un boccone da Mc Donald's, così non devo nemmeno prepararmi la cena. Un
sacco di gente dice che lì ti rifilano porcherie. Intanto sono porcherie buone,
costano poco, sono veloci e danno lavoro a mille persone. E inoltre non credo
siano porcherie. Porcherie lo sono nel senso che una patata fritta fa molto più
male al nostro organismo di quanto possa fare una patata lessa. Ma questo
ovunque, anche nel ristorante francese a cinque stelle. Quindi per me è
razzismo ingiustificato fomentato dai soliti guerrafondai comunisti anti-americani.
Io vado lì e stasera mi abbuffo di quelle golosissime porcherie! E poi in
macchina rutto libero da post-maxi-cola!
Non
ho mai capito perché mi piaccia tanto ruttare. L'educazione impone che non lo
si faccia rumorosamente in presenza di altre persone e devo dire che concordo.
Io infatti sono educato e non lo faccio. Ma quando sono solo trovo appagante
sfogarsi ruttando con le fauci spalancate e a gran voce. Credo sia meglio che
gridare allo stadio durante un derby. E' proprio liberatorio! Ti fa sfogare e
lascia lo stomaco più leggero: è una bella sensazione! La cosa strana e che poi
mi metto a ridere. Cioè faccio qualcosa di "proibito" e maleducato,
ma che mi fa stare meglio e poi mi metto anche a ridere dopo che la mia
sonorità ha rimbombato nell'ambiente circostante. Dovrei farmi psicanalizzare
per
questo.
Ma ho timore dell’esito.
A
pancia piena noto ancora che il serbatoio invece è vuoto. La spia gialla
lampeggia implacabile. Se insistessi ad andare in giro sicuramente rimarrei a
piedi. Avevo in programma di farla stamattina andando al lavoro, ma ero in
ritardo e quindi nisba. Devo proprio fermarmi al self, ma non ho contanti. Solo
carte varie. Speriamo che quelle macchinette maledette funzionino. Che poi,
dico io, perché non dovrebbero funzionare!
Secondo
me sono trucchi dei gestori per risparmiare il costo telefonico delle
connessioni tra macchinetta e banche! Ma fatevi una tariffa flat, pezzenti
tirchioni! Come se pochi centesimi vi cambiassero la vita.
Non
concepisco l'uso del contante nel terzo millennio: all'estero mi è capitato di
pagare un caffè con la carta di credito! Qui sembra un'utopia da usare solo se
fai acquisti costosi e saltuari. Io invece le adopero sempre. Non rischio
rapine e se perdessi il portafoglio verrei rimborsato. Prova un po' a perdere
duecento euro in contanti invece! Che incazzatura avresti? Il contante è il
denaro sporco, per i traffici illegali e le cose da nascondere. Come quelli che
vanno a donne di strada. Quelle mica ti fanno la ricevuta e accettano il
bancomat: devi pagarle in contanti!
A
proposito, sono in zona dove ieri c'era la zoccolona topolona presso il
distributore. Ne approfitto: faccio benzina e la sbircio per bene, se non l'avessero
già caricata.
Eccola
lì, c'è! Wow, è proprio bella e... cacchio! Meglio che guardo quello che sto
facendo: ho quasi preso la pompa!
Allora
vediamo la macchinetta che dice... Ecco: “bancomat fuori uso”. Ma siete delle
m... Gestori imbecilli! E ora che faccio? Però è proprio carina. Anzi più che
carina: è fine. Come farà una puttana ad essere fine? Boh? Eppure i movimenti,
come mi guarda, il sorriso... Sì, perché ha anche un sorriso. 'Sta poveretta fa
mercimonio di sé in mezzo alla strada di notte eppure mi sta sorridendo. Forse
dovrei smettere di fissarla: sembro un maniaco davanti ad una vetrina di intimo
femminile! Però è strano che con l'abbigliamento che ha, decisamente volgare,
riesca a mandarmi questa sensazione di finezza, di eleganza direi. E' una
principessa decaduta, una Cenerentola moderna. Chissà se mai troverà il suo principe
azzurro che la porterà via da quella squallida vita…
Oddio
viene qua! Che vuole?!
-Ciao
bell'ometto, ho visto che mi fissavi. Vuoi divertirti?-
-Chi?
Io? No, no! Cioè sì! Cioè, voglio dire, sì, ma no! Sì, nel senso che ti
fissavo, è vero, scusa... scusi! Ma no, non voglio divertirmi! Cioè non è che
non voglio divertirmi, a me piace divertirmi, io sono il divertimento fatto
persona! Ma non voglio divertirmi in quel senso, ora, con lei! Cioè non è che
non ho voglia perché lei è brutta... cioè sia brutta, cioè non è brutta, anzi è
molto carina... ma io, non mi va a me, ora, di divertirmi con lei perché io,
cioè...-
-E
cioè, cioè, cioè sei frocio?-
-Cioè
no! Io sono normale!-
-Quindi
i froci non sono normali? Perché loro scopano e tu no?-
-Ma
veramente io intendevo dire che...-
-Tranquillo
signor "cioè", era una domanda trabocchetto per stuzzicarti. Ma se
proprio non ne hai voglia... Queste non ti piacciono?-
Oddio
come si sta strizzando le tette!! Mi sto eccitando! Non me le ha neanche fatte
vedere, se le sta toccando da sopra la magliettina e lui è già su di giri di
brutto! E' una professionista!
-Oh,
sì che mi piacciono... tanto! Ma, cioè...-
Ho
detto ancora "cioè". E lei ride. Ha ragione: sono l'emblema
dell'imbranato! Che bel sorriso che ha. Cazzo! Sono un uomo! Basta fare la
figura dell'imbecille!
-Allora!
Mi scusi signorina se l'ho fissata, ma non sono solito usufruire dei servizi
che lei possa offrire e quindi le porgo un cordiale diniego. E' che sono
rimasto rapito dal suo volto e soprattutto sono rimasto senza benzina! Ora
questa stupida macchinetta non accetta il bancomat e io sono senza contanti e
sto pensando a come fare per risolvere la situazione!-
-Sei
rimasto rapito dal mio volto? Ma tu da che film sei uscito?-
-Probabilmente
dalle comiche!-
-Senti
facciamo così, io ti presto cinquanta euro, tu riempi la macchina, poi andiamo
insieme a cercare un bancomat e me ne restituisci settanta.-
-‘Sti
ca..voli! Il quaranta percento d'interesse in pochi minuti! Se mi dicesse dov'è
il bancomat penso di riuscire ad arrivarci e tornare e risparmierei venti euro.
I cravattari offrono tariffe migliori! Ha un passato come bancaria?-
-Dammi
del tu. Se continui con il lei potresti farmi credere che sono una persona.-
Dopo
questa frase qualcosa è scattato in me: lei è lì in piedi davanti a me, bella,
bellissima, con i suoi abiti volgari e il trucco pesante, ma continua ad
emanare quel non so che di eleganza che la distacca completamente dalle sue
colleghe, almeno credo, visto che non ne ho mai conosciute. Probabilmente si
distacca dall'idea che ho io delle prostitute. Eppure quella frase comprende
tutta la rassegnazione che nasconde dentro, la rassegnazione alla totale
mancanza di dignità, la rassegnazione a non essere più una persona.
Cos'è
mai una puttana? Un pezzo di carne senz'anima? Uno sfogo per bruti che invece
fuori si mostrano rispettabili al contrario di lei che è talmente inadatta ad
essere rispettata da non valere nemmeno la pena di parlarle con cortesia? Come
può una donna annichilirsi a tal punto da considerarsi solo una cosa inanimata?
-Va
bene, accetto!-
La
macchinetta ingloba voracemente la banconota e riempio il serbatoio. Poi le
apro la portiera e le faccio cenno di salire. Lei entra e fa una smorfia come
se il gesto di aprirle la portiera fosse qualcosa d'altri tempi, una scena da
film in bianco e nero.
-Allora
signorina, ah no! Scusa. Il "tu". Tu sai dov'è un bancomat qua
vicino?-
-Sì,
ma quello lo ha già scassinato il mio uomo ieri sera. Meglio cercarne un altro.-
Mi
sta prendendo in giro. Spero.
-Dai
simpaticona, seriamente, dov'è?-
-Meno
male che tu eri il divertimento fatto persona! Dritto e poi a sinistra.-
-Allora
il tuo uomo non l'ha ancora scassinato.-
-Io
non ho un uomo. Solo un aguzzino che mi sfrutta e mi dà le botte se non gli porto
abbastanza soldi.-
-Ah.
Ma... chi te lo fa fare?-
-Ah,
ma tu sei proprio il buon samaritano che vuole aiutare la gente! Ma lo sai che
alla gente non interessa di essere aiutata?-
-Sei
straniera? Ogni tanto hai un lieve accento.-
-Sono
albanese. Vengo dalla triste Albania.-
-Perché
triste?-
-Sei
mai stato in Albania?-
-No.-
-Ecco,
prima vacci. Poi me lo dici tu. Gira qua.-
Devo
dire che sto conducendo proprio una conversazione brillante... Cosa posso dire
di "normale"?
-Non
mi hai detto come ti chiami.-
-Non
me lo hai chiesto.-
Sì,
è vero, non gliel'ho chiesto. Però io mi sto sforzando di fare una normale
conversazione, ma lei mica mi dà una mano!
-Allora...
come ti chiami?-
-Debora.-
-Ma
Debora con...-
-Debora
senza la acca. Lo so che è più bello con la acca e fa anche più vacca, e quindi
sarebbe pure più adatto, ma il mio non ce l'ha. Lì, fermati: eccolo lì.-
E'
tanto che non faccio conversazione con una ragazza che non conosco... e si
vede! Tra banalità e luoghi comuni devo sembrarle proprio al pari dei suoi
clienti.
-Faccio
subito!-
-Fai,
fai. Intanto io fumo.-
-Non
in macchina, Debora! Detesto il fumo! Aspetta qualche minuto e potrai farlo non
appena ti riporto "in ufficio"!-
-Questa
era simpatica, sai? Ok, non fumo ora.-
Era
simpatica perché non so da dove mi sia uscita. Era spontanea. Avrebbe anche
potuto prendersela. Meno male...
-Ecco
qua: settanta! Complimenti per il tuo senso affaristico.-
-Non
è senso affaristico. E' sopravvivenza.-
-Debora
io non sono un brillante oratore, l'avrai capito, ma vorrei chiederti alcune
cose, se ti andasse di rispondere beninteso.-
-Tu
non sei mai stato con una puttana, vero?-
-Io?
No, mai!-
-Si
capisce quando uno è la prima volta. Vuole sempre parlare prima.-
-No,
calma, non fraintendiamo: io non è che voglio parlare prima. Io vorrei parlare
e basta.-
-Ok,
samaritano, vuoi sapere le tariffe? O se ingoio?-
Certo
che le ho fatto proprio un bell'effetto!
-No,
è che sono solo un po' curioso, sai, per me è un mondo nuovo. A proposito: non
mi piace che mi chiami "samaritano".-
-E
come ti posso chiamare? Mister cioè? Non mi hai mica detto il tuo nome!-
-Hai
ragione! Io sono Giosuè, ma gli amici mi chiamano Giò.-
-E
quindi io sarei tua amica ora e ti posso chiamare Giò?-
-No,
volevo dire che, in generale, chi mi conosce prima o poi mi chiama Giò e puoi
farlo anche tu, indipendentemente da quanto potessimo essere amici.-
-Quindi
io non sono tua amica?-
-Ma
che c'entra! E' che per me l'amicizia è importante e quindi proprio per questo
non deve essere data a tutti indistintamente!-
-Già,
meglio evitare di darla a una puttana.-
-Ma
non voglio dire questo! Era un modo di dire! Ma come sei indisponente! Dovresti
essere più diplomatica e cercare di accontentare il cliente per agevolare la
vendita!-
-E
quindi sei un cliente?-
-No,
non sono un cliente! Ma ho un'esperienza commerciale e so come trattare coi
clienti!-
-E
quindi io non so trattare bene coi clienti? Forse dovrei sorridergli dopo che
mi hanno fottuto e dirgli che a breve ricevono la fattura vidimata? O magari
potrei fornirgli un numero verde per segnalare il gradimento? Non so cosa hai
venduto tu, ma per quello che vendo io a nessuno gli interessa se sorrido o no.
Loro ordinano, usano e pagano. Il resto non conta.-
Ha
ragione. Volevo essere diverso e mi sono dimostrato pari e forse peggio dei
suoi clienti. Lei non è merce. E' una persona.
-Siamo
arrivati.-
-Allora
non vuoi proprio divertirti con me, samaritano Giò?-
-No,
grazie. Buon... lavoro.-
-Ciao,
Giò. Saluti alla signora.-
Come
fa a sapere che sono sposato? Non porto la fede. Meglio che vada.
Certo
che sono proprio un pirla. Oltre al fatto di non avere saputo proprio dare un
senso alla discussione, l'ho pure fatta sentire un oggetto. Poi mi faccio
sensibile alle frasi che dice. Bella sensibilità! Sono un cretino. Falso e ipocrita.
Volevo davvero fare il buon samaritano e sapere tutti i suoi guai per tirarla
fuori dal giro. Come se potessi risolvere con due chiacchiere il dramma di una
donna che si prostituisce. Sono pure megalomane, oltre che imbecille. Però ha
sorriso quando le ho detto "ti riporto in ufficio". Forse perché non
ci ho pensato. Quindi se penso faccio danno. Devo essere più spontaneo. Ma
spesso in passato la mia spontaneità è stata mal interpretata. E infatti ora
penso sempre un sacco prima di dire qualcosa. E dico lo stesso boiate.
Meglio
che smetta di pensare anche stasera.
Capitolo III – L’amicizia non si chiede: si offre.
Ieri
sera ho fissato il soffitto a lungo prima di addormentarmi. Ho pensato a mille
cose sulla povera Debora. Ha occupato tutto il pensiero serale, che di solito è
molto vario e spazia dalla buonanotte alle piccole, ai fumetti, a qualche
fantasia di rivincita lavorativa. Invece ieri era lei la protagonista del mio
pensiero. Non riesco a lasciar perdere la figura che ho fatto e a quello che
deve avere pensato di me. Io non voglio che mi reputi come penso mi reputi.
Dovrei fregarmene? A chi gli frega cosa pensa una puttana? Ed è proprio questo
che mi impedisce di fregarmene: a nessuno interessa il pensiero di una di
quelle! Io voglio essere diverso. Voglio interessarmi davvero a cosa lei
potesse pensare. E non lo voglio fare per fare il samaritano, ma perché dietro
a quel corpo c'è una persona. E un'anima. Un'anima vera con dei sentimenti e
che potrebbe anche soffrire. Come la mia, come quella delle mie bimbe e come
quella di qualunque altro essere umano. Non devo esserle amico per forza, né
devo trascinarla via dal marciapiede. Ma voglio che sappia che per me non è
solo un corpo e mi interessa che non mi giudichi l'imbecille che mi sono
dimostrato ieri. Può darsi che io sia lo stesso un imbecille, ma non quello
ieri. Sono un imbecille diverso. Come posso fare? Facile. Basta pensare che sia
una donna, non una puttana. Quindi ieri mi sono comportato da stupido e la cosa
da fare quando si commettono stupidaggini è chiedere scusa.
Stasera
torno da lei e mi scuso.
Non
c'è. Sarà di turno. Mi parcheggio un po' e aspetto.
Audi
Q5. Che macchinaccia da ignorante arricchito! Soldi buttati! Ma a che ti serve?
Ah,
eccola! Serve a caricare battone. Meno male che ho un'auto modesta!
-Debora!-
-Ciao
samaritano! Hai cambiato idea? Vuoi divertirti?-
-Sì
ho cambiato idea. Voglio divertirmi. E non chiamarmi samaritano. Sono Giò.
Piuttosto sai che Debora non mi è mai piaciuto? Fa tanto debosciato, debilitato…
E' avvilente! Non hai un secondo nome più carino?-
-Stai
facendo lo stronzo per vendicarti che ieri ti ho stuzzicato?-
-No.
Sto facendo lo stronzo, perché sono veramente così: stronzo.-
-Va
bene. Cosa ti va di fare?-
-Voglio
portarti al cinema.-
-Vuoi
farlo in un cinema? Guarda che se ci scoprono io finisco male, non sono
regolare qui. Appartiamoci in macchina, invece!-
-Non
hai capito. Ieri mi sono comportato male con te e volevo scusarmi e così ho
pensato di portarti al cinema. Per scusarmi e per divertirmi a guardare il
film, non a fare sesso. A me piace il cinema, e a te?-
-Vuoi
scusarti e vuoi portarmi al cinema a guardare il film? Senti se ti ho fatto
incazzare ora scazzati, ma non mi va di esser presa per il culo!-
-Io
non sono il tuo cliente classico che vuole solo il tuo culo. Io voglio
prenderti tutta, testa inclusa. Devi sopravvivere, no? Bene: io ti pago e tu
fai quello che dico. Quanto vuoi per stare con me tutta la sera diciamo fino
all'una circa?-
-Tu
sei scemo oltre che stronzo!-
-Quanto?-
-Trecento!-
‘Sti
cazzi! Speravo meno! Fanculo alle mie idee! Non bastavano dei fiori?
-Ok!
Sali: andiamo al bancomat a prelevare.-
-Di
un po', ma tu ti ecciti con le macchinette automatiche? In due sere due volte
al bancomat e una al distributore...-
-Mi
piaci. Siamo affini.-
-Cioè?-
-Sei
stronza. E dici pure "cioè".-
Il
bancomat mi ha dato solo duecentocinquanta euro. Glieli ho dati subito e le ho
detto che dopo mezzanotte avrei potuto prelevare gli altri cinquanta. Lei ha
accettato e mi ha chiesto che film volessi vedere. Le ho risposto: "Pretty
woman". Mi ha detto: "Fottiti!"
Andiamo
ad un moderno multisala. All'ingresso la guardano tutti, soprattutto le donne.
Il suo abbigliamento attira sguardi critici sparati come pugnali. Qualcuno è rivolto
anche a me, ma non è così intenso come quelli rivolti a lei. A me non frega nulla:
mi scivolano di dosso come pioggerella su di un ombrello. E' evidente che sia
lei ad essere fuori posto, è lei la colpevole, quella che si prostituisce, per
avere una vita facile, per sottrarsi al sistema che le imporrebbe di soffrire
otto ore al giorno in un ufficio, mentre così può fare meglio ciò che vuole. E'
lei e non io. Io rimango comunque rispettabile. Squallido, ma rispettabile.
Questo è quello che dicono a gran voce quegli sguardi.
Quanto
è facile sbagliare giudicando in fretta.
In
questo momento credo mi stia detestando e pensi che il mio scopo sia quello di
umiliarla. E' strano come si mostri spavalda e sicura alla luce di un
distributore di benzina dove si espone senza vergogna, mentre qui in mezzo a
tanta gente "normale" sembra quasi che tremi impaurita e persa, come
una condannata in attesa di lapidazione.
Pago
con la carta i biglietti e usciamo dalla folla che si accalca alla cassa. Mi
chiede di andare un attimo in bagno. Probabilmente una pausa dovuta per
risistemarsi dopo il contatto coll'arricchito dell'Audi.
Ci
mette parecchio, cominciavo a preoccuparmi, ma esce dal bagno con un trucco più
leggero, molto fine. Il viso ne è illuminato. Il contrasto con il suo
abbigliamento è forte. Forse dovrei dirle che sta benissimo così truccata, ma
forse è meglio che non le dico nulla. Non ho idea di come potrebbe reagire ad
un complimento. Magari poi crede che io voglia prenderla in giro. Meglio
tacere.
Nel
buio della sala la vedo molto più rilassata. Chi si nasconde non ha bisogno dell'approvazione
degli altri ed è libero di essere sé stesso.
Quanto
male possiamo fare senza accorgercene!
Ho
scelto un film di fantascienza. In genere le ragazze non amano questa
tipologia. Ma il film romantico non mi sembrava il caso, il poliziesco temevo
potesse suscitarle ricordi spiacevoli e il drammatico dal tema scottante lei lo
vive nel quotidiano. Rimaneva il cartone per bambini, magari sotto gli sguardi
delle mamme, o l'allegra fantascienza senza pretese.
Appena
seduti mi chiede del popcorn e una Coca, ma non ho contanti. Il bar accetta
solo quelli, al contrario della cassa. Misteri della direzione aziendale. Io
auspico sempre che nei posti pieni di contanti facciano una bella rapina, così
poi la smetteranno e incominceranno a capire quant'è meglio la moneta
elettronica! Comunque i soldi me li dà lei, ma vado solo io al bar, lei
preferisce non alzarsi per essere meno in vista. Rientro appena prima che
spengano le luci e lei sorride. Come una bambina che abbia ricevuto del popcorn
al cinema. Non ho mai pensato ci potesse essere un sorriso specifico per
ricevere del popcorn al cinema. Ma ora so che c'è.
A
fine film lasciamo uscire tutti, noi siamo gli ultimi. Credo che l'abbia fatto
per la solita ritrosia a mostrarsi ad un pubblico così diverso da quello della
strada, ma a me piace aspettare che il film finisca anche i titoli di coda: mi
hanno sempre infastidito le persone che appena terminata la scena finale si
alzano come impiegati a fine turno e corrono all'uscita! Cavoli! Il film è
fatto anche dai titoli e dalla musica e, a parte il fatto che hai pagato anche
quelli, se ti fosse piaciuto è un giusto riconoscimento verso le persone che ci
hanno lavorato e se non ti fosse piaciuto è l'occasione per segnarsi nomi da
non rivedere in futuro.
Mi
confessa che le è piaciuto. Sorride ancora. Mi sto innamorando del suo sorriso.
Ora è sinceramente rilassata e fuori dal suo solito mondo. Alla fine ho fatto
il samaritano senza volerlo. Speriamo che non se la prenda. Io volevo solo
scusarmi e farle passare una serata diversa, non pensavo di donarle la gioia
che le leggo in volto.
-Panino
con birra? Un gelato?-
-Panino,
birra e patatine! Ma tu puoi bere solo analcolici: devi guidare!-
-Da
quando ti preoccupi della legge?-
-Da
quando il mio vecchio "tutore", guidando ubriaco, ci ha fatto quasi
ammazzare a me e tre colleghe mentre ci portava "in ufficio", come
dici tu.-
-"Tutore".
Simpatica definizione. Credevo fosse sempre lo stesso un po' come i signorotti
ai tempi dei feudi: di padre in figlio, ma sempre in famiglia.-
-No.
Noi siamo merce. Gli accordi commerciali tra i vari gestori possono includere
pagamenti in merce. Però mi è andata bene. Questo non mi ha mai violentata e ho
una sera a settimana di riposo.-
"Mi
è andata bene" dice. Quant'è diversa la concezione di ciò che è bene o
male per ognuno di noi. Parla di violenza carnale come fosse uno shampoo in
ufficio e dice di essere merce e di avere ben una sera libera a settimana. E
questo è bene per lei. Ma c'è un'altra cosa: io non le ho chiesto nulla. Me lo
ha detto lei da sola. Questo mi dà l'impressione che cominci a fidarsi.
Il
panino è una schifezza. Pane bruciacchiato e duro, prosciutto scadente e conto
salato. Poi parlano male di Mc Donald's! Le patatine almeno sono decenti e con
abbondante ketchup. Mentre divora tutto non posso non notare che continua a
sorridere. Si potrebbe pensare che sia normale che una ragazza che esca la sera
a mangiare un panino dopo un cinema sia allegra, poiché normalmente un infelice
tende a starsene a casa propria chiuso nei suoi pensieri e non se va a zonzo.
Ma guardandola senti che è diverso. Lei emana felicità! Queste cose che per gli
altri, i "normali", sono semplici e a volte ripetitive, per lei sono
la quintessenza della felicità. Mi ricorda quando anni fa portai al cinema per
la prima volta Giulia: l'emozione e le aspettative che aveva contagiarono ben
presto sia noi genitori, sia i nonni che ci avevano accompagnato.
Avrà
trent’anni o poco più, ma ora sembra davvero una bambina.
Due
passi dopo l'orrido panino aiutano. Si accende una sigaretta e soffia il fumo
dalla parte opposta a me.
-E'
quasi mezzanotte: fra poco ti prelevo il resto.-
-Potevi
aspettare a ricordarmelo. Mi ero quasi dimenticata di essere una puttana.-
-Scusa,
hai ragione. E' che volevo iniziare a chiacchierare, ma non sapevo cosa dire.-
-Così
hai pensato che dopo avermi regalato una sera di normalità era meglio
riportarmi alla realtà?-
-E
dai! Ti ho chiesto scusa. Avrai capito che non cerco di fregarti o umiliarti.
Il mio gesto di voler uscire con te era sincero. L'ho fatto perché mi sentivo
in dovere di scusarmi per come ti ho trattata ieri.-
-Sei
carino. Se tutti gli uomini che mi hanno trattata male mi offrissero un cinema
dovrei passare lì dentro anni interi. Tu sei sposato, vero?-
-Sì.
Come lo hai capito?-
-Hai
un'auto familiare e non mi sembri il tipo sportivo che la usa per caricarci la
canoa. Poi la tua camicia è stirata alla perfezione. E poi anche per il fatto
che non sei solito parlare a una ragazza.-
-Sono
così imbranato?-
-Solo
quando ti sforzi di essere quello che non sei. Quando non ci pensi troppo non
sei antipatico.-
Lo
dicevo io che penso troppo.
-Beh,
ora non penso e quindi direi che c'è ancora tempo di andare in giro: che ne
dici del bowling? E' un sacco che non ci vado! Il gioco mi piace anche se non
sono bravo, ma detesto dovermi infilare quelle scarpe che usano tutti, io sono
piuttosto schizzinoso!-
-Sapessi
cosa devo infilare io! Due scarpe sono nulla!-
-Scusa.
Non ci ho pensato.-
-Lo
so. Me lo hai detto che non pensavi. Ma io ti ho anche detto che sei meglio
quando non pensi. Non scusarti: a me piace che dici le cose come vengono e non
pensi a quello che sono. Mi sto illudendo di essere normale stasera e mi piace.
Grazie.-
Mi
ha detto grazie. Non l'aveva mai detto. Di solito è una parola che dici mille
volte al giorno per qualunque cosa e a chiunque, per mantenere un normale rapporto
di cordialità e farsi accettare reciprocamente. Lei invece non me l'aveva mai
detto. Forse non accetta nessuno e nessuno accetta lei. Mi piace che me l'abbia
detto. Forse mi sta accettando.
Non
riesco neanche a finire di bearmi di una tale semplice cosa che un'auto con dei
ragazzotti passa rombando e qualcuno di loro la male apostrofa gridando a gran
voce volgarità.
Non
faccio a tempo a prendere fiato per gridargli dietro qualcosa io che l'auto è
già lontana. Per fortuna! L'unica cosa che mi stava per uscire era "figlio
di puttana"...
Ecco
ora i suoi occhi sono lucidi. Forse sta per piangere! Devo dirle qualcosa!
Pensa! Pensa!
-Ma
che gente maleducata! Ignoranti e rozzi! Mi piacerebbe dargli un sacco di
mazzate!-
-E
perché? Ha ragione. Sono una troia e si vede. E per questo vorresti dargli le
botte? Perché dice la verità? Non è bello ricevere botte, sai? Soprattutto
quando te le danno per niente.-
Ecco.
Ho pensato e ho detto altre cazzate. Ma possibile che non ce la faccio proprio
a dirne una giusta quando penso?! Ma che testa che ho!
-Scusa.
Non volevo dire che... Senti, ma visto che io continuo a dire cose stupide
perché non parli un po' tu? Raccontami qualcosa di te, ma qualcosa di bello, ti
sarà successo qualcosa che vale la pena raccontare! A me interessa!-
-Sì,
mi è successo qualcosa di bello. Questa sera ho guadagnato trecento euro senza
spogliarmi e sono stata al cinema a vedere un bel film!-
-E...?-
-E
basta. Tu mi hai detto di raccontare solo le cose belle.-
-...Andiamo
al bowling.-
-No!
Non mi va! Davvero. Là c'è tanta luce e tanta gente!-
Una
bambina al contrario. Lei ha paura della luce, non del buio. Come si fa a
passare una vita al buio?
-Ok.
Allora ti porto dove c'è tanto buio!-
-Tanto
buio? Dove andiamo?-
Mezzora
di strada e siamo in aperta campagna. Io ci vengo ogni estate, quando mia
moglie parte. Le serate limpide sono ottime per guardare le stelle su queste
stradine lontane dalle luci della città. Peccato che la mezza luna di stasera
sia troppo brillante: l'ideale è quando non c'è la luna. In quelle sere il
cielo nero è veramente tempestato di gemme brillanti. Una sera di qualche anno
fa ci avevo portato Alessia assieme alle bimbe e non c'era neanche uno spicchio
di luna. Era perfetto guardare il cielo quella sera! Ma tutto quello che ha
saputo dire è stato "Bello. Andiamo che è pieno di zanzare."
Da
allora ci vado da solo.
In
effetti però stasera sono contento che non sia completamente buio: la luce
azzurrata della luna mette in mostra i lineamenti del suo viso. Sono perfetti.
Se fossi un pittore la ritrarrei esattamente così: gli occhi rivolti al cielo,
il riflesso della luce che crea giochi d'ombre sul volto, i capelli che sembrano
risplendere come fossero spalmati di lustrini. Ma non sorride. Le labbra sono
chiuse in un'espressione malinconica e pensierosa.
Chissà
che pensa. Forse non va bene lasciarla pensare troppo. Magari le vengono in
mente tutte le brutte cose che deve aver subìto in passato e che sicuramente
l'aspettano domani. Magari pensa che mi sia innamorato e che le debba fare una
proposta! Non dovevo portarla in un posto così romantico! No. E' molto
concreta, sa che non è una favola questa. Magari ha un figlio e sta pensando a
lui. Magari crede che ora, forse, potrei... Magari è il caso che io smetta di
pensare e glielo chieda!
-Che
pensi?-
-Che
è magnifico. Ma le zanzare mi stanno mangiando viva! Andiamo?-
Beh,
almeno è durata parecchio più di mia moglie ed in effetti lei non è molto
coperta.
Durante
il ritorno parliamo del più e del meno. Come due persone normali. Le racconto
un po' di me, di Alessia e di come non vada bene tra noi. Quando parlo delle
bimbe cambia però subito discorso. La cosa deve ricordarle qualcosa di
spiacevole, ma non le chiedo nulla.
Lei
mi dice che non sopporta le zanzare, ma il freddo dell'inverno è molto peggio.
Stare ore in strada col gelo è molto più fastidioso delle zanzare e inoltre
qualche cliente non si accontenta di toglierle la gonna per fare quel che
vuole, ma pretende di spogliarla nuda per vederla bene perché ha pagato. Lì,
dice, è uno dei momenti peggiori e il freddo che sente fuori le arriva anche
dentro. E' avvilente oltre ogni limite e s'ingozza di vitamine per non
ammalarsi.
Mi
chiede di fumare abbassando un po' il vetro. Le dico di no. Io proprio non
sopporto il fumo. E poi non sopporterei quel po' di cenere che si potrebbe
spargere in giro per l'auto o, peggio, la sigaretta che possa cadere sui sedili
bruciandoli irrimediabilmente. Lei mi sorride. Credo che le sia piaciuto che le
abbia negato questa possibilità. Forse pensa che in fondo ho ancora un po' di
palle e non sono solo uno zerbino che dice sempre sì a qualunque richiesta. O forse
ha semplicemente pensato che io sia uno di quei matti maniaci che trattano
l'auto come un gioiello inestimabile e che passano la domenica a lucidarla. A
me piace tenerla in ordine e integra. Ma non ne sono schiavo.
Senza
volerlo il discorso finisce sul suo lavoro, ma ora non è reticente al dialogo.
Si sta raccontando senza cura. E' un racconto che sembra lontano, non dà
l'impressione di un dramma vissuto e tuttora in atto. E' un elenco di fatti
accaduti.
E'
cresciuta in un orfanotrofio, ma lei dice che si ricorda un po' di una che era
la sua mamma. Le pare fosse poverissima e per non farle soffrire la fame
l'aveva lasciata lì.
A
quindici anni l'hanno violentata e se la sono portata in giro prima per
l'Albania e poi come clandestina all'estero per farla prostituire. E' in Italia
da circa dieci anni e qualche volta cambia città a seconda delle necessità di
lavoro. Quasi come un manager.
Il
suo vecchio gestore la violentava spesso. Era una violenza "dolce",
nel senso che non la picchiava mentre se la faceva. Era come un cliente solo
che lui non pagava e anzi le toglieva tutti i soldi che lei guadagnava. La
picchiava solo quando ne aveva voglia anche se lei ubbidiva sempre e non faceva
nulla per farlo arrabbiare.
Quello
di ora invece è professionale perché non se l'è mai scopata. Ogni tanto le dà
qualche schiaffo, ma neanche troppo forte, perché teme di rovinare la merce.
Lei non si è mai ribellata. Ha troppa paura e tutto quello che le hanno fatto
in passato le è bastato per accettare e dire sì ad ogni richiesta che le venisse
fatta. Unica regola di oggi è: sempre il preservativo. In passato le è sempre
andata bene, a parte qualche infezione passeggera, ma il rischio è troppo
elevato. Ai clienti che non vogliono dice di trovarsene un'altra e, se insistessero,
dice che sono regole del suo capo e che eventualmente possono discuterne con
lui. Nessuno ha mai voluto parlargli.
E'
contenta del suo capo di ora. Si sente merce di valore con lui ed è vero che
vuole che si usi il preservativo. Si sente protetta da lui perché è molto forte
e pericoloso.
Praticamente
è peggio di Candy Candy!
Arriviamo
al distributore. Abbiamo parlato tantissimo in così poco tempo. E anche ora,
fermi in macchina, continuiamo. Parlo con una prostituta di tutto e niente e mi
sento così in sintonia che gli argomenti si legano da soli senza soluzione di
continuità. La cosa assurda è che con mia moglie non succede. Noi non parliamo
mai. C'è una comunicazione tecnica tra noi: "è finito il vino, vai tu a
prendere le bimbe, è arrivata la bolletta, è pronto in tavola..." Non
siamo una coppia: siamo un'azienda che divide i compiti necessari alla sua conduzione
tra i responsabili. E' una cosa tristissima. Almeno per me. Ma anche lei a
volte mi dice che non parliamo mai. E allora prova ad intavolare una
discussione che puntualmente rimane disattesa e finisce ancora prima di
cominciare. A volte ho pensato che dipendesse da me, che ormai non ho più la
voglia di ascoltarla. Che possa essere l'abitudine, la noia o una sorta di
apatia bloccante nei suoi confronti e allora mi sono sforzato di ascoltarla. Ma
non ci riuscivo per gli argomenti che trattava. Mi parlava del colore delle
pareti:
-Ok
allora sei stanca del bianco e pensi sia meglio un color pesca. Va bene.-
Fine
discussione. Non me ne frega nulla del colore delle pareti purché non le faccia
nere.
Allora
iniziava a parlarmi del mobiletto all'ingresso: quello che abbiamo non le piace
più. Perché? Boh? Non è nemmeno rovinato come ad esempio gli armadi, presi di
mira dagli adesivi che le bimbe appiccicavano ovunque. Comunque un mobiletto
d'ingresso all'Ikea costa poco e ne ha già visto uno che ci starebbe bene:
-Ok,
compralo.-
Fine
discussione.
-La
casa della mamma della tale amichetta è vicina al parco giochi e quindi lei ha
sempre molto rumore e stava pensando di fare cambiare i serramenti con altri
con i vetri maggiormente insonorizzati.-
-Ok,
fa bene. -
Fine
discussione.
E
fine del dialogo.
Non
riesco a trovare nulla che mi interessi in tutto quello che lei dica!
Per
lei è diverso: qualunque discussione possa iniziare io finisce sempre con delle
critiche. Una volta le ho detto:
-Sai,
ho pensato di cambiare auto!-
-Perché?
Cos'ha che non va quella che abbiamo ora?-
-Nulla,
ma mi sono chiesto a cosa ci serva ormai una station wagon. Le bimbe sono
cresciute e non giriamo più con passeggini e valigione. E' sprecata e consuma.
Mi piacerebbe comprare una Smart elettrica.-
-Una
Smart elettrica?! Ma noi siamo in quattro!-
-Sì,
ma la uso sempre io da solo. E quella volta all'anno che vi raggiungo al
villaggio per poi tornare conviene noleggiarne una piuttosto che pagare bollo,
assicurazione e manutenzione della nostra.-
-Ma
sei fuori?! E poi perché elettrica? Ma funzionano le auto elettriche? Non si
fermano dopo pochi chilometri?-
-Ha
oltre centocinquanta chilometri di autonomia. Ho visto che io in media non
arrivo neanche a cinquanta al giorno.-
-E
quanto costa?-
-Circa
ventimila euro.-
-Ventimila
euro per una scatoletta a due posti?!-
-Beh,
ma poi non paghi più il bollo e la benzina, e l'assicurazione è più bassa. E
poi non devi pensare solo al denaro! Il denaro serve per agevolarci la vita,
non per renderci suoi schiavi! Sono solo soldi.-
-"Solo
soldi" dice lui! Come se crescessero sugli alberi! Guarda, scordatela!
Questa è un'altra delle tue idee del cazzo! Tu ogni tot anni devi cambiare
macchina! Quando ti ho conosciuto avevi un'utilitaria. Dopo due anni l'hai
cambiata con una berlina in vista di un futuro insieme con figli. Poi, quand'è
nata la seconda, sei passato al monovolume perché avevamo bisogno di più spazio,
ma il monovolume non era stabile e appena hai potuto l'hai cambiato con la
familiare! E ora vuoi una Smart! Hai la crisi del ragazzino che arriva dopo i
quaranta e pensi che un'auto da sbarbati ti faccia tornare giovane? Scordatela!-
Fine
della discussione.
Lasciando
perdere giusto o sbagliato è proprio l'approccio che pone nei miei confronti
che è indisponente e inibisce ogni possibilità di continuare un dialogo civile.
Con
Debora è diverso. Lei comunica. E' un piacere ascoltarla e farsi ascoltare da
lei. Razionalmente penso possa dipendere dal fatto che siamo due sconosciuti e
quindi sia normale trovare mille argomenti da portare avanti. Quando sono anni
che ti conosci invece potrebbe essere che non si abbia più nulla da dire. Però
è triste questa cosa. Non è possibile che si esauriscano gli argomenti col
tempo. Di argomenti se ne creano di nuovi ogni giorno, possibile che molte
persone sposate non ne trovino di adatti per parlarsi? Secondo me c'è anche
qualcos'altro. Ci deve essere un certo feeling, uno stimolo. Meglio:
un'affinità. Che con mia moglie non c'è più e forse non c'è mai stata.
-E'
l'una passata. La mia pausa è finita: devo tornare al lavoro. Ciao Giò.-
-Ah!
Così?-
-Perché?
Come doveva essere? Vuoi che perdo una scarpetta?-
-Quelle
non sono “scarpette”! Sono una schifezza da mercato! Veramente orrende e di
cattivo gusto!-
-Distinguono
il mio ruolo. Ciao samaritano Giò. Mi ha fatto piacere conoscerti.-
-...Debora!-
-Sì?-
-Non
ti ho dato gli altri cinquanta!-
-Lo
so. Volevo solo vedere fin dove sei onesto.-
-E
fin dove lo sono?-
-Oltre
ogni limite sensato. Devi pensare un po' di più a te: sei troppo buono. Ciao
bellino!-
Sono
troppo buono. L'ho sempre pensato. Ma non ci ho mai creduto veramente. Il non
esser maligno o cattivo non mi identifica necessariamente con l'essere buono.
Probabilmente ho sempre pensato che fare la parte del buono mi avrebbe portato
meno rogne che avere tutti contro. Una specie di convenienza egoistica: se
facessi il cattivo avrei tot rotture di scatole, se facessi il buono ne avrei
meno. Quindi faccio il buono per convenienza personale, non perché lo sia. Ma
alla fine non è così. Facendo il buono gli altri si sono sempre approfittati di
me e l'ho sempre preso in quel posto senza lamentarmi. Lo vedi che sono frocio?
Vabbè: devo smettere di fare il buono e devo iniziare a fare il cattivo. Okay.
Ma comincerò domani con qualcun'altro: non voglio approfittarmi di questa
disgraziata.
Metto
in moto e schizzo al bancomat. Prelevo settanta euro e torno indietro a razzo.
Meno
male è ancora lì.
-Debora!-
-Ah,
ma tu ti sei proprio innamorato di me! Cosa vuoi?-
-I
tuoi cinquanta! Più altri venti per i popcorn e il resto.-
-Certo
che non ci sai proprio stare lontano dalle macchinette! Va bene. Li prendo, non
vorrei che ti offendi.-
Offendermi?
Oddio forse sono io che l'ho appena offesa! Sono tornato indietro in fretta
solo per darle altri soldi! Quanto sono pirla! L'ho trattata ancora proprio
come una troia!
-Debora...-
-Sì,
Giò?-
-Senti...
io non sono l'uomo più divertente del mondo e nemmeno il più intelligente che
capisce al volo le persone o le cose, ma...-
-Ma?-
-Ti
va se qualche volta uscissimo a far due passi, una chiacchierata o un altro
film? Magari anche con un amico mio!-
-Mi
stai chiedendo di fare una cosina in tre?-
-No,
no! Niente lavoro! Non ti pagherei. Magari ti offrirei una bibita. Solo tu ed
io e forse questo mio amico con una sua amica. Una sera normale, come questa.
Quando tu hai la sera libera intendo. Che fai sennò quando hai la sera libera?-
-Guardo
la tv.-
-E
non ti andrebbe di fare altro? Così, come amici. Semplici amici. Non cerco
altro.-
-Io
non ho amici.-
-Ora
sì, se lo vuoi-.
Mi
guardava con diffidenza, con molta diffidenza. Stava cercando di capire dove
fosse la fregatura, cosa volessi combinarle. Ma alla fine ha voluto darmi
fiducia: mi ha dato il suo numero!
Mi
sento un ragazzino! Forse ha ragione Alessia: dopo i quaranta vuoi tornare a
fare le cose che facevi da adolescente. Ti impegni e sforzi per crescere e
diventare adulto e poi vuoi tornare all'età della stupidera, a uscire con gli
amici ed una ragazza. Che poi io una ragazza ce l'ho già. Non potrei voler
uscire con lei? No. Non mi va proprio. Non c'è dialogo, affinità. Affinità...
io sono affine ad una troia. Se lo dicessi in giro mi direbbero che è molto
offensivo e umiliante. Credo proprio di sì. Ma per lei.
Capitolo IV – La febbre della domenica sera.
Che
lavoro palloso! Carte, telefonate e pc. Che noia! Ma almeno ho l'aria
condizionata e nessuno mi picchia. Io sto chiuso in quest'ufficio otto ore al
giorno, nove con la pausa, e mi lamento. Debora invece se ne sta in strada
sotto a sole, caldo, pioggia o gelo ad aspettare squallidi uomini e qualcuno
sarà pure sporco e puzzolente! E quando arrivano deve anche essere felice di
portare soldi "a casa"! Chissà dove vive? Spero che almeno sia un posto
pulito con un bel bagno dove possa rilassarsi e ripulirsi da tutto lo schifo
che si sentirà addosso. Adorabile, povera ragazza. Mi piacerebbe aiutarla, ma
cosa potrei fare?
Magari
le fa piacere se le telefono un po'! No. Forse è meglio di no. Forse sta
lavorando o forse è col suo capo e se scoprisse che c'è un uomo che le telefona
magari s'incazza e la mena. Ecco! Le mando un messaggino! No, troppo da
adolescenti. Che fortuna che hanno però gli adolescenti di oggi: cellulari,
messaggini, internet, chat... e motorini fighi. Quando ero al liceo io avevo un
cavolo di Garelli a tre marce con i freni a tamburo e il carburatore! Mica 'sti
turbo scooter supertecnologici! Noi per chiamare una ragazza dovevamo farci
dare il numero di casa e puntualmente rispondeva la madre e dovevi fare tutto
il gentile:
-Buongiorno
signora, sono Giò, un amico di sua figlia, è in casa?-
-Giò
chi? Mia figlia non conosce nessun Giò!-
Ma
cosa ne sai te di chi cacchio conosce lei?! Ma le stai tutto il giorno
attaccata addosso? Sei la sua piattola d'ordinanza? Quando rispondeva il padre
poi si metteva giù di fisso. Tanto non si poteva ancora sapere di chi era il
numero che chiamava. Per non parlare delle cabine telefoniche! Che incubo! La
metà erano guaste o vandalizzate, tutte sporche e non avevi mai il gettone! E
puntualmente o non era in casa o era occupato! Un'angoscia comunicare negli
anni ottanta!
Oggi
è tutto molto più facile. Mi piace la tecnologia. I giovani sono molto più
fortunati, istruiti e aperti. Peccato che non tutti sfruttino a dovere queste
possibilità e si limitino a fare le boiate che facevamo noi. Cambia la
tecnologia, ma la stupidità no. Gli adolescenti sono dei cialtroni. Di qualunque
generazione.
Sì
però io voglio contattarla. Che faccio? Senti un messaggino non sarà mica la
fine del mondo! Lo legge quando ha tempo e risponde senza fretta. Lo faccio
semplice, vediamo...
"Ciao
sono gio. Volevo sapere quando 6 libera per uscire."
Allora
il "6" scordiamocelo subito: è veramente ridicolo e infantile. Poi
così è proprio freddo: sembro un cliente!
Facciamo
finta che... No! Non faccio finta di niente! Io voglio solo sapere come sta e
quando ci rivedremo! Sincerità e semplicità! Come con gli amici!
"Ciao
sono gio. Come va? Ho voglia di vederti, mi sono divertito ieri. Un
abbraccio." Invio.
E
ora si torna al lavoro. Tanto lei sarà impegnata e risponderà chissà quando.
BIP!
BIP!
Cavolo.
Non me l'aspettavo così veloce! Però lo desideravo. Che dice?
"Domenica
alle 21. Va calda. Anchio mi sono divertita :-)"
Mi
ha mandato un sorriso! Adoro il suo sorriso! Anche quello virtuale di un sms. E
ha scritto "21" non "9". Denota precisione, mi piace. Ma
dove la devo andare a prendere? Al distributore?
"Dove
ci vediamo? Al distributore? O hai la macchina tu?" Invio.
BIP!
BIP!
"XD
si certo ho la macchina la patente e pure la tessera sanitaria! 6 troppo
divertente! Davanti al tabaccaio che trovi 500 metri dopo il tuo amato
bancomat. Tranquillo li cè anche la macchinetta delle sigarette! Ciao ;-)"
Sono
proprio scemo. Mi ha detto che non ha documenti e le chiedo se avesse
addirittura una macchina. E sfotte pure. E ha usato il "6". Devo risponderle
a tono o meglio evitare di fare altre figure?
":)
ok. Allora a domenica." Invio.
Meglio
evitare.
Domenica
sera. Passo a prendere Max e la sua nuova amica. Stamattina ho avvisato Debora
che ci sarebbero state altre due persone. Mi ha detto solo di non dire cosa fa.
-Ehilà,
vecchia canaglia! La moglie non c'è il maiale esce dalla stalla?-
-Ehilà,
giovane pirla! Come stai?-
-Lei
è Sandra.-
-Ciao!-
-Piacere...
Giò.-
Che
bella donna! Non è da Max. Chissà come ha fatto?
-Giosuè,
vero? Hai un nome particolarissimo, sai? Come il grande poeta!-
-No,
è da grande pirla, Sandy! Adesso che lo conosci vedrai! Dai monta che andiamo a
prendere "Debborah" con l'acca! Oh, non pensavo che rimorchiassi!-
-Intanto
non ha l'acca e ha una "b" sola.-
-Lo
so, è che "Debborah" fa più maiala vogliosa!-
-Max
ti pregherei di evitare certe battute davanti a lei, per favore.-
-Ecco
lo sapevo: ti sei trovato un'altra bigotta che per hobby fa i centrini di
pizzo!-
-Max
davvero: è una persona molto sensibile e particolare. Non trattarla come sei
solito
fare.-
-Uh!
Il frustrato si è innamorato? E perché mai? Come tratto di solito io le
persone?-
-Giò
ha ragione, Max. Sei un po' troppo esuberante e non tutti apprezzano i tuoi
sproloqui.-
-Sì,
sì. Mi dite tutti che sono troppo spiritoso, ma senza di me la festa langue!
Vamos!-
E'
stata una bella serata!
Siamo
andati a prendere Debora. Era bellissima ed elegantissima, fine come poche!
Aveva un vestito lungo più adatto ad una serata di gala che ad una uscita fra
amici. Disse che aveva solo quello. Io ci ho creduto. Max e Sandra hanno
pensato subito che l'avesse fatto per farsi notare. Comunque ha ricevuto i
complimenti da tutti noi, anche se quelli di Sandra sono stati un po' di
circostanza. Era evidente che questa sconosciuta le avrebbe tolto parecchia
luce nonostante lei sia decisamente affascinante e di classe. Sicuramente è
abituata ad essere lei giustamente al centro dell'attenzione.
E
Max, dopo aver visto Debora, ha cambiato subito il suo tipico atteggiamento da
burlone senza speranza per diventare un perfetto cavaliere gentile e attento ai
suoi bisogni. Sandra intelligentemente non ha creato né astio, né competizione:
era una serata tra amici, lei non sta con Max e nessuno, almeno ufficialmente,
era a caccia di dote e quindi anche se un'altra donna le ha completamente
rubato la scena lei ha continuato a partecipare attivamente alla serata. Non
tutte le donne saprebbero adeguarsi così bene, senza evidenti invidie.
Max
stava appiccicato a Debora e sembrava un micetto che si struscia contro chi ha
in mano i croccantini e Sandra ed io siamo finiti spesso per intavolare
chiacchiere tra noi mentre gli altri due si isolavano senza accorgersene. Ma
con Sandra mi sono trovato bene.
Debora
era visibilmente emozionata. Mi ricordava molto la mia primogenita quando,
all'età di nove anni, uscì "da sola" per la prima volta di sera per
andare in pizzeria con i suoi compagni di classe alla fine dell'anno scolastico.
Il suo atteggiamento era timido quanto bastava per farla sembrare in tutto una
persona “normale”. L'esatto opposto della grinta sicura e volgare che mostrava
quand'era in tenuta da lavoro.
Sicuramente
è stata la sua prima uscita “normale”, con gente “normale” e che non sapeva chi
fosse. Il suo splendido sorriso sembrava stampato sul volto: in tutta la serata
non c'è mai stato un momento in cui si è intristita, al contrario dell'altra
volta, quando malinconia e una tristezza profonda si alternavano a momenti
allegri. E' stata brava anche a mentire quando Max le ha chiesto che lavoro
facesse. Si è inventata un umile lavoro di pulizie notturne, come avviene in molte
aziende. Astutamente questo le ha consentito di rifiutare i pressanti inviti di
Max a passare insieme altre serate.
Max
ha ottenuto comunque il suo numero di telefono e la promessa di vederla ancora
in futuro.
A
tarda serata ho riaccompagnato Sandra e Max. Se avessi portato prima Debora,
Max avrebbe insistito per accompagnarla fin sotto casa e lei si sarebbe trovata
in imbarazzo: probabilmente non abita vicino a dove ci ha dato appuntamento e
di certo non avrei potuto lasciarla in strada maleducatamente. Infatti quando
li ho fatti scendere lui si è raccomandato di verificare che Debora fosse al
sicuro prima che io riprendessi la strada di casa.
"Finalmente
soli" ho pensato mentre la riaccompagnavo. Mi sono reso conto che tutta la
serata io ero rimasto in attesa di poter parlare liberamente con lei,
nonostante Sandra sia estremamente di buona compagnia. Ora il sipario delle
menzogne poteva aprirsi e la libertà di dirci tutto senza timore di essere
scoperti ha fatto sì che parlassimo per tutto il tragitto.
Mi
ha detto dell'abito, che le era stato regalato dal suo boss per un servizio
particolare per il quale aveva dovuto accompagnare chissà chi in un posto
elegante prima di finirci a letto e che era veramente l'unico abito elegante
che aveva. Gli altri erano o da lavoro o troppo sportivi.
Mi
ha detto che si era veramente divertita e Max era molto simpatico e le sarebbe
piaciuto uscirci ancora.
Mi
ha detto che era strano essere trattata con gentilezza e rispetto da un uomo.
Mi
ha detto anche che le dispiaceva di avermi lasciato un po' in disparte, ma che
Max l'aveva travolta di attenzioni e lei non aveva saputo resistere.
Io
le ho risposto che non aveva importanza: a me interessava che fosse lei a
divertirsi. Io avrei potuto farlo in ogni momento. Lei mi ha guardato e ha
riso.
Mi
ha detto che non dovevo fare il samaritano e non era vero che io avrei potuto
divertirmi in ogni momento visto che aspettavo quei quindici giorni d'estate
quando mia moglie non c'è per farlo.
Era
bello parlarle. Tirava fuori aspetti di me evidenti, ma che non avevo mai
notato. Non lo faceva per rimproverarmi o con fare saccente o presuntuoso.
Qualunque cosa facessi o dicessi lei la commentava, in bene o in male, ma
sempre priva di giudizio. Che io fossi giallo o blu a lei andava bene comunque:
riusciva ad abbinarsi con gusto ed eravamo sempre in sintonia.
Si
è fatta portare ad una stazione del metrò e, prima di salutarmi, mi ha invitato
a scendere di sotto perché c'era un distributore di bibite nuovo fiammante:
-Se
vuoi provarlo...-
Mi
piace essere preso in giro da lei.
In
quest'ultima settimana le ho mandato diversi sms al giorno e lei mi ha sempre
risposto. A volte non subito, ma non ha mai mancato. Ieri l'ho anche chiamata e
mi ha risposto. Volevo farle un saluto veloce e all'improvviso è caduta la
comunicazione. Era finito il credito: durata ultima chiamata trentaquattro
minuti! In effetti avevo l'orecchio un po' cotto…
Mi
ha detto che Max è molto insistente e la cerca sempre. Vuole uscire con lei
sola, ma lei ha paura: non vuole dirgli chi sia veramente. Mi ha chiesto di
fare ancora un'altra serata insieme che con me che le copro un po' le spalle è
più facile. Dice che ha comprato dei vestiti "normalmente eleganti"
apposta. Chissà cosa vuole dire. Probabilmente sono vestiti non sportivi e non
da gran sera. La giusta via di mezzo.
Naturalmente
ho accettato: con lei ci sto bene e Max non vede l'ora. L'unica era Sandra a
non essere troppo convinta, ma non aveva di meglio da fare e non si è fatta
pregare. Inoltre sarà l'ultima sera "di libertà": fra tre giorni
inizio le ferie e raggiungo la famiglia al villaggio.
La
serata scorre come l'altra. Solo che stasera è Sandra ad essere più elegante e
sofisticata, un vero spettacolo per gli occhi! Che femmina! Gli sguardi sono tutti
per lei! Soprattutto i miei.
Max
e Debora sono sempre un po' più tra loro che con noi, ma Sandra discorre con
intelligenza ed è una piacevole compagnia. Ha tutto quello che un uomo possa
desiderare: fascino, intelligenza, cultura, simpatia, tanta femminilità e il giusto
pizzico di malizia. In più è bella e stasera con quel vestito da star è un vero
sogno! E' un delicato massaggio per gli occhi, per il cuore e il cervello.
Le
chiedo come mai una donna piacente e colta come lei non abbia una fila di aspiranti
accompagnatori. Mi risponde che gli uomini che ha frequentato si sono sempre
interessati poco alla sua testa, compreso il suo ex marito, e quindi quando Max
si è fatto avanti senza mascherare i suoi scopi, come invece hanno fatto i suoi
ex, ha voluto fare un po' la parte dell'oca che sta al gioco senza arrivare in
fondo per provare a vedere se questo potesse essere un modo divertente di
passare una serata spensierata sfruttando un po’ l’intraprendenza di Max a suo
vantaggio. Ma dice anche che lui è divertente, però non lo trova adatto a sé: è
un dialogo a senso unico. Parla spesso di sesso e di piccole amenità e fa
battute volgari, non che ci sia nulla di male anzi la fanno ridere, ma per lei
c'è bisogno d'altro e non riesce a staccare completamente il suo cervello.
Vuole di più da un uomo. E quelli disponibili e di "adeguato rango"
dopo un po' la trovano troppo invadente, nel senso che avendo anche lei tante
carte da giocare rischiano di perdere il ruolo di protagonisti a cui sono
abituati e di passare in secondo piano nella coppia e nella vita. Insomma il
maschio vuole sempre essere dominante e dimostrarlo. Inoltre ha quasi
quarant'anni e più passa il tempo più teme che dovrà accontentarsi per non
rimanere sola. Si è persino iscritta ad un sito di incontri, ma finora ha
rimediato solo affamati in cerca di sesso. Almeno Max non si è nascosto dietro
false pretese ed è stato subito chiaro su cosa volesse.
Credo
di capirla.
Poi
ha aggiunto: "Peccato tu sia sposato."
Lo
considero un gran complimento! Non ricordo di aver mai ricevuto apprezzamenti
da donne di una certa classe. Per la verità non ricordo nemmeno di averne
conosciute tante di donne di classe. Frequento ambienti troppo popolani.
Debora
e Max finiscono anche col ballare. Io e Sandra non ce la sentiamo di scatenarci
in un'improvvisazione di mosse a caso, visto che entrambi siamo un po' negati
per il ballo. Ma al momento dei lenti la invito: non occorre un corso per
abbracciare una donna con affetto e fare qualche giravolta. Lei accetta e devo dire
che sento una strana emozione. Non abbraccio una donna da anni, a parte qualche
parente. Dopo un po' appoggia anche la testa sulla mia spalla. La stringo più
forte. Lei è sola e ne ha bisogno. E anch'io. Spero non si accorga che sono
anche eccitato, non vorrei sembrarle come Max, non voglio farle pensare che io
possa ritenerla solo una possibile scopata.
Che
brutto considerare intelligenti o sinceri solo gli uomini ai quali non sale! Un
po' come le donne che vengono considerate facili o stupide in base a vestiti o
bellezza. Entrambi i sessi sono ghettizzati dagli stereotipi. Io non ho
intenzione di fare sesso con Sandra, ma stringerla vicino a me così comunque è
piacevole e il suo profumo aiuta a lasciarsi andare a qualche pensiero oltre
l'amicizia. Trovo sia normale essere eccitato.
Quest'idillio
è bruscamente interrotto: vedo Debora scappare via con Max che la insegue.
Prendo Max per un braccio e lo blocco:
-Ci
penso io!-
Rincorro
Debora, mentre Sandra si preoccupa di calmare Max.
Appena
l'ho raggiunta lei singhiozzando mi dice qualcosa che ad un primo ascolto può
solo far sorridere: lui le si è avvicinato di scatto e l'ha baciata. Un bacio,
solo un bacio. Anzi un tentativo di bacio, finito a metà, e si è scatenata la
bufera. Ma quando smetto di pensarla come una ragazzina e l'ascolto col cuore
percepisco tutto il suo imbarazzo e il suo dolore profondo.
-Io
sono una puttana! Una puttana, capisci?! Gli uomini a me mi pagano per fare
sesso con loro! Io sono una persona brutta! Brutta e sbagliata! Lui non lo sa!
Lui crede che io sono normale, come te e come lui e come Sandra e come gli
altri qui dentro! Lui cerca l'amore e crede di trovarlo dentro di me! Ma dentro
di me non c'è amore, non c'è mai stato! Non ci può essere! A me nessuno mi ama
e nessuno mi può amare! Io sono solo una puttana, una puttana senza speranza!-
Quanto
sta piangendo. Sta piangendo proprio come una fontana. Dio quanta tenerezza fa!
L'abbraccio forte e lei soffoca i suoi singhiozzi contro la mia spalla. Mi sta
infradiciando la camicia, ma non importa. Non voglio smettere di stringerla,
non voglio che niente e nessuno possa staccarla da me ora.
-E'
colpa tua, Giò! E' tutta colpa tua! Perché sei venuto da me? Perché mi hai
trattato come una persona? Io sono solo una puttana!-
-Ti
prego smettila di ripetere quella parola! Quello è solo un ruolo. Tu sei ben
altro. Tu sei una persona e una persona splendida, vera. Una bellissima persona
e non solo fuori. Il tuo è solo un mestiere, non sei tu. Dentro non sei così.
Dentro hai rinchiuso tutto l'amore che avresti voluto donare e che nessuno ti
ha mai concesso di far uscire. Dentro sei così piena d'amore che... che è per
quello che le tette ti stanno scoppiando!-
E'
scoppiata a ridere. Ride e singhiozza di pianto insieme. Meno male. E' andata
bene. Avrebbe potuto incazzarsi di brutto e invece si sta calmando.
Max
e Sandra si stanno avvicinando. Faccio cenno di aspettare lì.
-Coraggio
Debora, conosco Max: non se ne avrà a male se inventassimo una scusa e gli
dicessimo di aspettare che non è il momento. Prendiamo un po' di tempo, poi
vedremo con calma, okay? Ora torniamo da loro e se volessi stare ancora un po'
lontana da Max approfittane per rifarti il trucco.-
Annuisce
e ancora abbracciati camminiamo verso di loro.
-Allora:
tu ti sei appena mollata con uno con cui sei stata insieme per un anno e non
riesci ancora a dimenticarlo. Così va bene?-
-Sì,
va bene.-
Max
è imbarazzatissimo: non è certo la prima volta che riceve un rifiuto, ma
nessuna ha mai reagito così ad un suo tentativo di bacio! Un paio di volte ha
anche rimediato uno schiaffo, ma che lei scappasse via non gli era ancora
capitato.
Debora
va al bagno e Sandra l'accompagna. Io racconto a Max la balla prestabilita e
lui ancora imbarazzato e anche un po' sconvolto si reca al bancone e ordina
qualcosa.
Il
resto della sera rimane più forzatamente spensierato. Nessuno torna su ciò che
è accaduto e Max si mantiene ad una specie di distanza di sicurezza da Debora,
mettendo sempre me o Sandra tra loro. Gli argomenti di discussione calano di
livello e sfiorano il gossip e sono sempre impostati in modo che tutti possano
dire qualcosa e non creino possibili isolamenti di coppie.
Li
riaccompagno a casa. Prima Max poi Sandra e infine, davanti al solito metrò,
Debora. Lei non dice nulla. Un "ciao" e scende. Dopo aver lasciato
Sandra ho provato a parlarle, ma non voleva. Le ho solo detto che dovevo stare
via quindici giorni in ferie e non avrò spesso la possibilità di sentirla. Saranno
le ferie più brutte e lunghe della mia vita. Reciterò la parte del bravo
maritino, ma dentro avrò il pensiero costante di sapere come sta, come si sente
e cosa potrei fare per lei.
Cosa
fare, già. Come se non avessi già fatto abbastanza. E' colpa mia, ha detto. E
forse ci credo pure. Che casino ho fatto! Non ne faccio mai una giusta!
Squilla
il cellulare.
Chi
è a quest'ora? Non conosco il numero.
-Pronto?-
-Ciao
Giò. Sono Sandra. Hai già lasciato Debora?-
-Sì,
ma... te lo ha dato Max il mio numero?-
-No.
Prima in auto hai messo il cellulare nel bracciolo. Io l'ho preso e mi sono
chiamata, così l'ho memorizzato.-
-Non
me ne sono accorto! Sei come Eva Kant!-
-Più
che altro sei tu che sei più imbranato di Ginko. Ti va di fare un salto da me?-
-Ma...
ora è tardi e... vedi... io non penso che... cioè...-
-Ah!
Ah! Ah! Sei adorabile quando sei imbarazzato! Tranquillo, volevo solo vedere
come avresti risposto ad un evidente invito diretto: se ti fossi buttato a
capofitto nell'occasione di passare una focosa serata con una “bella topa”,
come avrebbe fatto Max, o se fossi rimasto fedele alla tua mogliettina. Visto
che mentre ballavamo ti sentivo un po'... interessato, diciamo così.-
Che
figura di... Lo sapevo che non dovevo stringerla così!
-No,
ma... guarda, ti giuro che io cioè, non volevo... non pensavo di... insomma sei
una gran donna in tutti i sensi, cioè, e mi hai fatto anche quell'effetto! Ma
io non sono il tipo che cerca un'avventura, non voglio farmi una scopata e
basta! Cioè...-
-Cioè,
cioè, cioè! Non sai dire altro?-
Mamma
mia che imbranato!! Cioè pirla!
-Ascolta
Sandra, io ti ammiro e ti rispetto e non voglio fare sesso con te, non perché
tu non sia bella o altro, ma proprio perché ti sento veramente completa e non
hai bisogno di una sveltina e sei anche più che intelligente da capire quello
che ti sto dicendo, anche se balbetto come se avessi una patata in bocca!-
-E
io da questa telefonata ho avuto la conferma che non sei un allupato scopaiolo
e che invece hai un animo sensibile come l'ho sentito mentre ballavamo. Anche
se lì non era l'unica cosa che sentivo...-
-Senti
hai finito di mettermi in imbarazzo?! Io non so più come dirtelo! Scusa!-
-Non
scusarti. Non ho mai conosciuto una donna che non apprezzi il fatto di far
eccitare un uomo. Ti sto solo stuzzicando. Quello che non mi piace è causare
solo quell'effetto.-
-Garantito
e sottoscritto che non mi causi solo quello!-
-Ora
ne sono certa. E quindi rinnovo l'invito: vieni da me. Non per sesso. Voglio
parlare. Sono una donna curiosa e vorrei che mi raccontassi tutto di Debora.-
-Tutto
cosa?-
-Senti
le bugie di un ex che le ha strappato il cuore raccontale a quel sempliciotto
di Max. Se davvero pensi che io sia intelligente allora non puoi pretendere che
ci creda.-
-L'ho
detto e confermo. Sei più che intelligente. Arrivo.-
Anche
in tenuta da casa Sandra mantiene sempre un suo fascino elegante. La casa è
perfetta: mobilio, illuminazione, pulizia e ordine. Tanto ordine. Chi ha
bambini non si ricorda più cosa voglia dire. Ha anche un certo lusso. Dice che
è merito dei soldi che è riuscita a strappare al suo ex marito durante il
divorzio. Sarà. Ma i soldi senza l'eleganza non avrebbero reso tanto.
E'
tardi, ma non interessa a nessuno dei due. Vuole sapere tutto. E tutto le
racconto.
Lei
è fantastica: non lascia trasparire un'emozione. E' una storia così fuori dagli
schemi, perlomeno dai miei, e lei la ascolta impassibile come fosse un filmetto
alla tv. Fa qualche domanda qui e là, ma per lo più sono io che spiffero ogni
puntino. Alla fine fa una smorfia e dice:
-Le
bugie non vanno mai d'accordo con l'amicizia. Cosa pensate di fare?-
-Non
lo so. E sono d'accordo con te: io detesto mentire.-
-E
infatti non ne sei capace. E' molto tardi. Penso sia meglio che tu vada.-
-Certo.-
-Ehi,
Giò!-
-Sì?-
-Se
mai avessi bisogno di un aiuto, la mia casa sai dov'è e il mio numero ora ce l'hai.-
-Grazie.
Ma credo che l'unica ad avere bisogno di aiuto sia Debora.-
-E'
aperta anche per lei. In fondo io e lei siamo simili. Io in più di lei ho solo
avuto la possibilità di scegliermeli gli uomini che mi hanno dato dei soldi. E
ho anche sbagliato.-
-Sei
speciale! Buonanotte.-
-Notte.-
Non
avrei mai creduto che una donna, ma anche una qualunque non solo una della sua
classe, si potesse auto-paragonare ad una prostituta da strada. Io non so nulla
dei suoi ex. E non so praticamente nulla di lei. E' evidente che sia messa bene
a soldi, ma dubito abbia mai fatto quel mestiere. Credo fosse invece un modo di
definire stronzi e privi di sentimenti gli uomini che ha frequentato, come i
clienti di Debora. E tutto quello che le è rimasto in mano sono solo dei soldi.
Sì, è sicuramente così. E c'è tanta amarezza nel pensare questo.
Capitolo V – Una cena quasi perfetta.
Al
mare con le bimbe è sempre piacevole. Loro sono in giro tutto il giorno.
Passano ogni tanto per cambiarsi o prendere qualche soldino per un gelato e,
quando riesco a bloccarle un attimo, le riempio di baci. Tra club bambini e
attività preparate apposta per loro io mi godo nel più assoluto relax questi
giorni. Relax fisico. Perché la testa lavora, lavora tanto e in continuazione.
Persino Alessia se n'è accorta. Mi chiede cosa avrò mai da rimuginare anche in
vacanza. E me lo chiede a suo modo: incazzandosi e dicendo che non va bene, che
se sono qui devo essere contento che tutto va bene e le bambine sono felici e bla
bla bla...
CHE
PALLE!!!!
Sì,
è vero, a me va tutto bene. O meglio va tutto come al solito, standard. Tra i
margini della mia vita monotona e normale. Ma mi manca Debora, mi manca il suo
sorriso, mi manca sentirla. E mi manca anche Sandra. Ma lei so che sta bene.
Debora invece...
Prima
di partire l'ho chiamata e ho chiamato anche Max. Ci siamo messi d'accordo per
incontrarci al mio ritorno appena possibile. Nel frattempo ho consigliato a Max
di non scocciarla. E a Debora mando un sms ogni notte prima di dormire, quando mia
moglie o già dorme o è in bagno. Lei non mi risponde però. Mi aveva avvisato:
non vuole rischiare che mia moglie possa accorgersi che io riceva messaggi da
una ragazza o addirittura leggerli.
Mi
sento un ladro, come se stessi facendo qualcosa di sporco o illegale. E' solo
un'amica, ma mia moglie non capirebbe tutti questi messaggini. Forse perché lei
col suo amichetto se ne scambiava parecchi. Lasciamo stare. Che pensi agli
animatori! In fondo ha avuto ben due settimane senza di me per divertirsi…
Perché
non ne ho cercata una come Sandra per sposarmi? Forse logica e sentimenti non
vanno bene d'accordo insieme. Vorrei mandare qualche sms anche a Sandra, ma con
lei temo di fare la figura del ragazzino. E' così perfetta e sempre all'altezza
e usando questo sistema credo farei l'ennesima figura da pollo. Gli adulti si
telefonano e si parlano. E con la zanzara Alessia che mi ronza attorno è meglio
evitare.
Di
solito rientrare a casa dalle ferie è sempre triste. E per bimbe e moglie lo è
stato. Le bimbe lasciano nuovi amici e la libertà e il divertimento che solo i
villaggi organizzati sanno dare. Mia moglie lascia chissà chi. Forse un nuovo
amico intimo. Non mi interessa. Che si diverta! Almeno lei riesce a godersi la
vita. Io non contento della mia monotonia mi sono pure creato dei casini
assurdi, anziché cercare di migliorare.
Le
ore di ufficio mi danno la possibilità di riprendere un rapporto telefonico con
Sandra e Debora. E Max lo riprende prima ancora di me: mi ha chiamato al
mattino appena arrivato in ufficio per sapere quando può chiamare Debora e
vederla. Io non so come muovermi. Max vuole Debora e non la vuole per la sua
classica gita del materasso. E' cotto. E' la prima volta che lo vedo così
interessato ad una ragazza.
Debora
invece è triste. Lavora come al solito, lei non ha fatto le ferie, ed
ultimamente nei suoi messaggi c'è un freddo cinismo, peggiore di quando l'ho
conosciuta. L'unica cosa che ripete spesso è che non vuole che Max sappia cosa
fa. E' stato l'unico uomo gentile che ha conosciuto, oltre a me, e che l'ha
trattata come una persona vera. Io so il suo segreto, ma lui no e forse se non
lo venisse mai a sapere potrebbe addirittura amarla un po'. Lei non è mai stata
amata. E neanche mai baciata. Dice che a volte è stata leccata. Ma, dice anche
"la saliva non fa un bacio". Dev'essere un proverbio di chi è del
ramo. Tipo "una rondine non fa primavera" per noi esterni.
Spesso
chiamo Sandra per tenerla aggiornata. Lei ascolta paziente e non giudica. A
fine telefonata però mi dice sempre che io non ho la stoffa del bugiardo e farò
una brutta fine. Ma lo dice con un sorriso.
Pressato
da Max, impossibilitato a uscire la sera dalla presenza della famiglia e
ansioso di vedere Debora, la mia mente malata organizza una cena a casa mia.
Debora
rifiuta immediatamente. Dice che lei non c'entra nulla con famiglie e bambini e
che farei una stupidata. Ma la convinco dicendo che, grazie all'atmosfera
familiare, sarà proprio ciò cerca, ovvero una tranquilla serata con un po' di
chiacchiere e un ragazzo che le sta vicino, ma che non andrà oltre proprio
perché in un ambiente familiare. E in più ci sarà una pizza o qualcos'altro di
cucinato in casa.
Max
è già stato a casa nostra a cena in tante occasioni. Le bimbe si divertono con
lui: è una specie di zio acquisito, di quelli impegnati sempre a fare
stupidaggini e quei giochi fuori dalle regole casalinghe che i genitori
mantengono con tanta fatica. Lui accetta subito. Non avevo dubbi. Anche perché
freme dal desiderio di stare un po' con Debora. Mi piacerebbe invitare anche
Sandra, ma non è proprio il caso… Mia moglie potrebbe morderla poiché capirebbe
subito che mi piace e le tante qualità che Sandra mostra senza farle pesare ad
Alessia peserebbero eccome!
Il
problema maggiore comunque rimane convincere mia moglie:
-Ma
come?! Inviti gente a cena e non mi avvisi prima?!-
-Ma
è fra tre sere: c'è tutto il tempo. E poi è gente semplice, mica devi preparare
un pranzo di nozze.-
-Intanto
devo prepararlo io, semplice o no! E poi siamo appena tornati dalle ferie e la
casa è in disordine!-
-La
casa è sempre in disordine con le due malefiche spargi-tutto in giro! E poi non
è necessario che tu faccia qualcosa: ci possiamo far portare le pizze.-
-Ah!
E i soldi? Le paghi tu?-
-Quattro
pizze più due baby?! Sei appena tornata da un villaggio a quattro stelle e ti
preoccupi di quattro pizze?-
-Appunto!
Abbiamo già speso tanti soldi e non mi sembra il caso di spenderne ancora! E
poi sono stanca! Proprio perché siamo appena tornati!-
-Scusa,
sei appena tornata da un mese di ferie e sei stanca?-
-Sì!
Il viaggio di rientro è sempre faticoso!-
-Ma
se ho guidato io?!-
-Ma
i bagagli li ho disfatti io!-
-Senti,
ma c'è qualcosa di questa vita, di questa vita con me intendo, che ti piaccia?
Non è possibile che tu sia sempre negativa e indisposta! Sei un lamento
costante! Se non ti si dà sempre ragione non va mai bene niente! Ma hai mai
pensato a cosa potrebbe andare bene a me? A cosa potrei volere io?-
-Non
cambiare discorso! E poi a te va sempre bene tutto! Non hai mai un'opinione su
niente!-
-Non
ho mai un'opinione su quello che interessa a te, perché a te interessano cose
che a me non interessano. Non abbiamo niente in comune, ti rendi conto?-
-E
quelle due bambine? Non le abbiamo in comune? Le ho fatte io con lo Spirito
Santo?-
-Sì,
solo quelle! Ti rendi conto che noi stiamo insieme da anni solo per loro, perché
è giusto che abbiano due genitori? Ma tra noi, noi due, cos'altro c'è? C'è
qualcosa? Ma quando saranno grandi e se ne andranno per la loro strada a noi
cosa rimarrà?-
-Cosa
stai dicendo? Che non mi ami più perché non ho voglia di avere gente in casa?-
-Io
non ti amo più da anni, e tu lo sai benissimo, e non è certo per una cena.-
-Ma
ti sembra il modo di dirlo?! E poi ti sembra il caso di rinfacciarmelo così
ogni volta che discutiamo? Non pensi invece che sia il caso di recuperare il
nostro rapporto? In fondo se ci siamo sposati qualcosa ci sarà stato!-
-Se
qualcosa c'è stato, ora non c'è più. E lo sai benissimo anche tu. Ed è anche
colpa tua. E poi sei tu che volevi per forza sposarti: avremmo potuto
convivere.-
-Ecco!
Tu non sai fare altro che rinfacciare gli errori degli altri! Bella roba!
Complimenti! E' così che si manda avanti un rapporto tra persone mature! E tu
non ne hai mai fatti di errori?-
-Di
errori ne faccio ogni giorno e io non sono mai stato maturo, altrimenti non
sarei finito come sono ora. Mi sono solo lasciato trasportare dalla vita senza
guidarla dove volevo io. Ho vissuto dormendo.-
-Bello.
Ti sembrano cose da dire a tua moglie, alla persona con cui hai scelto di
passare la tua vita?-
-Purtroppo
non l'ho scelto consapevolmente. Mi sono limitato ad accettare una possibilità
senza pensarci troppo.-
-Ma
ascolti cosa mi stai dicendo? Mi stai dicendo che hai scelto di sposarmi senza
pensarci sopra? Come fossi una confezione di pasta al supermercato?! Prendiamo
questa o quell'altra? Questa che costa meno. Ma cosa dici!? Ma ti rendi conto
tu?!-
-Sì
che mi rendo conto! E' tristissimo, lo so! Ma è proprio così e lo sai anche tu!
Ho accettato quello che mi stava capitando senza rifletterci a lungo perché non
vedevo altre possibilità, se non più faticose! Ho accettato per pigrizia. Una
vita comoda e agiata senza troppi problemi e senza grilli per la testa! Una
vita in stand by! Acceso, ma immobile e in attesa di un eventuale dopo che non
arriverà mai a meno che non sia io a cercarlo! E finora non ho cercato proprio
nulla!-
-Io
non ti capisco. Sei cambiato. Non sei più lo stesso di quando ci siamo
sposati!-
-Sì,
non sono lo stesso, ma da almeno sette anni! E comunque anche tu sei cambiata,
e non mi riferisco alle tette che sono più basse!-
-Stronzo!
Anche tu prima non avevi la pancia!-
-Ma
chi sta parlando di quello! Era una battuta così, per abbassare un po' i toni!
Insomma, Alessia, noi non siamo fatti per stare insieme. Lo sai anche tu e
infatti ti è già capitato di "divertirti altrove". -
-Certo!
Me lo rinfacci sempre! Una fa un errore ed è condannata per la vita! E allora
perché siamo rimasti insieme?!-
-Un
errore? Uno solo?-
-Sì,
certo! Che credi! Che sono una puttana? E a me chi me lo dice che tu non ti sia
divertito in quelle due settimane che sei stato solo prima di venire al
villaggio?-
-Sì,
infatti mi sono divertito, ma non in quel senso. Mi sono divertito ad uscire
con Max e, visto che è divertente, l'ho anche invitato a cena qui, fra pochi
giorni. Non è una cosa così grave che merita una tale discussione, o no?-
-Vabbè,
vabbè, lasciamo stare! Tanto hai sempre ragione te! Okay falli venire, ma tu mi
aiuti a preparare la tavola!-
-Ma
certo che ti aiuto a preparare la tavola, come se non lo avessi mai fatto! Ma è
davvero questo il problema? Qualcuno che ti aiuti a preparare la tavola?
Alessia smettiamola di prenderci in giro.-
-Ora
ho da fare.-
-C'è
sempre qualcosa da fare che ci fa rimandare...-
La
sera della cena, uscito dall'ufficio, passo a prendere Debora, che mi attende
sempre in strada, e andiamo a casa mia.
In
macchina le chiedo dove abiti e se fosse un posto decente. Mi dice solo
"in periferia e non è decente". Non le va di parlare di questo.
Alessia
l'accoglie con i dovuti rispetti che una brava padrona di casa sa gestire alla
perfezione.
Max
è già arrivato e sta facendo casino con le bambine, ma si blocca e diventa
serio appena vede Debora. Mia moglie passa davanti ai due che si fissano e li
sblocca facendo finta di sussurrare a Max qualcosa che volutamente sentono
tutti:
-E'
troppo carina per te!-
Debora
e Max spostano l'attenzione sulle bambine che iniziano timide a far conoscenza
e dopo pochi minuti quasi le salgono sulle spalle.
Tutto
scorre liscio, compreso i lamenti di Alessia, sempre dubbiosa sulla riuscita
della cena. Se non fosse tutto più che perfetto per lei sarebbe un disastro.
Sandra riuscirebbe ad essere perfetta senza fatica poiché gestirebbe
un’eventuale anomalia con semplicità e umiltà.
I
discorsi spaziano dal mare, le vacanze, le bambine, il lavoro di Max. Si glissa
su quello finto di Debora. Un onesto lavoro di pulizie non è interessante come
conversazione. Invece fare il passacarte in un ufficio... Mah!
E'
ora di andare. Max insiste di portare lui Debora a casa, ma io spiego che ero
già d'accordo di portarcela io. Chiaramente c'è una forte insistenza da parte
sua, poi io sono già a casa! Che senso avrebbe farmi uscire di nuovo quando lui
e il suo rottame sono già in strada? Ovviamente Alessia gli dà manforte: vuole
lasciare soli i piccioncini e soprattutto vuole una mano a mettere a posto. E
vuole anche evitare che io stia solo con una bella ragazza.
Per
me è difficile argomentare e la mia insistenza diventa dubbia. Debora ci
interrompe tranquilla e sicura accetta volentieri il passaggio di Max. Io,
stupito più che mai, imposto un sorriso da politico. Max e Debora vanno.
BIP!
BIP! Un sms di Debora:
"Tutto
sotto controllo tranqui. Grazie x la bella serata. Bacio."
-Chi
è?-
-Debora.
Ci ringrazia per la serata.-
-Carina
la tua Debora! E così l'hai conosciuta in ufficio quando ha fatto un turno di
giorno? Tu non me la conti giusta. E cosa c'è fra voi due?-
-Cosa
c'è fra noi? Niente! Non vedi che è cotta di Max? E lui pure.-
-Sì,
però l'hai conosciuta te. Hai visto la bella lavanderina e ti sei messo a fare
lo scemo, vero?-
-Ma
che dici? Che scemo? Io e lei siamo solo colleghi e nemmeno colleghi che fanno
lo stesso lavoro. Colleghi nel senso che ogni tanto ci incontriamo in ufficio.-
-Sì,
vi incontrate in ufficio, magari in pausa nello sgabuzzino delle...
"scope". E lei ti prenderà il manico e lo attaccherà alla sua
spazzolina setosa? O le infili direttamente il Mocio nel secchio?-
-Alessia,
ti prego: sei volgare e assurda. Tra me e Debora non c'è stato nulla di
sessuale. E' un'amica, nulla di più.-
-Sì,
sì... Attento a non fartelo strizzare troppo il Mocio che sennò te lo stendo al
sole con le mollette!-
E'
oltremodo irritante! Meglio che stia zitto! Lei scopa come una ninfomane
chiunque incontra e io devo giustificarmi di aver conosciuto una bella ragazza!
Giò stai zitto e sparecchia!
Il
giorno dopo contatto Debora. Mi dice che se lo immaginava che Max volesse
riaccompagnarla a casa e anche a lei sarebbe piaciuto. Quindi si era già
organizzata: grazie ad una collega che ha un cliente che abita in qualunque
palazzo in periferia, ha ottenuto la copia di una chiave del portone. Lei
saluta Max davanti al portone, poi entra, sale la prima rampa di scale, aspetta
che lui se ne vada e infine esce e torna alla sua vera casa.
Mi
dice anche che sono ingenuo a non averci pensato prima al fatto che lui avrebbe
chiesto di portarla a casa.
Ha
ragione. Io le finzioni non le so condurre bene. Sono un pessimo truffatore.
Destinato all'onestà. Mi sento in difetto per questo, come se fosse sbagliato
essere onesti.
Capitolo VI – Innamorati imbranati.
Max
e Debora si vedono ancora qualche volta da soli. Lei mi racconta tutto. E io
racconto a Sandra. E' innamorata e anche lui è pazzo per lei. Le porta fiori,
la porta a cena, fa il brillante in ogni occasione. E si sono baciati tanto.
Adesso però lui si sta facendo insistente. Vorrebbe fare l'amore.
-Beh?!
Cosa c'è di strano? Vi piacete tanto, siete adulti e single, qual è il
problema?-
-Giò,
come qual è il problema?! Io non ho mai fatto l'amore!-
-Scusa?!-
-Giò
a volte mi sembri così sensibile e attento e altre volte sei completamente
l'opposto: freddo e superficiale! Io non ho mai fatto l'amore! Io faccio sesso tutti
i giorni, ma nessuno di quegli uomini mi ama! Io non ho mai fatto l'amore e
soprattutto lui si aspetta che io lo faccio solo con lui! Non voglio che lui
diventa un mio cliente! Voglio una cosa diversa! Non sa che altri uomini mi
usano ogni giorno! Lui non lo sa. Cosa faccio?-
-E
già. Hai ragione. Qualche settimana fa a cena però non ti sei fatta venire
questi dubbi! Non ci avevi pensato quando hai inventato la storia del portone?-
-Che
fai?! Mi rimproveri? Prima fai il samaritano che mi porti a conoscere la tua
famiglia, gli amici e la vita normale e ora mi rimproveri che non dovevo
mentire?!-
-Scusa.
Hai ragione. Perdonami.-
-Giò,
io non lo sapevo che ci si può innamorare. Non lo conoscevo questo sentimento,
queste emozioni. Io mi sono sentita bene con Max e te quando siamo usciti
insieme la prima volta, ma non pensavo che davvero mi potevo innamorare. Lui mi
tratta bene, capisci? Lui non mi usa e mi parla anche e vuole sapere tutto di
me!-
-E
tu che gli hai detto?-
-Bugie!
Tante bugie.-
Sandra
aveva ragione: le menzogne portano rogne.
Lei
è innamorata di lui perché lui la tratta in maniera rispettosa e umana. Come
farebbe ogni altro uomo che non sappia che mestiere faccia. Troppo poco per
essere veramente innamorata?
Lui
è innamorato di lei perché lei non lo rifugge. Ma l'amerebbe ancora sapendo ciò
che non sa? E' davvero così innamorato da riuscire a sopportare una tale
verità?
Lei
non vuole andare oltre a mentirgli: potrebbe limitarsi a fare sesso e tenerlo
buono per quanto volesse, ma non vuole prenderlo in giro anche su questo. Vuole
fare l'amore sincero.
Che
tenerezza mi fa! Vorrei stringerla tanto!
Mi
accordo con Debora: indagherò fino a che punto Max possa essere innamorato e su
come possa proseguire la loro storia.
Sandra
è una preziosa confidente. Ogni volta che mi sento con Debora poi la chiamo e
le racconto ogni cosa. Non consiglia nulla, ma ascolta tutto. E alla fine mi
ripete sempre di non dimenticare di ricontattarla con le novità non appena ce
ne fossero.
Quella
donna è incredibile: mi fa sentire sempre a mio agio qualunque sia l'argomento!
L'esatto opposto di mia moglie. Parlo un sacco con lei, di loro e di tutto.
Come facevo con Debora all'inizio. Ora invece Debora parla solo di Max.
L'amore.
Che cosa buffa a pensarci. Eppure ci serve tanto.
Max
mi vuole vedere. Non capisce perché Debora sia così restia a fare l'amore con
lui. E' insicuro e teme che lei non creda nel suo sincero sentimento. Pensa che
forse la sua reputazione di farfallone lo abbia preceduto e lei giustamente
possa avere dei dubbi. Ma lui si proclama sincero e cerca un dialogo:
-...Allora
Max, lei ti piace. E tanto! Devi dirle qualcosa di speciale, devi farla sentire
speciale, perché in effetti per te lo è. Quindi mostrale i tuoi sentimenti con
passione. Forza!-
-Ma
non mi viene in mente niente.-
-Ma
come fa a non venirti in mente nulla! Hai un sacco spazio in quella testa!
Sforzati di riempirla con le emozioni che lei ti suscita ogni volta che la
vedi. Ecco ora pensa a lei che ti si avvicina. Si avvicina con la sua lenta
camminata elegante, il suo sorriso fine e il braccio accostato alla borsetta
dove la mano mostra le sue dita affusolate che riflettono la luce grazie ai
brillantini che ha sulle unghie e all'allegra bigiotteria del delicato polso. E
si avvicina, si avvicina...-
-Ok!
Allora lei si avvicina e... si avvicina e... Dio che tette spettacolari!-
-Max!
Niente tette! Le tette non sono una sua caratteristica che ti riempie di
emozioni!-
-Come
no?! Me lo fanno drizzare subito!-
-L'arrapamento
non lo consideriamo proprio un'emozione interiore, ora. Allora, so che è
difficile per te, ma questa ragazza ti provoca dentro qualcosa di più oltre
all’eccitazione fisica. Tu la vedi che ti si avvicina e dentro di te succede
qualcos'altro oltre alla voglia di guardarle le tette. Le tette ce le hanno
tutte le donne: non sono uniche.-
-Il
culo?-
-Il
culo ce l'hanno persino gli uomini.-
-Mi
stai dicendo che mi piacciono gli uomini?-
-No!
Ti sto dicendo che non sono caratteristiche uniche. Che non sono cose che ha
lei e lei sola e nessun'altro nel mondo. Maschio o femmina che sia. Allora,
facciamo così: è seduta accanto a te sul divano. E' mestruata, ha le emorroidi
e pure mal di denti. Quindi non è utilizzabile per nulla di sessuale. Non ha il
trucco, i capelli sono raccolti alla rinfusa con un mollettone da parrucchiera
e siccome ha anche un po' di freddo è sotto ad una copertina di pile con gli
orsetti! In questo momento è la donna meno sensuale che ci possa essere! Tu puoi
immaginare di farci tutto ciò che ti passa per la mente, ma nulla di sessuale!
Quindi: cosa ti passa ora per la mente?-
-Come
faccio a non avere pensieri sul sesso?!-
-Max
sforzati: tu mi hai detto che lei è speciale! Devi dirmi perché! Come mai è
speciale e diversa?-
-E'
speciale perché... è bellissima...-
-Bellissima
non vale. Ci sono altre donne bellissime.-
-Sì,
ma quelle altre belle non mi hanno mai cagato!-
-Forse
avranno avuto più buon gusto... E' speciale perché...-
-Perché...
il suo corpo voluttuoso...-
-No,
no! Il corpo voluttuoso ce l'hanno altre donne.-
-Il...
allora le... Ma deve per forza avere la coperta? Non vedo nulla di lei?-
-Vedi
il suo volto, il suo dolce viso! Intristito perché non sta bene. Cosa ti viene
da dirle? Cosa pensi ora di lei?-
-Eh!
Le auguro di guarire presto che così è una schifezza!-
-No,
Max! Non è una schifezza! E' sempre lei! Quella donna stupenda che ti piace al
punto da non volere più andare con le altre per stare solo accanto a lei! E'
solo che ora non sta bene! Una Ferrari è una Ferrari anche se fosse rimasta sotto
la pioggia per due giorni ed ora è tutta sporca e infangata! Quindi ora tu le
dici...?-
-Di
fare una doccia?-
-Max,
sei un caso disperato! Non è sporca lei, è una metafora! Anche se ora non è in
forma è comunque la donna che vuoi avere accanto, la donna che ami! Me l'hai
detto tu, no? Perché la ami? Perché vuoi avere lei vicino e non un'altra bella
gnocca?-
-Perché...
è gentile.-
-Oooooh
là! Ci siamo! Ti stai avvicinando! Gentile è una caratteristica interna, del
suo carattere! Vero! E' molto gentile e quindi ti fa piacere starle vicino
perché si rivolge agli altri con educazione e rispetto. Bene! Bravo! Andiamo
avanti!-
-Non
basta gentile?-
-No,
perché ci sono altre persone che sono gentili.-
-Beh,
ma ci sarà sempre qualcosa che hanno anche le altre persone! Non posso mica
trovare una caratteristica che ha solo lei in tutto il mondo!-
-Giusto!
Verissimo! E infatti non devi trovare una sola caratteristica! Ne devi trovare
tante! Che tutte insieme le ha solo lei! Pensa al lotto: sono sempre gli stessi
numeri, ma è solo la combinazione giusta che vince! Se tu avessi solo alcuni di
quei numeri non vinceresti. Tu devi trovare tutti i numeri che lei ha dentro e
che sono quelli vincenti per te. Altre donne possono avere due o tre numeri, lei
li ha tutti. Dimmi quali sono questi numeri.-
-Settantasette!
Le gambe delle tope!-
-Max,
ti prego...-
-Okay,
okay. Ci provo, ora ci provo. Allora è gentile e... dolce...-
-Sì...
Va avanti!-
-E'
gentile, dolce... non dice mai di no...-
-Quindi
è disponibile, bene. Disponibile a far che?-
-A
farsi mettere le mani addosso! Ieri in macchina le ho accarezzato le cosce
tutto il tempo!-
-Max
niente cosce! Non è un pollo. E' disponibile sì, ma non roba di sesso. Perché
dici che è disponibile? E' giusto, è vero. Lo è. Ma perché?-
-Perché
una sera che siamo usciti le ho detto se voleva andare al biliardo e di solito
alle ragazze non piace e invece lei ha detto "va bene". E mi è
piaciuto che le è piaciuto.-
-Quindi
è perché ha dei gusti affini ai tuoi?-
-Sì!
E' affine! E' disponibile, gentile e affine. Ah! E dolce! Quante ancora ne devo
trovare?-
-Direi
basta, visto che per te è uno sforzo enorme! Rischi di fondere! Ma sei ancora
lontano dal capire veramente cos'hai dentro tu verso di lei. Cioè a me sembra
che a te piaccia perché è una donna bellissima e che, al contrario delle altre
che ti rifuggono, lei ti ascolta o per lo meno ti sopporta! Così tu la esponi
come fosse un trofeo e ti senti figo ad avere una come lei accanto.-
-Ed
è sbagliato?-
-Non
credo che sia sbagliato essere un po' edonista ed esibire la
"propria" donna. E' un atteggiamento tipico del maschio. Certo
bisogna anche vedere come e quanto lo fai, deve comunque rimanere una cosa
discreta e non eccessiva e inoltre anche alla donna deve piacere un po' avere questo
ruolo di "proprietà", per così dire.-
-Mi
stai dicendo di mostrarla, ma non troppo?-
-Sì,
ma soprattutto non ridurla solo ad un oggetto, un trofeo. E' un essere umano,
con una sua testa e suoi pensieri che possono essere diversi dai tuoi. Inoltre
non è effettivamente una tua proprietà: gli uomini non sono oggetti di cui puoi
disporre.-
-E
infatti lei è una donna!-
-Cretino!
E' una sua scelta fare ciò che vuoi anche te. Potrebbe anche dirti no e tu non
la potresti costringere. E addirittura non mi sembra che vi siate ancora messi
insieme.-
-Oh,
io gliel'ho già chiesto, ma lei non mi ha risposto. Ha solo detto "io
credo che tu sei molto simpatico e per me sei più di un amico, ma non corriamo"
col suo accento del cavolo. Mi considera molto simpatico solamente e poi mi
infila la lingua in bocca fino alle tonsille! Per te è un "no"? A me
sembrava più un "forse". Di solito il "no" secco me lo
dicono chiaro e tondo.-
-Io
credo che per stare insieme ad una donna come lei devi essere molto convinto.
Non basta un innamoramento da adolescente. E' una donna che può dare un amore
profondo e intenso. Ed è giusto che sia ricambiata allo stesso modo. E tu di
sicuro non sei ancora pronto.-
-E
tu sì?-
-Che
c'entro io?-
-Va
là, va là che ti piace anche a te, l'ho capito! Si vede! Quando la incontri hai
un sorriso che va da orecchio a orecchio! E se n'è accorta pure tua moglie,
infatti la detesta!-
-Ma
che c'entra? Lei detesta tutti.-
-Sì,
sì, depista. Intanto anche a te piace, eh?-
-Certo:
è una bellissima ragazza.-
-Boiate!
L'hai appena detto tu: non è quello l'importante! Allora dimmi: cosa provi
quando la incontri?-
-Max
piantala. Sei tu quello preso da arrapamento perenne verso di lei. Pensa a te.-
-Ho
capito, ho capito. Ci facciamo una birra?-
Quando
Max se n'è andato ho riflettuto un po' di più su quello che aveva appena detto,
sul fatto che lei mi piacesse. Ho perso mezz'ora a pensarla, a immaginarla come
nella situazione che ho inventato per lui, malata sul divano con la coperta. E
mi sono venute in mente mille cose che avrei potuto fare con lei. Avremmo
potuto guardare uno di quei vecchi film in tv degli anni cinquanta che mostrano
tanti particolari di una vita passata, ma il cui ricordo echeggia ancora in
gesti che i nostri genitori mostrano involontariamente. Oppure le avrei letto
un libro cosicché lei avrebbe potuto ascoltarlo facendo riposare quegli occhi
brillanti di speranza che si svelano sempre quando è assorta nei suoi pensieri
segreti. O ancora avremmo potuto giocare a Scarabeo. O a carte. O a scacchi.
Semplici passatempi che ci accomunano proprio per la loro purezza di non celare
nessun'altro scopo se non quello di avere bisogno di un'altra persona e di
renderci consapevoli che in quel momento questa persona ci sia. E sarebbe un
momento bellissimo, da assaporare in ogni attimo. Perché quando due persone
sono sintonizzate all'unisono non fanno assoli, ma sinfonie!
A
proposito di musica: anche a lei piace la classica.
Capitolo VII – Quanto costa una donna?
Ho
parlato con Debora, le ho chiesto cosa intenda fare con Max. Dice che non lo
sa. Lui preme per stare più tempo insieme, oltre che per fare l'amore, ma lei
tempo non ne ha: dice che la sua vita non le appartiene ed è pericoloso
scappare. Inoltre passare più tempo con lei vorrebbe dire scoprire tutto, dove
vive, gli ambienti che frequenta e le "amicizie". E sono tutte cose
ben diverse da ciò che gli ha raccontato. Le ho spiegato che non può andare
avanti questa farsa per sempre. Lei piange. Prova a darmi la colpa senza
convinzione e poi dice che Max le piace tanto, ma teme che se sapesse la verità
non l'accetterebbe.
Comprensibile.
Anche se accettasse il suo mestiere, cosa non facile a tutti, come potrebbe
invece accettare che la donna amata sia un oggetto a disposizione dei voleri di
un padrone schiavista? Nel concetto stesso di amore non è previsto che ti sia
concesso di lasciar soffrire chi ami. E lui farebbe di tutto per renderla
felice con possibili conseguenze da film poliziesco.
Le
ho detto anche di rivolgersi alle autorità. Mi ha tappato la bocca con la mano
prima che finissi la frase e mi ha implorato di non farlo mai. Poi ha aggiunto:
-Io
ho solo la mia vita da perdere, tu hai tutta la tua famiglia! Promettimi che
non andrai mai alla Polizia!-
Era
terrorizzata. Gliel'ho promesso.
E'
arrivato l'autunno. Le fresche sere si fanno fredde. Penso a Debora, a cosa mi
disse sul gelo dell'inverno. Sono irritato a non poter fare nulla. Vorrei fare
come Schwarzenegger nei suoi film: una bella pulizia sommaria degli aguzzini
che la sfruttano e portarla al caldo di un tranquillo e sicuro appartamento. Ho
pensato tante volte a cosa potrei dire alla Polizia per farla uscire dal giro e
tante volte ho ripensato alle mie bimbe e a quello che mi ha detto lei.
L'unica
soluzione plausibile che mi sia saltata in mente, per quanto assurda, è stata
quella di comprarla. Come un oggetto. Penso che se facessi un'offerta adeguata
al suo padrone me la venderebbe. Come su Ebay.
Ma
quanto costa una donna?
Max
è nervoso e Debora in crisi. Io tutt’e due le cose insieme. Lui ha capito che
c'è sotto qualcosa e pretende di sapere. Ho un’angoscia addosso per questa
storia che ho spesso il mal di stomaco! Probabilmente soffro più io di loro!
Una
settimana fa mi sono dovuto fermare da lei al distributore mentre era "di
turno": sentivo la necessità di vederla. E' salita in macchina e abbiamo
parlato. Si era decisa a dirgli tutto, a costo di perderlo. Non aveva senso che
lui soffrisse ancora, bastava soffrisse lei.
Quando
è scesa è stata presa in malo modo da due energumeni sbucati da non so dove. Le
hanno chiesto dove fossero i soldi che io avrei dovuto dargli per il servizio.
Sono sceso anch’io per cercare di bloccarli agendo d'istinto. Uno dei due mi ha
bloccato per un braccio. Credevo avesse una morsa nascosta nel guanto da quanto
me lo stringeva! In quel momento
avrei
voluto tanto poter fare qualcosa, poter reagire come un animale inferocito e
fermare quell'assurda forza bruta che ci minacciava e difendere Debora, ma erano
troppo forti.
Il
mio pensiero è passato veloce alle mie bimbe: per un attimo le ho viste orfane
di padre. Non mi stavo preoccupando di me, ma di quello che avrebbero fatto le
mie bimbe senza papà. E' un pensiero che ricorre spesso nella mia mente quando vedo
adulti, apparentemente rispettabili e saggi, alla guida di un'auto che sorpassa
senza cura o corre senza prudenza sulle strade. Mi viene sempre da pensare a
quanto invece siano stupidi e a quanto male possano fare ai propri figli se si
ammazzassero al volante. Senza dimenticare il male che potrebbero recare ad
altre persone innocenti eventualmente coinvolte nell'incidente.
Io
non corro in auto. Eppure in quel momento mi sentivo come se stessi facendo il
più azzardato dei sorpassi.
Sono
riuscito a balbettare qualcosa e ho spiegato loro che non avevo consumato e
quindi non l'avevo pagata. Quello che la teneva le ha dato un ceffone e poi le
ha detto che se avesse voluto la vita comoda avrebbe potuto stendersi in un
canale d'irrigazione in modo da riposare per sempre! Stava per dargliene un
altro, ma io l'ho convinto a fermarsi: gli ho detto che l'avrei pagata lo
stesso, poiché era stata colpa mia che ero indeciso e non lei che non fosse
stata professionale! Ha steso la mano aperta aspettando soldi, ma al solito io
non avevo contanti. Gli ho detto che sarei andato a prelevare allo sportello lì
vicino e sarei tornato. Si è messo a ridere. Mi ha detto di dargli il bancomat
e il codice.
Uno
di loro è andato al bancomat e tornato dopo poco mentre l'altro faceva finta di
parlare come fossimo vecchi amici incontratisi per caso. Mi hanno restituito il
bancomat e la ricevuta: duecentocinquanta euro. Hanno detto di conservarla
perché delle banche non ci si può fidare. Poi hanno dato un altro schiaffo a
Debora e se ne sono andati.
Sono
corso ad abbracciarla, ma lei mi ha allontanato con forza! Ha detto solo
"vai via!"
Non
mi sono mai sentito tanto impotente.
Quella
stessa sera, appena arrivato a casa, ha squillato il telefono: era Max. Debora
l'aveva appena chiamato e gli aveva detto che non voleva vederlo più. Mi ha
raccontato che era disperata e in lacrime e aveva messo giù subito. Lui poi
aveva provato più volte a ritelefonarle, ma lei non rispondeva. Non gli aveva
detto esattamente perché, anzi per la verità non gli aveva detto nulla. Solo
che era finita e che non voleva vederlo più. Max era in panico totale, non
l'avevo mai sentito così! Chiedeva spiegazioni a me: era convinto che io ne
sapessi sicuramente più di lui. Col mal di stomaco e la nausea dentro me stavo per
dirgli tutto, ma ha interrotto la comunicazione, dicendomi che stava arrivando.
Mentre
alzavo il braccio per appendere la giacca ho sentito un forte dolore: quella
bestia con sembianze umane mi aveva lasciato un livido grande come una
banconota. Dovevo fare attenzione a non farlo vedere ad Alessia.
Appena
arrivato Max ed io siamo usciti a fare una passeggiata, nonostante il freddo
non fosse invitante, perché non volevo che Alessia sentisse. Ero certo che in
seguito lui glielo avrebbe detto poiché non riesce tenersi dentro nulla, sembra
un bimbo incontinente, ma almeno per quella sera non avrei avuto altri
scassamenti.
Quando
ho finito di raccontargli tutto lui ha avuto una reazione stranissima, che non
mi aspettavo e mi ha lasciato veramente perplesso: ha fatto un'espressione di
disgusto esagerata e ha iniziato incredulo a ripetere:
-Una
troia?! Lei è una troia che sta in strada?!-
Sembrava
un disco incantato. La sua Debora, la donna che non aveva mai conosciuto prima,
quella che sognava tutte le notti e che riempiva ogni suo pensiero, la sua
Debora, proprio quella, era diventata di colpo una nullità. Tutti i buoni
sentimenti che non pensavo neanche fosse in grado di esprimere erano spariti
come i soldi dal mio bancomat.
Immagino
che una notizia del genere potesse essere presa non proprio benino, ma la sua
reazione non me l'aspettavo proprio così negativa, visto tutte le belle cose
che mi diceva sempre su di lei. L'aveva ripudiata immediatamente. Tutta la sua
decantata passione è svanita in pochi attimi e "la donna più incredibile
che io abbia conosciuto", così diceva prima, era morta e sepolta
all'istante.
Spero
non in un canale di irrigazione.
Si
è incazzato di brutto con me perché glielo avevo tenuto nascosto, temevo
volesse menarmi.
Alla
fine è tornato mesto a casa, senza nemmeno entrare a salutare bimbe e moglie.
Prima
di andare a letto, quella sera, ho provato a chiamarlo, ma non ha risposto.
Credo fosse impegnato a piangere anche lui. Ma non gli ho mai chiesto una
conferma.
Ora,
dopo una settimana da quella brutta sera, non sono più riuscito a sentire
Debora. Non risponde. Potrei oscurare il numero, ma sarebbe puerile e poi sono
sicuro che non mi risponderebbe lo stesso.
Max
invece risponde. Sembra quasi normale. Giù di tono, ma non distrutto. Forse
recita bene.
Non
ho ancora avvisato Sandra, non è da me, visto che di solito bramo dalla voglia
di raccontarle tutto. Ma mi sento così inutile da temere che poi non voglia
sentirmi più anche lei. Ieri mi ha chiamato lei: ho glissato e le ho detto che
ci saremmo sentiti a breve. Stavo male e sto male ancora adesso. Il solito
sottosopra allo stomaco e la nausea.
Che
casino! Se penso che questa storia è iniziata solo per colpa mia...
Non
so che fare.
Debora
mi odia e non so più nulla di lei e questo aumenta il mio malessere.
Max
non sembra odiarmi, ma non riesco a riprendere il discorso: l'ultima volta che
l'ho sentito gli ho chiesto come andava e si è limitato a dire "medio."
Spero non voglia dire che ha il dito medio alzato verso di me. Comunque ha
spostato subito il discorso sulle solite sciocchezze.
Sandra
mi cerca. Le rispondo che le voglio parlare di persona e deve avere pazienza,
ma in realtà vorrei dirle subito tutto, vorrei urlarle tutto e vorrei che mi
desse la formula magica per sistemare ogni cosa! Ma ho paura di sembrarle
infantile così e non voglio deludere anche lei, non potrei sopportare anche un
suo eventuale distacco.
Il
lavoro si è fatto pesante: sono le solite cose che faccio da una vita, banali
per me e nulla di complicato, ma dovermi concentrare su tali sciocchezze quando
io voglio dedicare ogni mio pensiero a Debora mi irrita. Svolgo veloce ogni
pratica e appena finisco mi estraneo a pensarla. E il mio capo non si fa
sfuggire l'occasione:
-Hai
già finito? Ok, allora guarda fai questo...-
Stronzo
sfruttatore! Ma lasciami in pace e fai qualcosa tu! Uno finisce prima il
proprio lavoro e subito gli danno altra roba da fare, mentre chi se la prende
comoda e fa solo il minimo indispensabile per non sentirsi scocciare non viene
disturbato! Bella l'Italia che lavora: che meritocrazia! Questa è la boiata del
pagamento ad ore. Se fossimo pagati a cottimo sarebbe molto meglio: in metà
giornata finisco quello per cui sono pagato e l'altra mezza l'avrei a
disposizione, invece così non posso sperare di essermi meritato un po' di tempo
per me.
La
sera prima di dormire stringo sempre le mie bambine e dò loro un bacio.
Giulia
ieri sera mi ha chiesto:
-Cos'hai,
papi?-
-Niente,
Giuly.-
Forse
niente che una bambina possa comprendere. Ma non ho "niente". Ho
invece "tanto".
E'
bruttissimo dire "niente" ad un bambino. Sembra che tu lo voglia
escludere dalla tua vita. Come può sentirsi un bimbo che fa una domanda, una
legittima domanda, e riceve in risposta un bel "niente"? Non
bisognerebbe mai evitare di rispondere ad un bambino. Hanno il diritto di sapere,
perché crescere è sapere più cose di prima. E negargliele equivale a negargli
la crescita. Un "niente" detto ad un adulto viene capito. Può non
essere il momento giusto o semplicemente fatti che non voglio che si sappiano.
Ma ad un bimbo...
Scusami
Giulia non volevo escluderti dalla mia vita. Ma è un problema un po' troppo
grande per te.
Stasera
finalmente vado da Sandra, ho bisogno di vederla e sentirla. Ho bisogno di
parlare con qualcuno che ha una mente aperta, che sappia ascoltare e capire.
Un'amica. E magari saprà anche darmi un consiglio. E poi è tanto che non la
vedo e un po’ mi manca.
L'ho
detto ad Alessia e lei si è un pochino risentita. No.
Si
è leggermente adirata. No, no!
Si
è incazzata di brutto e sputava fiamme dalle fauci!
Non
sa nemmeno chi sia Sandra, ma chiaramente non è "Sandro" e tanto le
basta per farmi diventare come lei: secondo lei sto andando a scopare con
un'altra! Ha iniziato il suo show da svitata isterica e io sono uscito. In quei
momenti penso alle bimbe e a cosa devono sopportare ascoltando quei deliri e il
loro papà che se ne va lasciandole in balia di una pazza urlante. Se non fosse
la loro madre di certo non le lascerei lì sole con lei. Non sono un buon padre
quando faccio così. Ma non posso impazzire restando ad ascoltare gli insensati
deliri di gelosia di una donna insoddisfatta di tutto. E' insopportabile. Non
ce la faccio più ad averla vicino ogni giorno. Non è una persona piacevole.
La
prima cosa che dovrebbe esserci in una coppia è la piacevolezza, la voglia di
stare insieme a questa persona perché stai bene con lei. Prima del sesso, prima
dell'attrazione fisica, prima del rispetto. Prima di tutto. Prima ci deve
essere il piacere di averla accanto. Se stessimo accanto ad un simpaticone che
puzza di sudore vorremmo allontanarlo nonostante la simpatia. Con Alessia il
piacere di starle accanto non c'è più da tempo. E' cambiata. Prima non era così
assillante su tutto, non si preoccupava di tutto in continuazione. Oggi ogni
cosa è un problema per lei, un problema fastidioso di cui lamentarsi. Finisce
il latte? E' un problema. E le se dicessi che basta comprarlo ne fa una questione:
-E
certo! Perché tanto ci vado io a comprarlo!-
Ma
cosa vuol dire?!
Ieri
sera la lavastoviglie ha lasciato un tegame sporco e aloni su un paio di
bicchieri: è un problema. Mettersi a sciacquare tre stoviglie è un problema.
E'
irritante! Ma non capisce che è la normalità della vita? Si crea tanti problemi
perché non ne ha di seri! No, questo non è vero. Il problema serio ce l'ha
anche lei: me. Non siamo più niente e ci ostiniamo a vivere insieme. Forse è
per questo che si lamenta di ogni minima sciocchezza. Si inventa piccoli
problemi inesistenti e li ingrandisce a dismisura per nascondergli dietro il
vero grande problema: la solitudine che affrontiamo quotidianamente causata
dalla compagnia reciproca. Due esseri che vivono insieme e non sono più compagni
di vita. Una solitudine forzata che ci impedisce persino di cercare un nuovo
compagno. Siamo vincolati alla solitudine.
Si
potrebbe pensare che non sia nulla confronto alla vita di Debora e da un punto
di vista materiale è vero. Ma il problema è comunque grosso e va visto per
intero. Entrambi viviamo non amandoci. Se davvero ci fu amore un tempo ora di
sicuro non c'è più. Una vita senza amore è un grosso problema. Ed è la stessa
vita che sta facendo Debora. Ed io non sto facendo nulla per risolvere questo
nostro problema. Questa è la mia vera colpa, il motivo per cui è sempre
incazzata con me.
Sandra
mi accoglie gentile come sempre. Lei è piacevole, mi piace passare tempo con
lei.
Forse...
forse dovrei provare a propormi con lei. Forse potrebbe essere lei la mia
svolta alla mia vita piatta e la fine del mio mal di stomaco insistente. Lei
una volta ha già fatto apprezzamenti su di me, quindi non le sono indifferente.
Potrei avere delle possibilità. Magari davvero potrei rifarmi una vita con lei:
separarmi da Alessia e iniziare una nuova vita con qualcuna che ha quella
piacevolezza necessaria.
Io
e Sandra… Sì, perché no? Sandra è sola, ha mille qualità, è anche molto
intelligente. Forse troppo intelligente per me. Forse non sono alla sua
altezza. Ma che dico! Non sono un genio, ma di sicuro saprei rispettarla e
amarla come merita! Sì, devo solo imparare ad amarla. In fondo quando ci sono
gli argomenti, i gusti e la voglia di amare il resto viene da sé.
Stasera
voglio proprio capire se tra noi ci potrebbe essere quell'impulso, quella
voglia di volere di più dall'altro. Non me la voglio portare a letto: voglio
solo verificare se davvero potesse essere ciò che desidero. Io e Sandra… Sì,
non è male come pensiero! Forse è lei la svolta di cui sento il bisogno!
Ma
ora le parlo di Debora e Max: sono qui per questo.
Le
racconto tutto, anche i dettagli, livido compreso. Ci metto enfasi, non per
coinvolgerla o spaventarla, ma proprio perché mi esce così.
Sembra
le stia raccontando un film avvincente sebbene triste, ma sono invece episodi
di una vita vera. Lei al solito ascolta senza far trapelare emozioni e senza
commentare. Mi guarda anzi, mi osserva attentamente mentre racconto. Sta
scrutando qualcosa di me e non ho capito cosa.
Un
po' mi lusinga e fantastico su un suo possibile interesse verso di me, come
fosse l'inizio di un'avventura tra noi. Provo a farle un sorriso ammiccante, ma
in risposta i suoi occhi si strizzano leggermente. Forse non era il momento
giusto. O forse mi è venuto male e ho fatto una smorfia. Devo ripassare il mio
repertorio di sguardi da acchiappo che usavo... nel secolo scorso!
Ad
ogni modo, finita la piena delle mie parole, le chiedo un parere spassionato e
lei esordisce con un classico "te l'avevo detto io" che però detto da
lei non ha il tono del rimprovero e non infastidisce.
-Te
l'avevo detto io che a dire balle non sei capace e facevi una cazzata! Consolati:
alla fine è meglio per te!-
-Meglio
per me? Che vuoi dire?-
-Oddio!
Ma il problema è che tu non fingi e non sai mentire! Davvero non l'hai ancora
capito! Sei un ingenuo senza speranza! Adorabile, ma senza speranza.-
-Capito
cosa?!-
-Giò!
Svegliati!! Tu sei innamorato perso di lei! Tu sei stracotto di Debora! Tu
l'ami oltre ogni limite logico e immaginabile! E non te ne rendi conto!-
-Io?!
Innamorato di Debora?-
-Va
da lei! Diglielo! E createvi una vita insieme! Che ci stai ancora a fare con
tua moglie?! Le bimbe cresceranno e capiranno! Va da lei! Vai!-
-Io
innamorato di Debora?-
-Certo!
Non vedi come parli lei, quanta passione ci metti, come ti preoccupi di lei,
come vivi la sua tristezza, come senti il suo sollievo quando fai qualcosa di
buono per lei? Non ti accorgi che sei così perché l'ami? Tu ami Debora. E non
cerchi di nasconderlo, semplicemente non ti sei accorto che lo sei: te l'ho
dovuto dire io.-
-Io
sono innamorato...-
-Smettila
di fare il pappagallo! Tu sei così innamorato che hai persino accettato il
suo... "lavoro" e vuoi solo stare con lei quanto più tempo puoi, senza
giudicarla, senza volerla cambiare, senza costringerla a... senza costringerla
ad amarti. Ti sei solo proposto di starle vicino, senza avere nulla in cambio.
E questo ti basta. Se non è amore questo, dimmi tu cos'è.-
Io
sono innamorato di Debora. Ha ragione. E, assurdamente, aveva ragione anche Max
quando ha detto che mi piaceva. Persino lui l'aveva capito e io no. Ma quanto
sono... imbecille!
Devo
dirglielo! Devo andare da lei e dirglielo!
Non
è "in ufficio". L'aspetto.
Non
arriva. La chiamo. Non mi risponde. Ti prego non farmi dire una cosa così
importante con un sms, rispondimi!
"Ciao,
devo parlarti davvero. Rispondimi!" Invio.
Nulla.
Altro
sms: "Debora è una cosa seria: ho bisogno di sentirti!" Invio.
BIP
BIP.
Sì!
E’ lei! "Ti chiamo domani. Ora sto lavorando."
"Ok!
Aspetto domani! Grazie! Buon lav..." No. "Buon lavoro" non è il
caso. "Ok! Aspetto domani! Grazie!" Invio.
Meglio
che vada a casa. Devo rimettere in ordine un po' i miei pensieri confusi.
Quando
rientro Alessia è a letto, ma è ancora sveglia.
-Allora?
Ti sei divertito? Hai la faccia felice.-
-Alessia,
piantala ancora prima di cominciare. E' tardi. Ne parliamo domani.-
-Almeno
scopa bene questa Sandra o non te lo fa drizzare abbastanza?-
-Alessia
piantala! Non ho fatto sesso con nessuna! Buonanotte.-
-Sì,
sì. Buonanotte. Domani vedi te che ti combino.-
-Buonanotte,
"amore mio".-
-Pigliami
per il culo, stronzo! Non finisce qui!-
Temo
proprio che finisca qui invece. Mi dispiace di non essere stato un buon marito,
ma d'altra parte tu non sei stata una buona moglie. Non siamo mai stati una
vera coppia: alle prime difficoltà della vita ci siamo scannati l'un l'altro
anziché aiutarci. Buonanotte Alessia. Ricorda che sarai sempre la madre delle
mie bimbe.
Capitolo VIII – Il mio secondo pensiero.
Come
faccio a dire a Debora che l'amo? Come la prenderà? E cosa posso fare per stare
con lei? Okay, è certo che mi separerò da Alessia, ma come faccio a separare
lei dal suo lavoro? Perché non voglio che continui a essere sfruttata a quel
modo. Io l'amo e voglio che passi più tempo con me che col suo lavoro. Che poi
proprio un lavoro non è, smettiamola di chiamarlo così! Lei è una schiava
sfruttata. Il lavoro lo scegli o al limite lo accetti se non ci fosse altro.
Lei è stata costretta con la forza. E' una schiavitù, non un lavoro. Che poi
anche un lavoro normale possa divenire una sorta di schiavitù è vero, ma sei
sempre libero di scegliere di andartene. Lei non è libera. E io voglio
liberarla. Ci deve essere un modo per uscirne. Temo proprio che dovrò
comprarla.
Rivolgersi
alle autorità è troppo pericoloso. Inoltre non ho fiducia nello Stato Italiano.
Troppe volte il governo ha disilluso i cittadini e ora i politicanti hanno bisogno di
recuperare molta, anzi tutta la faccia che hanno buttato via con scandali e malgoverni.
Per quanto i singoli tutori dell'ordine si possano impegnare e fare seriamente
il loro lavoro, senza un adeguato supporto del governo hanno forti limiti. No,
è troppo pericoloso. Le bimbe e anche quella rompiballe di Alessia non si
meritano rischi inutili. Spero di avere abbastanza soldi.
In
banca il saldo è a quasi ventimila. Risparmi di anni di lavoro assieme ad
Alessia. A proposito, quella s'incazzerà a mille quando le dirò che voglio
divorziare. Non mi sopporta, ma se la lasciassi lei si dispererebbe. E' folle.
O forse, come il mio capo al lavoro, ha solo bisogno di uno schiavetto. E uno
zitto e accondiscendente come me non è facile da trovare.
Ora
che ci penso... ho fatto i conti senza Debora. E se lei mi dicesse di no? No,
non è possibile. Non può rifiutarmi. Sì che può! Forse, anzi certo non
rifiuterà la possibilità di essere libera, ma potrebbe rifiutarmi come uomo,
come compagno. In fondo a lei piaceva Max. E io non sono come lui. Sono noioso
al confronto. Però io l'amo davvero. In tv ci insegnano sempre che il vero amore
vince sempre. Già in tv. Dove trasmettono quegli idiotissimi finti reality,
dove parlano per ore di sciocchezze, tralasciando altri problemi più importanti.
Dove spettacolarizzano una disgrazia cercando il marcio e lo scoop anche dove
non c'è. Dove danno voce a persone così ignoranti che se solo "saprebbero
parlando un
poco
di meglio fosse uno stupendo avvento". In tv l'amore vince. Ma qui?
"Debora
ti amo." "Io no."
Potrebbe
accadere.
Ho
sentito Debora: le ho detto che le devo assolutamente parlarle di persona. Ci
incontriamo oggi pomeriggio presto. Esco prima dal lavoro e la incontro prima
che "prenda servizio". Il capo ha rognato quando gli ho detto che
dovevo andare via prima. Mi sembra una seconda Alessia: deve sempre lamentarsi.
Chissà che vita infelice fa per sfogarsi così con tutto e tutti.
Eccola.
Quant'è bella! Dio! Ho stomaco sottosopra! Mi sento male! Mi gira la testa e ho
un po' di nausea. Ma l'amore non fa stare bene?!
Come
glielo dico?
-Ciao,
Giò. Allora cosa volevi dirmi "per forza a tutti i costi"?-
-Ciao
Debora, sei bellissima, come sempre!-
-Mi
prendi per il culo? Dimmi che vuoi. Anzi dimmi prima come sta Max.-
-Max
sta. Punto. Gli ho detto tutto.-
-Gliel'hai
detto? Stronzo bugiardo! Come tutti gli uomini. Mi avevi promesso che non
glielo dicevi. Potevi almeno lasciargli il ricordo di una Debora rispettabile,
no? Adesso sono una puttana anche per lui! Complimenti Giò! Hai reso la mia
vita più merdosa di quanto già era!-
-Guarda
che non mi pare proprio che io ti abbia mai promesso una cosa del genere. Mi
ricordo bene che non volevi che lo sapesse, ma non ti ho mai fatto una promessa
e ho mentito a lui finché ho potuto, ma quando l'ho visto così distrutto...-
-Già!
Chissà come ha sofferto lui, poverino! Io invece non conto mai nulla. Ecco
perché non ho più ricevuto un suo messaggio o un tentativo di telefonata!-
-Debora...
io ti amo.-
-A
chi vuoi prendere per il culo, tu! STRONZO! E' TUTTA COLPA TUA!-
-Debora,
IO TI AMO!-
-Ma
che cavolo stai dicendo, Giò? La smetti?-
-DEBORA:
IO TI AMO!! TI AMO DAVVERO! Io ti adoro, io voglio stare con te, io non posso
stare senza te! Ogni giorno io ti penso, io bramo di averti vicino, io voglio
stringerti, voglio starti accanto! Debora io ho bisogno di te!-
-Giò,
io sono una puttana.-
-Non
mi interessa! Tu pensa che io sono un impiegato.-
-Ma
cosa mi stai dicendo... ma lo sai che è impossibile?! Hai visto com'è finita
con Max?-
-Con
Max evidentemente non era vero amore, se gli è bastato sapere ciò che fai per
smettere di amarti. Quello che è impossibile è che non me ne sia accorto prima.
E' impossibile che non te l'abbia detto prima, ed è impossibile che non ti
abbia ancora baciata…-
-Fermo!
Non ci provare! Non ne voglio più di baci finti che non possono avere un
seguito!-
-Debora
avrai tutto il seguito che vuoi, se mi dici di sì! Stai con me, ti prego!-
-Giò,
io sono una puttana che appartiene ad un figlio di puttana e tu sei sposato!-
-Divorzierò!
Ho già deciso. E' solo questione di tempo.-
-Giò,
ma che dici... ti prego, questo è... questo è...-
-Tu
non mi vuoi?-
-Io...
non lo so!-
-Debora
è un tuo diritto rifiutare il mio amore, ma non puoi impedirmi di amarti.-
-Giò...-
-Perché
se tu davvero non mi vuoi allora... dovrò farti la corte! Comincio subito:
Debora, ti prego, vorresti uscire con me questa sera a cena?-
-Giò...
io... la strada mi aspetta.-
-Lasciala
aspettare! Lei non si lamenterà, lei non ha bisogno di te! Io sì.-
-Giò
mi ammazzano!-
-No,
io ti compro!-
-Ma
cosa dici?!-
-Sei
merce, l'hai detto tu! Portami da lui, dal tuo padrone che gli faccio
un'offerta!-
-Giò,
non è un tipo molto socievole!-
-Ma
io ho un buon piglio commerciale, ricordi? E poi mi hai detto tu che lui si
offre di parlare coi clienti che dovessero essere insoddisfatti, no?-
-Giò,
hai famiglia... Qui finiamo male tutti.-
-Non
possiamo finire se non abbiamo ancora cominciato.-
-Giò,
ma tu... davvero mi ami? Adesso davvero mi dici che mi ami e che vuoi stare con
me? Adesso mi dirai anche che sei disposto a cambiare la tua vita perfetta per
una come me?-
-La
mia vita è tutto fuorché una vita. E senza te sarebbe anche meno. E poi non la
voglio cambiare per "una come te". Ma proprio e solo per te. Non per una
qualunque simile a te.-
-E
magari adesso mi dici anche che sarò sempre il tuo primo pensiero?-
-Ho
due bimbe: tu sarai sempre al secondo posto nei miei pensieri. Ma al primo nei
miei desideri.-
-Giò...
io...-
Ha
le lacrime agli occhi. No. Sta proprio piangendo. Tanto.
-Ma
tu sei davvero davvero convinto?-
-Lo
sono.-
-Ma
lo sai cosa vuol dire avere accanto una col mio passato?-
-Non
lo so. Ma tu sei quella che sei grazie al tuo passato. Non devi rinnegare
nulla. Siamo ciò che siamo grazie a ieri! E le scelte di oggi costruiscono il domani!
Ti sto dando la possibilità di scegliere! Ti sto offrendo la libertà che ti è
sempre stata negata! Scegli! Io ti starò accanto comunque!-
Oddio,
quant'è dolce il suo viso: ha il trucco che le cola, gli occhi rossi e si
asciuga il naso col polso. E' una vera schifezza! Ma quanto mi piace! E' bellissima!
-Giò...
promettimi una cosa...-
-Vuoi
una casa? L'avremo! Piccolina forse, ma tutta per noi! Vuoi dei vestiti nuovi,
o un letto morbido e pulito? Farò di tutto per dartelo e accontentare ogni tua
piccola necessità! Vuoi fare delle ferie? Ti porterò in vacanza! Te lo
prometto!-
-No!
No! No! Tutto quello va bene se c'è, ma se non c'è non mi importa! Voglio che
mi prometti una cosa, una sola! A me basta, ma lo devi promettere davvero! Una
sola cosa.-
-Tutto
quello che vuoi! Cosa?-
-Prometti
che quando litigheremo...-
-Ma
noi non litigheremo!-
-Lasciami
finire!-
-Scusa.-
-Promettimi
che quando litigheremo, non mi importa per cosa, non mi importa quanto forte,
non importa se ho ragione o torto, ma quando litigheremo... tu non mi chiamerai
mai "puttana". Dimmi "stronza, vigliacca, bastarda,
imbecille"! Dimmi tutte le parolacce che vuoi, ma non chiamarmi MAI, MAI e
poi MAI "puttana"! Perché io ora, qui davanti a te, smetto di
esserlo. Per te.-
-No.
Per noi. Te lo prometto.-
Ci
siamo abbracciati fortissimo per un sacco di tempo, non so quanto. Lì in mezzo
al piazzale di quel distributore. Lì, con le auto che passavano vicino e ci
guardavano. Lì, dove non sarebbe mai più ritornata. …Se non forse per fare
benzina.
Io
volevo baciarla, ma non volevo staccarla da me e mi sono limitato ad appoggiare
la guancia contro la sua.
Capitolo IX – Un amore da mal di stomaco.
Siamo
saliti in auto e siamo andati "all'agenzia di affari", così Debora
chiama l'ufficio del suo capo, al centro di una baraccopoli in periferia di cui
non sapevo neanche l'esistenza.
Lo
squallore che appare guardandosi attorno è accentuato da un filo di nebbia che
avvolge solo questo posto. Prima in strada c'era il flebile tramonto autunnale.
Scandaloso
notare in mezzo a tanto schifo un lucidissimo e costosissimo SUV che avrà
appena pochi mesi di vita. Lo sfarzoso simbolo del faraone che opprime il
popolo degli schiavi costretti alla miseria e a vivere in condizioni pietose.
Ci
fermiamo e subito un tizio piuttosto corpulento, alto e zozzo si avvicina e si
appoggia ad un muretto mezzo diroccato al bordo del sentiero centrale della
baraccopoli. Ha il tipico aspetto del peggior ragazzo che potrebbe mai portarti
a casa tua figlia e presentartelo come fidanzato. L'incubo di ogni padre di
femmine. Preferirei mi presentasse un politico piuttosto!
Dopo
che Debora ha detto non so cosa a quell'energumeno questi si rivolge ad un suo
pari poco avanti, che riconosco essere la morsa che mi ha fatto il livido
gigante, e grida a gran voce:
-Vitooo!
Lascialo passare a questo! Sta co' Debbora! Va dal trucido!-
Una
volta oltrepassate le sue pericolose ascelle, bisbiglio a Debora:
-Non
mi avevi detto che lo chiamano "il trucido"!-
-Ti
avevo ben detto che non è socievole!-
-Poco
socievole non è sinonimo di "trucido"! Poco socievole è "introverso",
magari anche "timido"! Non "trucido"!-
-Quanto
sei pignolo! Io non ho studiato come te! Ora parlaci e non fare mosse brusche!-
Lei
rimane fuori dalla baracca e io e il "trucido" siamo faccia a faccia.
Il
suo aspetto fisico è pari agli altri due di sentinella, ma lui sembra pulito e
i vestiti che indossa sono costosi.
Sta
fumando e il puzzo presente nella stanza mi penetra nel naso, non mi fa
respirare e crea un senso di sporcizia esagerato. Devo uscire da qui in fretta,
sto già male! Sicuramente è un modo per mettere a disagio chiunque entri lì. E
funziona.
-Parla
damerino! Cosa vuoi dalla mia Debora?-
-Voglio
comprarla.-
-Vorresti
metterti in affari in questo campo? Guarda che non ne hai la stoffa, si vede da
un chilometro!-
-Quello
che ci devo fare è affar mio, signor "trucido". Quanto?-
-Calma,
giovane, calma. Intanto io non mi chiamo "trucido". Quello è un
soprannome affettuoso che mi hanno affibbiato quei ragazzotti simpatici là
fuori. Io sono una persona rispettabile e con un nome rispettabile.-
-Mi
perdoni, signor "rispettabile". Come devo chiamarla?-
-Col
mio nome, diamine! Io sono Mario Rossi.-
-Che
nome particolare! Complimenti per la fantasia.-
-Senti
damerino il nome che uso sono affari miei come invece è affar mio e non tuo
quello sei venuto a fare qui! Lo sai che questo non è un luna park?-
-Lo
so. E' un'agenzia d'affari. E infatti io sono venuto a proporre un affare.-
-Bello
"agenzia d'affari"! Mi piace! Allora tu vuoi portarmi via una delle
mie preferite, capirai che non è facile trovare capi di razza come quella al giorno
d'oggi.-
-Praticamente
sto operando un abigeato.-
-Non
parlare difficile con me, bellino! Io ti sto dicendo che non è facile trovare
un pezzo come quella! Lo so che c'è una concorrenza spietata e tutti abbassano
i prezzi e poi le negre col culo sodo che piacciono tanto, costano meno e sono
più giovani... Insomma non giriamoci attorno: Debora ha un bel personalino e ho
capito che tu gli vuoi far fare il salto di qualità, eh? Pochi appuntamenti, ma
con tizi ben scelti e granosi, eh? A cui piacciono quelle un po' di classe. Un
po' di trucco e un bel vestito e sembra una signora, vero? Ah, ma guarda che
caschi male, io t'avverto, poi non dire che non te l'ho detto! Ci ho già
provato a entrare in quel business, ma chi tira le fila, i ricconi, sono troppo
esigenti e poi devi stare attento a mille cose, che nessuno parli e nessuno lo
venga a sapere... Insomma la strada è un mercato più facile: pochi problemi e
tanti piccoli guadagni.-
-Signor
Rossi, la prego, non voglio farle perdere altro tempo prezioso: mi dica quanto
denaro vuole per darmi Debora.-
-Quanto
hai bellino?-
-Quanto
ho? Ma qui ora non ho nulla, non pensavo di dover pagare subito!-
-Non
hai capito, bellino. Tu quanto hai in generale, quanta roba possiedi, beni, soldi,
proprietà! Quanto hai in totale!-
-Ho
circa ventimila euro in banca.-
-E
poi? -
-E
poi, basta, ho solo ventimila euro.-
-No,
e poi altro? Lavori come dipendente?-
-Sì.-
-Da
quanto?-
-Quindici
anni.-
-Bene,
ti puoi far dare una corposa liquidazione in anticipo. La casa?-
-La
casa? Ma veramente quella è intestata a mia moglie e in più ha ancora dieci
anni di mutuo.-
-Banche!
Che ladre! No quella è meglio non toccarla, troppa burocrazia che attira
sguardi indiscreti. La macchina?-
-Sì,
la macchina è mia. Quella station wagon azzurra là fuori.-
-Pezzente!
Che macchina da barbone! Quanto vale?-
-Mah,
credo sei o settemila euro.-
-E'
una macchina da barbone, lo sai?-
-E'
una macchina normale che serve per andare in giro e funziona.-
-No,
no, no, no! Tu sei un tipo ganzo, sei ben vestito, hai bisogno di qualcosa di
più adeguato al tuo rango!-
-E
questo vorrebbe dire?-
-Una
Porsche. Una bella Porsche cabriolet! Quella è la macchina giusta per te!-
-Ah!
Mi piacerebbe in effetti, una bella Porsche cabrio. Ma vede, signor Rossi, noi
si parlava di Debora, al momento io sono interessato all'acquisto di Debora.
Per la Porsche vedremo.-
-E
appunto perché si parla di Debora che ti devi comprare una Porsche!-
-Temo
di non capire.-
-Allora
bellino ora io ti spiego il gioco e tu o accetti o sei fuori, ma non devi dire
niente a nessuno, altrimenti la mogliettina e le figliolette potrebbero non
stare più tanto bene, capito?-
-Ma
come fa lei a sapere che...-
-Lo
so e basta. Se accetti o no è affar tuo, ma sappi che una volta iniziato non si
torna indietro e si gioca a modo mio. E non una parola con qualcuno che abbia
una divisa o un distintivo! Sono stato chiaro, paparino?-
-Molto
chiaro. L'ascolto.-
-Allora
tu prima prendi la tua liquidazione. La sommiamo ai ventimila e tu fai un
affare e dai dentro quel rottame di macchina in un posto che ti dico io. Lì ti
comperi quella bella Porsche cabrio che dicevamo, fai una bella kasko con
un'agenzia di assicurazioni che ti dico io e poi la macchina avrà un incidente
e l'assicurazione ti rimborserà un po' di soldi. Tu dai dentro la Porsche
ancora guasta e ti comperi un'altra macchina un po' più brutta che ti costa
giusto giusto i soldi che ti ha dato l'assicurazione. Chiaro?-
-Nì.
Ma dopo questo giro Debora è mia?-
-Certo!
Ti ho già detto che io sono un uomo rispettabile! E la mia parola è legge! Io
sono un uomo d'onore, mica come tutte quelle facce da culo che vedi in
televisione che parlano, parlano e non fanno mai nulla se non andare a troie!-
-Ho
capito e... finché non concludiamo posso comunque già portare Debora con me?-
-Amico
per disposizione della direzione la merce si porta via a pagamento avvenuto.-
-Va
bene. Ma almeno potrebbe fare a meno di mandarla al lavoro?-
-Certo!
E me li dai te i soldi che guadagnerebbe?-
-Ma
caspita! Con tutti quelli che le devo dare è necessario contare anche due
marchette?!-
-Senti
bello questo è il mio lavoro e funziona così.-
-Ok!
Ci aggiungo anche una settimana di marchette, se me la fa portare via subito!
Quanto le porta a casa al giorno Debora?-
-Seicento!-
-Sei
per sette quarantadue. Quattromiladuecento euro, ok?-
-Facciamo
cinquemila e affare fatto! Tu con me stai in una botte di ferro! E se fai il
bravo ci resti, sennò finisci in una bara di legno! Sono stato chiaro?-
-Lampante,
direi.-
-Bravo.
E adesso dimmi un po', ma che ci vuoi fare co' quella? Guarda che è una
puttana! Te vai con le puttane? Non ti vergogni?-
-Io
mi devo vergognare?! E lei? … No, intendo… Lei non ci va mai a troie?-
-Ah,
no bello! Io ti ripeto che sono rispettabile! Io con quelle non ci vado mica!
Ma per chi mi hai preso? Ma guarda che mi stai offendendo! Ti pare che io mi
faccia baciare da una che fa pompini a tutti?! Ma che schifo!-
-Va
bene, lasciamo stare... Ora la porto via e qui non tornerà più, ok? Ci sentiamo
appena ho i soldi, dove chiamo?-
-Ti
chiamo io. Lasciami il tuo numero e vai a prendere il cellulare di Debora: non
è suo, ma mio. E visto che non lavora più per me lo riprendo.-
-Giusto.
La settimana prossima porto il contante.-
-Che
contante?! Sei fuori? Col contante si hanno mille rogne, devi sempre
giustificarlo! Meglio gli assegni. Noi dobbiamo fare le cose pulite, regolari.
I contanti sono una gran seccatura. Tanto dei tuoi assegni... io mi fido, non è
vero damerino?-
-Verissimo.
A lei i soldi, a me Debora. E nessuno saprà o dirà.-
-Mi
piaci ragazzo, sei sveglio! Cerca di rimanerlo.-
Appena
esco Debora è ferma in piedi davanti alla porta così come l'ho lasciata,
infreddolita, che si stringe le braccia una con l'altra, come se volesse
abbracciarsi da sola. Mi guarda cupa e chiede:
-Allora?-
-Ti
ho comprata. Ora sei mia. Dammi il cellulare che glielo rendo, poi prendi le
tue cose e andiamo.-
-Non
ho nulla da prendere qui! Portami via subito!-
Restituito
il cellulare ci incamminiamo verso la macchina.
-Toglimi
una curiosità: quanto guadagnavi al giorno?-
-In
media... centocinquanta. Una sera però un pollo mi ha dato trecento euro e non
abbiamo neanche scopato!-
-Sono
proprio un pollo, eh? Lo ha capito anche il trucido.-
-Sì.
Però sei un pollo saporitissimo!-
Allontanandoci
dalla tana del trucido l'energumeno posto all'ingresso ci saluta con un sonoro
rutto.
Si
può sempre imparare qualcosa da chiunque, anche da chi proprio non te
l'aspetti. Infatti da quest'ultima bestia antropomorfa ho imparato che non
voglio più ruttare rumorosamente, neanche quando sono solo. Rischierei di
assomigliargli.
In
macchina chiamo subito Max e gli dico di cancellare il numero di Debora perché
non ha più quel cellulare e di dimenticarselo del tutto che è molto meglio. Lui
vuol sapere che succede. Ci incontreremo stasera e glielo dirò.
Debora
è afflosciata sul sedile, incredula, silenziosa. Non dice nulla, non ha
espressione. Come fosse vuota. Le gambe incrociate e le braccia che si
abbracciano. Sembra ad indicare che è chiusa, si è chiusa. E' tutta sua,
appartiene a sé stessa adesso, non si apre agli altri. Lei ora è di sua
proprietà.
Dove
la porto? A casa da me con Alessia, per di più così vestita, non è il caso. Sandra!
Sandra
è sempre uno spettacolo di cortesia. Al telefono si è messa a ridere e mi ha
detto:
-Mi
hai preso in parola, eh? Non ci hai pensato un attimo e ora finalmente ci sei
insieme! Sono contenta per voi!-
La
ospiterà lei finché non ci saremo organizzati.
Stasera
devo vedere Max. Prima di uscire Alessia fa un altro show: "Esci anche
stasera? E con chi, se posso saperlo? Ti ricordo che qui hai una famiglia e...
bla bla bla". Quanto sarà dura dirle tutto a cose fatte! Se glielo dicessi
ora farebbe di tutto per impedirmelo, col rischio di far arrabbiare il trucido.
Quando
incontro Max, lo vedo più sereno. Gli racconto ogni cosa. Lui ascolta, fa
smorfie e ogni tanto spara una delle sue battutine sceme. Ma alla fine vedo che
anche lui ha dei sentimenti e Debora gli lasciato un segno.
-Giò,
sei certo di quello che fai? Hai maturato bene la tua decisione?-
-Sto
abbandonando la vita reale per inseguire un sogno. Cosa c'è di più immaturo? Ma
se raggiungessi l'isola che non c'è sarei più felice di Peter Pan.-
-Vuoi
veramente stare con lei?-
-Lei
è la donna che ha dato una svolta alla mia vita.-
-In
positivo o negativo?-
-E
chi lo sa? La strada della vita ti offre tanti bivi, ma non sai mai se possa
essere quello giusto. Certo è che mi ha fatto svoltare.-
-Un
filosofo!-
-Al
contrario: è una semplice metafora molto reale e lontano dai deliri filosofici.
Se non fosse stato per lei chissà quanto ancora sarei rimasto fermo in
quell'autogrill anziché proseguire il viaggio della mia vita.-
-E
tu ora abbandonerai moglie e figlie per stare con lei.-
-Io
non abbandono nessuno. Le mie figlie continueranno ad essere le mie figlie e le
seguirò come ho sempre fatto. Il fatto di non essere sempre a casa con loro non
vuole dire che io le abbandoni. Anzi forse questo le spronerà ad essere un po'
più indipendenti e cresceranno più... sveglie! Mia moglie invece... io e
Alessia ci siamo già abbandonati anni fa e vivere sotto lo stesso tetto non
vuole dire essere per forza una coppia.-
-Fatto
sta che tu incontri una mignotta una sera e ti innamori come un ragazzino.-
-Max
tu non sai cosa c'è stato fra noi.-
-Cosa?-
-Assolutamente
nulla. Ma è stato un nulla così intenso che non lo scorderò mai!-
-Sai,
ho sempre ipotizzato che tu fossi un cretino. Ora ne ho la conferma.-
Max
è un brav'uomo. Ma non accetta che Debora sia stata una prostituta. Non so se
sia giusto o sbagliato, cioè posso capire che un uomo che non la ami possa
anche trovarla un po' inadatta, ma uno che si era innamorato come non avevo mai
visto fare... Mi ha lasciato un po' perplesso questo suo voltafaccia, freddo e
scostante. Prima è la donna della sua vita e un attimo dopo non è mai esistita.
O almeno vuol farmi credere che sia così. Prima di incontrarlo stasera ho anche
temuto la rivolesse indietro. Adesso che Debora è disoccupata, e quindi
"rispettabile", lui forse avrebbe voluto provare a riprendersela e, considerata
la sua simpatia esuberante, temerei ci riuscisse. Ma a sentirlo non gli importa
più nulla di Debora. E' tornato il Max farfallone di sempre!
Solo
che stasera è un po' più triste. Come ho detto anche lui prova dei sentimenti
ogni tanto.
A
tarda sera ho mandato un sms a Sandra per chiederle se avessi potuto chiamarla
e avere notizie di Debora. Mi ha richiamato lei subito e mi ha detto che Debora
è stata nella vasca più di un'ora: era immersa nella schiuma e continuava ad
aggiungere acqua calda, credeva si stesse lessando. Ora dorme. Le ho detto di
farle usare tutta l'acqua calda che volesse a costo di prosciugare il Po,
gliel'avrei ripagata io. Si è messa a ridere e mi ha detto che non ce n'era
bisogno. Poi abbiamo fatto una piacevole chiacchierata su quello che sarà. Mi ha
detto di fare attenzione: Debora è piena di dubbi e non si fida molto degli
uomini. Anzi non si fida per nulla. E' sconvolta da quello che le è successo,
da come è successo ed è confusa. Ha paura possa non essere vero e che io possa
voltarle le spalle come ha fatto Max. Mi ha detto che ora è innamorata per interesse.
Non sarà né facile, né veloce comprendere se effettivamente si innamorerà di
me.
Sandra
è un'amica preziosa. E io che volevo sforzarmi di provare ad amarla come
compagna! L'amore non va sforzato, sboccia spontaneo. Con lei è sbocciata
un'amicizia. Una splendida amicizia. Con Debora è amore. Un amore da mal di
stomaco.
Sto
facendo un gran casino di bugie in questi giorni. Al lavoro non volevano
anticiparmi la liquidazione e nemmeno dei giorni di ferie per attuare tutti gli
intrallazzi che il trucido Mario Rossi mi ha detto di fare. Mi sono incazzato e
mi sono licenziato. Ora mi dovranno pagare per forza. Il mio capo è incazzato
nero. Adesso deve far lui le cose schifose e risolvere tutte le merdine. Il suo
capo invece è felice: sono tempi di crisi e togliersi dalle balle un
indeterminato è un bel vantaggio che gli consente di dare spazio ad aree che
necessitano di interinali a basso rischio economico. Faccio bene al budget. Al
mio capo no. Ora deve lavorare lui perché non serve rimpiazzarmi. Sono utile
quanto una sorpresa dell'ovetto Kinder!
Alessia
non lo sa ancora: io esco comunque al solito al mattino e torno la sera come
sempre. Si incazzerà di brutto. Di bruttissimo!
Ma
la cosa più difficile è stato chiedere soldi a mio padre. Mi mancavano ancora i
cinquemila promessi al caro Mario per aver potuto sottrarre Debora alla strada
fin da subito. Lui era l'unico a cui li potessi chiedere. Un over quaranta che
lavora da più di vent'anni e si trova costretto a chiedere soldi ad un
pensionato. E' stato umiliante. Ma mio padre è sempre un papà. Me li ha dati
senza chiedere nulla.
Vado
a vedere la mia nuova Porsche: è blu scuro. Il colore non mi piace molto per la
verità, ma almeno lo distinguo. Il resto della macchina è un ammasso informe di
lamiere piegate, vetri rotti, airbag scoppiati e sedili macchiati di un rosso
scuro. E di sicuro non è succo di lampone.
Firmo
il contratto di acquisto e la cessione della mia macchina, poi vado a stipulare
la polizza, kasko compresa, e divento proprietario di una perfettissima 911
Cabrio con appena ventimila chilometri in cambio di parecchi soldi e la mia
familiare. Almeno ufficialmente. Nella realtà il rottame non è mai uscito dal
piazzale retrostante l'autosalone.
Dopo
una settimana dichiaro all'assicurazione di essere uscito di strada. Il perito
elabora un pagamento a mio favore di diciottomila euro che giro all'autosalone.
Il salonista ritira la mia Porsche, ora ufficialmente distrutta, e mi rifila
un'utilitaria del '98 con la carrozzeria completamente ammaccata, strisciata e
arrugginita.
E'
incredibile quanti segni abbia: non uno, non un solo singolo pezzo della
carrozzeria che sia sano! Portiere, parafanghi, paraurti, cofano, portellone e
(incredibile a dirsi!) persino il tetto è rovinato!! Non sono botte da
incidente violento, sono tutti parcheggi malriusciti e fatti veramente senza la
minima cura. La cosa che balza all'occhio è che dove inizia una strisciata non
c'è una interruzione della stessa. Vuol dire che chi la guidava ha sentito che
stava strisciando, ma non si è fermato: ha proseguito fregandosene bellamente.
E il tempo ha trasformato i graffi in ruggine. Sul cofano ci sono invece
piegature e segni evidenti di cose appoggiate e poi trascinate via, tipo
scatoloni e borsoni. Praticamente un banco da lavoro alternativo.
Chiedo
come fosse stato possibile graffiare anche il tetto, visto che è sopra. La
risposta sa un po' di barzelletta: l'auto era di un'anziana signora che non
riusciva ad aprire bene la basculante del box, così spesso la porta rimaneva
alzata a metà e, passandoci sotto, il tetto ci strisciava contro. Infatti l’antenna
è divelta. Però da buon venditore, come se rischiasse di non concludere la
vendita, mi fa notare che ha pochi chilometri vista l'età: circa centomila. La
mia wagon ne ha la metà.
Gli
interni dell'auto non sono brutti e ha il cambio automatico. E, molto
importante per me, non ha odore di fumo.
Gli
ho consegnato le chiavi della familiare e sono andato via con l'utilitaria. In
fondo era quello che volevo, no? Anche se non assomiglia proprio ad una nuova
Smart elettrica.
Quello
è stato l'ultimo giorno che ho usato la mia station wagon azzurra. Mi ci ero
affezionato. Ha visto crescere le mie bimbe, funzionava bene e grazie a lei ho
conosciuto Debora.
Uscito
dal salone telefono al trucido e confermo l'avvenuta conclusione del patto. Lui
si congratula e poi mi dà un consiglio per il futuro: quando ne compro una che
ha più di trent'anni posso tirare sul prezzo! Come a dire che lui ha fatto un
affare a sbarazzarsi di Debora. Comunque, aggiunge, è meglio che mi butti sulle
ventenni visto che tengono meglio il valore perché i clienti chiedono
"carne fresca".
Non
sono riuscito a rispondergli nulla, volevo solo chiudere ogni contatto con lui
al più presto.
Ricapitoliamo:
ventimila euro presi direttamente in banca, più seimila di valore della mia
macchina, più altri venticinquemila della mia liquidazione, più i quindicimila
circa che gli arriveranno dall'assicurazione (tremila se li divide il perito
con non so chi altri), più altri cinquemila per la "settimana di mancato
preavviso" di Debora. Totale: settantunomila euro. In cambio ho avuto
un'utilitaria che varrà sì e no mille euro.
Quindi
ho comprato una donna con settantamila euro.
Non
ho mai saputo quali fossero le sue tariffe, ma credo che con cinquanta euro una
sveltina la si rimediasse.
Questo
squallido raffronto commerciale può dare l'idea di quanto poco sia importante
un po' di sesso di fronte ad una donna intera. Non che non sia importante il
sesso in sé, in una coppia è molto importante. Ma farlo così, una volta, con
qualcuno che poi non rivedrai mai più rispetto al "costo" della
persona intera è veramente poca cosa.
Solo
adesso credo di aver veramente perdonato a mia moglie le sue scappatelle.
Valgono poco. Quello che ha lasciato il segno è stata la mancanza di rispetto e
la pretesa di essere perdonabile in ogni caso senza meritare castigo o comunque
pretendendo di avere diritto di tradire.
Ma
ora non mi interessa più.
Capitolo X – Fine di un matrimonio, inizio di un’avventura.
E'
arrivato il momento di spifferare tutto ad Alessia.
-...Ma
se ti piaceva tanto 'sta troia non potevi solo chiedergli l'amicizia su
Facebook?!-
-L'amicizia
non si chiede: si può solo offrire.-
-Il
pirla fa il filosofo! Cretino! Ventimila euro! Dico io: VENTIMILA EURO!-
-Più
la macchina.-
-Come
la macchina?-
-Sì,
l'ho data dentro per comprare una Porsche.-
-Una
Porsche?! Ma se tu vai a ottanta all'ora in autostrada!?-
-Beh,
volevo un'auto più divertente da guidare visto che ora ho più tempo libero
perché... mi sono licenziato.-
-Tu
cosa?!-
Il
resto della conversazione è solo un insieme di urla, pianti isterici, parolacce
di ogni tipo (non pensavo riuscisse ad essere così volgare...) e infine la mia
uscita di casa con una valigetta che contiene un ricambio di vestiti e lo
spazzolino. I vicini se la godranno per settimane.
Avrei
voluto abbracciare forte le bimbe prima di uscire. Non mi è stato concesso. La
fase di isteria acuta di Alessia era a rischio di follia omicida. A Giulia sono
riuscito a dare un bacetto fuggente sulla testa. Patrizia invece si era chiusa
in camera a piangere e non ne è uscita. Io volevo solo abbracciarle e farle
sapere che sarò comunque e sempre il loro papà e che... e tante altre cose. Ma
la paura che Alessia potesse andare oltre i limiti dell'umana... No, era già
oltre!
Perché
è stata così incapace di accettare la realtà? Perché non abbiamo potuto
lasciarci civilmente, con la capacità di ascoltarci reciprocamente? Accettare
ognuno i problemi e dell'altro e risolverli insieme e continuare a frequentarci
per il bene delle bambine. Anche se fra noi non c'è più amore entrambi ne
abbiamo da dare a quelle bimbe. E questo ci accomuna e lo farà sempre. Lei
invece rifiuta e chiude il dialogo. E' come vuole lei e basta. E io lo sapevo
già. Per questo ho fatto tutto di nascosto. Non è capace di comprendere. O
forse non vuole comprendere. E vuole solo punirmi impedendomi di salutare le
bambine, mettendomele contro. Per loro io sono il papà cattivo che ha fatto arrabbiare
la mamma. Che anche la mamma possa avere colpe non possono saperlo né
immaginarlo. In fondo un papà è un accessorio, è in più. Quello che conta è la
mamma. Anche Debora non mi ha mai detto nulla di suo padre. Il padre è solo un
donatore di seme e nulla di più. La famiglia vera sono la mamma e i bimbi.
Quant'è
falso. Quanto fa male ad un papà essere considerato solo un'aggiunta, un
gadget. Il papà conta quanto la mamma. La natura ha imposto la gravidanza alle
mamme, ma questo non deve sminuire il ruolo del papà. La società questo non lo
ha ancora capito. I papà non possono godere diritti sui propri figli. Quant'è
ingiusto questo. E quanto le donne approfittano di questo, quando c'è una
separazione. Io voglio poter abbracciare le mie bimbe. Io voglio vederle
ancora, sentirle, stringerle, annusarle. Amarle. Non è giusto. Non è giusto
così. E così lei si sta vendicando. Usa le mie bambine, le fa soffrire per far
soffrire me. Come fa ad essere così crudele? Non si accorge di quanto male
inutile sta facendo? Persino alle mie piccole. No, per lei sono solo io la
causa del loro dolore. Com'è cieca.
E
intanto ora in strada ci sono io. Giro in auto senza sapere dove andare, senza
un soldo, senza lavoro.
Vediamo
se Max mi può ospitare per un po'.
-Cosa
farete?-
-Andremo
via. Pensavo alla Toscana. In collina, da dove la sera si possa vedere il sole
tramontare nel mare.-
-Che
pensiero romantico. Sei nella merda più totale e pensi a 'ste stronzate? Perché
non pensi prima a trovarti un lavoro? E alle bambine.-
-Ci
ho pensato a lungo, Max. Ed è proprio per questo che ho deciso di andare lì.-
-Che
vuoi dire?-
-Debora
non vuole rimanere qua. Non vuole correre il rischio di incontrare qualche cliente,
le ex-colleghe o il trucido. Poi non vuole incontrare Alessia. Ha mille paure e
non posso certo darle torto. Inoltre parlandole una volta mi ha detto che
quand'era ancora con la sua mamma, prima di essere lasciata in orfanotrofio, si
ricorda che da dove viveva la sera riusciva a vedere il sole che tramontava nel
mare e questo le piaceva. Ho trovato un ricordo felice della sua infanzia.
Voglio ridarglielo, visto che è l'unico. In Toscana il sole tramonta nel mare.-
-Anche
in Calabria se è per questo. E costa meno. La Toscana è cara e tu ora sei un
morto di fame.-
-Lo
so, ma ti ho già detto che ci ho pensato. E infatti ho scelto la Toscana anche
per le bimbe. Voglio sistemarmi nella zona del villaggio dove andiamo ogni
estate in modo da trovarsi in un ambiente già conosciuto, già familiare. E con
poche ore di treno ci possiamo vedere "comodamente". Il sud è troppo
lontano da loro.-
-Ripeto:
è cara.-
-Lo
so. Ma non cerco un castello. Ho bisogno di tranquillo posticino dove poter
stare con lei e un lavoro qualunque.-
-Il
lavoro oggi non lo trovi mica come negli anni sessanta. Stai facendo un'altra
cazzata.-
-Il
lavoro oggi lo trovi se lo cerchi e ti adatti. E io penso proprio di potermi
adattare. Il problema più grande del vivere in Toscana sarà l'essere circondato
da toshàni hé parlano hòme hòglioni.-
-Che
ti devo dire? Tra hòglioni ti
sentirai a tuo agio! Buona fortuna Giò. Ma per me sei matto!-
-Grazie.
Puoi prestarmi qualche soldo?-
-Giò,
ti sembra che io abbia soldi da prestare?-
-Domanda
stupida, scusa.-
Dopo
quella sera sono bastati sette giorni per partire, grazie alla presenza di Max,
che ha sempre avuto un'influenza calmante su mia moglie, dei genitori di lei e
di un avvocato chiamato da Alessia e subito disponibile (come mai un avvocato è
subito disponibile? Mah...). Mio padre non si è mai molto interessato alla mia
famiglia, ma lui è fatto così, non è mica una colpa e non era presente. Mia
madre invece è venuta ed è l'unica che ha cercato di giustificarmi e di evitarmi
il più possibile la gogna. Non ha mai sopportato troppo mia moglie e aveva
ragione. Si è resa conto ben prima di me che Alessia non era adatta a me e che
era avida, interessata e senza passione. Senz'anima.
Ci
siamo accordati velocemente, tutto sommato: io ho semplicemente rinunciato a
tutto quello che mi rimaneva ovvero la metà della proprietà della casa che era
cointestata e tutto quello che c'era dentro. Almeno su questo ho fregato il
trucido. Ma Alessia ha fregato me. Non ho neanche diritti sulle bambine. A
sentir loro nessun giudice mi avrebbe dato aiuto: ho abbandonato la famiglia e
ho buttato via un sacco di soldi per stare con una prostituta per di più
clandestina. Avrei potuto tentare di fare una causa, ma comunque sarebbe finita
Debora sarebbe stata espulsa dall'Italia. Accontentare Alessia in tutto era
l'unico modo per non subire pericolose indagini ufficiali.
Voleva
togliermi anche la macchina. Poi l'ha vista e ha generosamente acconsentito a
lasciarmela. Mi ha anche detto:
-Sì,
è adatta a te. Tienitela.-
Ora
infatti è la mia unica proprietà assieme al mio notebook troppo vecchio,
pesante e con la batteria esaurita per essere appetibile.
Anzi
no: posseggo anche una donna "regolarmente" pagata. Ma priva di
documenti.
Con
la macchina carica di un paio di valigie contenenti i vestiti che Alessia mi ha
generosamente concesso di mantenere vado da Sandra a prendere Debora.
Sandra
dà dei soldi a Debora proprio mentre si abbracciano piangendo. Tremila euro. Ci
augura tanta fortuna e felicità. Debora ringrazia e le dice che glieli
restituirà. Appena salita in auto mi dà i soldi. Le dico di tenerli lei. Mi
guarda strano. Poi sorride e li mette in borsa. E' un gesto automatico per lei
dare soldi all'uomo a cui appartiene. Ma non è difficile farle capire che ora
appartiene solo a sé stessa.
Penso
tanto alle mie bimbe. Oggi sono riuscito a rivedere Giulia: aveva gli occhietti
tristi, ma mi ha detto:
-Ciao
papà. Tornerai?-
Le
ho promesso che appena potrò verrò. E farò di tutto per potere far venire loro
da noi quando avremo una casa. Patrizia invece non sono neanche riuscito a
vederla. Non vuole parlarmi e non vuole ascoltarmi. Piccola gioia mia quanto
stai soffrendo! E dire che farvi soffrire è l'ultima cosa che vorrei. Ma non
sempre si riesce ad avere ciò che si vuole. Sebbene un dolce aiuto da una madre
sconsiderata sarebbe stato utile per non diventare ai loro occhi il lupo
cattivo. Una inutile vendetta che si perpetra anche verso le mie bimbe.
L’ultimo scoglio postomi per impedirmi la fuga dal suo controllo e tentare di
riportarmi alla cuccia con il vantaggio di potermi soggiogare ancora. Amo le
mie bambine e donerei la mia vita per loro. Ma vivere schiavo di desideri
altrui non vuol dire donare la vita. Vuol dire solo soffrire inutilmente.
Partiti!
Pochi soldi, quattro stracci, una vecchia auto e una giovane compagna. La
sicurezza del futuro, la tranquillità del domani e il relax della monotonia
sono un ricordo del passato. Il cuore batte forte anche quando sono calmo, ho
gli occhi sbarrati come fossi drogato, la strada dell’incertezza è aperta
davanti a me e mi sento vivo come non mi sentivo da anni! Da tanti anni. Mi
sembra di averne venti. Peccato che il mio corpo non risponda più come allora.
Lo sento vecchio. Ma sento anche che si sta riprendendo. Mi sento come se si
stesse allenando e fra un po’ tempo sarà in grado di sopportare lo sforzo che
mi presenta davanti: vivere.
Viaggiamo
tranquilli. Lei sta per accendere una sigaretta, ma io la fermo.
-Debora
detesto il fumo, ti prego!-
-Ah,
persino in questo rottame? Ma allora non è perché sei uno di quei maniaci
dell'auto perfetta che la lavano ogni domenica come degli ossessi!-
Appunto.
Certo che quella sera in cui ci siamo incontrati le ho dato una fantastica
impressione di me! Mai valutare al primo approccio.
-Comunque
non ti preoccupare, ho deciso di smettere. Ho ancora qualche stimolo ogni
tanto, ma ormai posso rinunciarci, non ne sento più il bisogno. Stare con
Sandra mi ha fatto molto bene, sai? Mi sono sentita amata.-
Ecco: adesso sto fantasticando su di un possibile rapporto saffico tra lei e Sandra e
mi sto arrapando! Meglio concentrarsi sulla guida!
Mi
piace il cambio automatico: mi consente di guidare con una mano sola e posso
appoggiare la destra sulla sua coscia. Mi piacciono le sue cosce. Sono un pollo
a cui piacciono le cosce! Potrei essere considerato un cannibale.
In
autostrada Debora mi chiede di fermarmi. Accosto in una piazzola di sosta.
-Giò,
ma allora è vero: tu mi ami. Tu hai fatto tutto questo per me?-
-Sì.-
Mi
ha baciato. E' la prima volta. Non c'eravamo mai baciati prima. E' stato il
bacio più bello e appassionato della mia vita! E' stata un'emozione incredibile!
Tremavo tutto! E la sentivo finalmente innamorata! Innamorata di me! Forse. O
forse è solo riconoscenza. Sono in paranoia! Perché in effetti mi lascia ancora
percepire una sensazione di dubbio, di non essere convinta. Non è
effettivamente proprio proprio innamorata come lo sono
io.
Comunque
è stato senza dubbio il bacio più bello della mia vita. E me lo ha dato qui, in
un'auto scassata ferma lungo un'autostrada trafficata in un freddo giorno di
autunno. Il posto meno romantico del mondo diventa il testimone dell'amore più
intenso che io abbia mai provato.
Arrivati
nella zona che ci eravamo prefissati di "colonizzare" cerchiamo un
posticino economico, un bed & breakfast che ci faccia da base d'appoggio
per le nostre ricerche di casa e lavoro. Partiamo da zero in un posto che non
conosciamo e con nessuno che ci conosce. E' strano. E' buffo. E' difficile. Ma
è stimolante. E' la seconda possibilità che pochissimi hanno cercato.
Operiamo
su diversi fronti, chiacchiere con i proprietari del bed & breakfast,
ricerche online presso un internet point, visite ad agenzie di lavoro interinali
che quasi ridono quando vedono che sono oltre i quaranta, porta a porta presso
negozi e aziende di vario tipo. E' stancante, frustrante e demoralizzante.
Debora
trova due persone che avrebbero bisogno in casa di un aiuto per le pulizie e
persino un negozio di abbigliamento che cerca una commessa, ma quando sentono
che non ha documenti si chiudono a riccio. La sua clandestinità è un grosso
problema che non ho ancora capito come affrontare.
Io
invece non ho speranza di trovare alcun ruolo impiegatizio da queste parti.
Dovrò fare l'operaio. Ma senza esperienza non mi vuole nessuno. Cercano
idraulici, muratori, imbianchini, elettricisti, un panettiere, un portiere di
un motel (meglio: albergo a ore) e un aiuto fioraio. Non ho esperienza in nulla
del genere, l'albergo a ore direi proprio che sia un po' di cattivo gusto e i
fiori non li conosco per nulla. Max direbbe che sto facendo il difficile e
sarebbe il caso che mi adattassi. Fanfarone!
Per
la casa è pure peggio: se ne trovano a decine, ma con prezzi salatissimi e
tutti che chiedono tre mesi di anticipo, più questo, quello e quell'altro
ancora. Siamo nella pupù più profonda: ogni momento è buono per annegare.
Debora
mi abbraccia sempre e ci baciamo tanto. Tutte queste preoccupazioni spariscono
quando mi abbraccia. Alessia nella sua posizione si sarebbe disperata
lamentandosi di tutto per tutto il tempo. Debora al contrario è così serena e
rassicurante. Anche quando torno con l'ennesimo rifiuto è sorridente e non si
dispera. Dice:
-Domani
troveremo qualcosa!-
Io
lo spero tanto anche se quando non mi guarda inizio a subire un po' la
preoccupazione.
Dieci
giorni passano in fretta e i soldi svaniscono ancora più velocemente. Il bed
& breakfast è carino e i proprietari simpatici, ma non è economico come si
possa pensare e se non trovassimo in fretta qualcosa saremmo veramente nei
guai.
Inoltre
le pareti sono sottili e non voglio che sentano i nostri "rumori da
letto". E poi non so ancora bene come approcciarmi con lei. E poi mi sento
strano a non avere vicino le bimbe. E poi, diciamola tutta, ho una paura folle!
Sono più di quindici anni che non faccio sesso con un'altra donna che non sia
Alessia! Non ricordo come si fa all'inizio!
Praticamente
non abbiamo ancora fatto l'amore. E la sera crolliamo addormentati per la
fatica delle ricerche giornaliere. Oddio
forse così Debora poi pensa che non mi piaccia! Ma no, che dico, io le ho
donato tutto quanto avrei potuto, lo sa che mi piace anche fisicamente... E
poi... insomma anche lei in effetti non mi cerca da quel punto di vista. Non
cerca di stimolarmi, quindi non ne ha voglia. Forse non sono io quello che ha
più resistenze a farlo. Forse è lei. Sì, me lo aveva anche detto: lei non ha
mai fatto l'amore. Che scemo che sono! E' vero! Devo trattarla come fosse una
vergine! Ci vuole pazienza e delicatezza e aspettare il momento giusto perché
sia un bel ricordo oltre che l'espressione del nostro amore. Ecco fatto. Quindi
mi sono trovato un'altra scusa per rimandare ancora. Che furbo che sono con me
stesso. Un vero genio. Ipocrita, cacasotto! Però è vero che non sento ancora la
certezza del suo amore verso me. E io voglio fare l'amore, non solo sesso.
Penso
alle bimbe. In questi giorni ho chiamato tante volte Giulia. Mi dice che la
mamma è sempre isterica e si arrabbia sempre per nulla. Un po' come faceva con
me (mi ha detto proprio così!). E che passa ore al telefono con la nonna e urla
e piange anche. E anche quando torna dal lavoro è sempre incavolata e urla. Mi
ha detto che ha le orecchie stanche. E mi chiede di tornare.
Quant'è
difficile dirle di no.
Mi
dice che Patrizia non parla. E' triste e non fa quasi niente. Sta sempre chiusa
in camera e non gioca nemmeno più con lei. Non riesce a passarmela, non vuole
parlarmi.
Quanto
vorrei averle qui con me!
Poi
mi chiede cos'è una troia. La mamma grida sempre che Debora è una troia e una
puttana. Le rispondo che non è vero, almeno adesso. E che non si dicono certe
parole. La mamma le dice perché è arrabbiata e spesso quando si è arrabbiati si
dicono cose che non dovremmo dire. E poi a lei e Patrizia piaceva Debora. Mi
dice -sì-, ma aggiunge anche: -non era dello zio Max?- Volevo risponderle che
io gliel'ho comprata. Ma una bimba non avrebbe capito la battuta. E allora le
ho spiegato che le persone non sono di qualcuno e vanno dove vogliono. Ha replicato:
-ma io e Patty non siamo tue e della mamma?-
Dolce
piccina. Ingenua e sincera come solo i bambini sanno essere. Quanto vi amo.
Durante
una ricerca di lavoro mi dicono che pochi chilometri più all'interno cercano
dei braccianti agricoli: proviamoci! Magari farò il contadino!
Arrivati
in cima alle colline troviamo la cascina che ci hanno segnalato. E' un normalissimo
vecchio, grande casolare con i muri scrostati e un ampio cortile. Tutt'intorno
campagna brulla e tratti campi coltivati. Bussiamo al vecchio e pesante portone
di legno.
Il
burbero anziano che ci apre e ascolta la mia richiesta mi guarda le mani e
scoppia a ridermi in faccia senza pensarci due volte. Ride proprio di gusto.
Insiste
a ridere.
Continua
a ridere... Ora però è evidente che mi piglia per il culo.
Sua
moglie è più cordiale e ci invita ad entrare. Prende subito in simpatia Debora:
-L'è diffiscile avere in hasa una figliola
hosì bellina! Qua sci stanno solo degli omoni grulli!-
Tra
chiacchiere e un bicchiere di vino scopriamo che sul suo terreno dietro al
cascinale ha una casamobile ai piedi di una collinetta. Quelle piccole abitazioni
che si vedono spesso nei campeggi e che sono alloggi per vacanze, tanto carine
da fuori che sembrano le casette dei cartoni animati. Lui l’ha comprata di seconda
mano proprio da un villaggio lungo la costa per farci stare dei braccianti
stagionali che non voleva avere in casa perché…
-…non mi garbavano tanto!-
Ora
è libera. Anzi:
-L'è
vota!-
Piccolina
e disponibile subito. Affitto misero e niente anticipo di tre mesi.
Naturalmente tutto in nero. Credevo avrei potuto rientrare nella società degli
onesti ora che il patto col trucido era concluso. Comincio a credere che Debora
attiri l'illegalità come un parafulmine attiri saette.
Ci
accompagnano e ce la mostrano: la casetta è un rettangolo di tre metri per
otto. All'interno trova posto un mini soggiorno/sala da pranzo con angolo
cottura e poi da una parte una mini camera con letto matrimoniale e dall'altra
una mini cameretta con un letto a castello. Ovviamente ha anche un mini bagno
con doccia. E il bidet. Spesso all'estero non ce l'hanno persino in lussuosi
alberghi. Qui invece c'è. Cosa volere di più?
Peccato
sia in condizioni pietose, puzza di chiuso e fumo e c'è sporcizia, macchie e
appiccicume non meglio identificato ovunque. Le tendine alle finestre sono
strappate oltre che sudicie. Il pavimento ricorda quello dei bagni pubblici di
una stazione di metrò, il tavolo è graffiato come il bancone da lavoro di
un'officina, il piano di cottura è incrostato di crostata (e non solo), in
bagno i sanitari hanno strisce di calcare (e non solo!), i letti sono disfatti
con lenzuola e coperte imbrattate di macchie di ogni tipo (e anche di quello!).
Chiunque ci abbia abitato in precedenza doveva essere un animale, non una
persona. E non la si può certo definire casa, ma è più simile ad una tana con
giaciglio. Mi sono stupito di vederci dei letti anziché un pagliericcio.
Trattengo
a stento il vomito e sto per salutarlo e ringraziarlo della sua generosa
offerta quando Debora, con gli occhi raggianti e un sorriso che va da un
orecchio all'altro, esplode in un:
-E'
bellissima! La prendiamo! Giò, ti prego! Dimmi di sì! Dimmi che ti piace!
Questa sarà casa nostra! Guarda! Ha anche la cameretta per le tue bambine
quando ci verranno a trovare! E poi qui fuori c'è tanto spazio e potremmo
mettere un tavolino con l'ombrellone per bere il thè e fare colazione quando
non fa freddo! E alle finestre mettiamo delle tendine di sangallo bianco! Poi
un morbido tappeto qui sotto al tavolo e delle lampadine colorate da fissare
negli angoli! E fuori la coloreremo di azzurro! Dai prendiamola! Hai visto che
oggi era un giorno buono? lo dicevo io! E' perfetta!-
E'
felice. Io voglio solo questo.
-E
sia! Habemus domus!-
Dopo
gliel'ho dovuta spiegare. A tutti e tre.
Andiamo
in un market a fare scorta di detersivi, scope, spazzole, stracci e una piccola
spesa per riempire il mini frigo. Mangiamo un panino mentre io fisso i suoi
occhi sognanti e infine torniamo alla "tana". C'è tanto spazio
davanti all'ingresso e fermarci lì con la macchina è una gran comodità. Appena
arrivati scende, scarica tutto e mi dice di andare a cercarmi un lavoro che lì
era affar suo e quando sarei tornato non l'avrei riconosciuta.
Spero
si riferisse alla casa: da quello che l'aspettava temevo intendesse che non
avrei più riconosciuto lei ricoperta da quello schifo!
Padron
Beppe, il padrone di casa, comunque mi consiglia di lasciar perdere i campi che
non sono il mio campo.
-Sicché te scerchi un lavoro. Ma te hè sai
fare?-
-Beh,
ho esperienza commerciale, gestionale, contabile, amministrativa...-
-In pratiha 'na sega! Ma te guidi?-
-E
certo! Siamo venuti qui in macchina, non ha visto la limousine parcheggiata
davanti alla reggia?-
-No, diho, li sai guidare i hamionscini?-
-I
hamionscini? I furgoni vuole dire?
-Sì, sì! I hamionscini!-
Mi
indirizza ad un capannone a pochi chilometri dove un ciccione enorme con abiti
sudici mi accoglie mentre sta mangiando un panino con salame, pecorino
puzzolentissimo e chissà cos'altro. Panino... è lungo quasi come il mio
braccio!
E'
un corriere con una mezza dozzina di furgoni che gestisce trasporti sia locali
che internazionali. Mi dice che ha appena cacciato un autista che arrivava
sempre tardi ed era sempre abbondantemente fumato di sostanze di vario tipo. Con
me crede di non avere certi
problemi
perché non fumo e sono del nord:
-Voi nascete holle lanscette in su pell'hulo!-
Si
parla un paio d'ore, è un gran chiacchierone, ma mi prende in simpatia poiché
sono "tutto bellino" e non uno dei soliti "cialtroni
zozzi". Detto da lui... temo a conoscere i miei possibili colleghi! Paga
misera, orari liberi, nel senso che lui è libero di chiamarmi a qualunque ora
in base a quanto gli serve e io devo andare subito, e deve potermi controllare
la macchina.
Boh?!
Comunque
l'auto passa l'esame: è a benzina e non ho taniche nel baule. In passato ha
avuto autisti che gli fregavano il gasolio dai furgoni.
In
pratica ho un lavoro in prova come autista.
Quando
torno da Debora è ormai il tramonto e la "tana" ha preso sembianze
civili più adatte ad esseri di specie umana. C'è una montagna di carabattole e
pattume ammucchiati appena fuori dalla porta, tra cui anche il materasso della
camera da letto. Dice che lo ha dovuto buttare perché quello era proprio
irrecuperabile.
Lei
è felicissima, si vede che è distrutta, ma brilla di soddisfazione. Mi dice di
entrare e di pensare che presto ci saranno anche le tendine e dei fiori
affianco all'ingresso e poi ha trovato il posto dove mettere un vaso anche
all'interno. E' molto spoglia ed essenziale dentro, ma pulita. Decisamente
pulita. E l'unico odore fastidioso che permane ora è di candeggina. Ma presto
svanirà.
E'
euforica, non sono nemmeno riuscito a dirle che ho trovato un lavoro, ma non
smette di illustrarmi tutto quello che ha fatto e tutto quello che intende fare
dentro e fuori quei venti metri quadri o poco più. E' fantastico come ti faccia
sembrare eccezionale una piccola baracca appoggiata su di un terreno brullo.
Poi
mi dice:
-Da
stanotte si dorme qui! Questa è casa nostra!-
-Ma
se non abbiamo neanche il materasso!-
-Dormiremo
nei letti a castello! La signora ci ha regalato un paio di lenzuola seminuove!-
-Ma
è tardi per disdire il bed & breakfast: dovremmo pagare comunque la notte.-
-E
chi se ne importa! Sono solo soldi! Questa invece è la nostra vita!-
Mai
frase fu più azzeccata. Io l'amo. Sempre di più.
-E
non è finita! Vieni! C'è una cosa fenomenale che non avevamo visto!-
Mi
trascina sopra la collinetta che sale dietro alla casetta dove sulla sommità ha
messo due seggiole pieghevoli in plastica che qualche ora prima giacevano in un
angolo della "tana". Ci sediamo e guardiamo: da qui si vede il mare!
E imbambolati e abbracciati osserviamo l'ultimo spicchio di sole che vi si adagia
dentro.
Ce
l'ho fatta! Ho trovato un posto dal quale può vedere il sole tramontare nel
mare. Tutte le sere. Anzi lo abbiamo trovato.
E'
stato quasi facile.
-Debora,
io ti amo. Debora... Debora?-
Si
è addormentata! Appoggiata alla mia spalla. Poverina, è distrutta. Ora la porto
in casa e la metto a letto. E' leggera! Con Alessia non ce l'avrei fatta.
Eppure non è grassa. Sarà costituzione.
Adesso
vedo di mangiare qualcosa. Mangiare... è una parola! Debora ha comprato solo
scatolette! Potrei chiedere qualcosa ai padroni di casa, ma quelli sono capaci
di farmi sedere con loro e ingozzarmi come un'oca! A volte l'ospitalità può
essere eccessiva. E poi non voglio lasciare Debora sola nella nostra casa la prima
sera. Non voglio.
Tonno
o sgombri? Tonno. Buon appetito.
Capitolo XI – Badge n° “lumbard”.
Il
giorno dopo informo Debora del mio nuovo lavoro e lei esulta dicendomi che sono
grande e che sapeva che ce l'avrei fatta. Tanti complimenti per guidare un
furgone... Però mi ha fatto piacere e in fondo mi sento più tranquillo ora che
ho un minimo di entrata mensile!
Vado
dal ciccione per iniziare il mio nuovo impiego e lui mi presenta un paio di
colleghi poiché gli altri tre sono già fuori. C'è Rocco, siciliano D.O.C. che
lo dichiara subito orgogliosamente (non so se suona più come una minaccia
piuttosto che un vanto... E poi vanto di che?) e Slator, o qualcosa di simile,
un albanese che infatti ha un accento simile a quello di Debora. Rocco lo
prende per il culo chiamandolo “Albano” e facendo gesti che indirizza verso il
proprio inguine:
-Albano! Cantaci quaccosa e pigliati 'sta
rominchia!-
-Vaffanculo!
Cornuto!-
-Connuto ammia? A tua matre e tuo patre!-
Sono
curioso di conoscere gli altri elementi!
Io
sono diventato subito "el lumbard", con la "e" e la
"a" molto aperte.
Poi
mi fa firmare un paio di carte per regolarizzare il lavoro e inizio il giro
previsto delle consegne.
Il
furgone è sozzo, puzza e ha oggetti, vecchie bolle e fogli di varia natura
sparsi ovunque. Nel portacenere sono incastrati almeno quindici mozziconi.
Svuotarlo probabilmente non rientrava nel contratto del precedente autista. A
dire il vero neanche nel mio. Forse dovrei lasciarlo così com'è, ma è origine
di un forte odoraccio. Più tardi vedrò il da farsi.
Consegnare
pacchi e pacchetti oggi con telefonino e navigatore è facilissimo! Mi ricordo
di aver fatto il Pony Express quando avevo ancora solo il motorino negli anni
ottanta e girare col Tuttocittà nella sacca, fermarsi ogni tanto a guardarlo e
sperare che ci potesse essere qualcuno a destinazione per ricevere il plico. Era
un gran macello. Oggi invece è veramente di una semplicità disarmante.
In
tutti i posti dove ho consegnato qualcosa sono sempre stato accolto con
cortesia ed erano tutti stupiti che io arrivassi dal nord.
In
effetti di solito è da giù che si viene su per avere un lavoro meglio retribuito
e magari anche meno faticoso. Io ho fatto il contrario. Fatico di più e
guadagno meno.
Breve
sosta per un panino a pranzo (Cibo! Necessito un pasto vero! Basta panini e
scatolette!) e riprendo il giro. I panorami e il traffico leggero rispetto a
quello cui sono abituato rendono questo lavoro quasi un passatempo la cui parte
faticosa è il carico e lo scarico dei colli. L'unico vero fastidio è il cambio:
mi sono abituato subito all'automatico e qui dover cambiare le marce mi
infastidisce. E' una gran seccatura!
Comunque
a metà pomeriggio ho già finito e mi fermo in un autolavaggio per far lavare il
furgone, aspirarlo e ordinarlo all'interno.
Infilo
tutte le cianfrusaglie sparse in un sacchetto di plastica e tra le schifezze
salta fuori anche il libretto di circolazione: noto che ha la revisione scaduta.
Questo mi fa venire in mente che sarebbe il caso di controllare un po' anche
tutto il resto, ma per fortuna salta fuori solo una lampadina bruciata e due
gomme lisce. E l'olio è un po' basso. Appendo all'interno un alberello
profumato per nascondere l'odore di fumo che purtroppo rimane nonostante abbia
svuotato il portacenere e torno alla base.
Quando
arrivo conosco altri due colleghi: Giuseppe, un toscanaccio che parla un
dialetto così stretto che veramente non ho capito un tubo di quello che ha
detto, ma l'ho ringraziato comunque e Habib un tunisino che invece parla un
italiano invidiabile e senza accento. Parla meglio di Debora. La prima persona
con la quale riesco a comunicare senza incomprensioni qui in Toscana è un
tunisino! Mi dice:
-Ah!
Sei lombardo! Tranquillo: ti troverai bene qui in mezzo a questi matti
ignoranti, vedrai presto che sono come te.-
-Ma
guarda, senza presunzione o campanilismo, io pensavo di essere un pochino
meglio...-
-Tu?!
Ma non sai che i lombardi sono i terroni della Svizzera?!-
Sento
che andrò d'accordo con lui.
L'ultimo
autista sta facendo una consegna internazionale e tornerà fra un paio di
giorni.
Dò
al capo il sacchetto con le cianfrusaglie per vedere se qualcosa potesse essergli
utile e gli dico che occorre cambiare due gomme, fare la revisione e infine gli
chiedo di rimborsarmi il costo del lavaggio. Lui si alza dalla scrivania dove
stava scartabellando documenti vari e senza dire un parola guarda il sacchetto,
la ricevuta che gli porgo e va verso il furgone. Lo guarda un po' e io gli
mostro la lampadina guasta, ma lui si sofferma sull'alberello e sulla cabina
aspirata e spolverata.
Poi
esclama:
-Scerto hé te sei huadrato huanto Giotto l'è
tondo! Mi piasci lumbàr!-
E
mi molla una pacca sulla spalla che mi ha quasi fatto cadere e della quale
sorrido sforzatamente mentre avrei voglia di urlare di dolore! Che botta!
Questo è uno che per fare carezze indossa guanti di carta vetrata a grana
grossa!
Finalmente
torno a casa. Sì, non è più una tana: è piccola, ma è una casa. Mia e di
Debora!
Trovo
il tavolo preparato splendidamente: tovaglia candida, tovaglioli ben piegati,
posate lucide e ben posizionate ai lati del piatto. Veramente invitante
nonostante la semplicità dell'ambiente!
-Ciao
Debora! Cosa c'è per cena?-
-Ho
fatto un bis di secondi: carne e pesce!-
-E
vai! Ieri a pranzo panino, a cena scatoletta di tonno oggi ancora un panino...
Ho fame!-
-Ecco!
Simmenthal o sgombri?-
Sorridente
come la valletta di un quiz televisivo mi porge due scatolette sopra ad un
vassoio. Se fosse uno scherzo non è divertente.
La
guardo dubbioso e lei un po' delusa:
-Io
non so cucinare. Non l'ho mai fatto. Ho provato a fare la pasta, ma era molle e
ci ho messo troppo sale e l'ho dovuta buttare. Domani ci riprovo. Scusa.-
Mi
metto a ridere. Non riesco ad arrabbiarmi con lei. E per cosa poi dovrei
arrabbiarmi? Perché non sa cucinare? E' un obbligo della donna saperlo fare e
cucinare per l'uomo? E' tenera come una bambina! E' una bambina che sta crescendo
e sta imparando un mondo nuovo: lasciamo che faccia esperienza! Io l'adoro!
-Scelgo
Simmenthal! Buon appetito!-
Mentre
ingollo voracemente la mia pantagruelica cena lei mi osserva. Attentamente. Non
dice nulla, ma sta chiaramente pensando tanto. E credo anche di capire cosa:
non è vero che non sa cucinare, probabilmente non è una cuoca esperta, ma mi ha
messo alla prova. Sapeva che sarei tornato affamato e voleva vedere fino a che
punto sarei stato disposto ad accettarla, quanto potrei sopportare i suoi
difetti e le sue mancanze, voleva capire dove fin dove sarebbe giunto il mio
amore per lei. E’ una semplice prova. Non ha fiducia negli uomini, l’unico in
cui aveva riposto un po’ d’amore l’aveva delusa come gli altri. Io le ho
mostrato quante grandi cose sono stato disposto a fare per lei, ma ce ne
vogliono anche di piccole. Come non arrabbiarsi per sciocchezze.
A
fine cena, saziatomi di scatoletta e qualche crudità, lei mi sorride
soddisfatta. Non dice nulla e io anche. Ma i nostri occhi stanno dialogando a
gran voce. Si stanno dicendo che vogliamo stare insieme.
Dopo
due settimane di questa vita ci siamo decisamente ambientati: Debora si impegna
tra casa e cucina a diventare una casalinga perfetta e non passa giorno che non
mi faccia vedere qualche esperimento culinario ben riuscito, grazie anche un
paio di libri di ricette avuti in dono dalla moglie di padron Beppe, la quale
passa spesso del tempo con Debora quando io sono al lavoro. Debora stila anche una
lista precisa di tutto quello che serve per migliorare la casa: da una coppia
di presine da appendere sopra alla cucina ad un vasetto con dei fiori da
mettere in un angolo, ai tovaglioli per sostituire gli straccetti presenti ora.
E poi seleziona con cura tutti i volantini che trova dei centri commerciali in cerca
di offerte speciali che possano interessarci: ha trovato il materasso adatto al
matrimoniale ad un prezzo ridottissimo e sabato lo compreremo.
Quando
me l'ha detto c'è stato qualcosa che mi ha preso lo stomaco e ho visto che
anche lei ha avuto un piccolo sussulto: finalmente non avremo più scuse e “dormiremo”
veramente insieme. Qualcosa dovrà succedere. Devo dire che ho un po' paura e pensarci
mi fa venire il mal di stomaco.
Ho
telefonato e parlato molto con Max, Giulia, Sandra e anche con i miei genitori
in queste settimane e gli ho raccontato tutti i nostri successi.
Max
dice che sono matto, ma anche che se mi sento bene allora per lui è okay.
Giulia
mi intenerisce sempre più e mi dice che le manco ed ovviamente vale lo stesso
anche per me: fra poco sarà Natale e io non ci sarò al mattino quando apriranno
i regali, ma abbiamo deciso che ci vedremo prima e verrà anche Patrizia
nonostante non voglia ancora sentirmi al telefono.
Sandra
è contentissima quando mi sente: dice che è fantastico quello che ho fatto e mi
stima moltissimo e mi incita a continuare e non cedere. In pratica sto facendo
colpo su una donna ora che sono un fattorino e abito in un micro-trilocale
mentre quand'ero "in carriera" e avevo il portafoglio pieno non mi filava
nessuna... Ma chi le capisce le donne!
Mia
madre dice che va sempre a trovare le bimbe, ma quando vede Alessia c'è
parecchio astio e non si sente bene accetta. Tipico di Alessia sfogare sugli
altri i propri problemi.
Le
cose insomma migliorano ogni giorno e il pensiero grande è invece come potere
regolarizzare Debora: non può rimanere clandestina per sempre. Ma rimando il
problema a dopo Natale perché ora voglio concentrarmi sulla visita imminente
delle bimbe grazie a Max che farà loro da accompagnatore: verranno qui un
weekend. Alessia ovviamente non voleva venire e non voleva vedere Debora e non
le avrebbe consentito di andarle a prendere. Saremmo potuti andare noi, ma io
non ho voglia di vedere Alessia: appena ha saputo che ho trovato un lavoro mi ha
chiesto dei soldi per mantenere le bambine. Come se ne avesse bisogno davvero!
Le ho detto di aspettare ancora un po' e stranamente non ha ribattuto. Si è
limitata a dire che prima o poi glieli avrei dovuti dare lo stesso quindi di
non provare a fare il furbo. Scoccia anche a questa distanza! Insopportabile.
Sabato
è arrivato e abbiamo passato la giornata in un paio di centri commerciali dove,
tra le altre cose, abbiamo comprato il materasso.
Siamo
andati a casa e una volta fatto il letto abbiamo iniziato così per gioco a
farci due coccole e un po' di solletico. In meno di dieci minuti eravamo
eccitatissimi, ci siamo avvinghiati e abbiamo fatto l'amore. Era proprio amore.
E non è stato difficile.
Credo
che ora mi ami davvero. Prima era molto dubbiosa e non si fidava ancora dei
miei sentimenti, adesso invece non ho più quella sensazione.
Quanto
è stato bello! Non ricordavo fosse così bello o forse è stato così
semplicemente perché anch'io non avevo mai fatto l'amore, ma solo del sesso.
Dopo
abbiamo messo a posto qualcosina ancora in casa e mangiato una cena semplice,
ma saporita che Debora ha preparato in pochi minuti.
La
sera ci siamo infilati nel letto e mentre ci abbracciavamo e ci baciavamo la
stanchezza della giornata ha preso il sopravvento e ci siamo addormentati così,
appiccicati e sorridenti. Ma abbiamo fatto ancora l'amore nei nostri sogni.
La
prima domenica di dicembre, una settimana prima dell'arrivo delle bimbe con
Max, è una splendida domenica di sole, calda abbastanza da non aver bisogno di
giacconi o felpe pesanti. Sembra primavera! Il clima qui è decisamente più mite
che in Lombardia.
Debora
è fuori che guarda la nostra casetta ed esclama:
-Se
le tue bambine arrivavano oggi trovavano una bella giornata! Speriamo che anche
il prossimo weekend il tempo sia così! Però... con tutto questo sole si vedono
di più i difetti della casa. Dobbiamo riverniciarla! Di azzurro! A loro piacerà
di più!-
-Riverniciarla?
Oggi? Ma sei fuori?-
-Certo!
Oggi! Serve il sole: non puoi verniciare qualcosa con l'umidità o il freddo, la
vernice deve seccare per bene. Non lo sai?-
-Ma
è domenica!-
-Appunto.
In settimana come fai che lavori? Io mica sono capace.-
-Beh,
neanche io!-
-Forza
pigrone! Tu sei un uomo e questi sono lavori da uomo! Vieni presto! Andiamo al
brico a comprare la vernice!-
-Ma
è domenica, sarà chiuso!-
-No.
E' aperto. Conosco a memoria tutti gli orari e le chiusure dei vari centri
commerciali nei dintorni. Per chi mi hai presa? Io sono organizzata!-
-Dannati
centri commerciali! Ma non ho voglia!-
-Non
mi importa! Dobbiamo farlo per le tue bimbe! Loro devono vedere che stai bene e
vivi in un bel posto! Su! Su! Forza! Alzati!-
-E
che palle! Mi sembri Alessia!-
No.
Non è vero. Questo mai. Lei mi sta spronando con dolcezza. Decisa, ma dolce.
Col sorriso, con felicità, con la voglia di fare. Non come se stesse
imponendosi e imponendomi un dovere necessario e irrinunciabile, un fastidioso
obbligo che bisogna rispettare.
Ritorniamo
dal brico con tutto quello che serve: scotch per coprire i bordi, un rullo e un
paio di pennelli più piccoli, due barattoli di vernice azzurra e giornali in
quantità. Sono i volantini in distribuzione all'ingresso dei centri commerciali
con le offerte del momento. Forse siamo tra le persone che più li apprezzano,
anche per questa funzione!
Non
ho mai dipinto nulla. Non so da dove cominciare. Debora si mette subito
all'opera e comincia a stendere lo scotch ovunque non si debba verniciare poi
mi abbandona al mio destino e si dedica alle sue mille attività casalinghe ed
anche ad un goduriosissimo riposo domenicale leggendo un libro sulla sdraio
mentre mi osserva faticare. Io svogliatamente indosso i vestiti più brutti che
ho e inizio la mia missione.
Nel
primo pomeriggio ho finito. Per fortuna la casa è piccina! La vernice può
asciugare fino al tramonto ed effettivamente è un bel lavoro, per chi non
cercasse la perfezione. La casa è decisamente più gradevole e al colpo d'occhio
fa proprio casetta delle favole. Le tendine di pizzo bianche montate da Debora
rendono tantissimo in contrasto col colore esterno.
Sono
distrutto! Mi fanno male le braccia, la schiena e persino le mani: non riescono
a stringere più nulla! E dire che il rullo è leggero. Non sono proprio abituato
a fare lavori pesanti... Alcuni pacchi che consegno sono pesanti, ma è solo il
tempo di portarli dal furgone all'ingresso del destinatario: appena li mollo ho
finito. Qui è stata una fatica continua!
Dopo
questa sfacchinata mi butto sul divano distrutto. Debora osserva il risultato,
sorride e mi dice:
-Bel
lavoro! Grazie!-
Alessia
avrebbe trovato mille difetti da farmi notare e non sarebbe stata soddisfatta.
-“Grazie”
che?!- Rispondo io -Qui ci vuole almeno un pompino!-
Questa
è una battuta scema che ho sempre fatto ad Alessia dopo che finivo di eseguire
qualche massacrante lavoro in casa tipo cambiare la disposizione dei mobili o
rimontare i tendoni della sala dopo che li aveva lavati oppure ancora
riordinare il box. Lei mi rispondeva sempre "Pirla!" e mi guardava
schifata e con un po' di compassione.
Con
Debora non ho proprio pensato che potrebbe non essere una battuta adeguata. Ora
s'incazzerà. Ed in effetti avrebbe ragione. Mi preparo al peggio...
Lei
invece mi sorride e... mi prende in parola!!! Ha capito che non l'ho detto con
cattiveria o per insinuare qualcosa!
E'
semplicemente fantastico!
Intendo
dire... il modo in cui ci comprendiamo...
Capitolo XII – Brutto essere re!
Oggi
arriva Max con le mie bimbe! Andiamo a prenderli alla stazione. Quando scendono
dal treno e vedo Patrizia l'abbraccio subito fortissimo, mentre Giulia mi
abbraccia a sua volta un po' di lato stringendomi forte! Piango. E' più forte
di me: in questi momenti io piango. Sono un mezzo uomo, l'ho già detto.
Patrizia tuttavia si lascia abbracciare, ma non mi stringe. E' come se mi fossi
attaccato ad un paletto inerme. E non dice ancora nulla, nonostante io le
faccia tante domande.
Anche
Max e Debora hanno un forte impatto. Si salutano timidi, lui stende la mano in
attesa di una stretta, ma lei avanza e lo abbraccia. E si danno degli innocui
bacini sulla guancia. E un mio occhio li spia attentamente.
Li
accompagniamo all'auto e finalmente Patrizia esclama qualcosa:
-Questa
macchina fa schifo!-
Quant'è
bella la sua vocina!
-Sì,
è vero, ma appena ci sali diventerà la più bella carrozza da principesse che
esista! Perché nessuna carrozza è bella senza le principesse.-
Mi
guarda poco convinta e sale.
Giulia
invece è contenta: il posto le è familiare, lo vede tutte le estati, e anche se
ora non ci sono i gonfiabili appesi fuori dai negozi e la gente è ben coperta,
le sembra lo stesso di essere tornata in vacanza quando è sempre felice e senza
pensieri.
Debora
seduta dietro con le bimbe l'abbraccia, mentre Patrizia gira la testa
dall'altra parte e non si lascia toccare. Max seduto accanto a me commenta il
cambio:
-Hai
visto: l'hanno capito tutti che sei handicappato e ti hanno dato la macchina
apposta!-
-Beh
se gli handicappati usano tutti l'automatico allora di certo non lo sono nel
cervello. E' comodissimo! Vorrei averlo anche sul furgone!-
-Sì
certo, così t'addormenti! Ma indossi la tuta blu tipo manovale quando lavori o
sei in abiti civili?-
-Normale.
Ho solo un gilerino leggero da mettere sopra col nome della ditta.-
-E
quindi sei? Un camionista? Un corriere?-
-Un
fattorino, un autista. Fai tu. Di certo non sono un qualcosa di incomprensibile
ed inutile: qui la gente attende che io svolga il mio lavoro e senza di me ci
sarebbero effettivamente dei fastidiosi ritardi ed una cattiva gestione. Ora
sono realmente importante.
-Allora
si può dire che ora sì che farai strada, eh!?-
-Scemo!
Comunque sai che sto meglio ora che sono "el lumbard" anziché prima
quand'ero la matricola numero “x”? Ora sono una persona, non un numero. Le
grandi aziende dovrebbero accettare di più questa realtà e smetterla di
considerare i dipendenti come numeri.-
-E
già cominci coi discorsi impegnati! Ma parlami di gnocca e cibo! Siamo nella
terra del pecorino e magari anche della sua omonima femminile!-
-Sì,
anche di quella!- Bisbiglio io, mentre Debora mi guarda maliziosa attraverso lo
specchietto.
Arrivare
alla casetta quella tarda mattina con loro parcheggiando davanti mi ha dato una
sensazione insolita: mi sono sentito Heidi. La casetta ricorda un po' la sua
baita, la quiete attorno e lo spazio che ci circonda e la voglia di correre di
Giulia che si è messa a saltellare mentre Debora l'accompagnava per mano
all'ingresso mi hanno dato questa visione. Anche se non siamo in alta montagna,
anche se la casetta è azzurra, anche se io non sono una pastorella, l'immagine
di felicità e libertà che mi viene trasmessa in questo momento è proprio
quella! Io sono come Heidi! Felice con poco. E Max può fare la parte di Peter:
appena sceso ha mollato una scorreggia gridando:
-Libertà!
Era da un po' che la tenevo!-
E'
rozzo uguale!
La
giornata prosegue. Giulia è al settimo cielo: corre dappertutto, guarda il
mare, sale e scende dal letto a castello riempito di peluche usati, ma ampiamente
lavati, che Debora ha recuperato presso un'associazione benefica impegnata
nella raccolta di giocattoli da destinare ai reparti pediatrici dell'ospedale
locale. Ricevono veramente tanti peluche che ne ha potuti portare via diversi
senza problemi.
Fa
freschino e quindi ci stringiamo per mangiare dentro, ma la tavolata è allegra.
Solo Patrizia fa un po' la musona e non dice nulla. Non so come fare con lei.
Vorrei tanto che mi stringesse e che fosse felice come Giulia.
Con
tutto il tempo che dedico alle bimbe spesso Max e Debora rimangono un po' in
disparte e io... tento sempre di sbirciarli. Ogni tanto li vedo parlare. Chissà
cosa si dicono. Forse sono solo geloso.
No.
Non è gelosia, non ho paura che facciano qualcosa. Ho terrore che lei possa
andare via con lui. E' paura di rimanere senza di lei, non voglia di tenerla
solo per me. Quindi non sono geloso.
Durante
un momento in cui le bimbe seguono un gioco con Debora cui stranamente anche
Patrizia partecipa attivamente, Max mi si avvicina e dice:
-Giò
senti, devo dirti una cosa, ma... insomma non è facile, ma noi siamo amici da
tanto e credo che tra amici è meglio dire certe cose.-
Eccolo!
Ora mi dirà qualcosa di lui e Debora! Ora arriva la bomba! Ho la saliva a zero!
-Sembra
una roba seria, spara.-
-Ecco
vedi, intanto complimenti per Debora che la vedo bellissima e felice, più di
quanto stava con me per così dire e... Giò veramente sei stato forte comunque a
fare tutto questo! Non ti sto prendendo per il culo, cioè, lo so che tu adesso
sei povero e prima eri ricco per così dire, ma quello che voglio dire è che non
è facile fare una cosa del genere, lasciare le tue certezze e le tue sicurezze
e buttarti in un'avventura simile, quindi sappi che ti ammiro e ti rispetto e
che ti considero un vero amico e quindi te lo devo dire, scusami.-
-Max,
prendi fiato e parla con calma. In questo momento sono strafelice di avere vicino
le mie bimbe e Debora. E mi fa piacere anche che ci sia tu. Quindi non credo
che qualcosa possa turbarmi ora: vai!-
Bugia!
Enorme e falsissima bugia! Una mostruosa palla da politico! Sono terrorizzato!
Mi tremano le gambe, ho l’intestino che borbotta e fra un minuto sento che me
la farò addosso! Lui di sicuro la rivuole per sé! Cosa faccio? Come posso
impedirglielo? Cosa gli rispondo?!
-Vedi
Giò... sappi che per me non è facile dirlo, ma... io mi sono scopato tua
moglie!-
Aaaaaaaaaaaaah!
Dio ti ringrazio! Che sollievo! Come sto bene ora...
-Ah.
Tutto qui?-
-Sì,
beh, insomma non sapevo come reagivi e quindi... devo dire che l'hai presa
bene! Non me l'aspettavo mica!-
-Non
mi interessa. Non mi interessa più. Lei ha la sua vita, io la mia. Che faccia
ciò che crede. Ma sono contento che tu me l'abbia detto: avevo paura che in
effetti... cioè se tu non me lo avessi detto ogni volta che ci saremmo visti io
avrei visto il tuo comportamento schivo e poi, magari, mi facevo mille pensieri
che... Insomma sono felice che tu me l'abbia detto! Mille grazie, Max. Per me
sei sempre stato un buon amico e continui ad esserlo. Del resto se così non
fossi non ti darei la responsabilità delle mie bimbe, lo sai. Solo una
curiosità: è stato prima o dopo la mia partenza?-
-Dopo!
E' stato un paio di settimane fa. Sai ero andato a trovarla, ho giocato un po'
con le bambine, poi loro sono andate a nanna e noi ci siamo fatti una birra e
lei si è un po' sfogata, che era sola, che non era desiderata, che tu bla bla,
che Debora bla bla e insomma alla fine ci siamo lasciati prendere ed è
successo! Scusa. Mi spiace.-
-Non
si sentiva desiderata. E' vero. Io non la desideravo più, è una sensazione che
conosco fin troppo bene. Lei non mi ha desiderato per anni mentre io ancora la
desideravo, poi io ho smesso e ha incominciato lei a volerlo essere. Ma io non
ce l'ho proprio più fatta e non mi interessava più. Siamo stati proprio una
coppia di deficienti insoddisfatti. Max non ti preoccupare: io e Alessia non
siamo più nulla, da molto. E me ne dispiaccio, ma la realtà è che ci siamo
imposti con la testa di creare una famiglia insieme e in sostanza giocavamo ad
accettarci reciprocamente piuttosto che condividere ed amarci. E abbiamo
sbagliato poiché non puoi pensare di accettare tranquillamente per sempre qualcuno
con cui non vai d'accordo. Perché in fondo non puoi sforzarti di amare: l'amore
nasce spontaneo e soltanto quando è sbocciato poi devi impegnarti a curarlo,
annaffiarlo e accudirlo per farlo crescere sempre più forte e per impedirne una
morte prematura.-
-In
sostanza non ti dispiace se mi capita ogni tanto di darle una botta?-
-Tranquillo
Max! Fai pure. Ma attento che potrebbe morderti sul collo e iniziare a
succhiarti il sangue!-
-E
se ha voglia di succhiare le do io qualcosa!-
Inarrivabile
Max! Riesci ad essere così felice con nulla. Ti accontenti di un po' di sesso e
di una serata in discoteca e sei felice. Forse hai ragione tu, forse dovremmo
essere tutti come te e vivere in superficie lasciandoci prendere dalle
occasioni della vita, senza pensare troppo al domani e alla felicità che
potrebbe arrivare se... Forse è quella la filosofia di vita giusta.
Ma
io non ce la farei. Io ho bisogno di amare, ho bisogno di qualcosa che vada
oltre e più a fondo. Ho bisogno di sentirmi appagato e apprezzato e di poter
dare queste sensazioni a qualcuno che a sua volta sappia accettarle e
riceverle. Ho bisogno di Debora.
Dopo
un pomeriggio tutto giochi, abbracci, chiacchiere e un giretto nei dintorni
arriva l'ora di andare a nanna: apriamo il divano letto che non è molto grande,
ma ha il vantaggio di non essere mai stato usato e adesso che non si riesce
neanche a passare attraverso la sala/cucina, la casetta sembra proprio un
campeggio estivo di quelli che facevamo da sbarbati quando dormivamo incastrati
ovunque. La valigia di Max appoggiata su di una sedia contribuisce a fare
disordine e, in così poco spazio, il disordine è il danno più grave. Non trovi
nulla, non ti puoi muovere che tocchi qualcosa che rischia di cadere e se
volessi alzarmi di notte sarebbe un percorso ad ostacoli al buio per temprare
ginocchia e stinchi!
Patrizia
si è lasciata un po' andare con Debora, non è completamente a suo agio e felice
come Giulia, ma non la guarda più come un orco cattivo. E poi Debora sembra una
maestrina nata, anzi una mammina perfetta! Non le ho ancora chiesto se avesse mai
pensato di fare un figlio, mi ricordo che all'inizio il discorso bimbi la
intristiva molto, almeno quanto ora è felice di avere queste due adorabili
disordinate che le girano intorno. In ogni caso prima di andare a letto tutt'e
due un abbraccio glielo danno: lungo quello di Giulia, appena accennato quello
di Patrizia.
All'ora
del bacio della buonanotte Patrizia mi ha guardato un attimo con i suoi
occhioni grandi e, dopo che ho dato un bacio a Giulia che si è addormentata in
meno di un minuto abbracciando uno dei peluche presenti, mi ha detto:
-Buonanotte,
papi.-
E
mi ha dato un bacio leggero e velocissimo per poi girarsi immediatamente
infilandosi la faccia sotto al cuscino.
Sono
uscito dalla cameretta con le lacrime agli occhi e Debora ha capito subito. Ha
capito che piangevo di felicità, non di tristezza. E mi ha abbracciato e
baciato. Meno male che Max era in bagno! Non mi è mai piaciuto farmi vedere
così frignone dai maschi. E' una questione di dignità maschile: tra leoni non
si può far vedere che in fondo siamo umani, dobbiamo sempre essere gli
intaccabili re della giungla e mantenere un comportamento consono al nostro
rango. Che brutto fare il re!
La
domenica scorre più veloce nonostante noi adulti ci siamo alzati un po' prima
rispetto alle quiete domeniche in cui noi due soli ce la spassavamo pigramente
a letto. Le bimbe invece dormono tanto e i nostri rumori non le disturbano più
tanto. Una tranquilla colazione condita di chiacchiere aiuta Max ad aprire gli
occhi: è stato costretto ad alzarsi per chiudere il letto e consentire le
normali attività del mattino.
Squilla
il telefonino, meno male che lo tengo basso al mattino presto. E' Alessia. Le
mancano le bimbe e chiede notizie di loro. Tutto ok, sono felici, eccetera.
-Ma
la tua "amichetta" me le bacia?-
-La
mia "amichetta" si chiama Debora. E sì: le bacia.-
-Che
schifo! Ma a malattie come sta messa?-
-Me
l'avevi già chiesto in altre occasioni. Non mi sembra il caso di fornirti
ulteriori risposte.-
-Fai
lo stronzo come al solito! Non sei cambiato!-
-Neanche
tu, "tesoro".-
-Sì,
sì, fai meno lo spiritoso e fammi chiamare quando si svegliano! Ciao.-
-E
buongiorno anche a te, "amore mio".-
-Stronzo!-
Le
sue telefonate sono sempre uguali. Non esiste un attimo di delicatezza, un
pensiero felice, una chiacchiera educata. Lei chiede, anzi comanda col suo tono
arrogante, dispone e chiude. Almeno sono chiamate brevi. Un fastidioso
pizzicotto che almeno sparisce subito.
Max
mi dice:
-Guarda
che così la fai incazzare, a chiamarla "amore" e "tesoro".-
-E
quando mai non lo è?-
-Ma...
con me non lo è sempre.-
-Tu
sei la novità, Max. Appena si abituerà scannerà anche te.-
-Speriamo
di no. Però è anche vero che tu non l'hai mai cagata più di tanto.-
-Max,
fidati, ho perso anni cercando di farla felice e non ci sono mai riuscito. E'
vero che è da un po' che ho smesso di provarci, ma ti assicuro che prima l'ho
fatto.-
-Bah!
Sai che 'sti discorsi non fanno per me. Oggi pomeriggio il treno a che ora è?-
E'
la cosa più meravigliosa di questo magico, incasinato e freddo weekend! Dopo un’altra
mezza giornata di giochi, abbracci, salti, corse; dopo che abbiamo perso
mezz'ora a cercare tutte le loro cosine sparse per la nostra casetta; dopo che
abbiamo presentato le mie bambine ai padroni di casa che ci hanno invitato a
pranzo e ci hanno riempito a dovere; dopo i fantastici sguardi di intesa e di
amore che io e Debora ci scambiamo sempre; dopo che il mondo ha continuato a
girare indisturbato come se fosse stata un'altra insignificante e normalissima
giornata; dopo tutto questo… è successo!
E'
successo che al momento dei saluti, quando doveva salire sul treno, Patrizia si
sia girata verso di me, mi ha abbracciato forte e poi mi ha detto:
-Io
sono arrabbiata che tu sei andato via e che non vuoi più bene alla mamma, ma
ora tu sorridi sempre, gli dai i baci e sei felice. Prima con la mamma non sorridevi
mai e i baci erano solo per noi. Me l'ha detto Giulia e ho visto che è vero.
Credo che vengo ancora qui.-
E
mi ha dato un bel bacio!
L'ha
capito anche una bambina di nove anni…
Credo
di essere stato io nella bambagia per molto più tempo di quanto lo abbiano
fatto a ragione d'età loro due.
Arriva
il Natale e tutto scorre bene. Siamo andati a trovare le bambine noi questa
volta, sperperando un piccola fortuna per il viaggio. Alessia non ci ha
concesso di dormire da lei che ha spazio a sufficienza ed in effetti io avrei
avuto paura di essere accoltellato nel sonno. Ci siamo arrangiati a casa dei
miei. Con Giulia e Patrizia va meglio, certo quando vado via sono sempre
tristi, ma ora sanno che ci vedremo spesso e soprattutto sanno che io sto bene
e sono felice con Debora e non fanno capricci strani. Hanno capito che sarò
sempre il loro papà anche se non sono vicino a loro ogni giorno. Per
l'occasione ho regalato loro due telefonini nuovi con tariffa speciale tra noi.
In pratica potremmo sentirci ogni momento con costi minimi. Patrizia fa un po'
la capricciosa: aspettava di avere un telefono da quando lo abbiamo dato a
Giulia un paio di anni fa e adesso che è arrivato non ha trovato giusto che
gliene abbiamo dato uno uguale anche a Giulia visto che lei ce l'aveva già. Ma
per fortuna il
capriccio
dura il tempo di un capriccio.
Alessia
ha ovviamente commentato negativamente la cosa: secondo lei nella mia
situazione economica acquistare due telefonini quando ne bastava uno è stato
uno spreco inutile, ma io non volevo che la mia Giulia potesse rimanere delusa
in una giornata così felice. E mi sono limitato a rispondere che la mia situazione
economica è "merito" suo, quindi avrebbe potuto contribuire quando
voleva. Si è limitata a dire che sta ancora aspettando gli alimenti. Già: lei
ha diritto ad averli. Mica io! Viva le leggi e la giustizia!
Abbiamo
anche rivisto Sandra. E' sempre splendida e gentile e vederla insieme a Debora,
come si parlano da amiche, quello che si raccontano e... Insomma trovo strano
che due donne così diverse per estrazione sociale, istruzione nonché passato
vadano tanto d'accordo
e
mi dispiace veramente che Sandra non abbia ancora trovato una compagnia
decente, un uomo degno di lei che possa apprezzarla al meglio.
Questo
è il pensiero logico e attento che mi sorge sempre quando vedo quella bella persona.
Poi ce n'è un altro completamente differente, irrazionale e istintivo, che esce
preponderante mentre la osservo affianco a Debora… Sto diventando un maiale! Ho
la "Maxite"! Ed è bellissimo, perché mi rendo conto di essere vivo!
Capitolo XIII – Eccezionalmente mediocre.
Come
fattorino ormai sono diventato il migliore, "l'impiegato del mese"
avrebbero detto nella mia vecchia azienda. Sono preciso, puntuale, gentile e
disponibile, cosa che sul lavoro credo debba essere una normale usanza. E
quando per varie ragioni i clienti vedono arrivare un mio collega al mio posto
si interessano subito del perché non ci fossi io. Chiedono se fossi ammalato o
altro e qualcuno addirittura telefona al mio capo perché non lo chiede
direttamente all'autista che sta consegnando. Lui li rassicura spiegando che le
variazioni nel giro di consegna sono la normalità e quando mi vede mi dice:
-Ma te hé ci fai hé sò tutti innamorati?!-
E'
incredibile quanto io possa essere eccezionale nel fare cose mediocri.
Purtroppo è nell'essere eccezionale che pecco di mediocrità.
Ai
colleghi sto un pochino antipatico per questo, escluso Habib. Anche lui in effetti
è apprezzato dai clienti, sebbene non quanto me. Credo che la sua minore popolarità
sia dovuta alla sua "normalità" di immigrato: dalla povertà verso la
ricchezza. Io invece faccio storia a sé e incuriosisco. Tuttavia l'antipatia
dei colleghi si sfoga nel limite di qualche battutina volgare neanche tanto
pesante. Sono tutti sufficientemente superficiali da non prendere la cosa
veramente sul serio e il lavoro prosegue liscio senza un reale astio.
Passate
le feste, il nuovo anno ci sembra ricco di opportunità e ottimismo. Debora ora
aiuta in casa la moglie di padron Beppe che in pagamento ci abbuona l'affitto.
E' un bel risparmio e poi da piccola Debora è vero che non ha mai cucinato
molto, ma ha sempre cucito con cura: è una valida sarta e dopo aver fatto
qualche orlo ai pantaloni dei conoscenti della padrona ha creato grazie a loro
un piccolo giro di modifiche sartoriali che rende qualcosina. Adesso c'è
persino un negozio di abbigliamento che la vorrebbe come sarta di fiducia
facendole fare a domicilio tutte le modifiche che i clienti gli chiedono.
Avrebbe bisogno di una macchina da cucire, che con un po' di sacrificio e ritardando
ancora gli alimenti a Alessia potremmo acquistare, ma soprattutto ha bisogno di
documenti: il negoziante dice che un po' di nero occasionale ci può stare, ma
con tanto lavoro che ci sarà è meglio essere regolari. Se tutto funzionasse
come crede il negoziante Debora guadagnerà tanto quanto un'impiegata. Sarà come
avere un altro stipendio! Senza affitto e con due stipendi vorrebbe dire
smettere di mangiare solo grissini gli ultimi sette giorni del mese! Ne abbiamo
proprio bisogno! E’ arrivato il tanto temuto momento della burocrazia: Debora
deve diventare un essere fiscale. Tassabile, ma in vita e non più reietta.
Oggi
è il gran giorno: andiamo in questura per chiedere di potere regolarizzare
Debora. Per l'occasione abbiamo riciclato un vecchio tailleur elegante
recuperato che la rende decisamente seria e professionale. Ha l'aria di una impiegata
modello o di una donna manager. Quasi quasi finito quest'incontro le chiedo di
modificarlo e renderlo più sexy accorciando la gonna. Poi magari allungherei lo
spacco, sbottonerei la camicetta e... insomma potremmo usarlo per un giochino
erotico dove io faccio il capo e lei la segretaria! Anni di ufficio mi hanno
ridotto a questo: sono stato plagiato dall'erotismo a buon mercato di una
malsana fantasia impiegatizia. Eppure ora che faccio il fattorino dovrei immaginare
una coniglietta che esce fuori da un pacco! Sarebbe più attinente. O no? Beh,
faremo così: una volta la segretaria e una volta la coniglietta. Perché
limitarsi? Debora tira fuori il mio lato porcello e devo dire che mi piace. Con
Alessia ormai non avevo più stimoli sessuali e credevo di essere divenuto
impotente, nonostante anche lei fisicamente sia assolutamente
apprezzabile.
Il
sogno però s'interrompe contro una dura realtà: all'ufficio immigrazione ci
dicono che non è possibile e deve essere rimpatriata. Le leggi non consentono
l'ingresso dei clandestini.
Dovrei
sposarla, ma io sono già sposato e prima che un divorzio sia effettivo ne
passerà di tempo. Inoltre sono solo separato: di divorzio con Alessia non ne
abbiamo parlato perché costa. Potrebbe avere un permesso provvisorio se fosse
incinta, ma ora ho scoperto anche che non può avere figli. E' per questo che
era sempre triste quando si parlava di bambini: gli abusi che ha subìto le
hanno rovinato l'apparato riproduttivo e oltre alla sofferenza fisica e alle
infezioni che ha sopportato all'epoca deve sopportare ancora oggi la realtà che
non potrà mai essere madre. A noi uomini questo pensiero non ci tocca mai più
di tanto. Insomma sono pochi gli uomini che sentono effettivamente il bisogno
di diventare padri. Alla maggior parte di noi può capitare di esserlo, ma non
diventare papà, se non creasse pensieri alla nostra compagna, non ci recherebbe
quel pesantissimo fardello. Noi sorvoleremmo di più. Loro soffrono tanto per
questo. Forse perché sentono già cosa vuol dire essere madri prima di esserlo.
Io stesso non avrei mai pensato che essere padre sarebbe stato come
effettivamente è. Se non lo sei non lo capisci prima e potresti vivere felice
anche senza prole. Le donne invece lo sentono prima di essere madri. E' per
questo che soffrono di più in quelle situazioni. Però rimango convinto che anche
un uomo, dopo che sia divenuto papà, abbia tutti i diritti sui figli. Perché lì
anche lui si rende conto di cosa siano effettivamente: dei malefici, piccoli
succhia-vita che ti stringono il cuore ad ogni sorriso. Adorabilissime pesti.
Insomma
tra tutte le poche possibilità di immigrare legalmente non ce n'è una che vada
bene. La più semplice segue questo iter: Debora dovrebbe essere chiamata a
lavorare da una ditta italiana la quale dovrebbe fare richiesta di uno dei
pochi posti disponibili ogni anno. I suddetti posti si esauriscono in pochi
minuti dal momento in cui vengono resi disponibili. E per quest'anno appena
cominciato sono già finiti. Di fatto dovrebbe tornare in Albania, farsi
riconoscere come cittadina albanese, richiedere documenti albanesi, trovare a
distanza una ditta italiana che le offra un lavoro regolare, la ditta dovrebbe
preoccuparsi all'inizio dell'anno (prossimo), quando vengono resi disponibili
alcuni pochi posti a fronte di centinaia di migliaia di richieste, di ottenere
uno di questi posti assediando l'ufficio immigrazione almeno un paio di giorni
prima l'apertura. Una volta ottenuto il permesso potrebbe rientrare in Italia
regolarmente.
Sembra
un elogio alla follia di un lobotomizzato, ma è una legge vera e reale.
Mi
altero un po'. Non dovrei, ma il terrore che mi possano togliere Debora è
forte. Chiedo di poter parlare con chi ha un potere più alto, un commissario o
qualunque altra figura che possa capire di non avere di fronte ad un faldone di
carta, ma ad un cittadino italiano e una donna che merita ben altro che un paio
di timbri.
L'agente
mi sorride ironico:
-C'è
il questore Braun se desidera, signor cittadino italiano.-
-Va
bene, mi faccia parlare col questore Braun che dal nome mi sembra anche lui non
troppo italiano, no?-
-Viene
dal Trentino, il questore Andrea Braun. Sicuramente sarà felice di ricevervi.
Accomodatevi che vi annuncio.-
-Ah.
Sì, grazie.-
Debora
ha le lacrime agli occhi: scuote la testa come a dire no e ovviamente pensa che
la rimpatrieranno a breve.
Temo
proprio abbia ragione.
Ci
fanno cenno:
-In
fondo al corridoio. Andate.-
In
fondo al corridoio ci sono ben tre porte. Chiedo ad un agente di passaggio:
-Per
favore: il dottor Andrea Braun?-
-La
dottoressa vuol dire? Quella porta lì.-
Dottoressa?
Caspita è vero! Andrea in tedesco è un nome femminile! Forse capirà meglio la
situazione!
Peccato
che il mostro comparsoci davanti è tutto fuorché una femmina. Massiccia,
giunonica, sguardo arcigno, avrà superato la sessantina, ma ne dimostra anche
di più. Vestita con abiti di taglio maschile, un completo grigio con giacca e
pantaloni con la riga, scarpe nere stringate senza tacco, mostra capelli
bianchi perfettamente acconciati e rughe ovunque in viso e baffetti. Baffetti…
sembrano mustacchi! Si chiama Braun, ma di sicuro non ha mai conosciuto un
rasoio.
L’espressione
è da giudice severo e inflessibile. E' perfettamente intonata all'ufficio in
effetti e l'atmosfera cupa rende proprio l'idea di una sala adatta per un’inquisizione.
Guarda
Debora con severità, troppa severità. E guarda me con sufficienza.
-Buongiorno,
io sono Giosuè e lei è Debora...-
-So
chi siete, mi hanno già passato la comunicazione. Sedetevi ed esponetemi il
vostro caso, anche se ho già capito tutto.-
-Beh,
visto che sa già tutto, semplicemente io e Debora siamo innamorati e potremmo
anche sposarci, ma io lo sono già. Mi sono già separato da mia moglie, ma prima
che l'iter di un divorzio sia completo passeranno anni. Nel frattempo lei non
ha documenti italiani, è albanese e non ha neanche documenti albanesi. Insomma
vorrei tanto che fosse possibile farla rimanere con me qui in Italia e le
occorre quindi un permesso di soggiorno finché non potrò sposarla.-
-Infatti,
era proprio quello che mi aspettavo. Un uomo sposato che cade nella rete di una
giovane ragazza e abbagliato dalla sua bellezza lascia moglie e figli. E tutto
perché la signorina "non vuole stare indietro a Albania" come mi
dicono altri clandestini. Questo non è un ente di beneficienza. Io rappresento
lo stato Italiano, la nostra bandiera. Io sono chiamata ad occupare un ruolo
importante, di tutela e salvaguardia dei cittadini onesti, non sono qui a
promuovere l'immigrazione clandestina, a fare un condono delle malefatte dopo
che si sia costruito abusivamente. All'Italia e agli italiani io devo rendere
conto del mio operato e dare accesso e libera circolazione ad un albanese
irregolare che possa essere una bella ragazza o uno squallido mercante di
droga, non sarebbe un servizio reso bene. Non si può dire "mi sono
innamorato, io l'amo" e credere così che basti l'amore o quello che lei
creda che l'amore sia perché si è invaghito di una ragazzina e ha abbandonato
la compagna di una vita e i propri figli per ricorrere una fighetta più fresca
e meno usata e poi...-
Ma
che cazzo di comizio sta facendo questa stronza! Ma cosa ne sai tu di quello
che io ho passato e soprattutto di ciò che Debora ha passato e delle mie figlie
e di mia moglie?! Ma come fai ad atteggiarti a giudice e a sapere cosa possa
essere il mio amore per lei?! E mi parli di "fighetta", di
"ragazzina"?! Ma come ti permetti!? Ma chi sei pomposa vecchiarda
arcigna, indisponente e pure schifosa?! Ma tu l'hai mai conosciuto l'amore?! Ma
ti sei mai chiesta cosa fosse e che sensazioni desse?! Ma chi sei, ma tu cosa rappresenti?! Pezzo di
burocrate mangia-stipendio, senz'anima e distruggi-vite altrui! Se ciò che
rappresenti è l'Italia, beh allora l'Italia dovrebbe proprio vergognarsi!!
-...e
pertanto mi vedo costretta a rifiutare categoricamente la vostra richiesta. La
signorina, se così si può chiamare, se ne torna in Albania subito!-
Se
così si può chiamare? Ma come ti permetti! Ma questa non è il trucido! Io
questa ora la scanno e... e... Stai calmo Giò! Stai calmo!
-Senta,
dottoressa, ma deve esserci una soluzione legale che affronti questa
eventualità valutando il singolo caso e senza metterlo all'interno di una macro-categoria
di eventi immagino non tutti proprio sinceri. Guardi che noi siamo due persone
umane e vere e non dei falsi alla ricerca di una scappatella burocratica.-
-Mi
dispiace signor Giosuè: la legge è uguale per tutti. E' necessario che la
signorina venga rimpatriata immediatamente!-
-Aspetti!
Non così in fretta!-
Debora
si sta mettendo a piangere. Da quando non è più in strada si sta rivelando una fontana
per ogni cosa. Giò, è normale. Anni a sopportare il peso del mondo senza mai
nemmeno potersi lamentare: ora è finalmente libera di farlo.
-Senta
noi siamo innamorati davvero! Io non voglio lasciarla! Se fossimo in un Paese
civile, intendo civile veramente, ci sarebbe più voglia da parte delle autorità
di controllare e di impedire le frodi lasciando la libertà ai cittadini onesti
che si impegnano faticosamente per avere un futuro migliore! Con tutte le
porcherie che sentiamo ogni giorno alla tv è mai possibile che una vicenda vera
e un amore debba chiudersi così solo perché qualcuno non vuole mettere un
timbro su un foglio di carta? Non possiamo far sì che la carta ci governi!
Devono essere i sentimenti a guidarci verso il futuro, non la carta! Questa
nazione è fondata sulla carta! Ma le sembra possibile? Dobbiamo poter fare
qualcosa. Io voglio fare qualcosa! Mi dica quali possono essere le alternative,
come si può fare affinché non si cada nell'errore di censire una giovane donna
che ha bisogno d'amore come un'opportunista che vuole solo ottenere un timbro!
Non faccia questo errore! Ci guardi bene! Davvero crede che stiamo mentendo e
che il nostro sia solo un amore finto?-
-Non
mi sembra un bravo oratore, signor Giosuè. Non mi ha convinto per nulla. Non ha
futuro come politico.-
-Ma
meno male che non ho futuro come politico! Se lei si atteggia ad esserlo allora
è proprio uno schifo! Come potete giudicare gli altri così secondo stereotipi e
per sentito dire? Noi siamo due persone vere, due esseri umani, non un file
anagrafico! Io non ho soldi per andare da un avvocato, ma in Italia bastano
solo quelli per ottenere tutto! Mentre chi è povero economicamente deve solo
sopportare le angherie di uno Stato lacunoso, malato, arraffone e ingordo che
non fornisce tutela ai giusti e non incentiva l'onestà! Qui siamo di fronte ad
un evidente caso di abuso di potere! Lei approfitta del suo ruolo per decidere
la sorte di altre persone, ma questo non è il suo compito, lei non può
atteggiarsi a giudice e pretendere di rovinarci la vita!-
-Io
ho una laurea in giurisprudenza signor Giosuè! Sono un giudice per legge! E non
le permetto di far proseguire questo sproloquio oltraggioso!-
-Io...
Ascolti, mi scusi se mi sono un po' alterato, ma noi non siamo dei cialtroni in
cerca di una scappatoia. Noi siamo due persone autentiche, povere, che cercano
di appropriarsi di una vita normale che gli spetta e che bramano e che per anni
ad una di esse è stata negata in maniera brutale!-
-Perché
continua a ripetere che lei è povero? Perché se avesse avuto soldi, me li
avrebbe offerti?-
-Guardi,
sì! Se li avessi glieli avrei già offerti! Tutti! Ma non solo sono al verde più
totale, sono anche molto indebitato e mi sto impegnando per restituire
onestamente quanto devo alle persone generose che me li hanno dati!-
-Quindi
lei è onesto eppure avrebbe fatto una cosa disonesta offrendomi del denaro pur
di ottenere quello che io le posso dare.-
-Che
vuole che le dica? Se questa fosse l'unica soluzione e tutto si abbasserebbe
allo schifo di una mazzetta, io mi sarei abbassato a tanto, io mi sarei
comportato illegalmente, avrei fatto qualunque cosa per far sì che Debora
potesse rimanere con me, qui in Italia! Assieme… noi due!-
-Qualunque
cosa?-
-Cosa
intende dire?-
-Signorina
attenda fuori per cortesia, devo conferire in privato con Giosuè.-
Quando
sono uscito da quello stanzone Debora era seduta su di una sedia nel corridoio
e appena mi ha visto si è alzata di scatto.
-Cos'è
successo? Sei pallido! Stai bene?-
-Sì,
sto bene. Devo solo fare una cosa e avrai il tuo permesso di soggiorno.-
-Cosa?-
-Te
lo dico dopo. Ora andiamo via di qui.-
La
soluzione che mi si è presentata per porre fine anche all'ultimo serio problema
della nostra vita ha del grottesco: il questore, o meglio la “questora",
vuole scoparmi. Vuole portarmi a letto, fare sesso. Copulare, accoppiarsi,
fornicare. Chiamatelo come volete, ma è proprio quello che vuole.
Ho
fatto cose da galera per togliere chi amo da quella vita e ora per concludere
l'opera sono io che devo provarla. D'accordo solo una volta. Ma non è per nulla
facile. Io sono fedele di natura e poi obiettivamente io non sono Max al quale
basta una che non sia ancora cadavere per fare. Beh no, sono ingiusto. Secondo
me anche Max non se la farebbe quella. "Quella"... Quel coso! Di
certo non assomiglia ad una femmina!
Non
è sposata (facile a credersi: gli orchi in genere sono single), non ha parenti
vicini qui e si sente sola e, ogni tanto, anche a quell'età sente il bisogno di
avere un po' di sesso. Ha sottolineato un po', come a farmi capire che io più
di tanto non potrei dare. Ai suoi occhi sono limitato, una nullità. Ma una
nullità così disperata che non ha alternative. Denunce o simili avrebbero un solo
esito certo: ciao ciao Debora e magari una bella indagine su di lei e poi sul
trucido Mario Rossi e quindi chissà cos'altro. Ma effettivamente non sono
obbligato: lei non mi ha detto "devi fare sesso con me sennò faccio
indagini". Mi ha detto solo che se volessi il permesso per Debora dovrei
fare così. Potrei anche dirle di no. E poi andrà in onda "torna a casa
Debby".
Debora
non vuole. Scherzando le chiedo se fosse gelosa. Lei mi guarda e dice:
-Non
è gelosia! E' memoria! Io mi ricordo benissimo cosa significa e ti garantisco
che non lo dimentichi più!-
Io
l'amo, l'amo tantissimo! Non posso farmela portare via! Devo fare questa cosa!
La
sera prima dell'appuntamento con l'orco andiamo a letto come al solito. No, non
proprio come al solito. Ha lasciato dei vestiti sulla sedia in sala, non lo fa
mai. E sta tremando. Ormai sto imparando a conoscerla. Ha in mente qualcosa e
non è serena. Da quando siamo insieme qui in Toscana, anche mentre cercavamo
casa e lavoro, la sera ci si addormentava stanchi, ma con una serenità d'animo
che non provavo da anni. E per lei era lo stesso. La serenità è un'altra di
quelle cose indispensabili alla felicità. Una è il complemento dell'altra: non
potrei essere felice se non fossi sereno e non potrei essere sereno se non
fossi felice.
Faccio
finta di addormentarmi, ma in realtà sono sveglissimo: non riesco proprio a
dormire.
Eccola!
Lo sapevo! Me lo sentivo! Si è alzata e va in sala. Si sta vestendo. E ora
scrive un biglietto. Io non ti mollo! Non ho fatto tutto questo per finire
così!
No.
Si è seduta. Non si muove e si è abbracciata. Come quel giorno in macchina,
quando l'ho portata via dalla baraccopoli del trucido.
-Debora.-
-Giò!
Sei sveglio!-
-Debora
cosa fai?-
-Io...
Io non posso permetterti di farlo! Tu non devi passare... quello che ho passato
io! Nessuno deve farlo! Se io vado via tu non devi più fare nulla!-
-E
cosa farai? Tornerai sulla strada?-
-Io
la conosco già, ci sono abituata.-
-Nessuno
si abitua a certe cose. Le puoi sopportare meglio di qualcun'altro forse, ma non
ti ci abituerai mai.-
-Giò,
io...-
-Fammi
leggere.-
Sul
biglietto ha scritto: "Ti amo troppo per farti soffrire così. Ciao
Giò." E ha aggiunto un cuoricino e il suo nome.
-Debora
guarda cosa abbiamo costruito io e te dal nulla in pochi mesi e dimmi se davvero
vuoi lasciare questo per tornare sulla strada?-
-Cosa?
Una casetta azzurra grande come il bagno di un ristorante e qualche oggetto da
due soldi?-
-No.
L'amore più grande che due persone sole possano contenere. Ce ne abbiamo così
tanto che stanno crescendo le tette anche a me.-
-Io...
Tu non devi, non devi farlo! Non devi farlo per me! Hai già fatto tanto! Anzi
troppo! Nessuno ha mai fatto nulla per me!-
-Nessuno
ti ha mai amato abbastanza. Amarti è un grosso impegno e non tutti ci possono
riuscire. Il tuo è un amore esigente. Esige tanto! Ma offre anche di più. Amare
te vuol dire proprio impegnarsi e volerlo tanto. E io lo voglio. E poi mi avevi
detto tu che avevi smesso di essere una prostituta. Vuoi davvero ritornare a
quella vita?-
-NO!
Mai lo vorrei! Ma io ho accettato di non esserlo più non per fare a cambio con
te che ora lo devi fare tu. Questo non era nell'accordo: io smettevo e basta!
Non che poi cominciavi tu!-
-Ma
io non comincio: cominciare prevede che ci sia anche un seguito. E qui di seguito
non ce ne sarà. E' una cosa a sé stante. Inizia e finisce nello stesso momento.
Non continuerà.-
-Ma...-
-E
poi: "Ti amo troppo per farti soffrire così"? E secondo te se tu te
ne andassi io non soffrirei? Pensi davvero che la sofferenza che può darmi quella
megera una sera sia maggiore di quella di vederti partire per non tornare?-
-Io...
Io non ce la faccio. Non riesco e non voglio tornare a quella vita. E'
orribile. Ma proprio per questo non voglio che tu lo fai!-
-"Ma
io non voglio che tu lo faccia." Cominciamo a fare lezione di italiano.-
-La
pianti! Mi dici sempre un sacco di scemate anche in questi momenti!-
-Ok,
vuoi che ti dica qualcosa di serio? Basta con le scemate? Va bene ascolta bene
questo e non te lo scordare mai! Apri bene le orecchie: ti amo. Io Giò amo te
Debora. Sul serio. Per davvero. E senza riserve. E senza te io soffrirei
moltissimo, forse quanto tu hai sofferto per tutti questi anni sulla strada.
Vuoi capire che quello che io sono disposto a fare per te va al di là del
normale rapporto tra due persone? Perché io ho bisogno di te. Sei la mia aria,
la mia acqua. Io e te siamo una cosa sola. E una cosa sola non si può dividere.-
-Giò,
sei dolcissimo. Lo so che mi ami, ora lo so davvero e l'ho capito. E non potrei
volere nulla di meglio, perché non c'è nessuno meglio di te. Ma guarda che
davvero non te lo scorderai più. E' tanto brutto.-
-Non
può essere più brutto che rimanere senza di te. Vieni, andiamo a letto, voglio
stringerti. O vuoi uscire da quella porta?-
-Io...
Io... Non lo so.-
-Io,
io, io! "Hi-ho" lo dicono gli asini! E tu sei più una coniglietta o
una gattina piuttosto che un'asina!-
-Giò...
io non ce la faccio a lasciarti e lasciare questa nostra casa. Io non voglio!-
-E
allora resta! E' piccola, ma tu non sei grassa e passi ancora dalle porte,
quindi non hai bisogno di andartene.-
-Non
ce la fai proprio a rimanere serio per più di un minuto, eh?-
-Debora...
resta con me. Qualunque cosa succederà io voglio restare con te. Tu vuoi
restare con me?-
-Sì.-
-Assolutamente
sì?-
-Assolutamente!-
-E
allora spogliati e andiamo di là. Per essere "noi" dobbiamo essere in
due. Non andare. Qui sei a casa. Questa è casa tua. Qui con me.-
-Giò
sarà brutto. Peggio che affrontare Alessia.-
-E
non me lo scorderò, me l'hai già detto. Ma non posso rimanere col rimorso di
averti perso per vigliaccheria. Io lo farò.-
E'
arrivato il momento. Esco per andare dalla "questora" e Debora rimane
a casa in attesa. Mi guarda come una moglie innamorata che vede partire il
marito per la guerra e non sa se tornerà. Sulla porta mi ferma e mi dà dei
preservativi e tre pillole.
-E'
Viagra. Ti servirà.-
-Da
dove arriva? E poi non mi sembra che io abbia problemi da quel punto di vista.-
-E'
un avanzo della mia borsa, dove c'è ancora qualche ferro del mestiere. Questa è
roba che usavo con alcuni clienti che avevano difficoltà.-
-Scusa,
ma uno con difficoltà va a fare certe cose?-
-La
voglia ce l'ha comunque! Il problema poi è mio di riuscire a farlo venire in
fretta e non perdere ore inutili. Queste pillole sono la soluzione.-
-Beh,
ma io non ho problemi.-
-Giò
tu fai l'amore col cuore e con la testa, non solo con il pisello! Davanti a
quella avrai sicuro dei problemi. Prendi! E torna presto. Io t'aspetto.-
Quando
arrivo all'appuntamento vengo accolto da una specie di... Boh? Non trovo dei
termini corretti per descriverla. Ci provo. Mi spalanca la porta di casa sua,
un ambiente ampio e con arredi vecchi e severi che ricorda molto il suo ufficio,
con indosso una lunga vestaglia nera trasparente, un negligé. Ma è una parola
troppo elegante per utilizzarla in un tale frangente. Sotto indossa reggicalze
e della lingerie che ricorda molto la scena dello spogliarello di Sophia Loren
davanti a Mastroianni, ma nella seconda versione, quando lei ha perso l’avvenenza
di gioventù e lui si addormenta. Debora ha ragione: con questa mi ci vuole la
droga! Chiedo un bicchier d'acqua e lei mi offre del vino. Meglio di no.
L'alcool riduce la prestazione e qui io rischio grosso! Butto giù due pillole
e... Che lo sforzo sia con me!
Mi
chiede... anzi no! Mi ordina di spogliarmi. Mi sento come alla visita di
controllo che si faceva prima del servizio di leva. Uno schifoso rituale pubblico
con mille maschi che mi guardano in attesa di dare un giudizio. Qui però io ho
vent'anni più di allora e la giuria è fatta da una persona che non vuole
limitarsi a darmi un voto. E' veramente schifoso. Poi commenta:
-Mi
aspettavo qualcosa di meglio: non sembri Richard Gere.-
Tu
invece mi ricordi proprio un'attrice: quella che ha recitato in Tarzan. Come si
chiamava? Ah, sì! Cheetah!
Poi
inizia il contatto fisico: lei mi appoggia una mano sul braccio e comincia a
farla scorrere fino alla spalla, mi prende l'altra e se la tira dietro la schiena
per farsi cingere e mi abbraccia stretto. La sua mano scende dalla mia spalla
fino al capezzolo e ci gioca un po'.
Che
schifo! Voglio andarmene! Non mi devi toccare! Non voglio! Soprattutto in certi
punti!
La
sua lingerie non fa abbastanza da barriera tra noi e sento la sua pelle
strusciarsi sulla mia. E' piena di peli! Oltre ai baffetti in viso abbonda di un
evidente manto anche in tutto il resto del corpo e la cui sorgente sembra
essere quella foresta incolta tra le gambe.
Meno
male che non avevo fame e ho mangiato pochissimo! Avrei già vomitato
altrimenti!
-Possiamo
spengere la luce?-
-No.
Voglio vedere cos'ho comprato. Sai che mi costano certe cose? Non è che sia
così facile autorizzare quei permessi! Quindi ora fai quello che ti dico e
zitto!-
Debora
aveva ancora ragione: questa cosa è peggio di come aveva cercato di
descrivermela! Dolce amore mio, quante brutte cose hai dovuto subire. Ma
nessuna di queste è riuscita a cancellare quel tuo splendido sorriso.
Mi
sto staccando dal mio corpo! Passo continuamente da una sensazione di
umiliazione estrema ad una di vuoto interiore, come se non ci fossi più io nel
mio corpo.
Come
fossi senz'anima.
La
droga sta facendo effetto. Ho ancora abbastanza lucidità da infilarmi un
preservativo e un secondo dopo mi spinge sul letto, sale a cavalcioni su di me e
l'amplesso ha inizio.
Come
può una cosa dolcissima, sensuale e intensa come la penetrazione all’interno di
una donna trasformarsi in un vibrante e convulsivo stato di paura, disgusto e
anche dolore fisico che pervade il petto e non ti fa respirare correttamente?
Ansimando affannosamente continuo a uscire dal mio stesso corpo per non finire
col perdere i sensi: sono in iperventilazione.
Quanto
avviene dopo non saprei descriverlo. O forse non voglio descriverlo. Certo è
che l’unica immagine che mi rimane davanti agli occhi è il mio corpo nudo
immobile sul letto, come se un altro me fosse rimasto appeso al soffitto e
guardasse giù. L’espressione che ho in volto è il ritratto di una sofferenza
silenziosa che si nutre ancora del pensiero di lei che mi scopa assatanata,
mentre io mi sforzo di “spegnere” il cervello per non crollare e terminare il
mio dovere. Sembro una statua di cera, quelle strane rappresentazioni di un
attimo della vita di qualcuno che lasciano sempre attoniti per la cura dei
particolari, ma anche per la totale assenza di vita che trasmettono: le statue
classiche fatte col marmo, il granito o anche il bronzo offrono l’impressione
di avere un’anima. Quelle di cera no. Sono solo dei manichini freddi ad uso
degli altri. Ed ora io sono così. Viva il Viagra! Senza di esso non ce l'avrei
mai fatta.
Soddisfatta
a sufficienza si stacca da me rapidamente e va in bagno. In lontananza la sua
voce ordina:
-Chiudi
la porta quando esci! La tua busta è sul tavolino all’ingresso.-
Indosso
qualcosa tremante e senza neanche togliere il preservativo rimasto a penzoloni prendo
la busta ed esco. Sulle scale verso l’uscita dal palazzo quasi cado. Mi gira la
testa. La macchina è proprio qui davanti: quant’è bella! E’ un rottame, ma è il
mio rottame e mi accoglie con sicurezza. Una volta seduto e chiuso lo sportello
incomincio a rilassarmi. Appena riesco ad essere appena più lucido metto in
moto e esco velocemente dal centro abitato e raggiungo l’inizio della campagna,
ma l’impegno della guida e la voglia di correre via da quella strega fanno
ricrescere la mia agitazione. Ho bisogno di fermarmi per un po’. Devo rientrare
nel mio corpo!
Uno
spiazzo al lato della strada fa al caso mio: mi fermo e apro un po’ il
finestrino. Spengo il motore e chiudo gli occhi. Ora posso veramente
rilassarmi. Ora posso riprendere possesso di me. Ora sono di nuovo io. Giò stai
tornando! Ora è passato.
Quando
sono tornato Debora mi guardava con uno sguardo triste. E' la stessa tristezza
che aveva in volto quando era ancora vittima del trucido. Era come se non
riuscisse a togliersi di dosso quella vita sbagliata. Anche se ora non era lei
la vittima diretta, le sue emozioni di paura, sconforto, schifo, umiliazione e
delusione erano evidenti.
Lei
sa come ci si sente. Lo sa benissimo. E non se lo dimenticherà mai.
Sono
stato sotto la doccia calda un'ora. Peccato che non abbiamo la vasca da bagno.
In quel momento ne avrei proprio avuto bisogno. Sarei sprofondato nell'acqua
calda per rilassarmi completamente! Invece con la doccia mi sono dovuto
sforzare ancora di dover rimanere in piedi. E ho fatto fatica: le gambe
tremavano e non volevano più sorreggere il mio corpo.
E
lei era lì fuori ad aspettare senza dire una parola. Sapeva. E ora so anch'io.
Comunque
mi sono sbagliato a dire che non sono ancora rientrato tra gli onesti. Io
onesto lo sono sempre stato. Semmai sono stato un po' nell'illegalità. Ma io
sono molto più onesto di tante persone legalmente eccelse.
Quando
sono uscito mi ha passato un morbido accappatoio pulito e mi ha chiesto:
-Come
ti senti?-
-Penso
che tu lo sappia bene.-
-Domani
starai meglio. No, non meglio. Solo meno peggio.-
-Sai,
temevo finisse la bombola del gas e rimanessi all'improvviso senza acqua calda.
Per fortuna è durata a sufficienza.-
-Non
è fortuna. Oggi ho chiesto a padron Beppe di sostituirla anche se non era
ancora finita. E' stato gentile e l'ha fatto subito.-
Lei
lo sa. Sa come ci si sente. Ci è già passata. E non una volta sola.
-Debora,
promettimi una cosa.-
-Cosa?-
-Anche
se invecchiando diventassi brutta e grassa, ti prego... non smettere mai di
depilarti!-
Sorride,
ma è un sorriso amaro. Si immagina ciò che ho passato, anzi non deve immaginarlo.
Basta che se lo ricordi. Ed è proprio perché se lo ricorda che ora mi abbraccia
forte. Non voglio che finisca quest'abbraccio. E tutto ciò di cui ho bisogno ora.
Un abbraccio lungo una vita.
Capitolo XIV - Il papà lontano più vicino che c'è.
Quel
dannato e decisamente sudato foglio di carta ha dato i suoi frutti: Debora ora
esiste ufficialmente e ha un lavoro che tra l'altro rende bene! Abbiamo
acquistato la macchina da cucire e la richiesta di modifiche ad abiti e vestiti
è continua. Lavora nella nostra casetta azzurra, presso la quale i clienti
privati passano direttamente e, un paio di volte alla settimana, occorre invece
che lei passi a prendere e consegnare i nuovi capi da modificare presso un
negozio con il quale ha una collaborazione fissa. Autobus non ne passano qui e
io non sempre riesco ad accompagnarla. La patente sarà il suo prossimo successo
necessario.
Le
sto insegnando a guidare e devo dire che è già brava, merito anche del cambio
automatico che velocizza l'apprendimento lasciandole tutta la concentrazione
per seguire le regole stradali. Ci tengo che impari a guidare più che bene, del
resto le autoscuole insegnano come superare un esame e non cosa ti capiterà
realmente in strada.
Io
le chiedo sempre di andare adagio e di usare l'auto il meno possibile: io l'ho
portata via dalla strada e non voglio che essa se la riprenda. Se un uomo la
conquistasse e me la portasse via certo soffrirei. Ma sarebbe soltanto egoismo.
Egoismo puro di volerla solo per me mentre lei sarebbe comunque felice, forse
anche più che con me, e questo col tempo mi aiuterebbe a sopportare un suo
abbandono. Invece saperla uccisa dall'incuria di qualche guidatore senz'anima
che non realizzi quanto possa essere pericoloso fare l'egoista sulla strada
sarebbe insopportabile! La strada non è un gioco e sa essere cattiva. Il solo
pensiero che lei possa non esserci più mi fa girare la testa e mi sento mancare.
A
proposito di uomini: ce ne sono un paio che vengono spesso a farsi sistemare
qualche indumento. Troppo spesso. Sono molto simili come comportamento: arrivano
con un'auto costosa e salutano sorridenti alzando il braccio per far vedere il cronografo
d'oro grande quanto un cellulare. Mi chiedo come facciano a camminare dritti
con quel peso su di un braccio. Poi entrano, uno dei due non chiede neanche più
il permesso, lasciano la busta con i vestiti da accomodare e mentre spiegano a
Debora quali modifiche apportare non lesinano aneddoti e racconti di ciò che
sono, di quello che hanno fatto, di come siano importanti e di successo... Due pavoni
sarebbero più discreti. Lo so perché un paio di volte mi è capitato di essere a
casa mentre sono arrivati anche loro. E poi Debora mi racconta tutto. E mi ha
anche detto che di solito stanno lì molto di più, solo se ci sono io se ne
vanno prima. Chissà come mai...
Ho
paura. Ho paura che me la possano portare via. E io non posso competere con
loro. Uno dei due è persino bello.
Debora
ha capito i miei timori e le piace stuzzicarmi:
-Sai
che "coso" ha comprato una barca nuova e vuole portarmi a fare un
giro? Che dici, andiamo?-
-Ma
ha invitato solo te o anche me?-
-Oh,
beh, ha detto "vieni a provarla", ma lo sa che io sto con te e che
siamo sempre insieme. Sempre!-
-E
allora te l'ha detto proprio per farti stare per un po' lontana da me. Mi
sembra evidente.-
-Sarà...
Che dici ci posso andare?-
-Debora,
io non sono il tuo padrone. Io non ti ho “comprata” per metterti in una nuova
prigione. Io volevo darti la libertà. Quella libertà che leggevo nei tuoi occhi
e nel tuo sorriso e che premeva per uscire dalla gabbia in cui eri rinchiusa. Ci
ho provato e ci sono riuscito. E ora tu sei libera. Libera di andare e amare chi
vuoi. E... spero tanto che tu voglia amare me, ma non posso costringerti a
farlo.-
-Quindi
posso accettare, visto che sono libera, e tu non sei geloso.-
-Io
non sono geloso. Io sono terrorizzato. Tremo al pensiero che tu possa lasciarmi
per finire con un ricco belloccio! Uno che ti possa dare facilmente tutto
quello che io non posso e che ti offra una vita agiata e lussuosa e una casa
con la vasca da bagno e magari anche l'idromassaggio! Debora... io ti amo. Ma
tu non sei mia. E capirei se tu volessi andare con chi è meglio di me. Ma
ricorda che io amo davvero anche quello che hai dentro, non solo il tuo corpo
fantastico!-
-E
secondo te un belloccio coi soldi è meglio di te? Solo perché fa palestra,
perché ha i denti bianchissimi, un mucchio di soldi, auto di lusso, una barca,
una mega-villa che sembra un castello, una cameriera o forse due, e poi... ah
sì! La casa in collina e l'appartamento a Cortina che non ha usato lo scorso
inverno perché anziché andare a sciare è andato ai Caraibi a fare un inverno al
caldo. Secondo te lui è meglio di te solo per questo?-
-"Solo"?!
Sei incontentabile se questo per te è un "solo"!-
-Giò
sei un insicuro terribile! Lo sai che mi piace stuzzicarti, ma davvero pensi
che io ti posso lasciare per un altro uomo?-
-Beh...
è un'eventualità. Brutta quanto vuoi, ma non è impossibile.-
-E
sentiamo: cosa farebbe quest'altro uomo se gli racconti che io ero una
prostituta?-
-Ma
io non glielo direi mai!-
-E
se glielo dico io? Mi vorrà lo stesso? O magari per lui è pure meglio: mi offre
dei soldi giusto per fare qualcosa quando ne ha voglia. Fa prima e non deve
nemmeno stare a inventarsi le storie su quanto sia figo. Paga, usa e se ne va.
Come hanno fatto tutti gli uomini della mia vita. Tutti! Tranne te. Giò per me nessuno
è meglio di te. Nessuno potrà mai fare quello che hai fatto tu, nessuno potrà
mai darmi di più. Tu mi hai dato la tua vita per togliermi di dosso la mia che,
diciamolo, non era proprio il massimo. Col gelo che c'era ti sei tolto il tuo
caldo cappotto per darlo a me che ero nuda e non solo sei rimasto al freddo, ma
ti sei anche ammalato per questo. Giò non avere paura degli altri uomini: nessuno
di loro si è mai tolto il cappotto per darlo a me. E adesso io ce l'ho già un
cappotto caldo e non lo scambio con nessun altro. Questo è perfetto: non devo
nemmeno fargli l'orlo alle maniche!-
Non
appena finisce la frase si alza dalla sedia dove stava cucendo, si avvicina e
mi bacia dolcemente.
-Grazie.
Però sei una stronzetta: prima mi stuzzichi e poi mi consoli. Anzi sei una stronzona!
Ma quella è una paura che non passerà mai.-
-E
invece fattela passare! Devi fidarti di me, non degli altri. Perché io sono
tua. E lo sono perché mi hai dato la libertà di sceglierlo. Ho deciso io che
voglio essere tua! Quindi... comanda mio padrone!-
Ora
mi è venuto in mente quel vecchio telefilm con l'astronauta e la bionda che
impersonava un genio uscito da una bottiglia con il suo completino rosa così
sexy! Meno male che sa cucire così bene! Questo sarà un altro giochino da fare,
sì!
Con
le bimbe va a meraviglia! Quando ho lasciato Alessia non le ho viste per più di
un mese e c'era un brutto rapporto, soprattutto con Patrizia. Poi hanno
cominciato a fare un weekend da me ogni due settimane. Oggi soffrono a non
vedermi ogni weekend e la seccatura del viaggio non ci fa mai dire "non ho
voglia".
Stiamo
bene insieme tutti e quattro. Sembriamo una vera famiglia. Serena, felice e che
gioisce e vive davvero condividendo. Molto di più di quando, pur abitando sotto
lo stesso tetto con la loro madre, eravamo in realtà estranei che si spartivano
uno spazio comune e qualche attimo di tempo. Sì, perché le bambine si
chiudevano nei loro giochi o nella tv, Alessia si gettava a capofitto in lavori
casalinghi anche superflui pur di starmi lontano e in telefonate fiume ad
amiche, colleghe o chissà chi. In effetti telefonava sempre in un’altra stanza
e io non sentivo nulla. Io infine tornavo a casa la sera spossato da un banale
lavoro d’ufficio che era il capro espiatorio perfetto per nascondere a me
stesso la verità: era la mia vita a pesarmi tanto addosso e a esaurire le mie
energie. Mi sedevo sul divano in compagnia della tv o di un libro aspettando
prima la cena e poi il letto. Nei weekend invece ci sforzavamo di dare un po’
retta alle esigenze delle piccole. Già è proprio il termine giusto: ci
sforzavamo. Era un dovere prendersi cura di loro e giocavamo controvoglia a
fare i genitori. Non era un piacere.
Ora
qui invece ci stanchiamo dal ridere!
Debora
per loro è diventata un’amica che insegna tante cose e con la quale si confidano
molto, come con me e Alessia non hanno mai fatto. Non hanno mai avuto
risentimenti verso di lei perché “mi ha portato via dalla mamma”, nonostante le
accuse che Alessia ha sempre alzato a gran voce. Forse proprio perché la mamma
gridava certe cose non le hanno creduto. Lo sanno anche loro ormai che chi
grida troppo è perché non ha nulla da dire. Sì, magari Patrizia un po’
all’inizio lo ha pensato, ma adesso ha capito anche lei che Debora è stata solo
l’innesco di una bomba che doveva esplodere da tempo. Sono veramente
soddisfatto del rapporto che Debora è riuscita a creare con loro, senza
insistenze o forzature da parte mia. E’ lei che è riuscita a farsi accettare
quasi con facilità e sapendo aspettare i momenti giusti. E, intelligentemente, non
ha preteso di sostituirsi alla loro madre, non è diventata un surrogato di
mamma per il weekend. Lei è semplicemente la loro amica grande, la fidanzata di
papà. E con l’età difficile che stanno per iniziare quest'amica potrebbe
proprio esser loro d’aiuto per affrontarla con un consiglio in più. Un
consiglio che non ascolteresti mai da un genitore.
Già
due volte è andata lei sola a prenderle col treno per poi portarle da noi. Si è
fatta un viaggio di quattro ore ad andare e altre quattro a tornare e altrettanto
per riportarle. Non si stanca mai di fare qualcosa per loro, le adora. E ripete
sempre che stare otto ore su un treno non vale dieci minuti di marciapiede.
Quei brutti ricordi non la lasceranno mai, ma almeno le danno una forza e una
voglia di fare che le persone "normali" non hanno.
Le
bimbe dicono che potrebbero fare il viaggio da sole, ma io ho paura e non so
nemmeno se sia legale far viaggiare due minorenni da sole sul treno. In aereo
andrebbero affidate alle hostess, ma in treno? Alessia non le ha mai
accompagnate perché non vuole vedermi. Mi odia. Non che prima mi amasse, ma ora
proprio non vuole saperne di me e anzi rogna sempre quando vengono da me.
Potrebbe impedirglielo, ma l'effetto che otterrebbe sulle bambine sarebbe a suo
sfavore e quindi si limita a chiedermi soldi che ora riesco a darle grazie al
lavoro di Debora.
A
volte credo di non essere un buon padre perché non sono a casa con le mie
bambine ogni sera quando è ora di dar loro la buonanotte e penso a quanto tempo
non passo più con loro oggi. Però quel poco tempo che passiamo insieme ora è di
qualità e in quei pochi giorni siamo realmente insieme. Giochiamo fuori davanti
alla casetta in mille modi se il tempo lo consente, tutti e quattro insieme!
Altrimenti ci chiudiamo in casa dove l'ambiente piccolo ci obbliga a stare
vicini e a condividere le ore in modo sereno. Facciamo torte, giochi in scatola
o con le carte, leggiamo libri e ci raccontiamo tante cose. A volte guardiamo
la tv, ma solo se c’è un programma veramente meritevole. Quanto ci divertiamo!
Giulia mi ha detto che sono il papà lontano più vicino che c'è! Ed è stato
bellissimo sentirlo!
Tante
volte mi dicono che vorrebbero rimanere qui con noi e Debora è al settimo cielo
quando lo sente, ma poi io spiego loro che la mamma si sentirebbe sola. Giulia
mi risponde che tanto "quella" urla sempre, ma effettivamente poi le
mancherebbe.
Povera
Alessia. Noi non parliamo più se non per le bambine e per le sue richieste di
soldi, ma forse lo fa apposta per mantenere un contatto. Deve sentirsi molto
sola, ma non avendo argomenti, non sapendo come esternare quello che prova o
che vorrebbe realmente parla sempre e solo di questi due argomenti. In fondo
non è cambiata da quando vivevamo insieme. Peccato. Avremmo potuto mantenere un
rapporto più civile e umano, comprendendoci di più l'un l'altro. A me sarebbe
piaciuto. Io non la odio. Siamo solo due esseri umani che hanno sbagliato. Ma
lei al contrario continua ad affibbiarmi le sue ingiuste richieste e le accuse
di abbandono. E' una grande approfittatrice, avida e meschina, eppure più che
pena non riesco a provare per lei. Mi piacerebbe che mostrasse le sue buone
qualità e provasse a dire veramente quello che desidera dalla vita e trovasse
qualcuno che possa amarla. Ma se non apre il suo cuore, se continua a essere
così con tutti rimarrà sola. Riesce ancora ad innervosirmi al telefono, ma
appena chiudo è il dispiacere il sentimento che maggiormente mi pervade, non
l’odio o il fastidio.
Ale
ti auguro almeno un po' di felicità e sappi che non la troverai contando i
soldi.
Pensando
sempre al futuro non ci si accorge di quanto sia importante avere un passato.
Alessia è sempre proiettata al futuro: quando le ho detto che ero a conoscenza
del suo tradimento mi ha detto: "tanto è passato". Quando parlava di
soldi pensava sempre a dopo, a come avremmo fatto se ne avessimo spesi troppi.
Quando cucinava pensava alla fatica di riassettare la cucina. Non vive mai
l'attimo presente e non si sofferma a ricordare il passato.
Pensando
sempre al futuro non ti godi il presente. E' grazie al nostro passato che siamo
quello che siamo e grazie al presente che saremo qualcos'altro dopo. Magari
qualcosa di meglio. Non bisogna pensare solo al futuro. Bisogna godere del
presente, apprezzare ciò che di buono esso ci dà e sforzarci di cambiare quanto
non andasse. Solo così possiamo assaporare tutta la vita, altrimenti vivremmo
nel sogno di un domani che potrebbe non arrivare mai e, anche se dovesse
arrivare per puro caso, avremmo vissuto solo un pezzo di vita e tutta quella
passata sarebbe stata solo un passaggio forzato, non una piacevole scuola.
Carpe diem non è un negozio di attrezzature per la pesca: è un buon modo di
vivere la vita. Cogli l'attimo, impara dal tuo passato, non rinnegarlo e
migliora oggi il tuo futuro, ma non vivere nel pensiero solo di quello. Ora è
importante. Perché è ora che sei.
Debora
ha voltato pagina col passato. Dice che le ha strappate quelle pagine, ma non è
vero. E' grazie a loro che è ciò che è adesso ed è stupenda così. E continua a
migliorare il suo futuro. E le tendine che mette alle finestre, la tovaglia che
stende con cura, l’accostamento dei colori di piatti e posate, la pulizia che
mantiene nella nostra casetta, sono tutti attimi che lei assapora. E quando
strofina con lo straccio indossando i guanti gialli di gomma ha un sorriso
sereno che mostra quanto sia viva. E' viva ora e non domani o ieri, sta vivendo
adesso e le piace vivere. Io amo il suo amore per la vita.
Un
weekend siamo andati noi su in macchina. Volevamo anche incontrare Sandra
perché avevamo una discreta somma da poterle restituire. Denaro che Debora ha
accantonato con cura dedicando ogni momento libero a lavoretti di pulizie e
sartoria presso privati, in aggiunta a tutto quello che normalmente già fa.
I
viaggi con lei sono sempre piacevoli e devo controllare spesso che i miei occhi
non stiano troppo sulle sue cosce o sul petto e poco sulla strada: il pollo
cannibale è sempre presente in me! Del resto sono sicuro che faccia apposta ad
indossare camicette scollate e gonne corte quando deve sedersi accanto a me. Sa
che mi piace e paradossalmente l’eccitazione mi fa guidare più adagio e con maggiore
serenità. E il viaggio scorre soavemente senza fretta.
Ci
siamo fermati in un autogrill e, mentre lei era in bagno, ho chiamato Sandra
per dirle che stavamo arrivando a portarle una prima rata. Mi ha detto che non
le servivano e avremmo potuto tenerli. L'ho pregata di non levare la dignità ad
una donna che l'ha appena riconquistata. Era poco convinta e sapeva bene che
siamo noi ad avere bisogno di soldi, non lei. Poi ho interrotto la telefonata
prima che arrivasse Debora: non volevo rischiare antipatiche discussioni
finanziarie al telefono.
Quando
si sono incontrate si sono abbracciate forte e hanno pianto, ma lo facevano sorridendo.
Ci siamo seduti sul divano e la prima cosa che ha fatto Debora è stato
mostrarle i soldi stendendo con orgoglio la mano che li teneva. Sandra mi ha
guardato un attimo e poi li ha presi ringraziandola. E' sempre una gran donna!
Se non mi sentissi di appartenere a Debora come Debora ha detto di appartenere
a me probabilmente, anzi, sicuramente cercherei di ampliare il mio rapporto con
Sandra.
Quel
weekend è poi proseguito appoggiandoci ai miei genitori e, inutile a dirsi, mia
madre stravede per Debora. Quella ragazza riesce ad essere dolce e
accondiscendente con tutti, una dote che Alessia non ha mai avuto: lei lo era
solo con chi avrebbe potuto darle un beneficio.
Sono
piccole emozioni familiari quelle che viviamo. Banali per molti. Ma
intensissime per noi. Sono momenti belli! Da godere! Non è l’obbligatoria
visita di cortesia di una festa comandata.
Al
lavoro, viste le mie qualità, mi è stata assegnata un'importante consegna nei dintorni
di Parigi. Ho portato Debora con me anche se il capo mi ha detto che non potevo
per via dell'assicurazione che non copre terzi estranei all'azienda. Siamo
stati via da giovedì a lunedì ed è andato tutto bene. E abbiamo fatto tante
soste lungo l’autostrada! In fondo la cabina del furgone è ben più ampia della
nostra macchina…
Ci
siamo divertiti e abbiamo anche fatto tanto gli innamorati: siamo andati in
cima alla scalinata di Montmatre e ci siamo baciati lì, col panorama della
città i nostri piedi. A Parigi ci sono tanti posti dove puoi vedere la città
dall'alto come la torre Eiffel o il grattacielo Montparnasse e sono anche più
alti della collinetta di Montmatre. Ma su quella scalinata è infinitamente più
bello baciarsi!
Debora
non era mai stata a Parigi e ovviamente le è piaciuta tantissimo. Un appunto
però l’ha fatto subito appena vista la camera dell’alberghetto che ci ha
accolto per quelle notti: non hanno il bidet. E’ rimasta un po’ sconvolta
pensando alle prostitute parigine. Ha commentato:
-Meno
male che non mi è capitato di esserlo qui!-
Quando
si dice essere ottimisti oltre ogni limite sensato… Adorabile, dolce, genuina
compagna mia!
Quando
siamo rientrati in azienda il capo ha visto che c'era anche Debora con me, ma
non ha detto nulla. Le sue procedure esistono solo quando ci sono problemi, non
se tutto va liscio. Il mio vecchio capo ne avrebbe fatto uno scandalo aziendale
di proporzioni epiche e il gossip su Radio Moquette sarebbe andato avanti per
mesi. Qui è la marachella di un bambino.
Invece
Slator quando l'ha vista ha fatto un commento in albanese, sicuramente un
apprezzamento su di lei piuttosto volgare. Debora l'ha zittito di colpo rispondendo
a tono, sempre in albanese, e tappandogli la bocca immediatamente. Un attimo
dopo, quando ero abbastanza distante da Debora, lui mi ha preso da parte e mi
ha detto:
-Ma
è albanese?! Non lo sai che le albanesi sono tutte mignotte!?-
Suppongo
io debba offendermi e magari tiragli anche un pugno. Ma ho fatto finta di
nulla, in fondo mi sentivo in torto: non avrei dovuto portarla con me a Parigi,
la mia onestà è sempre onnipresente e mi fa sentire in colpa anche per crimini
ridicoli.
Una
volta a casa ho detto a Debora del commento offensivo di Slator e le ho chiesto
un'opinione su come avrei dovuto reagire. Mi ha risposto che ho fatto benissimo
a lasciar perdere perché gli uomini albanesi sono tutti degli ubriaconi
ignoranti, volgari e pericolosi.
Strano
Paese l'Albania. Dovrei proprio visitarlo.
Una
delle cose più belle del nostro rapporto è il parlare. Parlare è un'esperienza
meravigliosa! E ascoltare lo è altrettanto. Nessun'altro animale sul pianeta lo
fa. Noi umani parliamo. E possiamo farlo bene o male. Mia moglie parlava
sempre, ma lo faceva male. Lei non parlava, lei sbraitava, monotona e inconcludente.
A parte le comunicazioni di servizio: "vuoi il formaggio sulla pasta? La
camicia è pronta." Discussioni tecniche finalizzate ad uno scopo. Come al
lavoro: "hai contattato il cliente per la pratica? Domani ci sarà una
riunione." Io ovviamente rispondevo di conseguenza: "Sì, no, ok, va
bene". Non ho mai detto "grazie, che bel pensiero, sei stata gentile,
lo apprezzo molto." Nelle comunicazioni di servizio certe frasi sono
superflue.
Invece
con Debora ogni semplice frase prende in considerazione noi e la nostra
situazione di coppia, ci riconosciamo sempre reciprocamente e tutto così
diventa una conversazione, non una semplice comunicazione: "ti ho
preparato la pasta. Credo sia venuta perfetta! Assaggiane un po’. Vuoi che ti
aggiungo anche del formaggio o la preferisci semplice? Ti ho stirato la camicia,
ora è pronta, che ne dici? Può andar bene o preferisci che gli dia un’altra
passata?" O, meglio, lei direbbe “che gli dò”. Ma sono certo che imparerà
anche questo col tempo.
Lei
non dà nulla per scontato, parla in continuazione, ma non mi dà fastidio, anzi
è piacevole. Aggiunge sempre "ti", "ci" oppure
"noi", insomma fa sempre sentire che ciò che fa lo fa per noi, per
noi due, e lo fa con amore, con dedizione e sempre consapevole che verrà
apprezzata per questo, anche quando dovesse sbagliare qualcosa. Preparare una
minestra con lei diventa uno scambio di attenzioni, non un dovere. Non è un
lavoro. E' un impegno dedicato a noi stessi. Ed io lo stesso: ciò che faccio lo
faccio sempre dedicandolo a lei e a noi. E una camicia stirata non è più lo svolgimento
di un dovere, ma un gesto d'amore. E ogni volta che si rivolge a me enunciando
ciò che ha fatto o vorrebbe fare lo fa con gli occhi che brillano, felice di
potersi applicare in compiti normalissimi, ma che non ha mai potuto svolgere e
ai quali non smetterà di dedicarsi con passione, perché li fa col suo cuore per
il mio cuore. Per noi.
Siamo
veramente due cuori e una capanna! Due cuori, una capanna e un sacco di debiti.
Ma siamo felici, inaspettatamente tanto felici!
Un
anno fa chi ci conosceva poteva solo pensare che fossimo due essere viventi, ma
solo da un punto di vista biologico. Le nostre vite separate erano la
conseguenza di una combinazione chimica, erano vite prive di senso. Ora non
siamo più senz'anima, anzi: le sentiamo scorrere dentro intense come non mai mentre
serpeggiano da un estremo all'altro del nostro corpo e a volte si fondono
insieme facendoci sentire superiori a tutto il mondo. In quei momenti
diventiamo dei.
Sicuramente
chi ci incontra pensa che siamo due poveracci e dal punto di vista economico ha
ragione. Ma non ho mai sentito la mia vita così ricca di emozioni e piacere
come oggi. Persino alla nascita delle bambine, con tutta quell'incontenibile tremarella
che ti fa piangere per un'ora, non mi sentivo ancora la vita su misura. Era
ancora un vestito adattato, non un prodotto di alta sartoria. Ora invece
aderisce perfettamente e quando la sera torno a casa, anzi "a
capanna", nonostante la stanchezza del giorno ho il sorriso sulla faccia e
lei mi accoglie come una principessa nel castello in attesa del suo cavaliere,
felice e ansiosa come se fossi di ritorno da chissà quale impresa fantastica. E
passiamo la sera assieme, ma non solo perché siamo sotto lo stesso tetto, siamo
insieme proprio perché facciamo le stesse cose, ci parliamo, ci viviamo. Persino
quando guardiamo un film in tv siamo insieme, vicini, abbracciati. E quando una
pubblicità lo interrompe e ci stacchiamo per far sgranchire gli arti
addormentati dalla posizione innaturale e per riprenderci dal calore che ci
avvolge, ci guardiamo e ridiamo per come somigliamo a due ragazzini innamorati,
ma un attimo dopo siamo di nuovo stretti più di prima!
Non
credevo possibile potessi mai essere così tanto coinvolto dall'amore. Sì, l'ho
sempre pensato di essere un romantico, ma oggettivamente non avrei mai pensato
che questo sentimento potesse davvero portare a un tale distacco dai problemi
della realtà e darmi tutta questa forza e questo vigore, questa voglia di fare
e di non fare allo stesso tempo. Perché mi spinge sempre più a creare e a dare qualcosa
in più per lei, ma contemporaneamente fa sì che io mi abbandoni completamente
alla sua vicinanza e qualunque altra cosa passa in secondo piano. Succeda
qualunque cosa basta esserle vicino.
Strana
cosa l'amore. Chimicamente è solo una droga, ma è la più potente che esista. E'
da provare assolutamente ed è anche legale! Abusate d'amore! Fa solo bene.
Una
volta a settimana mi capita un trasporto lungo, un tragitto di un paio d'ore ad
andare e altrettante a tornare. Lei in quei viaggi mi chiama attraverso il
vivavoce del furgone e mi legge sempre qualche brano di un libro che la sta
appassionando. Una volta mi ha letto un passo di "Cime tempestose".
Un'altra invece alcuni sonetti poetici di vari autori e l'ultima volta mi ha
letto un racconto fantasy tratto da un blog di un autore sconosciuto, un certo
Olindo Urbani. E' stato molto bello. Sicuramente un giorno avrà successo.
Tutto
ciò che mi legge è sempre molto passionale e, indipendentemente dalla fine,
trasmette le emozioni che si provano quando si è innamorati. E lei così mi
ricorda sempre che noi lo siamo ancora. Di certo non ho bisogno che me lo si
ricordi, ma sentire la sua voce fare da narratore in ambito romantico accentua
in me la voglia di riabbracciarla presto e questo mi fa sollevare il piede
dall'acceleratore, perché voglio essere sicuro di tornare da lei.
Viviamo
in poco più di venti metri quadri, facciamo la spesa al discount e guardiamo il
prezzo di ogni cosa che acquistiamo rinunciando a un sacco di cose che ci
piacerebbero. Debora aveva visto un servizio di piatti di porcellana molto
bello che l'ha mandata in estasi, ma il prezzo era inarrivabile per noi. Io ho
trovato degli economicissimi piatti in offerta in un negozio di cianfrusaglie
varie, decorati con frutti, semplici ma carini e glieli ho regalati: si è
illuminata così tanto che mi sembrava stesse brillando! E' fantastico come
riesce ad apprezzare queste piccole cose e a farmi sentire appagato dall'aver
fatto qualcosa di giusto per lei e per noi! Sono gli insignificanti gesti d’amore
che compiamo quotidianamente l’uno per l’altra e viceversa. Sono loro che
riempiono le nostre giornate e scandiscono il nostro tempo.
Stare
con Debora è un impegno. Ogni storia d’amore è un impegno, ma con lei mi sembra
ancora più arduo. Non parlo delle difficoltà quotidiane dovute alla nostra
situazione economica, al poco spazio che abbiamo in casa o altri problemi
strettamente legati alla realtà tangibile. Parlo del mio ruolo o, meglio, del
ruolo che mi sono autoimposto. Io sono il suo principe azzurro. L’ho salvata
dal drago, dalla prigione e le ho dato la libertà. Per lei io sono forte,
fiero, inarrivabile. Ma non è vero: io sono solo un uomo e, oltre ad avere dei
difetti, posso anche essere sconfitto. Grazie a Giulia e Patrizia ho visto
alcuni vecchi cartoni animati solo dopo i trent’anni e ho conosciuto i loro
personaggi fiabeschi quali il Principe Azzurro e Filippo, uno da “Biancaneve” e
l’altro da “La bella addormentata nel bosco”, e poi anche altri che ora non
ricordo. Ma tutti hanno caratteristiche importanti quali lealtà, fierezza,
onestà, coraggio… in una parola: invincibili. Sono invincibili. Quando stavo
con Alessia, anche in tempi più felici tra noi, io non sono mai stato un
principe, ma solo un uomo. E come tale soggetto a malattie e indisposizioni
varie. Tante volte mi è capitato di stare male, a volte per problemi intestinali,
altre per influenze o virus di stagione. Una volta ho avuto una congestione e
un paio di volte è stato l’abuso di alcool. Insomma normali malesseri da umano.
Un principe delle fiabe invece non sta mai male, a meno che non venga
avvelenato dalla strega di turno. E qualche sera fa, quando il mio stomaco ha
fatto i capricci e in piena notte mi sono alzato a vomitare, mi sono sentito
sconfitto. Non era per i dolori dovuti allo sforzo che facevo o
all’intontimento generale che si ha in quei momenti. Ero sconfitto perché stavo
in ginocchio, piegato in due, perché
emettevo suoni e odori (e non solo quelli…) che di regale non hanno nulla. Ero
sconfitto perché di fronte a lei, la mia principessa, non ero più un principe
delle fiabe, ma solo un uomo. Debora è molto più concreta di me in queste cose.
Lei non ha mai pensato che io fossi invincibile, né mi ha mai chiesto di
esserlo. Sono io ad avere assunto da solo questo ruolo e persino quando
arrivammo in Toscana, durante i primi angoscianti giorni in cui cercavamo senza
successo casa e lavoro, mi scoraggiavo solo se lei non mi stava guardando e,
non appena giungeva un suo bacio o un abbraccio, il principe chiuso in me ritornava
a galoppare fiero.
Ritornando
a quella sera, la sera in cui cadde il mio essere principe, io mi vergognavo.
Io, il suo “salvatore” ero battuto, sconfitto. E anziché proteggerla come avrei
sempre voluto fare e farle avere sonni tranquilli e sogni felici, quella notte
l’ho disturbata, l’ho svegliata coi miei rumori ed è stata lei invece ad
assistermi e ad aiutarmi. A “trarmi in salvo” preparando una borsa per l’acqua
calda, cambiando l’asciugamano con uno pulito e sistemandomi coperte e cuscino
quando mi sono rimesso a letto. I soliti piccoli e insignificanti gesti d’amore
che però in quel momento facevano di me un vinto. Quella notte ho perso il mio
cavallo bianco, il mio mantello e la mia spada. Quella notte è cessata la mia
dignità di cavaliere. Quella notte ai suoi occhi sono diventato solo un uomo.
Uno come tanti. Non ero più speciale. Ora avrebbe potuto trovare di meglio.
Questo era ciò che pensavo in quella lunga notte.
Lei
è speciale per me ogni giorno che passa. Io lo sarei stato ancora?
Il
giorno dopo mi sono alzato a fatica e con l’aspetto non certo fiero, ma lo
sguardo della mia principessa non era cambiato. E i suoi gesti d’amore, la sua
felicità nell’alzarsi per iniziare una nuova giornata, sebbene gravata dal
dovermi accudire, non erano cambiati. Se avessi voluto riprendere il mio ruolo
di principe avrei potuto farlo, perché lei non si era segnata nessun appunto
sul mio curriculum regale. E ho capito che i gesti d’amore non sono mai
piccoli, inutili e insignificanti.
E'
dura, è molto dura. Lo è stato e lo sarà ancora in altre occasioni. Ben più
dura di quando ero al sicuro in ufficio col mio stipendio. Lì era facile e comodo.
Lì era sempre tutto a posto. Sì, tutto a posto quello che volevano gli altri,
ma non quello che volevo io. Ma ora sono certo che sto vivendo la mia vita, mia
e solo mia, e che posso condividerla con lei. Non sono più in stand by.
Prima
avevo una bella casa di centoventi metri quadri, una tv quaranta pollici, avevo
una bella macchina, un buon lavoro con uno stipendio di cui non potersi
lamentare, avevo un sicuro conto in banca, avevo la sicurezza del domani, avevo
vestiti di marca e facevo la spesa comprando quello che mi piaceva e avevo anche
tante altre cose belle. Tante cose che ora non ho più. Persino la sveglia! Ora
uso quella del cellulare.
Prima
avevo, avevo e avevo. Ora non ho più. Ora sono. Sono felice.
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